Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 16398 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 16398 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/04/2025
risolutivo, ha osservato la difesa, Ł rappresentato dalla circostanza che fu il COGNOME stesso a chiedere a NOME COGNOME la sostituzione dell’assegno e non il contrario, con mancanza di artifici e raggiri nella fase esecutiva del contratto.
2.3. Vizio della motivazione perchØ contradditoria con travisamento della prova anche per omissione in ordine alla responsabilità concorsuale del ricorrente, nonchØ vizio della motivazione perchØ apparente, contraddittoria, mancante e manifestamente illogica quanto alla ricorrenza de dolo generico e alla mancanza di condotte espressive della partecipazione attiva di NOME COGNOME nel delitto di cui al capo b); la condanna del ricorrente si basa su argomenti apodittici, sia in considerazione della trattazione unitaria delle due forniture di frutta, sia in relazione alla valutazione delle condotte dei due fratelli che sono state accomunate senza specifica considerazione dell’apporto di ciascuno in relazione a tempi e modi dei contratti conclusi da NOME COGNOME la difesa ha inoltre osservato che la responsabilità del ricorrente, quanto alla compravendita dei fichi di india, Ł stata ritenuta esclusivamente sulla base della presenza dello stesso nello stesso ufficio nel quale il COGNOME e NOME COGNOME stavano raggiungendo un accordo, con consegna degli assegni solo ed esclusivamente da parte di quest’ultimo; da ciò sarebbe apoditticamente derivata la consapevole adesione alla supposta condotta delittuosa; ne consegue una evidente travisamento per omissione delle dichiarazioni ese dal COGNOME sul punto, lette in modo parziale e parcellizzato dalla Corte di appello, che evidenziavano come NOME COGNOME al momento della conclusione dell’accordo, si trovasse nel magazzino nell’ottobre del 2010, con consegna degli assegni solo ed esclusivamente da parte di NOME COGNOME come avvenuto nei due anni precedenti, quando tra le parti erano già intercorsi rapporti commerciali; il COGNOME aveva chiarito in modo evidente l’assenza di qualsiasi attività di gestione da parte di NOME COGNOME ed anche le prove documentali, del tutto pretermesse nella loro valutazione, rendevano palese l’assenza di prova di una gestione congiunta da parte dei NOME COGNOME delle due società RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE; l’affermazione in ordine alla ricorrenza di un elaborato sistema volto a frodare i creditori era da ritenersi frutto di mere congetture, in assenza di prova come dimostrava la motivazione resa in tema di reato associativo; risultava del tutto pretermessa una effettiva considerazione dell’elemento soggettivo riferibile al ricorrente, così come l’effettivo contributo dallo stesso alla realizzazione della condotta imputata. La difesa ha elencato, a sostegno, una serie di prove documentali e testimoniali affatto valutate dalla Corte di appello (fatture, partitari e tutti i mezzi di pagamento prodotti in data 07/02/2017, testimonianza del M.llo COGNOME che non ha potuto in alcun modo confermare la commistione gestoria tra le due società, contratti di locazione delle due società con sedi diverse rispetto a quanto affermato dalla Corte di appello, testimonianza di NOME COGNOME in ordine alla gestione e direzione operativa della società RAGIONE_SOCIALE). L’insieme di tali elementi dimostrava l’apoditticità della motivazione quanto all’affermazione secondo la quale gli imputati in accordo tra loro avrebbero deliberatamente creato, sin dal momento della stipula dei contratti di acquisto della merce, le condizioni di incapienza patrimoniale della società attraverso un modus operandi sofisticato e volto ad eludere i diritti dei creditori, oltre che contraddittoria atteso che allo stesso tempo si Ł affermato che Ł del tutto mancato un accertamento e conseguente prova in ordine al fatto che beneficiaria dei titoli emessi dalla Orchidea sia stata la RAGIONE_SOCIALE. La difesa ha sostenuto infine il travisamento dell’esame testimoniale della persona offesa anche quanto alla compravendita delle arance, attesa
la mera presenza di NOME COGNOME all’interno del magazzino, mentre la contrattazione e il pagamento con assegni post-datati veniva posto in essere solo ed esclusivamente dal fratello NOME. In particolare, la persona offesa aveva chiarito come le due operazioni di acquisto fossero state concluse in momenti distinti ed anche caratterizzate da due diversi mediatori, sicchØ la riferibilità di entrambe le operazioni in concorso a NOME COGNOME senza alcuna specifica considerazione della sua azione ed intenzionalità si caratterizzava per evidente apoditticità, atteso che il COGNOME aveva esplicitamente escluso di avere avuto qualsiasi contatto con il ricorrente quanto alla vendita delle arance.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga rigettato.
