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Truffa contrattuale: quando il raggiro è esecutivo

Una professionista sanitaria, in partnership con una struttura alberghiera, occulta parte degli incassi derivanti dalla sua attività. La Corte di Cassazione, con la sentenza 9154/2024, chiarisce un principio fondamentale: la truffa contrattuale non si configura solo al momento della stipula, ma può emergere anche durante la fase esecutiva del rapporto, attraverso raggiri che portano a un ingiusto profitto. La Corte ha annullato la sentenza di assoluzione e ha rinviato il caso al giudice civile per la valutazione dei danni.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa Contrattuale: Il Reato Può Sussistere Anche Dopo la Firma del Contratto

La stipula di un contratto segna l’inizio di un rapporto giuridico, ma non la fine delle possibili insidie. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 9154/2024) ha ribadito un principio cruciale: la truffa contrattuale può configurarsi non solo al momento della firma, ma anche durante tutta la vita del rapporto, nella cosiddetta fase esecutiva. Questo caso, che coinvolge una professionista sanitaria e una struttura alberghiera, dimostra come condotte ingannevoli successive alla stipula possano integrare pienamente il reato di truffa.

I Fatti del Caso

Una struttura alberghiera ospitava al suo interno un dipartimento di medicina estetica, gestito da una professionista sanitaria in base a specifici accordi contrattuali. Il contratto prevedeva che la struttura incassasse i pagamenti dai clienti e riconoscesse alla professionista una percentuale del ricavato, al netto dei costi dei materiali.

A un certo punto, l’accordo viene modificato per una specifica tipologia di trattamenti: la professionista viene autorizzata a incassare direttamente i pagamenti. Secondo l’accusa, la professionista e un suo collaboratore avrebbero approfittato di questa situazione, occultando sistematicamente parte degli incassi dovuti alla struttura, anche manipolando i programmi gestionali per far sparire le tracce delle prestazioni effettuate. Si trattava, in sostanza, di non rendere palesi alla struttura i reali guadagni per trattenere una quota superiore a quella pattuita.

Il Percorso Giudiziario e la Configurazione della Truffa Contrattuale

Il caso ha avuto un iter giudiziario complesso. Mentre in primo grado e in appello si erano alternate sentenze di condanna e assoluzione, con diverse qualificazioni del reato (da truffa ad appropriazione indebita), la Corte d’Appello, chiamata a decidere dopo un primo annullamento della Cassazione, aveva infine assolto gli imputati. La motivazione dei giudici d’appello si basava sull’idea che, a seguito della modifica contrattuale, la professionista agisse in nome proprio e non più per conto della società. Di conseguenza, il mancato riversamento delle somme non poteva essere considerato né truffa né appropriazione indebita, ma al massimo un illecito civile.

L’Importanza della Fase Esecutiva nella Truffa Contrattuale

La società, in qualità di parte civile, ha impugnato questa decisione, e la Corte di Cassazione le ha dato ragione. Il punto centrale della sentenza è che il delitto di truffa contrattuale non si esaurisce con l’inganno che porta alla firma del contratto. Al contrario, esso può manifestarsi pienamente durante l’esecuzione del rapporto, specialmente nei contratti di durata, come quello in esame.

La Cassazione ha affermato che gli artifici e i raggiri posti in essere dopo la stipula, finalizzati a ottenere una prestazione non dovuta o a causare un danno alla controparte, sono pienamente rilevanti ai fini del reato. L’arco temporale in cui possono proiettarsi le condotte truffaldine copre l’intero periodo di efficacia dell’accordo.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha ritenuto ‘illogica’ la valutazione della Corte d’Appello. Il comportamento degli imputati non era un semplice silenzio, ma un ‘silenzio espressivo’ unito a condotte attive (la manomissione dei dati contabili e gestionali) che avevano un unico scopo: ingannare la controparte sull’ammontare degli incassi per ottenere un profitto ingiusto. Questa condotta ha impedito alla struttura alberghiera di esercitare i propri diritti, come quello di compensare i reciproci debiti e crediti, causando un danno patrimoniale evidente.

L’inganno, quindi, non era finalizzato a far nascere il rapporto contrattuale, ma a viziarne lo svolgimento a proprio vantaggio. La Corte ha sottolineato che, anche se una parte del contratto era stata modificata, il rapporto principale tra le parti continuava a esistere, e proprio all’interno di questo rapporto si sono inserite le condotte decettive. La manipolazione dei dati è stata vista come una chiara condotta commissiva, non una semplice omissione, volta a occultare il diritto della società a percepire la sua quota di spettanza.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, rinviando il caso non a un giudice penale, ma direttamente al giudice civile competente in grado d’appello. Questo perché, pur essendo il fatto potenzialmente un reato, l’obiettivo del ricorso della parte civile era ottenere il risarcimento del danno. La decisione finale spetterà quindi al giudice civile, che dovrà valutare la responsabilità e quantificare i danni sulla base dei principi stabiliti dalla Cassazione.

Questa sentenza è un importante monito: la correttezza e la buona fede devono accompagnare un contratto per tutta la sua durata. Qualsiasi comportamento fraudolento tenuto durante la fase esecutiva può avere conseguenze gravi, non solo sul piano civile, ma anche su quello penale, configurando una vera e propria truffa contrattuale.

Si può essere accusati di truffa contrattuale per un comportamento tenuto dopo la firma del contratto?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che il reato di truffa contrattuale può configurarsi anche se gli inganni e i raggiri avvengono durante la fase di esecuzione del contratto, e non solo al momento della sua stipulazione.

Il semplice silenzio o l’omissione di comunicare incassi può configurare un raggiro?
Sì, quando il silenzio non è mera inerzia ma si inserisce in un contesto più ampio di condotte ingannevoli. In questo caso, il silenzio sugli incassi era accompagnato dalla manipolazione attiva dei sistemi informatici, configurando un comportamento concludente idoneo a ingannare la controparte.

Cosa succede se un reato è estinto per prescrizione ma c’è una parte civile che chiede i danni?
Se una sentenza di assoluzione nel merito viene annullata dalla Cassazione per vizi di motivazione, la Corte può rinviare il caso al giudice civile competente per decidere esclusivamente sulla responsabilità civile e sulla richiesta di risarcimento danni avanzata dalla parte civile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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