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Truffa avvocato: quando l’inganno è reato?

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per truffa a carico di un avvocato, chiarendo un principio fondamentale. Per configurare il reato di truffa avvocato, l’inganno deve avvenire prima e allo scopo di ottenere il pagamento. Se la condotta fraudolenta è successiva e serve solo a nascondere l’inadempimento, il reato non sussiste. Il caso è stato rinviato per un nuovo giudizio che applichi correttamente questo criterio.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa Avvocato: L’Inganno Deve Precedere il Pagamento

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5888 del 2024, ha offerto un’importante precisazione sui confini del reato di truffa avvocato. La Suprema Corte ha stabilito che non ogni inadempimento professionale, anche se mascherato da bugie, costituisce reato. È cruciale il momento in cui avviene l’inganno: per integrare la truffa, la condotta fraudolenta deve essere la causa che induce il cliente a pagare, e non un espediente successivo per nascondere la propria negligenza.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda un avvocato condannato in primo e secondo grado per truffa continuata ai danni di due clienti. Secondo l’accusa, il professionista aveva percepito delle somme a titolo di anticipo sui compensi per attività professionali che, in realtà, non avrebbe mai svolto o solo parzialmente. La Corte d’Appello aveva confermato la condanna, qualificando i fatti come episodi di truffa legati da un vincolo di continuazione.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui la più importante riguardava la corretta qualificazione del reato di truffa. La difesa sosteneva che gli atti di disposizione patrimoniale (i pagamenti) da parte dei clienti non erano stati causati da una condotta fraudolenta, ma erano avvenuti prima. Gli inganni sarebbero stati posti in essere solo in un secondo momento, per nascondere l’inadempimento e per evitare la richiesta di restituzione delle somme già percepite.

La Decisione della Cassazione: Quando si Configura la Truffa Avvocato?

La Suprema Corte ha accolto il motivo di ricorso relativo alla violazione dell’art. 640 del codice penale, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno annullato la sentenza d’appello con rinvio, incaricando un’altra sezione della Corte d’Appello di riesaminare il caso applicando i corretti principi di diritto.

L’Importanza del Momento dell’Inganno

Il punto centrale della decisione è la distinzione temporale e causale tra l’inganno e l’atto di disposizione patrimoniale. La Cassazione ha ribadito due principi consolidati:

1. Non è truffa la condotta dell’avvocato che riceve un’anticipazione sugli onorari, non avvia l’attività giudiziale promessa e, successivamente, utilizza raggiri per tacitare le richieste di informazioni del cliente e per evitare di restituire quanto indebitamente percepito. In questo scenario, il pagamento non è effetto dell’inganno, ma lo precede.
2. È truffa, invece, l’ipotesi in cui il professionista, attraverso artifizi e raggiri volti a nascondere una propria precedente inadempienza, riesce a ottenere il rinnovo del mandato e a farsi versare ulteriori compensi, continuando così a percepire un ingiusto profitto.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello non aveva chiarito se i versamenti fossero conseguenza di condotte decettive o se, al contrario, fossero avvenuti prima che l’avvocato ponesse in essere i raggiri.

Le Questioni Procedurali Respinte

La Cassazione ha invece dichiarato inammissibili gli altri motivi di ricorso, riguardanti la presunta invalidità della querela e la prescrizione di alcuni episodi. Per quanto riguarda la querela, i giudici hanno specificato che tali questioni, implicando accertamenti di fatto sui documenti processuali, non potevano essere sollevate per la prima volta in sede di legittimità. Anche il motivo sulla prescrizione è stato ritenuto generico, in quanto non adeguatamente dettagliato dal ricorrente.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Corte si fonda sulla necessità di un nesso di causalità diretto tra la condotta fraudolenta e l’ingiusto profitto con altrui danno. Per configurare il delitto di truffa, non è sufficiente un qualsiasi inganno posto in essere da un professionista inadempiente. L’artificio o il raggiro deve essere il mezzo che induce la vittima a compiere un atto di disposizione patrimoniale che altrimenti non avrebbe compiuto. Un inganno successivo, finalizzato a consolidare un profitto già ottenuto per altre vie (in questo caso, un anticipo su un contratto d’opera professionale), non integra gli estremi del reato di cui all’art. 640 c.p., ma può rilevare al più in sede civile come inadempimento contrattuale.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Clienti e Professionisti

Questa sentenza chiarisce un aspetto cruciale nel rapporto tra cliente e professionista. Per i clienti, significa che per denunciare una truffa avvocato è necessario dimostrare che il pagamento è stato determinato da una specifica menzogna o da un inganno del legale (ad esempio, millantando attività in corso o risultati imminenti). Per i professionisti, sottolinea che, sebbene l’inadempimento degli obblighi professionali possa avere conseguenze civili e deontologiche, esso non si traduce automaticamente in una condanna penale per truffa, a meno che non si utilizzi l’inganno proprio per ottenere indebitamente del denaro.

Pagare un acconto a un avvocato che poi non svolge il suo lavoro è sempre una truffa?
No, secondo la sentenza non si tratta di truffa se la condotta fraudolenta (l’inganno per nascondere l’inadempienza) avviene dopo il pagamento. Per essere reato, l’inganno deve essere la causa che ha determinato il cliente a effettuare il versamento.

Quando l’inadempienza di un professionista diventa reato di truffa?
Diventa reato di truffa quando il professionista, attraverso artifizi e raggiri volti a nascondere una precedente inadempienza, convince il cliente a rinnovargli il mandato e a effettuare ulteriori pagamenti che altrimenti non avrebbe fatto, percependo così un ingiusto profitto.

È possibile sollevare per la prima volta in Cassazione un problema sulla validità della querela?
In linea di principio è possibile, perché riguarda la procedibilità dell’azione penale. Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che ciò è ammissibile solo se la verifica non richiede accertamenti di fatto (cioè l’esame di documenti e atti del fascicolo processuale), attività preclusa al giudice di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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