Le parti civili costitute hanno presentato conclusioni con le quali hanno chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile o rigettato, con deposito di nota spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato per le ragioni che seguono.
In via preliminare, occorre considerare come ci si trovi di fronte ad una sentenza che ha ribaltato la decisione di primo grado, ritenendo integrata la condotta ascritta e prescritto il reato di cui al capo b) della rubrica, unica imputazione riferibile all’odierno ricorrente NOME COGNOME (artt. 81, 110, 640 cod. pen.). Il ricorrente, in considerazione dell’editto accusatorio, Ł stato ritenuto responsabile del delitto di truffa continuata in concorso con il fratello NOME COGNOME con particolare riferimento al ruolo ricoperto da NOME COGNOME di presidente del consiglio di amministrazione della società RAGIONE_SOCIALE La truffa avrebbe avuto ad oggetto una serie di forniture di frutta (in particolare fichi di india ed arance), gestita mediante mediatori qualificati, e la condotta Ł stata identificata in contestazione nell’avere indotto in errore, con artifici e raggiri, i coniugi COGNOME e COGNOME, oltre il COGNOME.
Il primo e il secondo motivo di ricorso sono fondati, il terzo motivo di ricorso Ł assorbito.
Ricorre la lamentata violazione di legge, oltre che il vizio della motivazione, nella considerazione della posizione dell’odierno ricorrente e conseguente affermazione di responsabilità, non potendosi ritenere sussistente la condotta allo stesso ascritta. La ratio decidendi della decisione impugnata, che ha affermato che il giudice di primo grado avrebbe travisato del tutto gli esiti della istruttoria dibattimentale espletata, Ł centrata sulla circostanza fattuale emersa durante il giudizio, per cui sarebbero stati i mediatori ad indicare gli acquirenti e non il contrario, come ritenuto dal giudice di primo grado (pag. 20 e 21) e tale circostanza, collegata alla evoluzione dei rapporti e conclusione del contratto di fornitura della merce, Ł stata ritenuta indicativa dell’ordito truffaldino da riferire all’odierno ricorrente in concorso con il fratello. Secondo la motivazione della Corte di appello, che avrebbe dovuto rendere sul punto una motivazione rafforzata e si caratterizza invece per essere una mera – non consentita – lettura alternativa dei medesimi elementi valutati dal Tribunale (Sez. 5, n. 12529 del 18/02/2020, COGNOME, Rv. 279255-01; Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231679-01; Sez. 5, n. 8361 del 17/01/2013, COGNOME, Rv. 254638-01) sarebbe stata omessa una completa considerazione delle dichiarazioni della persona offesa e si sarebbe giunti alla conclusione del contratto solo grazie alle rassicurazioni di NOME COGNOME che aveva appunto insieme al fratello cercato i mediatori al fine di raggirare le persone offese. Il tema centrale e risolutivo Ł stato, dunque, individuato dalla Corte di appello nell’essersi i due fratelli
proposti alle diverse aziende quali acquirenti di merce, per il tramite di un mediatore, e tale condotta ‘valutata insieme alle altre puntualmente descritte nei capi di imputazione rappresenta una tipica manifestazione del raggiro incriminato ai sensi dell’art. 640 cod. pen.’. La Corte di appello ha descritto i primi regolari pagamenti della fornitura di due diverse tipologie di frutta, le difficoltà di adempimento successivo manifestate da NOME COGNOME ed ha conclusivamente ritenuto integrata la condotta affermando che i due fratelli NOME e il Messina titolare della RAGIONE_SOCIALEcreavano deliberatamente sin dal periodo della stipula dei contratti di acquisto di merce, le condizioni di incapienza patrimoniale della società attraverso un modus operandi sofisticato e volto ad eludere i diritti dei creditori’.
