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Truffa contrattuale: quando è inammissibile il ricorso

Un soggetto è stato condannato per truffa contrattuale dopo aver venduto un immobile a terzi, nonostante avesse già firmato un contratto preliminare e incassato una cospicua somma dal primo promissario acquirente. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo infondati i motivi procedurali sulla notifica e confermando la sussistenza del reato. La Corte ha ribadito che l’omissione di informare il promissario acquirente della successiva vendita a terzi integra la condotta illecita della truffa.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa Contrattuale: Quando la Cassazione Conferma la Condanna

La truffa contrattuale rappresenta una delle fattispecie più insidiose nell’ambito dei reati contro il patrimonio, poiché l’inganno si annida all’interno di un rapporto apparentemente lecito come la stipulazione di un contratto. Una recente sentenza della Corte di Cassazione Penale ha ribadito i principi cardine per la configurabilità di tale reato, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato e facendo luce su importanti aspetti procedurali, come la validità della notifica all’imputato assente.

I Fatti del Caso: Il Contratto Preliminare e l’Alienazione a Terzi

La vicenda giudiziaria trae origine da una transazione immobiliare. Un soggetto, promittente venditore, stipulava un contratto preliminare per la vendita di un bene, incassando dal promissario acquirente una somma considerevole, pari a oltre 62.000 euro, a titolo di acconto sul prezzo finale.

Tuttavia, invece di procedere alla stipula del contratto definitivo con la controparte, il venditore alienava lo stesso immobile a un terzo soggetto, omettendo di comunicare tale circostanza al primo promissario acquirente. Quest’ultimo, dopo aver scoperto l’accaduto e aver visto negate le sue legittime aspettative, sporgeva denuncia. La condotta del venditore veniva qualificata come truffa contrattuale aggravata, con condanne confermate sia in primo grado che in appello.

I Motivi del Ricorso e la Disciplina della Truffa Contrattuale

L’imputato presentava ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Nullità della sentenza d’appello: per un presunto vizio nella notifica del decreto di fissazione dell’udienza. La difesa sosteneva che, essendo divenuta impossibile la notifica presso il domicilio dichiarato, non si potesse procedere con la notifica al difensore.
2. Violazione di legge e vizio di motivazione: in relazione alla valutazione delle prove, contestando l’interpretazione dei fatti data dai giudici di merito.
3. Errata applicazione della legge penale: sostenendo l’insussistenza degli elementi costitutivi della truffa.

La difesa mirava a dimostrare che la vicenda dovesse essere inquadrata in un mero inadempimento civile e non in un reato penale, proponendo una causale alternativa per il versamento delle somme ricevute.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicando tutti i motivi manifestamente infondati. La decisione si articola su due assi portanti: la correttezza della procedura di notificazione e la piena sussistenza degli elementi del reato contestato.

La Validità della Notifica presso il Difensore

Riguardo al primo motivo, la Cassazione ha smontato la tesi difensiva citando consolidata giurisprudenza, anche delle Sezioni Unite. I giudici hanno chiarito che l’impossibilità di notificare un atto all’imputato presso il domicilio dichiarato o eletto, anche se solo temporanea, legittima la notifica sostitutiva presso il difensore di fiducia ai sensi dell’art. 161, comma 4, c.p.p. Nel caso di specie, i due tentativi falliti da parte dell’ufficiale giudiziario e la successiva spedizione di una raccomandata tornata al mittente per compiuta giacenza erano elementi sufficienti a integrare il presupposto dell’impossibilità, rendendo la notifica al legale un adempimento pienamente valido e a garanzia dei diritti dell’imputato.

La Sussistenza degli Elementi della Truffa Contrattuale

Per quanto concerne il merito della vicenda, la Corte ha sottolineato come la sentenza d’appello avesse già ampiamente e logicamente motivato l’affermazione di responsabilità. La condotta dell’imputato integrava tutti gli elementi della truffa contrattuale: l’aver indotto in errore la controparte sulla sua reale volontà di adempiere al contratto, l’aver conseguito un ingiusto profitto (l’incameramento della somma) con altrui danno (la perdita economica e la mancata acquisizione del bene). La Corte ha ribadito che l’omissione consapevole di informare il promissario acquirente dell’esistenza di un successivo contratto di vendita a terzi è una condotta idonea a integrare la truffa.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una rigorosa applicazione dei principi di diritto sia processuale che sostanziale. Dal punto di vista processuale, la decisione riafferma l’onere dell’imputato di comunicare ogni variazione del proprio domicilio dichiarato. La procedura di notifica al difensore non è vista come una diminutio delle garanzie, ma come un meccanismo che bilancia l’efficienza del processo con il diritto di difesa, attivandosi solo quando la reperibilità dell’imputato viene meno per cause a lui imputabili.

Nel merito, la motivazione centrale risiede nella distinzione tra mero inadempimento civile e dolo penalmente rilevante. La Corte ha ritenuto che il comportamento dell’imputato non fosse una semplice incapacità o mancata volontà di adempiere a un’obbligazione, ma un piano preordinato a trarre in inganno la controparte. La vendita del bene a un terzo, dopo aver incassato una cospicua caparra, è stata considerata la prova evidente di una volontà fraudolenta iniziale, finalizzata non a concludere l’affare, ma a ottenere un profitto illecito.

Le Conclusioni

La sentenza consolida due importanti principi. In primo luogo, sul piano procedurale, rafforza la validità della notifica al difensore in caso di irreperibilità, anche temporanea, dell’imputato, ponendo l’accento sulla responsabilità di quest’ultimo nel mantenere aggiornati i propri recapiti. In secondo luogo, sul piano sostanziale, conferma che la truffa contrattuale può essere integrata anche da una condotta omissiva, come il silenzio serbato su circostanze decisive (la vendita a terzi) che, se conosciute, avrebbero impedito alla controparte di eseguire la propria prestazione. Questa decisione serve da monito sulla rilevanza penale di comportamenti che, dietro l’apparenza di un’operazione commerciale, nascondono un intento fraudolento sin dall’origine.

Quando è valida la notifica di un atto all’imputato presso il difensore?
La notifica presso il difensore è valida quando la notificazione presso il domicilio dichiarato o eletto dall’imputato sia divenuta impossibile, anche solo temporaneamente. Sono sufficienti i tentativi di notifica non andati a buon fine, attestati dall’ufficiale giudiziario, per legittimare questa procedura sostitutiva, che costituisce un ulteriore adempimento a garanzia dell’imputato.

Quale comportamento integra il reato di truffa contrattuale in una compravendita immobiliare?
Integra la truffa contrattuale la condotta del venditore che, dopo aver stipulato un contratto preliminare e incassato parte del prezzo, aliena lo stesso bene a un terzo, tacendo tale circostanza al promissario acquirente. Questa omissione, finalizzata a conseguire l’ingiusto profitto derivante dall’incameramento della somma senza fornire la controprestazione, costituisce l’artificio o raggiro che induce in errore la vittima.

La parte civile ha sempre diritto al rimborso delle spese legali in caso di inammissibilità del ricorso?
No. Nel caso di specie, la Corte non ha disposto nulla a carico dell’imputato per le spese della parte civile, poiché la richiesta di liquidazione è pervenuta tardivamente rispetto al termine perentorio previsto dalla legge (il quinto giorno antecedente all’udienza, secondo la disciplina emergenziale richiamata). Il mancato rispetto di tale termine impedisce alla parte civile di ritenersi ritualmente costituita ai fini della discussione e della richiesta di condanna alle spese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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