Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1789 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1789 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME
nato a Mantova il 12/09/1973
avverso la sentenza del 14/06/2024 della Corte di appello di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha chiesto alla Corte di cassazione di voler dichiarare inammissibile il ricorso; lette le conclusioni del difensore della parte civile NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 14 giugno 2024 la Corte di appello di Bologna confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Modena aveva condannato NOME COGNOME alla pena di dieci mesi di reclusione e mille euro di multa, ritenendolo colpevole del reato di truffa commesso in danno di NOME COGNOME
per avergli ceduto al prezzo di 64.000 euro un’autovettura che – secondo la tesi dell’accusa recepita dai giudici di merito – aveva un chilometraggio effettivo molto superiore a quello risultante dal contachilometri e indicatogli anche, in più occasioni, dallo stesso venditore.
Ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore, chiedendo l’annullamento della sentenza in ragione di tre motivi.
2.1. Vizio della motivazione per travisamento della prova.
All’epoca dei fatti il legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, società che aveva ceduto il mezzo a COGNOME, era non già COGNOME bensì NOME COGNOME, la quale aveva anche sottoscritto l’atto di vendita. L’imputato, dunque, pur avendo seguito la compravendita tramite un intermediario, non poteva conoscere il contenuto della fattura, rilasciata all’acquirente solo dopo il perfezionamento della vendita.
La sentenza ha travisato anche la circostanza inerente alla estensione di garanzia, documento nel quale risultava l’effettivo chilometraggio del veicolo, la cui consegna COGNOME assicurò a COGNOME come riferito in udienza dalla stessa parte civile.
2.2. Vizio della motivazione per omessa valutazione di una prova decisiva, costituita dalla ripresa audio-video dell’autovettura ceduta da RAGIONE_SOCIALE alla società RAGIONE_SOCIALE (poi oggetto della successiva vendita a Pellati), nella quale si vede che la percorrenza chilometrica risultava di 20.403 chilometri. Il video, girato da NOME COGNOME, legale rappresentante dell’autofficina RAGIONE_SOCIALE, che poi lo inviò a Cusmati, attesta che quest’ultimo era ignaro della manomissione del chilometraggio.
2.3. Violazione di norma processuale (art. 125, comma 3, cod. proc. pen. e art. 111 Cost.) per non avere la Corte di appello rilevato la nullità della sentenza di primo grado per omessa motivazione in ordine alla quantificazione della pena.
Disposta la trattazione scritta del procedimento in cassazione, in mancanza di alcuna tempestiva richiesta di discussione proposta ai sensi dell’art. 611, commi 1-bis e 1-ter, cod. proc. pen., il Procuratore generale e il difensore della parte civile hanno depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi manifestamente infondati, generici o non consentiti.
2. Va premesso che la sentenza di appello si salda con quella precedente per formare un unico complessivo corpo argomentativo, specie quando i motivi di gravame, come nel caso di specie, non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate e ampiamente chiarite nella pronuncia di primo grado (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 191229 – 01; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218 – 01; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595 – 01; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, NOME, Rv. 252615 – 01).
Pertanto, in presenza di una doppia conforme anche nell’iter motivazionale, il giudice di appello non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente ogni risultanza processuale, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale, egli spieghi in modo logico e adeguato le ragioni del proprio convincimento, dimostrando di aver tenuto presente i fatti decisivi.
Ciò premesso, il ricorrente ha erroneamente evocato il vizio di travisamento della prova, introdotto quale ulteriore criterio di giudizio della contraddittoriet estrinseca della motivazione dalla legge 20 febbraio 2006, n. 46, che però non costituisce il mezzo per valutare nel merito la prova, bensì lo strumento per saggiare la tenuta della motivazione alla luce della sua coerenza logica con i fatti sulla base dei quali si fonda il ragionamento.
In caso di doppia conforme, in particolare, il vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo quando il ricorrente rappresenti, con specifica deduzione, che il dato probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado ovvero qualora entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite, in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili (ossia in assenza di alcun discrezionale apprezzamento di merito), il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 3, n. 45537 del 28/09/2022, M., Rv. 283777 01; Sez. 6, n. 21015 del 17/05/2021, COGNOME, Rv. 281665 – 01; Sez. 4, n. 35963 del 03/12/2020, COGNOME, Rv. 280155 – 01; Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L., Rv. 272018 – 01; Sez. 2, n. 7896 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv. 269217 – 01).
3. Nel caso di specie la difesa ha sostenuto la inconsapevolezza dell’imputato in ordine agli effettivi chilometri percorsi dall’autovettura in questione, per un
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verso richiamando circostanze irrilevanti e per altro verso obliterando quelle decisive evidenziate dai giudici di merito.
La circostanza inerente alla veste formale di legale rappresentante in capo ad altro soggetto è priva di ogni rilievo, considerato che – come risulta dalla sentenza di primo grado – nel corso dell’esame l’imputato ha “riferito di essersi occupato personalmente e in via esclusiva dell’acquisto dell’auto da RAGIONE_SOCIALE e alla sua successiva rivendita per il tramite dello RAGIONE_SOCIALE” (pag. 3).
A prescindere dal fatto che la difesa ha allegato solo stralci di verbali di udienza (quale quello relativo alla visione del video, senza alcun riferimento alla circostanza riferita in ricorso), in violazione del principio di autosufficienza risulta determinante la considerazione da parte del Tribunale e della Corte di merito della deposizione resa da NOME COGNOME legale rappresentante dell’autofficina RAGIONE_SOCIALE, il quale ha dichiarato che COGNOME era stato messo al corrente dei chilometri (175.000) percorsi dal veicolo ceduto alla società RAGIONE_SOCIALE, circostanza risultante anche dalla fattura del 31 marzo 2017, veicolo che poi lo stesso imputato mise immediatamente in vendita con una inserzione su un sito di annunci.
Il ricorrente ha ignorato tale testimonianza ritenuta decisiva e,comunque l ha sollecitato una nuova valutazione delle prove acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, proponendo una diversa ricostruzione storica dei fatti, operazione preclusa alla Corte di legittimità (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370 – 01; Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747 – 01; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601 – 01; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME Rv. 273217 – 01).
L’assicurazione fornita da COGNOME all’acquirente circa la successiva consegna della estensione di garanzia, a vendita conclusa, è dato che la sentenza impugnata non ha affatto travisato, ma del quale ha fornito una spiegazione per nulla illogica; la circostanza, comunque, è del tutto ininfluente in quanto non scalfisce la prova del dolo dell’imputato, ben al corrente di avere riferito a COGNOME una percorrenza di circa 100.000 inferiore a quella reale, secondo la conforme ricostruzione dei fatti da parte dei giudici di merito, fondata sulle deposizioni della parte civile e del teste COGNOME
4. È privo di ogni fondamento anche l’ultimo motivo.
Il Tribunale ha determinato la pena in dieci mesi di reclusione e mille euro di multa, in misura non lontana dal minimo edittale, ritenendo questo trattamento sanzionatorio “equo e rispondente ai parametri dell’art. 133 c.p.” (pag. 4). Sul punto va ribadito che, quando la pena si attesti in misura non troppo distante dal minimo, è sufficiente che il giudice dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art
133 cod. pen. con espressioni del tipo: “pena congrua” o “pena equa” (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288 – 01; Sez. 2, n. 36103 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243 – 01; Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283 – 01; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197 – 01; Sez. 3, n. 10095 del 10/01/2013, Monterosso, Rv. 255153 01), mentre «una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata è necessaria soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale» (così Sez. U, n. 12778 del 27/02/2020, S., non mass. sul punto).
La motivazione, dunque, non era assente.
La Corte territoriale, comunque, avuto particolare riguardo al danno arrecato e al profitto conseguito, ha considerato detto trattamento “assolutamente adeguato”, completando la motivazione, come è consentito al giudice del gravame, in forza dei poteri di piena cognizione e valutazione del fatto e conformemente al principio di integrazione tra sentenza di primo grado e sentenza di appello (Sez. 3, n. 9695 del 09/01/2024, COGNOME, Rv. 286029 – 01; Sez. 5, n. 13435 del 04/03/2022, Rv. 282878 – 01).
Alla inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese sostenute nel presente grado dalla parte civile e di quelle del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME NOME che liquida in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 05/12/2024.