La Corte di appello, nel giungere a tali conclusioni, non ha correttamente applicato i principi di diritto affermati da questa Corte in tema di truffa contrattuale ed ha del tutto pretermesso, proprio in considerazione di tali principi, la valutazione e l’effettivo riscontro quanto alla presenza di artifici e raggiri giungendo sul punto ad affermazioni a carattere apodittico, tutt’altro che rafforzate rispetto alle conclusioni del giudice di primo grado (pag. 23 quanto alla piena consapevolezza di non poter adempiere e al proporsi come acquirenti tramite i mediatori). In tal senso, si deve ricordare che, nei contratti ad esecuzione istantanea, configurano il reato di truffa gli artifici e raggiri che siano posti in essere al momento della trattativa e della conclusione del negozio giuridico, traendo in inganno il soggetto passivo, che viene indotto a prestare un consenso che altrimenti non avrebbe prestato, sicchØ, nel caso di contratto stipulato senza alcun artificio o raggiro, l’attività decettiva commessa successivamente alla stipula e durante l’esecuzione contrattuale Ł penalmente irrilevante, a meno che non determini, da parte della vittima, un’ulteriore attività giuridica che non sarebbe stata compiuta senza quella condotta decettiva, circostanza chiaramente non ricorrente nel caso in esame (Sez. 2, n. 29853 del 23/06/2016, COGNOME, Rv. 268073-01; Sez. 2, n. 5046 del 17/11/2020, d e p . 2 0 2 1 , Cantone, Rv. 280563-02; Sez. 2, n. 26190 del 26/05/2023, COGNOME, Rv. 284659 – 01). In altri termini, si ha truffa contrattuale allorchØ l’agente ponga in essere artifici e raggiri al momento della conclusione del negozio giuridico, traendo in inganno il soggetto passivo che viene indotto a prestare un consenso che altrimenti non sarebbe stato dato. L’elemento che imprime al fatto dell’inadempienza il carattere di reato Ł costituito dal dolo iniziale, quello cioŁ che, influendo sulla volontà negoziale di uno dei contraenti falsandone, quindi, il processo volitivo avendolo determinato alla stipulazione del negozio in virtø dell’errore in lui generato mediante artifici o raggiri, rivela nel contratto la sua intima natura di finalità ingannatoria. Infine, quanto alla ricorrenza dell’ingiusto profitto, con correlativo danno del soggetto passivo, occorre ricordare che esso consiste essenzialmente nel fatto costituito dalla stipulazione del contratto; di conseguenza, ai fini della sussistenza del suddetto elemento materiale diventa del tutto irrilevante che le prestazioni siano state equilibrate ossia che si sia pagato il giusto corrispettivo della controprestazione effettivamente fornita.
Ciò premesso, in relazione al caso di specie, occorre osservare che, nei contratti ad esecuzione istantanea, l’eventuale inadempimento di una delle parti al contratto, sebbene, in ipotesi, mascherata con artifizi e raggiri, non Ł idoneo a far configurare l’ipotesi della truffa proprio perchØ si tratta di artifizi e raggiri che vengono posti in essere in un momento successivo alla stipula del contratto. In tal senso, si Ł chiarito che ‘se le parti pattuiscono che il pagamento dev’essere eseguito a mezzo di titoli di credito e, poi, questi non vanno a buon fine, anche se il debitore ponga in essere artifizi e raggiri per cercare di tranquillizzare il venditore sulla propria solvibilità e sul fatto che pagherà, tale comportamento non integra gli estremi della truffa perchØ Ł posto in essere in unmomento successivo alla stipula del contratto (ormai definitivamente concluso) e, quindi, Ł del tutto irrilevante trattandosi di una mera inadempienza contrattuale’ (Sez. 2, n. 29853/2016, cit.). In altri termini, in questa tipologia di contratti, il reato di truffa Ł configurabile solo nel caso in cui gli
artifizi e raggiri siano posti in essere nel momento della trattativa essendo finalizzati a trarre in inganno l’altra parte e a convincerla a stipulare un contratto che, senza quella attività decettiva, non avrebbe mai concluso. L’eventuale attività decettiva successiva alla stipula del contratto, concluso senza alcun artifizio o raggiro, va ritenuta irrilevante in quanto serve solo a “nascondere” l’inadempimento.
