Truffa Contrattuale Online: Perché la Cassazione Dichiara Inammissibile un Ricorso
L’e-commerce ha semplificato le nostre vite, ma ha anche aperto la porta a nuove forme di illeciti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un caso di truffa contrattuale online, offrendo spunti cruciali non solo sul reato in sé, ma anche sui requisiti di ammissibilità di un ricorso in sede di legittimità. L’analisi del provvedimento evidenzia come la genericità e la ripetitività dei motivi di appello possano condurre a una declaratoria di inammissibilità, precludendo l’esame nel merito della questione.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una condanna per il reato di truffa. Un soggetto, dopo aver messo in vendita un bene su una piattaforma internet e aver ricevuto il pagamento del prezzo pattuito, non provvedeva alla consegna del prodotto all’acquirente. Condannato nei primi due gradi di giudizio, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando diversi vizi nella sentenza della Corte d’Appello.
I Motivi del Ricorso e la Truffa Contrattuale
L’imputato basava il suo ricorso su cinque motivi principali, contestando la correttezza della motivazione, l’effettiva sussistenza degli artifici e raggiri tipici della truffa, il diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), il mancato riconoscimento di un’attenuante e, infine, la valutazione della recidiva. La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile.
La Genericità e la Reiterazione dei Motivi
La Corte ha innanzitutto sottolineato come alcuni motivi di ricorso fossero del tutto generici. In particolare, la contestazione sulla motivazione della responsabilità penale non specificava quali passaggi della sentenza d’appello fossero errati, impedendo di fatto ai giudici di legittimità di esercitare il proprio controllo.
Allo stesso modo, i motivi relativi alla sussistenza della truffa e al diniego di un’attenuante sono stati giudicati una “pedissequa reiterazione” di argomenti già presentati e correttamente respinti dalla Corte d’Appello. La Cassazione ricorda che il ricorso non può essere una semplice riproposizione delle stesse difese, ma deve contenere una critica specifica e argomentata contro le ragioni della decisione impugnata.
Il Principio della Truffa Contrattuale Online
La Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio consolidato: integra il delitto di truffa contrattuale ai sensi dell’art. 640 c.p. la condotta di chi mette in vendita un bene online, incassa il prezzo, ma non consegna la merce. Questo comportamento, posto in essere da chi si presenta falsamente come un venditore affidabile con il solo scopo di ottenere un profitto ingiusto, costituisce l’artificio o raggiro richiesto dalla norma.
Abitualità della Condotta e Valutazione della Recidiva
Anche i motivi relativi all’applicazione dell’art. 131-bis c.p. e alla recidiva sono stati respinti. La Corte ha ritenuto corretta la valutazione dei giudici di merito che avevano escluso la particolare tenuità del fatto a causa dell'”abitualità della condotta” dell’imputato, considerata ostativa al riconoscimento del beneficio. Analogamente, la valutazione sulla recidiva è stata giudicata conforme ai principi di legge, che impongono di esaminare il rapporto concreto tra il reato in esame e le condanne precedenti per valutare l’inclinazione a delinquere del soggetto.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Cassazione si fonda su rigorosi principi di diritto processuale e sostanziale. Sotto il profilo processuale, viene ribadita la necessità che il ricorso per Cassazione sia specifico e non meramente ripetitivo, dovendo attaccare in modo puntuale la logica giuridica della sentenza impugnata. La genericità e la ripetitività rendono il ricorso inammissibile, impedendo una discussione nel merito. Sotto il profilo sostanziale, l’ordinanza conferma una giurisprudenza ormai pacifica in materia di truffa contrattuale online, identificando l’elemento del raggiro nella falsa rappresentazione di essere un venditore intenzionato a rispettare il contratto. Inoltre, la Corte ha validato la decisione dei giudici di merito di negare benefici come la non punibilità per tenuità del fatto quando la condotta criminale si rivela non occasionale ma abituale, dimostrando una maggiore pericolosità sociale dell’autore del reato.
Conclusioni
Questa ordinanza offre un importante monito: la redazione di un ricorso per Cassazione richiede tecnica e precisione. Non è sufficiente riproporre le medesime argomentazioni dei gradi precedenti, ma è indispensabile costruire una critica mirata e pertinente alle motivazioni della sentenza che si intende impugnare. Per le vittime di frodi online, la decisione rafforza la tutela, confermando che la mancata consegna di un bene dopo il pagamento costituisce a tutti gli effetti il reato di truffa contrattuale, un illecito che il sistema giudiziario è chiamato a sanzionare con fermezza, soprattutto quando posto in essere da soggetti con precedenti specifici.
Cosa si intende per truffa contrattuale in una vendita online?
Secondo la Corte, si configura una truffa contrattuale quando una persona mette in vendita un bene su internet, riceve il pagamento dall’acquirente, ma poi non consegna il bene, avendo agito con il solo proposito di ottenere un profitto ingiusto.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se i motivi sono generici, cioè non specificano chiaramente quali parti della sentenza impugnata sono contestate, oppure se si limitano a ripetere argomenti già presentati e respinti nei gradi di giudizio precedenti senza formulare una critica specifica alla decisione d’appello.
L’abitualità di una condotta criminale può impedire l’applicazione di benefici di legge?
Sì, come stabilito nel caso di specie, la Corte d’Appello ha correttamente ritenuto che l’abitualità della condotta fosse un elemento ostativo al riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), poiché indica una maggiore inclinazione a delinquere.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19866 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19866 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PESCIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/03/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME, ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per il reato di truffa, è generico per indeterminatezza perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato;
considerato che la Corte d’appello, con motivazione congrua e non illogica, individua gli elementi in forza dei quali la condotta truffaldina è riferibi all’imputato (si vedano, in particolare, le pagg. 15-16);
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, che deduce l’insussistenza degli artifici e dei raggiri nel reato di truffa, è inammissibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso,
che la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione del principio della giurisprudenza di legittimità secondo cui “integra il delitto di truffa contrattuale, sensi dell’art. 640 cod. pen., la condotta di messa in vendita di un bene su un sito internet accompagnata dalla sua mancata consegna all’acquirente dopo il pagamento del prezzo, posta in essere da parte di chi falsamente si presenti come alienante ma abbia il solo proposito di indurre la controparte a versare una somma di denaro e di conseguire, quindi, un profitto ingiusto (Sez. 2, n. 51551 del 04/12/2019, Rv. 2782319);
ritenuto che anche il terzo motivo di ricorso che, contesta il diniego della causa di non punibilità di cui all’art. 131bis cod. pen., è privo di pertinenza censoria non confrontandosi con i corretti e logici argomenti indicati dal giudice di appello ove, a pag, 16 della sentenza impugnata, considera l’abitualità della condotta come ostativa al riconoscimento dell’invocata causa di non punibilità, considerato che il quarto motivo di ricorso che contesta il diniego dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., è inammissibile, perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e correttamente disattesi dalla Corte d’appello a pag. 16 della sentenza impugnata;
osservato che il quinto motivo di ricorso, che contesta la sussistenza della recidiva non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato, atteso che il giudice di merito ha fatto corretta applicazione (si veda, in particolare,
pag. 17) dei principi della giurisprudenza di legittimità secondo cui la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’ arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto ad esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tr fatto per cui si procede e le precedenti condanne, verificando se ed in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato “sub iudice”;
rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 6 marzo 2024