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Truffa assicurativa: no se contro il Comune

La Corte di Cassazione chiarisce la distinzione tra truffa generica e truffa assicurativa. Un soggetto, dopo aver simulato un danno alla propria auto, ha chiesto un risarcimento al Comune. La Corte ha confermato la condanna per tentata truffa aggravata ai danni di ente pubblico, specificando che il reato di truffa assicurativa (art. 642 c.p.) si applica solo quando l’azione fraudolenta è diretta contro una compagnia di assicurazioni e non verso un ente pubblico, anche se quest’ultimo è assicurato.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa Assicurativa: Quando la Richiesta al Comune non Rientra nel Reato Specifico

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha delineato con precisione i confini del reato di truffa assicurativa, stabilendo un principio fondamentale: tale reato non è configurabile quando la richiesta di risarcimento fraudolenta è rivolta a un ente pubblico, come un Comune, anziché direttamente a una compagnia di assicurazioni. Questo caso offre spunti cruciali per comprendere la differenza tra la truffa comune aggravata e la fattispecie speciale prevista dall’articolo 642 del codice penale.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condotta di un automobilista che aveva presentato una richiesta di risarcimento danni al Comune di Bologna. L’uomo sosteneva che la sua autovettura avesse subito un danno a causa di un’insidia presente sul manto stradale. Tuttavia, le indagini successive, basate su sopralluoghi e sull’analisi dei tabulati telefonici, hanno svelato una realtà differente. È emerso non solo che il danno non poteva essere stato causato dalle condizioni del luogo indicato, ma anche che l’imputato non si trovava in quella zona al momento del presunto sinistro. Di conseguenza, sia il Tribunale che la Corte d’Appello lo hanno condannato per tentata truffa aggravata ai danni di un ente pubblico.

La Difesa dell’Imputato e la Riqualificazione del Reato

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basando la sua difesa su un punto giuridico specifico. Ha sostenuto che il fatto, anche se delittuoso, avrebbe dovuto essere qualificato come truffa assicurativa ai sensi dell’art. 642 c.p. Secondo questa tesi, il reato si sarebbe perfezionato nel momento in cui il Comune aveva inoltrato la richiesta alla propria compagnia assicurativa. Tale riqualificazione avrebbe avuto una conseguenza rilevante: l’improcedibilità dell’azione penale per mancanza di querela, non essendo prevista d’ufficio per quel reato.

L’Analisi della Corte di Cassazione sulla Truffa Assicurativa

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, rigettando completamente la tesi difensiva. I giudici hanno chiarito che il reato di truffa assicurativa è una fattispecie speciale posta a tutela esclusiva del patrimonio delle compagnie assicuratrici. La sua applicazione presuppone un’azione fraudolenta che incide direttamente su un rapporto contrattuale assicurativo esistente (il cosiddetto rapporto sinallagmatico tra assicurato e assicuratore).
Nel caso in esame, la richiesta di risarcimento era stata avanzata direttamente contro il Comune di Bologna. Il fatto che l’ente pubblico potesse, in un secondo momento, coinvolgere la propria assicurazione era una circostanza meramente eventuale e irrilevante per la qualificazione giuridica del reato commesso dall’imputato. L’azione fraudolenta era diretta a ledere il patrimonio del Comune, integrando così pienamente la fattispecie di tentata truffa aggravata ai danni di un ente pubblico.

Le motivazioni

La Corte ha rafforzato la propria decisione sottolineando che gli artifici e raggiri erano evidenti e idonei a integrare il reato di truffa. La condotta dell’imputato era finalizzata a ingannare l’ente pubblico per ottenere un ingiusto profitto. La richiesta di applicare l’art. 642 c.p. è stata respinta perché, come chiarito da precedente giurisprudenza, questo reato presuppone un’azione che manipola illecitamente il rapporto contrattuale assicurativo, potendo essere commessa anche da soggetti esterni al contratto, ma sempre con l’obiettivo di ledere il patrimonio dell’assicuratore. L’obiettivo primario dell’imputato era invece il patrimonio comunale.
Inoltre, la Corte ha respinto anche gli altri motivi di ricorso. Ha ritenuto che il danno, già liquidato in 1000 euro in primo grado, non fosse di particolare esiguità, escludendo così l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. Infine, ha confermato il diniego della non menzione della condanna, evidenziando la “scaltrezza e l’arguzia” manifestate dall’imputato nell’inscenare la tentata truffa, elementi che dimostrano una colpevolezza non marginale.

Le conclusioni

Con questa sentenza, la Cassazione ribadisce un principio chiaro: la richiesta fraudolenta di risarcimento danni a un ente pubblico per un sinistro fittizio costituisce tentata truffa aggravata ai danni dello Stato o di altro ente pubblico, e non il reato specifico di truffa assicurativa. Quest’ultimo reato protegge un bene giuridico diverso, ovvero il patrimonio delle compagnie assicuratrici, e richiede che l’azione ingannevole sia rivolta direttamente contro di esse. La decisione sottolinea l’importanza di una corretta qualificazione giuridica del fatto, che dipende dal soggetto passivo diretto dell’azione criminale.

Perché il tentativo di frode contro il Comune non è stato qualificato come truffa assicurativa?
Perché il reato di truffa assicurativa (art. 642 c.p.) è una norma speciale che protegge esclusivamente il patrimonio delle compagnie di assicurazione. L’azione fraudolenta deve essere diretta contro di esse. Nel caso specifico, la richiesta di risarcimento era rivolta al Comune, che era la vittima diretta della condotta illecita.

È necessario essere l’assicurato per commettere il reato di truffa assicurativa?
No. La Corte ha richiamato una precedente sentenza secondo cui il reato di truffa assicurativa può essere commesso da chiunque, anche da soggetti estranei al contratto di assicurazione, purché l’azione fraudolenta sia diretta a ledere il patrimonio della compagnia assicuratrice attraverso la manipolazione del rapporto contrattuale.

Per quale motivo la Corte ha negato la non menzione della condanna nel casellario giudiziale?
La Corte ha negato tale beneficio a causa della gravità della condotta, sottolineando la “scaltrezza e l’arguzia” dimostrate dall’imputato nell’organizzare la tentata truffa. Questa valutazione discrezionale del giudice di merito si è basata sulla particolare intensità del dolo e sulle modalità dei fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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