La Corte di appello non ha correttamente applicato il principio di diritto secondo il quale in tema di truffa contrattuale il pagamento di merci effettuato mediante assegni di conto corrente privi di copertura non costituisce di norma raggiro idoneo a trarre in inganno il soggetto passivo, ma concorre ad integrare l’elemento materiale del reato qualora sia accompagnato da un comportamento malizioso dell’agente, nonchØ da fatti e circostanze idonei a determinare nella vittima un ragionevole affidamento sul pagamento dei titoli (Sez. 2, n. 23229 del 12/04/2022, COGNOME, Rv. 283410-01), atteso che ha ripetutamente evocato, in modo manifestamente illogico, come elemento integrante il raggiro, l’essersi il COGNOME, insieme a suo fratello, rivolto a dei mediatori per contattare il fornitore della merce, elemento questo del tutto neutro, in assenza di una corretta e specifica individuazione degli artifici e raggiri che in concreto avrebbero determinato il vizio della volontà inducendo le persone offese a concludere il contratto di fornitura. La motivazione resa dalla Corte di appello si presenta sul tema in parte apodittica e in parte manifestamente illogica nella ricostruzione del fatto e conseguente attribuzione di responsabilità a NOME COGNOME
In tal senso, si deve osservare come:
appaia non risolutivo il dato della ricerca per il tramite di un mediatore del fornitore della merce (la motivazione sul punto si appalesa nella sua manifesta illogicità avendo ritenuto tale elemento, di normale portata negli accordi e contratti per la fornitura di merci, l’elemento risolutivo per ritenere integrati gli artifici e raggiri al fine di concludere il contratto);
il delitto Ł stato considerato consumato in concorso da NOME COGNOME nonostante le considerazioni spese sulle caratteristiche della condotta siano interamente riferite al fratello del ricorrente, senza alcuna specificazione quanto alla condotta di NOME COGNOME, anche quanto all’elemento soggettivo (del COGNOME venivano ricostruiti gli spostamenti, proprio sulla base delle dichiarazioni della persona offesa NOMECOGNOME che sottolineava come la contrattazione si fosse svolta solo ed esclusivamente con NOME COGNOME;
la motivazione sul punto risulti quindi anche omessa, non essendo emerso, neanche tenuto conto delle attività successive, un diretto coinvolgimento del ricorrente, sulla base della qualifica dallo stesso ricoperta nell’ambito della RAGIONE_SOCIALE mentre tutte le considerazioni sulle attività successivamente poste in essere (tra l’altro ad esito di indagini bancarie e finanziarie del tutto incomplete e non univoche come emerge dalla stessa motivazione) sono riferite alla società RAGIONE_SOCIALE (pag. 23 e seg.);
gli artifici e raggiri siano stati dedotti, con motivazione manifestamente illogica ed in violazione di legge, ex post, rispetto a comportamenti precedenti (ovvero i primi pagamenti andati a buon fine sono stati ritenuti indice del raggiro e della fraudolenza della condotta senza alcuna effettiva motivazione rispetto al momento della conclusione del contratto e la motivazione sul punto non si confronta con la progressione dei rapporti intercorrenti tra le parti, secondo modalità tipiche, senza considerare che dalle dichiarazioni della persona offesa era emerso come il fratello del ricorrente avesse effettivamente evidenziato una sua difficoltà ad adempiere, chiedendo un rinvio dei termini di pagamento e senza nascondere in alcun modo la propria situazione all’evidenza sopraggiunta e senza riuscire ad adempiere, seppure in ritardo, poichØ la persona offesa poneva all’incasso gli assegni consegnati);
la motivazione risulti omessa, con conseguente carenza argomentativa in ordine ad una
