Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7160 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 7160 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI CATANIA nei confronti di:
COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/10/2023 del TRIBUNALE di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, il quale conclude per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Il Pubblico ministero presso il Tribunale di Caltagirone ricorre avverso l’ordinanza del Tribunale di Catania del 19/10/2023 che, nell’accogliere la richiesta di riesame dell’indagato COGNOME NOME, ha annullato il decreto di sequestro preventivo del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Caltagirone della somma di euro 397.322,82 quale provento del delitto di truffa ai danni dello Stato per cui si procede.
Con un unico motivo il ricorrente deduce la violazione di legge, dovendo i fatti essere qualificati come truffa aggravata ex art. 640-bis cod. pen. e l’erronea applicazione dell’art. 316-ter, comma 2, cod. pen.
In particolare, lamenta che il Tribunale abbia omesso di valorizzare le articolate condotte che avevano preceduto l’erogazione, soffermandosi, invece, sul solo momento finale e formale della utilizzazione delle autocertificazioni da parte dell’esercente e della presa d’atto dei requisiti per l’erogazione da parte della RAGIONE_SOCIALE.
In subordine, rileva la erronea applicazione dell’articolo 316-ter cod. pen. nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto la sussistenza dell’illecito amministrati di cui al comma secondo, operando il frazionamento degli importi, di volta in volta, conseguiti dall’indagato all’interno delle annualità 2017 e 2018.
In ulteriore subordine, deduce l’omessa valutazione di elementi fattuali emergenti dagli accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza – dai quali risaltava il dato del superamento della soglia di rilevanza penale in relazione ad una pluralità di singole operazioni realizzate dall’indagato sia nel 2017 che nel 2018.
Il Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, con requisitoria-memoria del 29/11/2023, sul rilievo della fondatezza dei motivi di ricorso, ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
Con memoria del 15/12/2023, la difesa dell’indagato COGNOME NOME ha insistito in via principale per il rigetto del ricorso del Pubblico ministero conferma dell’ordinanza impugnata; in via subordinata, qualora i fatti dovessero essere qualificati ai sensi dell’art. 640-bis cod. pen., di disporre il rinvio al Tribu affinché venga esaminato nel relativo giudizio il secondo motivo della richiesta di riesame con cui l’indagato aveva dedotto l’illegittimità del provvedimento di sequestro in ordine al fondo pensione complementare sottoscritto il 21/03/2014, essendosi omessa ogni valutazione al riguardo in ragione dell’assorbenza del primo motivo, accolto dal Tribunale.
Con memorie in pari data, il difensore e procuratore speciale delle terze interessate COGNOME NOME (coniuge legalmente separata dell’indagato) e COGNOME NOME e COGNOME NOME (figlie dell’indagato) hanno insistito perché la Corte di legittimità annulli il provvedimento di dissequestro disposto in favore dell’indagato della somma di euro 6.530,00 e dell’immobile meglio descritto nel ricorso, da ritenersi, invece, di esclusiva pertinenza rispettivamente della prima e delle seconde, ovvero, in subordine, in caso di accoglimento del ricorso del Pubblico ministero, annulli con rinvio l’ordinanza impugnata affinché il Tribunale esamini nel merito i motivi di riesame in quella sede svolti dalle ricorrenti a sostegno delle loro ragioni.
La difesa del ricorrente, con nota del 12/01/2023, ha rinunziato alla trattazione orale. Considerato che la richiesta di trattazione in pubblica udienza è irrevocabile a norma del comma 1-bis dell’art. 611 cod. proc. pen. e che la rinunzia è comunque intervenuta successivamente alla scadenza del termine di cui al comma 1-ter dell’art. 611 cod. proc. pen., il Collegio disponeva procedersi con il rito della pubblica udienza, raccogliendo a verbale le conclusioni del Procuratore generale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso del Pubblico ministero è fondato.
1. Il Tribunale, dando atto in premessa, della esistenza di orientamenti contrastanti nella giurisprudenza di legittimità rispetto alla qualificazione giuridic da attribuirsi alle erogazioni conseguite sulla base di infedeli dichiarazioni da esercenti commerciali nell’ambito del cd. bonus cultura, ha optato per l’orientamento espresso in tempi più recenti da Sez. 6, n. 30770 del 12/07/2023, COGNOME, Rv. 284968 – 01 (in termini, Sez. 6, n. 1247 del 17/11/2020, dep. 2021, COGNOME, non mass.; Sez. 6, n. 12625 del 19/02/2013, COGNOME, Rv. 254490; Sez. 6, n. 21317 del 05/04/2018, COGNOME, Rv. 272950; Sez. 6, n. 24890 del 20/02/2019, COGNOME, Rv. 277283) che – pur con riferimento all’indebito riconoscimento del «bonus carta del docente» di cui all’art. 1, comma 121, I. n. 107 del 2015 – ha privilegiato l’inquadramento della condotta nella fattispecie della indebita erogazione ex art. 316-ter cod. pen., sul presupposto che il denaro pubblico fosse stato conseguito in conseguenza della mera produzione, da parte della società erogatrice, di false dichiarazioni unilaterali, a loro volta fondate s false fatturazioni elettroniche, il cui riscontro da parte della RAGIONE_SOCIALE è di tip formale senza un’autonoma attività di accertamento sull’esistenza dei requisiti autocertificati dall’esercente.
L’ordinanza impugnata si è anche confrontata con gli orientamenti di legittimità che optano per la qualificazione come truffa aggravata per le indebite erogazioni del bonus cultura (Sez. 2, n. 37661 dell’8/06/2023, COGNOME non mass., e n. 29563 dell’8/06/2023, COGNOME, non mass.), evidenziando che, nelle vicende esaminate dalle richiamate decisioni, la qualificazione dei fatti ai sensi dell’art 640-bis cod. pen. fosse basata sulla constatazione della predisposizione da parte di soggetti associati di una pluralità di condotte artifiziose e raggiranti rispetto a quali era configurabile l’induzione in errore della amministrazione pubblica, quale presupposto della erogazione.
Si è, quindi, esclusa la sussistenza della truffa aggravata, riconducendosi il fatto nell’alveo dell’indebita percezione di erogazioni pubbliche, sul riliev dell’assenza nella vicenda di merito di quel quid pluris che – a mente dell’orientamento espresso dalle Sezioni Unite Carchivi a proposito dell’indebito conseguimento del reddito da inserimento (Sez. U, n. 16568 del 19/04/2007, Rv. 235962 – 01) e dalle Sezioni Unite Pizzuto con riferimento all’indebito conseguimento di prestazioni mediche in regime di esenzione contributiva (Sez. U, n. 7537 del 16/12/2010, dep. 2011, Rv. 249105 – 01) deve caratterizzare la truffa aggravata rispetto alla condotta “elementare” posta a base della meno grave fattispecie, avente natura residuale e introdotta per adempiere gli obblighi comunitari sull’ampliamento della punibilità di condotte decettive cui non consegua un’induzione in errore o un danno per l’ente erogatore, consumate ai danni dello Stato o dell’U.E., non incluse nella fattispecie più grave di truffa (in termini, Sez 2, n. 10231 del 10/02/2006, COGNOME, Rv. 233449 – 01; Sez. 2, n. 23623 dell’8/06/2006, COGNOME, Rv. 234996 – 01; Sez. 6, n. 41928 del 24/07/2001, Tammerle, Rv. 220200 – 01).
Tale conclusione, per come osservato dal Pubblico ministero ricorrente, contravvenendo ai principi richiamati, dilata l’ambito applicativo del reato di cui all’art. 316-ter cod. pen. che, in ragione della sua natura residuale, si configura solo in caso di falsa dichiarazione dell’agente senza indurre in errore la p.a. che si limita a prendere atto dell’esistenza dei requisiti autocertificati dal richiedent riservando eventualmente ad una fase successiva le opportune verifiche.
Dalle allegazioni del ricorso e dal provvedimento genetico si ricava, invece, come l’attività delittuosa sia dotata di modalità effettive di svolgimento più complesse che non si esauriscono in una falsa dichiarazione dell’indagato.
