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Truffa contrattuale: la titolarità della Postepay

La Corte di Cassazione ha esaminato un caso di truffa contrattuale avvenuta tramite un falso annuncio online per un’autovettura. La vittima aveva versato il prezzo su una carta prepagata intestata all’imputata, senza mai ricevere il bene. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, stabilendo che, in assenza di prove contrarie credibili, l’intestazione della carta di pagamento costituisce un solido indizio di responsabilità penale. La tesi difensiva, secondo cui la carta era stata ceduta a terzi, è stata giudicata vaga e sfornita di prova.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa Contrattuale Online: Sei Responsabile se la Tua Carta Viene Usata?

La truffa contrattuale online è un fenomeno purtroppo diffuso. Si trova un’offerta allettante, si effettua un pagamento, ma il bene acquistato non arriva mai. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 13549/2024) affronta un aspetto cruciale di queste vicende: la responsabilità penale di chi risulta intestatario della carta prepagata su cui viene accreditato il denaro della truffa. La Corte chiarisce che la semplice intestazione può costituire una prova sufficiente del coinvolgimento nel reato, a meno che non si fornisca una spiegazione alternativa credibile e ben documentata.

I Fatti del Caso: Una Vendita Fantasma sul Web

Il caso ha origine da un annuncio pubblicato su un noto sito di compravendita online, avente ad oggetto un’autovettura. Un acquirente interessato, convinto della bontà dell’offerta, effettuava un versamento di 2.250,00 euro su una carta prepagata di tipo Postepay Evolution, seguendo le indicazioni del venditore. Tuttavia, dopo aver ricevuto il pagamento, il venditore spariva e l’auto non veniva mai consegnata.

Le indagini hanno permesso di identificare l’intestataria della carta, una donna che veniva condannata per truffa sia in primo grado che in appello. La difesa dell’imputata ha quindi proposto ricorso in Cassazione, basandosi su tre motivi principali: un vizio di procedura, la mancanza di prove certe sulla sua effettiva partecipazione al reato e una ricostruzione alternativa dei fatti.

La Tesi Difensiva e il Ricorso in Cassazione

La difesa sosteneva che l’imputata fosse estranea ai fatti. Si trattava, a suo dire, di una persona in difficoltà economiche, priva di competenze informatiche, che avrebbe ingenuamente ceduto la propria carta prepagata a terzi in cambio di una piccola somma di denaro. Sarebbero stati questi ultimi, i veri truffatori, a utilizzare lo strumento di pagamento a sua insaputa. La difesa lamentava inoltre che la Corte d’Appello non avesse motivato adeguatamente perché la mera intestazione della carta dovesse essere considerata prova certa di colpevolezza e non avesse ammesso una perizia antropometrica sui filmati di un ufficio postale che, secondo i legali, avrebbe potuto scagionare la loro assistita.

La Responsabilità nella Truffa Contrattuale secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna. I giudici hanno smontato punto per punto le argomentazioni difensive, offrendo importanti chiarimenti sul tema della truffa contrattuale online.

Le Motivazioni della Sentenza

La decisione della Suprema Corte si fonda su un ragionamento logico e giuridicamente solido.

La Titolarità della Carta di Pagamento come Prova

Il punto centrale della sentenza è il valore probatorio dell’intestazione di una carta di pagamento. La Corte afferma che, in assenza di elementi concreti di segno contrario, non è affatto illogico o contraddittorio ritenere che l’intestatario della carta sulla quale viene versato il prezzo di una vendita fittizia sia anche l’effettivo beneficiario del profitto illecito e, di conseguenza, responsabile della truffa, quantomeno a titolo di concorso.

L’Onere di Fornire una Prova Contraria Credibile

Di fronte a questo forte indizio, spetta all’imputato fornire una spiegazione alternativa plausibile e supportata da prove. Nel caso di specie, la tesi della “cessione incauta” della carta è stata ritenuta dai giudici del tutto vaga e sfornita di riscontri. La difesa non ha mai specificato a chi, quando e in quali circostanze la carta sarebbe stata ceduta. Inoltre, l’imputata aveva scelto di non partecipare ai processi di merito, non offrendo mai la propria versione dei fatti direttamente ai giudici. Questa mancanza di collaborazione e la genericità della tesi difensiva hanno portato la Corte a considerare la ricostruzione alternativa come un mero espediente, privo di qualsiasi fondamento probatorio.

Il Rigetto Implicito di Nuove Prove

Per quanto riguarda la richiesta di una nuova perizia in appello, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: il giudice non è obbligato a disporre la rinnovazione dell’istruttoria se ritiene di avere già elementi sufficienti per decidere. In questo caso, la Corte d’Appello ha implicitamente ritenuto che l’intestazione della carta, unita alla debolezza della tesi difensiva, fosse un quadro probatorio sufficiente a fondare un giudizio di colpevolezza, rendendo superflua ogni ulteriore indagine.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza lancia un monito importante: la gestione dei propri strumenti di pagamento, incluse le carte prepagate, comporta una seria responsabilità. Cedere o prestare la propria carta a terzi è un comportamento estremamente rischioso che può portare a conseguenze penali gravi. La giurisprudenza considera l’intestatario come il primo responsabile delle operazioni effettuate, e per discolparsi non basta una semplice dichiarazione di estraneità. È necessario fornire prove concrete e dettagliate che supportino una versione alternativa dei fatti. In assenza di ciò, il rischio di essere condannati per truffa contrattuale, anche solo per concorso, è molto elevato.

Essere titolare di una carta Postepay usata per una truffa mi rende automaticamente responsabile?
Non automaticamente, ma costituisce un gravissimo indizio di colpevolezza. La sentenza chiarisce che, in assenza di attendibili elementi di segno contrario, è logico presumere che l’intestatario della carta sia anche il beneficiario e quindi responsabile, almeno a titolo di concorso, della truffa.

Cosa succede se la comunicazione delle conclusioni del procuratore in appello arriva in ritardo?
Secondo la Corte, il deposito tardivo non causa di per sé una nullità del processo. Per far valere il vizio, la difesa deve dimostrare di aver subito un pregiudizio “specifico, concreto ed attuale”. Se le conclusioni sono generiche (es. una mera richiesta di conferma della sentenza), non c’è alcun danno effettivo al diritto di difesa.

Posso difendermi dicendo di aver ceduto la mia carta a terzi in cambio di denaro?
È possibile, ma è una tesi difensiva molto difficile da sostenere. La sentenza dimostra che una simile affermazione, se rimane vaga, generica e priva di qualsiasi riscontro probatorio (come l’identità di chi ha ricevuto la carta o le circostanze della cessione), viene considerata del tutto inattendibile e non è sufficiente a superare la presunzione di colpevolezza legata all’intestazione dello strumento di pagamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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