Truffa contrattuale online: quando la mancata consegna è reato
Il commercio elettronico ha rivoluzionato il nostro modo di fare acquisti, ma ha anche aperto la porta a nuovi rischi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su una delle problematiche più comuni: la truffa contrattuale. Il caso esaminato riguarda un individuo condannato per aver venduto un bene su internet, incassato il prezzo e mai spedito la merce. La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha ribadito principi fondamentali sulla configurazione di questo reato.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine dalla condotta di un soggetto che, dopo aver messo in vendita un prodotto su un sito internet, riceveva il pagamento dall’acquirente ma ometteva sistematicamente la consegna. Condannato nei primi due gradi di giudizio per truffa, l’imputato presentava ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali: l’avvenuta prescrizione del reato e l’errata qualificazione giuridica dei fatti.
I Motivi del Ricorso e la Decisione della Corte
L’imputato basava la sua difesa su due argomentazioni, entrambe respinte con fermezza dalla Suprema Corte.
L’Eccezione di Prescrizione
Il primo motivo di ricorso sosteneva che il reato si fosse estinto per il decorso del tempo. La Cassazione ha ritenuto questa tesi manifestamente infondata. Nel calcolare il termine di prescrizione, i giudici hanno correttamente tenuto conto non solo della recidiva specifica e reiterata dell’imputato, che allunga i tempi necessari per l’estinzione, ma anche di un periodo di sospensione del procedimento di 249 giorni. Di conseguenza, alla data della sentenza d’appello, il reato non era ancora prescritto.
La Qualificazione del Reato come Truffa Contrattuale
Il secondo motivo contestava la natura stessa del reato, sostenendo che i fatti non configurassero una truffa contrattuale. Anche in questo caso, la Corte ha respinto l’argomentazione, richiamando la sua giurisprudenza consolidata. La condotta di chi mette in vendita un bene su internet, presentandosi falsamente come un venditore affidabile, con il solo scopo di indurre la controparte a pagare un prezzo per poi non consegnare la merce, integra pienamente il delitto previsto dall’art. 640 del codice penale.
Le Motivazioni
La Corte ha sottolineato che l’elemento chiave della truffa contrattuale risiede nell’intento fraudolento iniziale. Non si tratta di un semplice inadempimento civile, ma di un piano criminoso preordinato fin dall’inizio. Il venditore non ha mai avuto l’intenzione di onorare il contratto, ma ha utilizzato l’annuncio online come un artificio per ingannare l’acquirente e conseguire un profitto ingiusto. I giudici di merito, secondo la Cassazione, hanno applicato correttamente questi principi, fornendo una motivazione logica e priva di vizi per giustificare la condanna.
Conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito e rafforza la tutela dei consumatori nel mercato online. La Suprema Corte conferma che la linea di demarcazione tra un inadempimento contrattuale e una truffa contrattuale è netta: è l’intenzione dolosa iniziale a fare la differenza. Chi vende online con il proposito premeditato di non consegnare il bene commette un reato. La decisione, dichiarando il ricorso inammissibile e condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di una sanzione, ribadisce inoltre che l’accesso alla Cassazione è riservato a censure giuridiche serie e fondate, non a tentativi pretestuosi di ritardare la giustizia.
Vendere un bene online e non spedirlo dopo il pagamento è reato?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che tale condotta integra il delitto di truffa contrattuale (art. 640 c.p.) se chi vende agisce fin dall’inizio con il solo proposito di indurre la controparte al pagamento per ottenere un profitto ingiusto, senza alcuna intenzione di consegnare il bene.
Perché il reato non è stato considerato prescritto in questo caso specifico?
Il reato non è stato dichiarato prescritto perché nel calcolo dei termini la Corte ha tenuto conto di elementi che ne prolungano la durata, quali la recidiva specifica reiterata contestata all’imputato e un periodo di sospensione del processo di 249 giorni.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta che il ricorso non viene esaminato nel merito, perché ritenuto manifestamente infondato o privo dei requisiti di legge. In questo caso, ha portato alla condanna definitiva dell’imputato, al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12782 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12782 Anno 2024
Presidente: COGNOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a AVEZZANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/05/2023 della CORTE APPELLO di L’AQLILA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con cui si deduce la violazione di legge e il vizio della motivazione in ordine alla mancata declaratoria di estinzione dei reati per intervenuta prescrizione, è manifestamente infondato in quanto i reati di truffa contestati non risultavano prescritti alla data della sentenza impugnata, tenuto conto della recidiva specifica reiterata infraquinquennale contestata nel decreto che dispose il giudizio ed applicata dai giudici di merito, oltre a 249 giorni di sospensione del termine (fatti commessi nel 2015);
considerato che il secondo motivo di ricorso, con il quale si lamenta la violazione di legge e il difetto della motivazione sulla qualificazione giuridica delle condotte contestate, è manifestamente infondato alla luce della consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui integra il delitto di truffa contrattuale, sensi dell’art. 640 cod. pen., la condotta di messa in vendita di un bene su un sito Internet accompagnata dalla sua mancata consegna all’acquirente dopo il pagamento del prezzo, posta in essere da parte di chi falsamente si presenti come alienante ma abbia il solo proposito di indurre ‘la controparte a versare una somma di denaro e di conseguire, quindi, un profitto ingiusto (Sez. 2, n. 51551 del 04/12/2019, Rocco, Rv. 278231);
che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità dell’imputato e della sussistenza dei reati di truffa contestati (si veda, in particolare, pag. 4);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, in data 12 dicembre 2023 Il Consigliere estensore COGNOME Il Presi COGNOME e