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Truffa bonus cultura: quando è reato e quando no

La Corte di Cassazione, con la sentenza 7160/2024, ha stabilito che un’articolata frode per ottenere il ‘bonus cultura’ non è una semplice indebita percezione di fondi, ma una vera e propria truffa aggravata ai danni dello Stato. Il caso riguardava un esercente che simulava la vendita di libri a centinaia di giovani, ottenendo rimborsi pubblici per poi vendere loro prodotti elettronici. La Corte ha chiarito che la complessità degli inganni (artifizi e raggiri) qualifica il reato come truffa, annullando la precedente decisione che aveva derubricato il fatto a illecito minore.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa Bonus Cultura: la Cassazione traccia la linea tra frode e illecito amministrativo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 7160/2024) interviene con decisione su un tema di grande attualità: la truffa bonus cultura. Il caso analizzato offre uno spaccato dettagliato delle condotte fraudolente e stabilisce un principio chiave per distinguere la più grave truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 640-bis c.p.) dalla meno grave indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.). La decisione sottolinea come la complessità dell’inganno sia l’elemento decisivo per la qualificazione del reato.

I Fatti: Una Simulazione Sistematica

Il caso ha origine da un’indagine su un esercizio commerciale che aveva ricevuto ingenti somme a titolo di rimborso per il cosiddetto “bonus cultura”, un’iniziativa statale destinata ai neo-diciottenni per l’acquisto di beni e servizi culturali. Le indagini della Guardia di Finanza hanno svelato un meccanismo fraudolento ben orchestrato:

* Simulazione di vendite: L’esercente simulava sistematicamente la vendita di libri, emettendo false dichiarazioni contabili.
* Vendita di beni non consentiti: In realtà, al posto dei libri, vendeva prodotti completamente diversi e non ammessi dal bonus, come smartphone, tablet, televisori e macchinette del caffè.
* Vasta rete di beneficiari: Il sistema illecito coinvolgeva oltre mille giovani, provenienti non solo dalla regione, ma anche da altre parti d’Italia, attratti dalla possibilità di convertire il bonus in tecnologia.

La Decisione del Tribunale del Riesame

Inizialmente, il Giudice per le indagini preliminari aveva disposto un sequestro preventivo di quasi 400.000 euro, qualificando i fatti come truffa aggravata. Tuttavia, il Tribunale del Riesame, accogliendo il ricorso dell’indagato, aveva annullato il sequestro. Secondo il Tribunale, la condotta si limitava a una mera presentazione di autocertificazioni non veritiere, senza un’effettiva induzione in errore dell’ente erogatore. Di conseguenza, aveva riqualificato il fatto come indebita percezione ex art. 316-ter c.p. e, frazionando gli importi ricevuti per annualità, aveva concluso che la soglia di punibilità penale non era stata superata, derubricando il tutto a illecito amministrativo.

La qualificazione della truffa bonus cultura secondo la Cassazione

Il Pubblico Ministero ha impugnato la decisione del Tribunale, sostenendo che una condotta così articolata non potesse essere liquidata come una semplice falsa dichiarazione. La Corte di Cassazione ha accolto pienamente questa tesi, ribaltando la decisione del riesame.

Il ‘Quid Pluris’ che fa la Differenza

La Corte Suprema ha chiarito che il reato di indebita percezione (art. 316-ter) ha natura residuale. Si applica solo quando l’agente si limita a presentare una dichiarazione falsa o incompleta, senza porre in essere ulteriori attività ingannatorie. La pubblica amministrazione, in tal caso, si limita a prendere atto della dichiarazione senza essere tratta in errore.

Il caso della truffa bonus cultura in esame è, invece, ben diverso. La condotta dell’esercente presentava quel “quid pluris” che configura pienamente il reato di truffa aggravata:
1. Attività complessa e fraudolenta: Non si trattava di una singola bugia, ma di un’attività commerciale strutturata sulla simulazione e sull’inganno.
2. Induzione in errore: L’emissione di fatture false per vendite mai avvenute e la creazione di un’apparenza di legalità erano finalizzate a indurre in errore l’ente pagatore sulla natura delle transazioni.
3. Coinvolgimento di terzi: La vasta platea di beneficiari coinvolti, attivamente partecipi del sistema, contribuiva a rendere l’inganno più credibile e strutturato.

Le Motivazioni

Nelle motivazioni, la Cassazione ha sottolineato che la predisposizione di una pluralità di condotte artificiose e raggiranti, capaci di creare una falsa rappresentazione della realtà, integra pienamente gli estremi della truffa. La Corte ha inoltre specificato un punto fondamentale: l’eventuale negligenza o la mancanza di controlli approfonditi da parte dell’ente pubblico non scusa l’autore del reato. La responsabilità penale è legata alla condotta fraudolenta dell’agente, che sfrutta la fiducia del sistema per trarne un profitto illecito, e non alla diligenza della vittima.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale del Riesame e ha rinviato il caso per un nuovo giudizio, che dovrà basarsi sul corretto inquadramento giuridico dei fatti come truffa aggravata ai danni dello Stato. Questa sentenza rappresenta un importante monito: le frodi complesse che sfruttano i bonus statali non saranno trattate con leggerezza. Quando la condotta va oltre la semplice dichiarazione mendace e si struttura in un vero e proprio schema ingannatorio, la risposta dell’ordinamento è quella più severa prevista per la truffa aggravata.

Quando una frode sul “bonus cultura” diventa truffa aggravata (art. 640-bis c.p.) invece che semplice indebita percezione (art. 316-ter c.p.)?
Diventa truffa aggravata quando la condotta non si limita a una semplice dichiarazione falsa, ma consiste in un’attività complessa e articolata di “artifizi e raggiri” (come la simulazione sistematica di vendite e l’emissione di false fatture) finalizzata a indurre in errore la Pubblica Amministrazione e a farle credere che sussistano i requisiti per l’erogazione dei fondi.

La negligenza della Pubblica Amministrazione nei controlli può escludere il reato di truffa?
No. La sentenza chiarisce che la responsabilità penale dell’autore della frode è indipendente dall’eventuale negligenza o dalla mancanza di controlli adeguati da parte dell’ente erogatore. L’idoneità del mezzo truffaldino non viene meno a causa di una mancanza di attenzione della vittima, la cui fiducia è stata carpita proprio attraverso gli inganni.

Come si valuta il superamento della soglia di punibilità penale nel caso di più operazioni illecite distribuite nel tempo?
La sentenza, accogliendo le ragioni del Pubblico Ministero, stabilisce che non è corretto frazionare artificialmente gli importi percepiti illecitamente (ad esempio, per singola annualità) al fine di rimanere al di sotto della soglia di punibilità. Le plurime operazioni, se parte di un unico disegno criminoso, devono essere considerate nel loro complesso per determinare la rilevanza penale del fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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