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Truffa contrattuale: quando il ricorso è inammissibile

Un costruttore, inizialmente condannato per truffa contrattuale, viene assolto in appello perché il fatto non sussiste. Le parti civili ricorrono in Cassazione, ma il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Suprema Corte ribadisce che il suo giudizio non può riesaminare i fatti o le prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa Contrattuale: I Limiti del Ricorso in Cassazione Secondo la Sentenza 18408/2024

La truffa contrattuale rappresenta un’ipotesi delittuosa complessa, che si realizza quando una delle parti, attraverso artifizi o raggiri, induce l’altra a stipulare un contratto che altrimenti non avrebbe concluso o avrebbe concluso a condizioni diverse. Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sui confini del proprio sindacato, chiarendo quando un ricorso avverso un’assoluzione per tale reato debba essere dichiarato inammissibile.

I Fatti del Caso: Una Compravendita Immobiliare Contestata

La vicenda giudiziaria trae origine da una controversia legata a un contratto preliminare di compravendita immobiliare. Gli acquirenti accusavano il costruttore venditore di averli indotti in errore, approfittando di un rapporto di parentela, predisponendo un contratto privo di adeguate garanzie, omettendo di informarli circa l’esistenza di ipoteche sugli immobili e cedendo immediatamente il credito a un istituto bancario.

Il Tribunale di primo grado aveva ritenuto fondate le accuse, condannando il costruttore per il reato di truffa. Tuttavia, la Corte di Appello, in riforma della prima sentenza, assolveva l’imputato con la formula “perché il fatto non sussiste”, revocando di conseguenza anche le statuizioni civili relative al risarcimento del danno. Avverso questa decisione, le parti civili (i promissari acquirenti) proponevano ricorso per Cassazione.

Le censure nel ricorso sulla truffa contrattuale

I ricorrenti basavano la loro impugnazione su due principali motivi:

1. Violazione di legge sulla prescrizione: Lamentavano un’erronea individuazione della data di commissione del reato, sostenendo che si trattasse di un reato a consumazione prolungata.
2. Erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione: Contestavano l’assoluzione, ritenendola fondata su argomenti illogici e contraddittori che non avrebbero tenuto conto delle prove documentali attestanti la condotta truffaldina del costruttore.

In sostanza, le parti civili chiedevano alla Suprema Corte di riesaminare il merito della vicenda per giungere a una diversa conclusione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza dell’imputato, ma si concentra sulla correttezza procedurale e sui limiti del giudizio di legittimità.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato in modo chiaro le ragioni dell’inammissibilità, offrendo importanti spunti di riflessione sulla distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità.

Innanzitutto, riguardo al primo motivo (prescrizione), la Corte ha rilevato una carenza di interesse da parte dei ricorrenti. L’assoluzione nel merito con la formula “perché il fatto non sussiste” è una decisione più favorevole e definitiva rispetto a una declaratoria di estinzione del reato per prescrizione. Pertanto, contestare la prescrizione di fronte a un’assoluzione piena è processualmente inutile.

Il punto cruciale, però, risiede nell’analisi del secondo motivo. La Cassazione ha stabilito che le censure sollevate dai ricorrenti comportavano “la necessità di accertamenti in fatto o di valutazioni di merito incompatibili con i limiti del giudizio di legittimità”. I ricorrenti, infatti, non denunciavano un reale vizio di logica nella motivazione della Corte d’Appello, ma esprimevano il loro dissenso rispetto alla valutazione delle prove fatta dal giudice di secondo grado, proponendo una propria ricostruzione dei fatti.

La Suprema Corte ha invece evidenziato come la motivazione della Corte d’Appello fosse immune da censure logiche e coerente con le acquisizioni processuali. Il giudice d’appello aveva infatti adeguatamente considerato diversi elementi per escludere il dolo di truffa, tra cui:
* La mancata eccezione di nullità del contratto preliminare.
* La preesistenza dell’ipoteca, risultante dai registri immobiliari pubblici.
* La conformità della cessione del credito a una prassi commerciale comune.
* La testimonianza del notaio rogante.

Il ruolo della Cassazione non è quello di sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma solo di verificare che quest’ultimo abbia fornito una motivazione logica, coerente e non manifestamente contraddittoria.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: la Corte di Cassazione non è un “terzo grado di giudizio”. Il suo compito non è decidere chi ha ragione sui fatti, ma assicurare l’uniforme interpretazione della legge e il rispetto delle regole processuali. Le parti che intendono ricorrere in Cassazione non possono limitarsi a contestare la ricostruzione fattuale operata nei gradi di merito, ma devono individuare specifici vizi di legittimità, come l’errata applicazione di una norma di legge o una palese illogicità nel ragionamento del giudice che ha emesso la sentenza impugnata. In assenza di tali vizi, il ricorso è destinato all’inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Perché il ricorso per cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Perché le censure sollevate dalle parti civili non riguardavano errori di diritto, ma miravano a ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, attività che è preclusa alla Corte di Cassazione e spetta esclusivamente ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).

Per quale motivo la Corte non ha esaminato la questione della prescrizione del reato?
La Corte ha ritenuto che i ricorrenti non avessero interesse a sollevare la questione. Poiché l’imputato era stato assolto nel merito con la formula “perché il fatto non sussiste”, una decisione più favorevole di una declaratoria di prescrizione, la questione sulla data di consumazione del reato era diventata irrilevante.

Cosa significa che il giudizio di Cassazione è un “giudizio di legittimità” e non “di merito”?
Significa che la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove (es. testimonianze, documenti) per decidere se i fatti si sono svolti in un modo o in un altro. Il suo compito è solo quello di controllare che la sentenza impugnata abbia applicato correttamente le norme di legge e che il suo ragionamento sia logico e privo di contraddizioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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