Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9901 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9901 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a JESI il 30/10/1989
avverso la sentenza del 12/07/2024 della Corte d’appello di Milano udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza con cui, in data 05/07/2023, il Tribunale del capoluogo lombardo aveva riconosciuto NOME COGNOME responsabile del delitto di truffa (in concorso con NOME COGNOME assolto in primo grado) e, con la ritenuta recidiva, l’aveva condannato alla pena di
anni 1 e mesi 8 di reclusione ed euro 400 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali;
ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore che deduce:
2.1 erronea applicazione dell’art. 640 cod. pen.: rileva che lo stesso capo di imputazione è confezionato in modo tale da non descrivere una condotta truffaldina in quanto al ricorrente si addebita, in definitiva, il mancato pagamento di canoni di locazione, ovvero un mero inadempimento di natura civilistica che si era sviluppato nei termini consueti, ovvero con l’avvio di un procedimento di sfratto ed il finale rilascio dei locali;
2.2 mancanza ed illogicità della motivazione in ordine alle censure articolate con l’atto d’appello; mancanza di motivazione e travisamento del fatto; erronea applicazione dell’art. 640 cod. pen.: rileva che la Corte d’appello ha inquadrato la vicenda nell’ipotesi di truffa contrattuale con condotta decettiva attuata dopo la conclusione del contratto per ottenere una prestazione non dovuta che, tuttavia, nel caso di specie non sussiste atteso che anche la ritardata consegna dell’immobile era stata legata all’inadempimento ma non già ad una condotta truffaldina; sottolinea che l’ipotesi di un mero inadempimento di stampo civilistico, alternativa a quella proposta dalla pubblica accusa, era confortata da una pluralità di elementi e, in primo luogo, la circostanza secondo cui i mancati pagamenti iniziarono soltanto dopo circa un anno, come dimostrato dai tempi di avviamento della procedura di sfratto, ed i canoni erano stati pagati più volte in ritardo;
2.3 in ogni caso, tardività della querela: premette che l’imputazione si riferisce alla somma di euro 2.800 corrispondente all’assegno non andato a buon fine tra il 24 ed il 27 novembre del 2019 laddove la querela sarebbe stata proposta soltanto il successivo 10 giugno 2020 e rileva che la Corte d’appello ha dato conto del fatto che la persona offesa avesse avuto contezza della scopertura dell’assegno già alla fine del 2019;
2.4 omessa motivazione sulla misura della pena ed erronea applicazione dell’art. 133 cod. pen.: osserva che, in relazione all’entità della presunta truffa, giudici di merito hanno utilizzato un metro particolarmente severo fondato non tanto sul fatto quanto sulla recidiva e sui precedenti penali dell’imputato;
la Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta concludendo per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
NOME COGNOME era stato tratto a giudizio ed è stato riconosciuto responsabile, nei due gradi di merito, del delitto di truffa perché “… con artific raggiri, consistiti nel procedere alla stipula di una serie di contratti d’affitto COGNOME e nel fornire copie di disposizioni di bonifico, in séguito risultante false, nonché un assegno bancario privo di copertura, induceva(no) in errore il proprietario circa l’effettivo pagamento dei canoni d’affitto per un totale di euro 2.800, così procurandosi l’ingiusto profitto con corrispondente danno per la parte lesa”.
La vicenda è stata ricostruita dai giudici di merito in forza di un conforme apprezzamento delle medesime emergenze istruttorie di cui si è dato conto nelle due sentenze di merito dalla cui lettura si apprende che NOME COGNOME, con contratti stipulati tra l’aprile e l’ottobre del 2019, aveva dato in locazio all’imputato (ovvero alla società RAGIONE_SOCIALE) quattro diversi immobili siti Milano, due destinati ad abitazione e due ad esercizi commerciali.
Era tuttavia accaduto che, dopo la conclusione dell’ultimo di tali contratti, il COGNOME non aveva più corrisposto i canoni di locazione; il 24 dicembre 2019 il Prontera aveva infatti ricevuto un assegno di 2.800 euro che era tuttavia risultato scoperto mentre, nel marzo 2020, gli era stata inviata la ricevuta di un bonifico a suo favore cui, tuttavia, non corrispondeva alcun reale ed effettivo accredito di somme.
Per questa ragione, la persona offesa, il 16 aprile 2020 aveva intimato il pagamento dei canoni arretrati e la risoluzione di tutti i contratti e, il giorn 10/06/2020, aveva presentato la querela.
Con l’atto d’appello, la difesa del COGNOME aveva in particolare insistito sulla natura esclusivamente civilistica della vicenda oltre che, poi, sulla tardivit della querela.
Il collegio ritiene che la Corte d’appello sia pervenuta alla conferma della sentenza di primo grado sostenendo la propria decisione con argomentazioni in diritto assolutamente corrette.
4.1 Il primo ed il secondo motivo del ricorso, che ben possono essere trattati congiuntamente, sono pertanto infondati.
I giudici di secondo (cfr., pagg. 6-7 della sentenza) grado hanno infatti affrontato la questione, puntualmente posta dalla difesa dell’imputato, della
rilevanza penale della condotta ascritta al COGNOME, sostenendo che la truffa contrattuale, nei contratti a prestazioni periodiche o continuative, può essere realizzata anche nella fase esecutiva.
La Corte d’appello ha spiegato che, nel caso di specie, la condotta dell’odierno ricorrente si era concretizzata in comportamenti “… specificamente finalizzati a far apparire pagamenti effettivamente inesistenti ottenendo così l’effetto di prolungare la disponibilità di immobili nonostante tutti i mancat pagamenti” e, in particolare, con “… la presentazione di un assegno scoperto mai regolarizzata rientra pacificamente nel novero degli artifizi e raggiri rilevanti” (cfr pag. 7 della sentenza).
Il COGNOME, secondo i giudici di merito, avrebbe più volte utilizzato, i pendenza dei contratti, assegni scoperti e ricevute di bonifico contraffatte ovvero mezzi tali da “… ingenerare nella persona offesa l’erroneo convincimento dell’adempimento dell’imputato” (cfr., ivi) e che “… gli artifizi e raggiri nel caso di specie utilizzati hanno permesso all’imputato di conservare una illegittimità disponibilità dei beni che – di per sé – integra una utilità patrimoniale illecita ah determinato, in capo alla persona offesa, un danno costituito dalla mancata riscossione dei canoni contrattuali” (cfr., ivi, pag. 8).
Di qui, pertanto, la configurabilità del delitto di truffa.
Le conclusioni sui è pervenuta la Corte d’appello sono perfettamente in linea con la giurisprudenza di legittimità che, ormai da tempo, ha chiarito che nei contratti sottoposti a condizione, come in quelli ad esecuzione differita o che non si esauriscono in un’unica prestazione, il delitto di truffa è configurabile nel caso in cui gli artifici e raggiri siano posti in essere anche dopo la stipula del contrat e durante la fase di esecuzione di esso, al fine di conseguire una prestazione altrimenti non dovuta o di far apparire verificata la condizione (cfr,. Sez. 2, n. 29853 del 23/06/2016, COGNOME, Rv. 268074 – 01).
Proprio la sentenza appena richiamata, con impostazione di carattere generale e sistematico, aveva spiegato che “in questa diversa tipologia di contratti, a differenza di quelli ad esecuzione istantanea, il reato di truffa … è ipotizzabi anche in tutti i casi in cui l’attività decettiva sia posta in essere anche dopo l stipula del contratto, perché l’agente, ponendo in essere artifizi e raggiri, non tende a nascondere solo il proprio inadempimento, ma, al contrario, tende ad ottenere dall’altra parte contrattuale ; prestazioni che questa non avrebbe effettuato se non fosse rimasta vittima di quell’attività fraudolenta” per cui “… queste particolari fattispecie, la truffa è ipotizzabile proprio perché, sebbene il contratto sia stato giuridicamente concluso, tuttavia le prestazioni da esso derivanti non si sono esaurite al momento della conclusione del contratto, restando
ancora da eseguire; ben si comprende, quindi, il motivo per cui, anche durante la fase dell’esecuzione, è ipotizzabile un’attività decettiva per effetto della quale l vittima effettua prestazioni che, senza quell’attività, era legittimata a non eseguire con conseguente proprio danno e correlativo ingiusto profitto dell’agente relativamente a quella singola prestazione”).
Sulla stessa falsariga della sentenza “RAGIONE_SOCIALE“, questa stessa Sezione (cfr., Sez. 2, Sentenza n. 5046 del 17/11/2020, dep. 2021, Cantone, Rv. 280563 – 02) ha più recentemente osservato che “… sebbene la truffa contrattuale si palesi principalmente nella fase prenegoziale, allorché la condotta decettiva si innesta nella fase delle trattative minando la formazione del consenso, la giurisprudenza ha affrontato anche l’ipotesi in cui gli artifizi e raggiri del decipíens intervengono nella fase esecutiva dell’accordo, ammettendo la configurabilità del delitto ex art. 640 c.p., nel caso di mancato rispetto da parte di uno dei contraenti delle modalità di esecuzione del contratto, rispetto a quelle inizialmente concordate con l’altra parte, con condotte artificiose idonee a generare un danno con correlativo ingiusto profitto” poiché non è dubbio “… i’assunto secondo cui la dinamica negoziale non resta confinata alla stipulazione del contratto, ma si protrae sino all’esaurimento della fase esecutiva, l’arco temporale in cui possono proiettarsi le condotte truffaldine si presta senz’altro a comprendere gli sviluppi dell’accordo negoziale fino all’esaurimento dei suoi effetti, ovvero l’intero periodo di efficacia de medesimo”; su tale premessa, ha ribadito “… che la truffa contrattuale può configurarsi finché il contratto sia in esecuzione, potendo la condotta illecita dispiegarsi per tutto il lasso temporale d’efficacia negoziale, di significativa durata soprattutto in relazione ai c.d. contratti di lungo termine, caratterizzati da una fisiologica sfasatura tra il momento di conclusione dell’accordo e l’esaurimento dei suoi effetti, quali i contratti ad esecuzione periodica o continuata, i contrat istantanei ad esecuzione differita ed i contratti sottoposti a condizione” nei quali “… alla dilatazione della fase esecutiva … corrisponde Io spostamento del momento consumativo della truffa al compimento dell’ultimo atto dannoso, dando rilevanza a tutte le condotte fraudolente che lo precedono e allo stesso avvinte da nesso di derivazione causale”. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
E’ inoltre consolidata l’affermazione secondo cui “… in materia di truffa contrattuale il mancato rispetto da parte di uno dei contraenti delle modalità di esecuzione del contratto, rispetto a quelle inizialmente concordate con l’altra parte, con condotte artificiose idonee a generare un danno con correlativo ingiusto profitto, integra l’elemento degli artifici e raggiri richiesti per la sussistenza reato di cui all’art. 640 cod. pen.” (cfr., Sez. 2, n. 41073 del 05/10/2004, COGNOME, Rv. 230689 – 01, dove la Corte aveva osservato che “… la dinamica negoziale vive anche della sua esecuzione; sicché è difficile postulare per essa una
sorta di insensibilità a qualsiasi condotta artificiosa che generi danno con correlativo ingiusto profitto, anche nella prospettiva di frustrazione della azioni d risoluzione o annullamento che potrebbero, in ipotesi, altrimenti essere fatte valere – è assorbente il rilievo che tali approdi ermeneutici non possono certo valere nei casi – come nella specie – di contratti di durata di prestazione di servizi in regime di convenzione, rispetto ai quali l’elemento decettivo ben può insorgere con riferimento ad ogni singola prestazione, a fronte della quale insorge l’obbligo di pagamento da parte della azienda conferente il sevizio, senza che occorra presupporre una induzione in errore ex ante, vale a dire sin dalla genesi del rapporto di convenzionamento”).
4.2 I] terzo motivo del ricorso è a sua volta infondato.
La Corte d’appello ha infatti precisato (cfr., pag. 6 della sentenza) che la consapevolezza del Prontera di essere stato vittima di una vera e propria truffa (e non già di una condotta di mero inadempimento civilistico) era maturata gradualmente ed era intervenuta soltanto dopo che, per diverso tempo, l’assegno ricevuto alla fine del 2019 e risultato scoperto, non era stato mai sostituito mentre, nel frattempo, si erano accumulati altri inadempimenti anche, come accennato in precedenza, con condotte dirette a “mascherarne” l’esistenza, e che avevano indotto la persona offesa ad attivarsi per intimare lo sfratto, iniziativa adottata ne maggio del 2020 ed a sporgere querela il 10 giugno.
I giudici di merito, dunque, hanno deciso anche in tal caso in termini coerenti con il pacifico e consolidato il principio per cui il termine per la presentazione della querela decorre dal momento in cui il titolare ha conoscenza certa, sulla base di elementi seri e concreti, del fatto-reato nella sua dimensione oggettiva e soggettiva non dal momento in cui la persona offesa viene a conoscenza del fatto oggettivo del reato (cfr., tra le tante, Sez. 2, n. 37584 del 05/07/2019, COGNOME, Rv. 277081-01; Sez. 5, n. 46485 dei 20/06/2014, COGNOME, Rv. 261018 – 01).
Va anzi ribadito che, in tema di querela, l’onere della prova della intempestività della stessa è a carico del querelato che la deduce e, nella eventuale situazione di incertezza, va risolta a favore del querelante (cfr., in tal senso, Sez. U, n. 12213 del 21/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272170 – 01).
4.3 Il terzo motivo è manifestamente infondato avendo la Corte d’appello (cfr., pag. 8 della sentenza) congruamente motivato in merito alla pena inflitta considerando l’aumento per la – peraltro mai contestata dalla difesa – applicazione della recidiva.
Il rigetto del ricorso importa la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 14/02/2025
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Il Presidente
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Il Consigliere es nsore NOME COGNOME