gestione congiunta ed in concorso del meccanismo asseritamente truffaldino posto in essere, atteso che la Corte di appello ha richiamato azioni e condotte poste in essere da NOME COGNOME e da Messina, giungendo ad affermare apoditticamente e senza nessun specifico riscontro tecnico che la società RAGIONE_SOCIALE si doveva ritenere già in sofferenza al momento della contrattazione;
la motivazione risulti apodittica (tenuto conto dei contatti tra le parti, dei primi pagamenti andati a buon fine, delle difficoltà dimostrate da NOME COGNOME) laddove si ritiene che NOME COGNOME avesse carpito maliziosamente la fiducia presentandosi come soggetto affidabile (in tal senso si deve osservare come non sia stato in alcun modo approfondito il tema di una condotta effettivamente fraudolenta, mentre il concetto di una crisi preordinata alla stipula del contratto di fornitura merci Ł dedotta a posteriori e manca di argomentazione e riscontri effettivi, tanto da risultare astratta rispetto alla fase di conclusione del contratto, in relazione al ruolo imputato e asseritamente svolto dal ricorrente);
le indagini relativamente alle due società, anche per i riferimenti temporali citati, non appaiono adeguatamente approfondite e a carattere specifico rispetto al fatto ascritto al ricorrente in ordine al ruolo dallo stesso svolto, risultando non risolutive e citate in modo apodittico (quasi a voler ipotizzare una diversa condotta volta ad occultare la provenienza illecita delle somme confluite sui conti della RAGIONE_SOCIALE, senza tuttavia specifica argomentazione sul punto);
il ruolo del ricorrente non risulti essere stato adeguatamente esplorato.
Fermo quanto precede, ritiene il Collegio come la motivazione resa dalla Corte di appello, anche in considerazione dei principi di diritto appena evocati, non rispetti gli standard costantemente richiesti nel caso in cui si giunga ad una condanna a seguito di assoluzione in primo grado, atteso l’obbligo gravante sui giudici dell’overturning in appello di dimostrare specificamente l’insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti piø rilevanti della sentenza del primo giudice, attraverso una puntuale ed approfondita verifica critica cui consegua una differente, completa e piø persuasiva motivazione che, sovrapponendosi complessivamente alle ragioni della sentenza di primo grado, dia conto degli esiti difformi ai quali si giunge e della maggiore o diversa valenza conferita a ciascun elemento di prova che faccia parte della piattaforma istruttoria. Non risulta, dunque, neanche raggiunto lo standard minimo al fine di ritenere ricorrente una motivazione c.d. rafforzata, piø convincente rispetto a quella ribaltata e dotata di maggior forza persuasiva, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio in caso di overturning di condanna (Sez. 4, n. 42868 del 26/09/2019, COGNOME, Rv. 277624-01; Sez. 6, n. 51898 del 11/07/2019, P., Rv. 278056-01; Sez. 5, n. 54300 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 272082-01; Sez. 3, n. 6817 del 27/11/2014, dep. 2015, S., Rv. 26252401; Sez. 1, n. 12273 del 15/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 262261-01; Sez. 6, n. 49755 del 21/11/2012, G., Rv. 253909-01; in termini e collegate, Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267492-01; in Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, Rv. 269785-01; Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, dep. 2018, Troise, Rv. 272430-01; Sez. U, n. 14426 del 28/01/2019, COGNOME, Rv. 275112-01).
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perchØ il fatto non sussiste. Da ciò consegue la revoca delle statuizioni civili a carico di NOME COGNOME
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchŁ il fatto non sussiste.
Revoca le statuizioni civili a carico di NOME COGNOME
Così deciso il 01/04/2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME