Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 29358 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 29358 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da:
avverso la sentenza in data 18/03/2025 della CORTE DI APPELLO DI MILANO;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
a seguito di trattazione in camera di consiglio, senza la presenza delle parti, ai sensi degli artt. 610, comma 5 e 611, comma 1, cod. proc. pen..
NOME COGNOME per il tramite del proprio difensore, impugna la sentenza in data 18/03/2025 della Corte di appello di Milano, che ha confermato la sentenza in data 06/02/2024 del Tribunale di Milano, che lo aveva condannato per il reato di truffa aggravata ai sensi dell’art. 61, comma primo, n. 7 cod. pen..
Deduce:
Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla sussistenza del dolo e degli artici e raggiri, con particolare riguardo al documento di ‘precisione di bilancio’ e per la carenza di motivazione in relazione alle argomentazioni esposte nell’atto di appello.
Con il primo motivo si denuncia il vizio di omessa motivazione in relazione al dolo della truffa, osservando che la sentenza impugnata si dilunga sugli artifici e raggiri, ma spende una sola riga in relazione alla sussistenza dell’elemento psicologico.
Il ricorrente osserva che la sentenza di appello ha sostanzialmente ribadito gli argomenti della sentenza di primo grado, così che essa si presenta alla stregua di un rinnovato giudizio di primo grado, che priva la difesa di un grado di giudizio.
Si ribadisce la mancanza di una specifica motivazione, con particolare riguardo al dolo iniziale, così come richiesto in ipotesi di truffa contrattuale, attesa anche la mancata spiegazione di come tale requisito possa conciliarsi con il regolare pagamento della prima mensilità della locazione, all’atto della sottoscrizione del contratto.
Vengono, dunque, compendiati gli elementi valutati dalla corte di appello, al fine di
Sent. n. sez. 1083/2025 UP – 08/07/2025 R.G.N. 15766/2025
dimostrarne l’inefficacia probatoria in punto di sussistenza del dolo iniziale, oltre che per evidenziare lo stravolgimento delle argomentazioni contenute nell’atto di appello in relazione alla posizione di COGNOME e COGNOME, con particolare riguardo allo snaturamento del documento di previsione di bilancio, che viene, invece, qualificato alla stregua di un bilancio tout court .
Vengono illustrate le ragioni per cui il documento prodotto non poteva considerarsi un bilancio e si osserva come la corte di appello non abbia dato risposta a tutte le doglianze difensive esposte con l’atto di gravame.
A tale riguardo, il ricorrente si duole anche dell’omessa considerazione del parere pro veritate -rilasciato da un barrister inglese, avente piena conoscenza della normativa societaria anglosassone- ritualmente acquisito nel corso del giudizio di primo grado, dove veniva prodotto per offrire ai giudici la corretta lettura del documento in parola.
Vizio di motivazione in punto di negazione delle circostanze attenuanti generiche.
Secondo il ricorrente, la corte di appello ha erroneamente negato le circostanze attenuanti generiche osservando che Mosca non aveva contribuito alla ricostruzione dei fatti, non considerando che -al contrario- era stata prodotta copiosa documentazione e che l’imputato si Ł sottoposto a esame con intento collaborativo, non sottraendosi alle domande del pubblico ministero e della parte civile.
Aggiunge che il fatto di dichiararsi innocente costituisce un preciso diritto dell’imputato, così che tale evenienza non può essere considerata in sfavore dell’imputato, con il fine di negare le circostanze attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso Ł inammissibile perchØ si presenta come una valutazione delle emergenze istruttorie alternativa a quella operata dai giudici della doppia sentenza conforme, che hanno ritenuto la sussistenza degli elementi costitutivi della truffa sulla base della testimonianza della persona offesa NOME COGNOME e dei terzi NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME dalle quali -in uno con la documentazione versata in atti- hanno fatto ritenere ai giudici la sussistenza degli artifici e raggiri e l’elemento psicologico della truffa contrattuale.
I giudici di merito hanno individuato e descritto una molteplicità di condotte riconducibili alla nozione di artifici e raggiri, realizzati nella fase della trattativa e della stipulazione del contratto di locazione, così enucleando l’esteriorizzazione del dolo iniziale, per come richiesto per la truffa contrattuale.
A tale fine sono stati valorizzati la promessa mai realizzata di prestare una fideiussione; il superamento della resistenza della locatrice a intestare la locazione a una società e non alla persona fisica ostentando un documento da cui emergeva una situazione di stabilità economica della persona giuridica; l’insistita richiesta di intestare il contratto di locazione a una società che si sapeva inattiva, la cui reale esistenza non poteva essere verificata dalla locatrice, sono tutti elementi che nella struttura argomentativa della sentenza impugnata sono dimostrativi proprio dell’esistenza della volontà truffaldina presente sin dal momento delle trattativa.
I giudici hanno altresì rimarcato come fosse irrilevante che Mosca avesse pagato il primo canone di locazione, visto che l’imputato era a piena conoscenza dello stato di decozione della società.
1.1. Tali rilievi dimostrano la manifesta infondatezza della denuncia di omessa motivazione in punto di sussistenza del dolo iniziale e, al contempo, fanno emergere come tutte le argomentazioni spese con il ricorso si contrappongano alle valutazioni di merito della
sentenza impugnata, che viene censurata sotto il profilo valutativo, per lo piø reiterando le medesime argomentazioni spese con l’atto di appello e senza che siano espresse censure valutabili in sede di legittimità.
Va rammentato, infatti, che il compito demandato dal legislatore alla Corte di cassazione -per quanto qui d’interesse- non Ł quello di stabilire se il giudice di merito abbia proposto la migliore ricostruzione dei fatti ovvero quello di condividerne la giustificazione. Il compito del giudice di legittimità Ł quello di verificare la conformità della sentenza impugnata alla legge sostanziale e a quella processuale, cui si aggiunge il controllo sulla motivazione che, però, Ł restrittivamente limitato alle ipotesi tassative della carenza, della manifesta illogicità e della contraddittorietà. Con l’ulteriore precisazione che la carenza va identificata con la mancanza della motivazione per difetto grafico o per la sua apparenza; che l’illogicità deve essere manifesta -ossia individuabile con immediatezza-e sostanzialmente identificabile nella violazione delle massime di esperienza o delle leggi scientifiche, così configurandosi quando la motivazione sia disancorata da criteri oggettivi di valutazione, e trascenda in valutazioni soggettive e congetturali, insuscettibili di verifica empirica; la contraddittorietà si configura quando la motivazione si mostri in contrasto -in termini di inconciliabilità assoluta- con atti processuali specificamente indicati dalla parte e che rispetto alla struttura argomentativa abbiano natura portante, tale che dalla loro eliminazione deriva l’implosione della struttura argomentativa impugnata.
1.2. Il primo motivo di impugnazione Ł inammissibile anche nella parte in cui si duole della mancata risposta a tutte le deduzioni difensive in relazione alle risultanze probatorie.
Il motivo Ł manifestamente infondato e non trova riscontro in atti, visto che dalla lettura della sentenza impugnata emerge la puntuale risposta a tutte le deduzioni difensive.
Inoltre, il motivo si risolve in una valutazione di merito alternativa a quella della Corte di appello, che ha evidentemente ritenuto infondata la prospettazione difensiva. Si deve considerare, infatti, che il giudice di merito non ha l’obbligo di soffermarsi a dare conto di ogni singolo elemento eventualmente acquisito in atti, potendo egli invece limitarsi a porre in luce quelli che, in base al giudizio effettuato, risultano gli elementi essenziali ai fini del decidere, purchØ tale valutazione risulti logicamente coerente.
A tal proposito questa Corte ha già avuto modo di affermare che «non Ł censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente in relazione a una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando il suo rigetto risulti dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza», (Sez. 4 – n. 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284096 – 01; Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018 Ud., dep. 2019, COGNOME, Rv. 275500 – 01).
1.3. Si colloca in tale alveo anche la doglianza secondo cui la corte di appello avrebbe omesso di considerare il parere pro veritate prodotto e acquisito nel corso del giudizio di primo grado.
Il parere pro veritate , invero, ancorchØ redatto da un professionista di elevata competenza tecnica, non assume valore di prova nel processo penale, costituendo proiezione delle argomentazioni e delle valutazioni di una parte del processo e, come tale, riveste natura di atto di parte, privo del carattere della neutralità e, dunque, sprovvisto di efficacia vincolante per il giudice, che non Ł tenuto a recepirne le conclusioni, ancor di piø quando -come nel caso in esame- riguardi la qualificazione giuridica da attribuire a un documento.
La motivazione della sentenza impugnata Ł in linea con quanto ora evidenziato, sia quando definisce il parere pro veritate come non rilevante, sia quando valuta e qualifica il documento secondo il proprio libero apprezzamento, che risulta incensurabile in questa
sede, in quanto sostenuto da motivazione logica e non contraddittoria (cfr. pag. 18 e 19 della sentenza impugnata).
A ciò si aggiunga che il motivo Ł manifestamente infondato quando sostiene che i giudici avrebbero omesso di considerare tale parere, là dove, invece, a pagina 19 della sentenza impugnata, essi si sono puntualmente confrontati con esso, evidenziandone «le evidenti e marchiane anomalie».
Il ricorrente, inoltre, non spiega come la qualificazione giuridica del documento quale bilancio ovvero quale previsione di bilancio lo renda idoneo, da solo, a ribaltare l’esito finale del giudizio, ove si consideri la complessa struttura argomentativa della sentenza impugnata, che ha ricostruito la vicenda in esame sulla base di molteplici elementi a carico di Mosca, anche richiamando la sentenza di primo grado.
1.4. Tale ultima notazione conduce all’ulteriore causa d’inammissibilità dell’impugnazione, nella parte in cui il ricorrente si duole del rinvio da parte del giudice di appello alle argomentazioni della sentenza di primo grado.
L’assunto difensivo contrasta con quanto chiarito dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che ha spiegato che, seppur l’articolo 6 § 1 della Convenzione obbliga i giudici a motivare le loro decisioni, tale obbligo non può essere inteso nel senso di esigere una risposta dettagliata a ciascun argomento (COGNOME c. Paesi Bassi, 19 aprile 1994, § 61), così che, rigettando un ricorso, il giudice di appello può, in linea di principio, limitarsi a fare propri i motivi della decisione impugnata (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, NOME COGNOME c. Italia, 20 ottobre 2015; Ruiz COGNOME c. Spagna, 9 dicembre 1994).
Va, infine, aggiunto che «ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, ricorre la cd. “doppia conforme” quando la sentenza di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest’ultima sia adottando gli stessi criteri utilizzati nella valutazione delle prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale», (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 01).
Il motivo relativo alla negazione delle circostanze attenuanti generiche Ł inammissibile perchØ aspecifico.
Diversamente da quanto esposto nel ricorso, tali attenuanti sono state negate perchØ i giudici non hanno rinvenuto elementi positivamente valutabili in favore dell’imputato, «tale non essendo il mero esercizio del diritto di difesa, tramite la presenza, la resa dell’esame, la produzione di documenti».
La motivazione Ł conforme al principio di diritto a mente del quale l’applicazione di attenuanti generiche non costituisce un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle circostanze in parola (in tal senso, tra molte, Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01).
A fronte di una motivazione adeguata e giuridicamente corretta, il ricorrente, per un verso, reitera le medesime argomentazioni già valutate e respinte dalla corte di appello, ossia la valenza positiva della presenza in udienza, della produzione di documentazioni e della sottoposizione a esame; per altro verso, estrapola e isola un frammento di motivazione da un piø complessivo ordito argomentativo che, di fatto, viene trascurato.
Da qui una doppia ragione di aspecificità: in primo luogo, perchØ «Ł inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli
stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710 – 01); in secondo luogo, perchØ «Ł inammissibile il ricorso per cassazione nel caso in cui manchi la correlazione tra le ragioni poste a fondamento dalla decisione impugnata e quelle argomentate nell’atto di impugnazione, atteso che questo non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato» (Sez. 4, n. 19364 del 14/03/2024, COGNOME, Rv. 286468 – 01).
Segue l’inammissibilità dell’ultimo motivo d’impugnazione e, con esso, del ricorso nella sua interezza.
Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
L’esito del giudizio e la soccombenza che ne Ł derivata comporta la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile costituita nel presente grado di giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile NOMECOGNOME che liquida in complessivi euro 3.465/00, oltre accessori di legge.
Così Ł deciso, 08/07/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME