Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23896 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23896 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/01/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso (AVV_NOTAIO COGNOME);
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto P.G. NOME COGNOME;
lette la memoria e la nota di conclusioni dell’AVV_NOTAIO, quale difensore e procuratore speciale della parte civile COGNOME
Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23 co. 8 D.L. n.137/2020 e successivo art. 8 D.L. 198/2022
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre, a mezzo del difensore di fiducia, avverso la sentenza della Corte di appello di Messina del 19/01/2023 che ha confermato la condanna inflitta al ricorrente dal Tribunale di Messina, in ordine al reato di truffa aggravata (artt. 640 – 61 n. 7 cod. pen.).
La difesa articola tre motivi che, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., saranno enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
1.1. Violazione di legge relazione agli artt. 185, 161 e 601 cod. proc. pen., per omessa rituale notifica all’imputato del decreto di fissazione di udienza in grado di appello all’imputato (nullità della sentenza).
1.2. Violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) in relazione agli artt. 187, 192, comma 2, cod. proc. pen.;
1.3. Violazione degli artt. 640 e 61 n. 7 cod. pen., 546 lett. e 125, comma 3, cod. proc. pen.
Il Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO procuratore generale NOME COGNOME, con requisitoria del 5/04/2024, sul rilievo della manifesta infondatezza dei motivi, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Con memoria del 22/04/2024, la difesa di parte civile ha insistito per l’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, allegando comparsa conclusionale e nota spese.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile essendo i motivi manifestamente infondati.
Quanto al primo motivo – con cui la difesa lamenta la mancata rituale notifica all’imputato del decreto di citazione in appello, sul rilievo che, non essendo la notifica al domicilio dichiarato e/o eletto divenuta impossibile, non poteva procedersi alla notifica presso il difensore, ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., – la Corte territoriale ha evidenziato come dai documenti processuali emergessero non solo i due tentativi di notificazione da parte dell’ufficiale giudiziario non andati a buon fine (non essendo stato rinvenuto alcuno all’indicato domicilio), ma anche la spedizione della raccomandata A/R datata 21/11/2023, restituita al mittente per compiuta giacenza.
Pertanto, la notifica al difensore di fiducia ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., costituisce un ulteriore adempimento a garanzia dell’imputato e non determina alcuna nullità posto che la giurisprudenza di legittimità – anche a Sezioni unite – ha affermato che:
ai fini dell’integrazione del presupposto dell’impossibilità della notificazione nel domicilio dichiarato e/o eletto, legittimante la notificazione sostitutiva al difensore, sono sufficienti anche solo la temporanea assenza dell’imputato al momento dell’accesso dell’ufficiale notificatore o la non agevole individuazione dello specifico luogo (Sez. U, n. 58120 del 22/06/2017, COGNOME, Rv. 271772 – 01; Sez. 1, n. 23880 del 05/05/2021, COGNOME, Rv. 281419 – 01);
in tema di elezione o dichiarazione di domicilio, nell’ipotesi in cui l’ufficiale addetto alle notifiche recatosi sul luogo dichiarato non abbia trovato l’interessato, non può ritenersi che tale assenza equivalga alla impossibilità della notificazione, a meno che l’ufficiale giudiziario non accerti l’avvenuto trasferimento del domicilio o dia comunque atto nel verbale di una causa che renda definitivamente impossibile le notificazioni in quel luogo. Ne consegue che, salvo il suddetto accertamento, la notifica non può essere effettuata mediante consegna di copia al difensore (nella fattispecie lo stesso ufficiale incaricato dell’atto aveva attestato che la notificazione nel domicilio dichiarato era stata solo temporaneamente impossibile essendo stato l’imputato – militare – inviato in missione per alcuni mesi; Sez. 4, n. 31321 del 4/07/2005, COGNOME, Rv. 231747);
l’impossibilità della notificazione al domicilio eletto che ne legittima l’esecuzione presso il difensore di fiducia, secondo la procedura prevista dagli art. 161, comma quarto e 157 comma ottavo bis, cod. proc. pen., può essere integrata anche dalla temporanea assenza dell’imputato, al momento dell’accesso dell’ufficiale notificatore, senza che sia necessario procedere ad attestata verifica di vera e propria irreperibilità, così da qualificare come definitiva l’impossibilità alla ricezione degli atti nel luogo dichiarato o eletto dall’imputato, considerati gli oneri imposti dalla legge a quest’ultimo, ove avvisato della pendenza di un procedimento a suo carico, e segnatamente l’obbligo, ex art. 161, comma quarto, cod. proc. pen., di comunicare ogni variazione intervenuta successivamente alla dichiarazione o elezione di domicilio, resa all’avvio della vicenda processuale (Sez. 5, n. 22745 del 21/04/2011, Poggi, Rv. 250408).
2-3. Riguardo al secondo e terzo motivo, in ordine all’affermazione di responsabilità, la sentenza impugnata ha sottolineato l’ampia ed esplicativa istruttoria compiuta nel corso del giudizio e le risultanze della documentazione in atti, ritenendo sussistente la fattispecie di reato della truffa contrattuale.
La Corte di appello ha evidenziato, in particolare, come l’imputato avesse ottenuto l’assenso negoziale e gran parte dell’adempimento con la rappresentazione di una insistente volontà di stipulare il contratto definitivo, inducendo in errore la controparte, conseguendo l’ingiusto profitto rappresentato dall’incameramento della somma pari ad euro 62.280,00 – cadenzata in base ai s.a.l. – versata dalla persona offesa senza ottenere alcuna contropartita derivante
dal contratto preliminare controfirmato dalle parti, essendo, poi, il bene compromesso stato financo alieNOME a terzi. A ciò, la sentenza di primo grado ha anche aggiunto che all’esito delle verifiche effettuate dalla parte promissaria acquirente per l’ottenimento del mutuo, la banca negò l’erogazione per cause imputabili al venditore stanti le evidenti negatività riscontrate (v. pag. 4).
A fronte di tali considerazioni, il ricorso – attraverso la generica denuncia della violazione delle regole di valutazione della prova, nonché del vizio di motivazione – appare diretto a sollecitare una nuova valutazione di elementi già oggetto di congruo esame da parte della Corte territoriale che, mostrando di confrontarsi con le deduzioni difensive, con motivazione congrua e coerente, ha evidenziato la sussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie di reato contestata e l’infondatezza della tesi alternativa prospettata volta a ricondurre il versamento della somma a differente ma del tutto generica e non comprovata causale (v. pag. 5).
Peraltro, la circostanza che il bene oggetto di compromesso sia stata alieNOME a terzi incamerandone gran parte del prezzo di vendita stabilito, sottacendo la circostanza al promissario acquirente è già condotta idonea ad integrare la truffa, avendo la Corte di legittimità affermato che: «In tema di truffa contrattuale, la condotta illecita è integrata dall’omissione del contraente alienante, che consapevolmente non renda edotta la controparte acquirente dell’esistenza di un precedente contratto di vendita dello stesso bene in favore di terzi, a nulla rilevando l’eventuale invalidità del precedente contratto» (Sez. 2, n. 19996 del 23/05/2006, Li Greci, Rv. 234680 – 01).
In conclusione, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa per le ammende, così determinata in ragione dei profili di inammissibilità rilevati (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186);
Nulla, invece, deve disporsi a carico dell’imputato in ordine alle spese del grado richieste dalla parte civile, stante la tardività della richiesta di liquidazione di cui alla memoria e alla relativa nota di conclusioni pervenute via pec il 22/04/2024 (alle ore 18:13:18) per l’udienza del 23/04/2024.
Al riguardo, va infatti ribadito il principio affermato dalla Corte di legittimità a mente del quale «in tema di disciplina emergenziale per la pandemia da Covid-19, il termine del quinto giorno antecedente all’udienza, per il deposito delle conclusioni nel giudizio di legittimità, previsto dall’art. 23, comma 8, del d. I. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, ha natura perentoria, sicché la parte civile che presenti le proprie conclusioni oltre tale termine non può ritenersi ritualmente costituita in detto giudizio» (Sez. 6, n.
13434 del 26/01/2021, COGNOME, Rv. 281148 – 01; Sez. 1, n. 35305 del 21/05/2021, NOME, Rv. 281895 – 01).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Nulla per le spese di parte civile
Così deciso, il 23/04/2024