Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3123 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3123 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Varedo il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/01/2023 della CORTE DI APPELLO DI MILANO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni del difensore AVV_NOTAIO, che ha chiesto di annullarla sentenza impugnata con ogni conseguente statuizione, conclusioni ribadite con la memoria di replica del 24/10/2023.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano, con sentenza del 25/01/2023, ha confermato la sentenza del Tribunale di Monza del 18/02/2022 che ha condannato NOME alla pena di giustizia per il delitto allo stesso ascritto (art. 640 ed art. 6 comma primo, n. 11 cod. pen.).
COGNOME NOME NOME proposto ricorso per cassazione, per mezzo del proprio difensore, deducendo diversi motivi di ricorso che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensid ell’art. 173 disp.att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge ed erronea interpretazione della legge penale in relazione all’art. 640 cod. pen.; non ricorre il comportamento contestato di truffa contrattuale, ma un mero inadempimento civilistico, non ricorrendo alcuna induzione in errore della persona offesa al momento della conclusione del contratto. L’impresa dell’RAGIONE_SOCIALE non aveva alcun obbligo di giustificare i propri prezzi al momento della sottoposizione del preventivo ed anche la manodopera è costata alla persona offesa un prezzo inferiore alla media di mercato; né l’aver commissionato ad un carrozziere esterno l’attività di riparazione dell’auto può essere ritenuto un valido raggiro al fine di ritenere integrata la disposizione di cui all’art. 640 cod. pen La sentenza di appello sbaglia anche quando afferma che l’aver riparato la vettura con pezzi di ricambio usati o riparati rappresenterebbe un artificio o raggiro; il mendace comportamento non appare sufficiente ad integrare la truffa, né è stato effettivamente provata la ricorrenza dell’elemento soggettivo.
2.2. Violazione di legge ed erronea applicazione dell’art. 131-bis cod. pen.; attesa l’esiguità del danno sopportato dalla parte civile e il comportamento tenuto dal ricorrente, che si era proposto di risarcire il danno per circa 2500,00 euro, doveva essere applicata la previsione di cui all’art. 131-bis cod.pen.
2.3. Violazione di legge ed erronea applicazione della legge penale con riferimento agli art. 61, comma primo, n./1,art. 69 cod. pen.;non è condivisibile ricondurre il fatto contestato alla truffa contrattuale ed applicare poi l’aggravante dell’abuso della prestazione d’opera; e comunque in subordine le circostanze attenuanti generiche dovevano essere ritenute prevalenti sulla contestata aggravante.
2.4. Violazione di legge in relazione all’art. 545-bis cod. proc. pen.; il ricorrente, pur essendo stata condannato ad una pena detentiva non sospesa pari a 6 mesi di reclusione, non riceveva l’avviso dalla Corte di appello quanto alla possibilità di sostituire la pena con una delle pene sostitutive di cui all’art. 53 dell I. n. 689 del 1981, in assenza di qualsiasi motivazione sul punto.
2.5. Vizio della motivazione in tutte le sue forme in ordine alle statuizioni civili, tenuto conto dell’esito dell’accertamento tecnico preventivo svolto in sede civile.
2.6. Violazione di legge in relazione all’art. 159 cod. pen.; il reato 9i doveva ritenere prescritto al momento della decisione di appello. La Corte di appello nel computare la sospensione del termine di prescrizione ha errato comprendendo nel termine anche i giorni di differimento richiesti su accordo delle parti per giungere ad una bonaria composizione della vicenda.
il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, per il tramite del proprio difensore, ha ribadito le proprie conclusioni con memoria di replica alle conclusioni del Procuratore generale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi manifestamente infondati, non consentiti e generici.
Il primo motivo di ricorso non è consentito. Le argomentazioni proposte dalla difesa del ricorrente si caratterizzano per reiteratività, in considerazione dei motivi di appello proposti, in assenza di confronto con la motivazione, al fine di introdurre una lettura alternativa del merito non consentita in questa sede (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01, Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, COGNOME, Rv. 275100-01, Sez. 4, 1219 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271702-01, Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277758-01). In concreto la difesa ha riproposto la propria interpretazione rispetto ai fatti oggetto d contestazione, senza confrontarsi con la valutazione logica ed argomentata della Corte di appello su tutti gli aspetti essenziali oggetto di critica e doglianza anche in sede di appello. Ne consegue l’inammissibilità della doglianza perché critica, di fatto, pur richiamando la violazione di legge, la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità della argomentazioni spese dalla Corte di appello (pag. 5 e seg. con particolare riferimento all’aver acconsentito a lavori di riparazione e sostituzione di pezzi di ricambio mai utilizzati e, ciò nonostante, riportati in fattura, inducendo in errore la persona offesa al momento della conclusione del contratto in ordine alla portata delle attività e disponibilità de materiale da utilizzare, con evidente riferibilità al ricorrente della condott truffaldina e della piena consapevolezza da parte dello stesso, evidenziata in modo del tutto univoca dalla considerazione del contenuto della fattura per la quale si chiedevano importi maggiorati rispetto ai materiali utilizzati e si richiamavano prestazioni non effettuate, con una evidente deliberazione iniziale sul punto), così sollecitando una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove ed evidenziando ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatori del singolo elemento, rappresentando tutto ciò una non ammissibile interferenza con la valutazione del fatto riservata al giudice del merito (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747-01, Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965-01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
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Il secondo, terzo e quinto motivo non sono consentiti, perché le violazioni ivi evocate non hanno formato oggetto di motivo di appello, con interruzione della catena devolutiva sul punto. Secondo il diritto vivente, alla luce di quanto disposto dall’art. 609, comma 2, cod. proc. pen., non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare perché non devolute alla sua cognizione, ad eccezione di quelle rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio e di quelle che non sarebbe stato possibile proporre in precedenza (Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, COGNOME, Rv. 276062-01, in motivazione; Sez. 3, n. 57116 del 29/09/2017, COGNOME., Rv. 27186901; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316-01; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, COGNOME, Rv. 269745-01; Sez. 2, n. 8890 del 31/01/2017, COGNOME, Rv. 269368-01; Sez. 3, n. 16610 del 24/01/2017, COGNOME, Rv. 269632-01).
Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato. Secondo la previsione asseritamente violata il giudice “può” dare avviso alle parti e ciò può fare quando ritenga sussistenti i presupposti per eventualmente sostituire la pena irrogata. Ne consegue all’evidenza che nel caso in cui il giudice, nell’ambito della sua discrezionalità, non abbia dato tale avviso, in mancanza di qualsiasi richiesta dell’imputato sul punto, evidentemente ha ritenuto insussistenti i requisiti legittimanti la sostituzione ai sensi dell’evocato 545-bis cod. proc. pen.
In tal senso questa Corte ha già chiarito che in tema di pene sostitutive di pene detentive brevi, il difensore che, nelle conclusioni o con richiesta formulata subito dopo la lettura del dispositivo, non abbia sollecitato l’esercizio, da parte del giudice, dei poteri di cui all’art. 545-bis cod. proc. pen., non può, in sede di impugnazione, dolersi del fatto che non gli sia stato dato l’avviso previsto dal comma 1 di tale disposizione (Sez. 2, n. 43848 del 29/09/2023, D. non massimata, che ha chiarito, con argomentazione che si condivide, che l’avviso è propedeutico all’applicazione della misura sostitutiva e presuppone una delibazione positiva anche se sommaria dei presupposti legittimanti da parte del giudice, sicché non sussiste un obbligo automatico di avviso riferito a tutte le sentenze di condanna a pena inferiore a quattro anni non sottoposte a sospensione condizionale della pena).
Anche il sesto motivo di ricorso è manifestamente infondato. Nel ritenere erroneo il computo del termine di decorso della prescrizione effettuato dalla Corte di appello, il ricorrente ha richiamato un arresto giurisprudenziale assolutamente minoritario, rispetto al costante e ormai consolidato orientamento, che il Collegio condivide e ribadisce, che ha affermato che il rinvio del processo disposto sull’accordo delle parti comporta la sospensione del termine di prescrizione per l’intera durata del rinvio, ai sensi dell’art. 159, comma 1, n. 3), cod. proc.
pen. (Sez. 4, GLYPH n. 20395 del 27/04/2021, GLYPH Irollo,Rv. 281243-01; Sez. 5,n. 26449 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 270539-01, relativa ad una cast<del tutto analogo di rinvio richiesto dalle parti per giungere ad un accordo transattivo; Sez. 6, n. 51912 del 17/10/2017, COGNOME, Rv. 271561-01; Sez. 5, n. 25444 del 23/05/2014, COGNOME, Rv. 260414 – 01).
Il ricorso deve in conclusione essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, stimata equa, di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 3 novembre 2023.