In particolare, si era al cospetto di un esercizio commerciale che, mediante la sistematica simulazione di vendita di libri e l’emissione di false dichiarazioni contabili, aveva ricevuto dall’ente erogatore ingenti somme di denaro a titolo di rimborso del bonus cultura utilizzati da più di mille neo diciottenni, addirittura provenienti da regioni del nord Italia perché venuti a conoscenza dell’illecita
cessione da parte dell’indagato di beni diversi da quelli consentiti dalla normativa in vigore (a titolo esemplificativo smartphone, tablet, televisori, macchinette del caffè, anziché libri e biglietti per eventi culturali). È, altresì, emerso che compimento di tali attività fraudolente, talora l’esercente aveva rilasciato ai beneficiari del bonus uno scontrino fiscale di importo irrisorio a garanzia del prodotto elettronico che effettivamente era stato venduto in luogo dei libri.
A fronte di tali condotte, senz’altro plurime ed articolate e rispetto alle quali si è registrato il coinvolgimento, a titolo di concorso nella truffa, di una moltitudin estesa di beneficiari che hanno fruito del sistema fraudolento – essendo emersa la presenza di persone residenti in altre province siciliane e finanche in altre regioni italiane – il controllo preventivo, demandato alla RAGIONE_SOCIALE dall’art. 8 del D.P.C.M. 15 settembre e successive modificazioni, non può essere considerato meramente formale, essendo, anzi, stabilito che quest’ultima proceda ad un confronto fra i dati contenuti nella piattaforma informatica dedicata e quelli presenti sulla piattaforma di fatturazione elettronica della pubblica amministrazione.
Rispetto a tali considerazioni, il caso in esame, stante la sostanziale coincidenza degli elementi fattuali, consente il richiamo del seguente passaggio della motivazione presente all’interno della sentenza di Sez. 2, n. 37661 de11 18/06/2023, COGNOME, non mass. (che richiama Sez. 2, n. 30685 del 4/06/2023, COGNOME, non mass.), «…..ai fini della sussistenza del delitto di truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche, la giurisprudenza di legittimità ha da tempo ritenuto che non assuma rilievo la mancanza di diligenza da parte dell’ente erogatore nell’eseguire adeguati controlli in ordine alla veridicità dei dati forniti d richiedente il contributo pubblico, in quanto tale circostanza non esclude l’idoneità del mezzo truffaldino, risolvendosi in una mancanza di attenzione determinata dalla fiducia ottenuta proprio con gli artifici ed i raggiri (Sez. 2, n. 52316 d 27/09/2016, Riva, Rv. 268960, nella cui parte motiva, la RAGIONE_SOCIALE.C. ha aggiunto che la responsabilità penale è collegata al fatto dell’agente ed è indipendente dalla eventuale cooperazione, più o meno colposa, della vittima negligente). Né, ritiene il collegio, l’assenza di controlli preventivi che è spesso collegata alla necessità di rendere l’attività della pubblica amministrazione più snella e rapida, può incidere sulla natura in sé fraudolenta delle attività poste in essere, dirette a trarre i inganno, esponendo un’apparenza che non corrisponde alla realtà, nel caso in esame la fruizione da parte dei beneficiari dei beni e servizi autorizzati da parte di esercenti accreditati.»
Inoltre, anche in questo caso, come in quello esaminato nella sentenza sopra richiamata, “è incontestata la commissione di una rilevante attività truffaldina, ricca di artifici e raggiri posti in essere dagli autori del reato e idonea ad indurre errore l’ente erogatore attraverso la falsa dichiarazione, che si pone solo come uno
dei tanti segmenti della azione delittuosa, di cui il giudice del rinvio dovrà tenere conto per i successivi provvedimenti da adottare sulla domanda cautelare.”
In conclusione, va annullata l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Catania per nuovo giudizio.
Il rinvio consentirà al Tribunale anche di esaminare gli ulteriori motivi di riesame proposti dalle terze interessate in ordine all’appartenenza di parte del compendio sequestrato, non scrutinabili in questa sede in difetto della relativa impugnazione.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catania, competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, c.p.p. Così deciso, il 19/01/2024