Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1946 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1946 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASERTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/02/2024 della CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità
del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Trieste ha confermato la sentenza del Tribunale di Trieste, emessa GLYPH novembre 2022, che aveva condannato il ricorrente alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno nei confronti della parte civile in relazione al reato di truffa ai danni di una compagnia assicurativa, per avere simulato il verificarsi di un sinistro in realtà mai accaduto, ovvero verificatosi con modalità diverse da quelle denunciate e con la falsificazione di documenti, al fine di ottenere l’indennizzo.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, deducendo:
violazione di legge per non avere la Corte rilevato la tardività della notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello – avvenuta il 18 gennaio 2024 in
relazione all’udienza del 21 febbraio 2024 – non essendo stato rispettato il termine a comparire non inferiore a quaranta giorni, così come previsto dall’art. 601, comma 3, cod. proc. pen., modificato dal d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 ed applicabile al caso in esame alla luce della più recente giurisprudenza di legittimità citata in ricorso;
2) violazione di legge con nullità della sentenza di primo grado e di tutti gli atti successivi, dovuta alla mancata notifica al ricorrente della richiesta di rinvio a giudizio, secondo quanto risultante dal verbale di notifica all’imputato del solo verbale di fissazione dell’udienza preliminare, comunque inidoneo a rendere edotto l’imputato dei termini dell’accusa anche se contenente la data dell’udienza e gli articoli di legge violati;
3) violazione di legge e vizio di motivazione per non avere la sentenza impugnata stigmatizzato la revoca della testimonianza di COGNOME NOME, disposta dal primo giudice senza motivazione rispetto alla prima ordinanza ammissiva della prova, circostanza che avrebbe dovuto indurre la Corte ad accogliere la richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello finalizzata alla escussione del teste, invece ingiustamente negata senza adeguate ragioni; lo stesso dicasi per la richiesta di perizia grafologica sulle firme apposte in calce alla richiesta di risarcimento, che non sarebbero riferibili all’imputato;
4) violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla ritenuta responsabilità, non avendo la Corte considerato i dubbi sussistenti in ordine alla attribuibilità all’imputato della condotta contestata, tenuto conto della incertezza della firma, della sua identificazione, della individuazione delle persone coinvolte nel sinistro, della veridicità dei referti medici in atti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, proposto per motivi complessivamente infondati, deve essere rigettato. 1. In ordine al primo motivo – e tenuto conto che l’atto di appello del ricorrente era stato depositato il 28 dicembre 2022 – la dedotta questione giuridica sulla quale vi era contrasto in giurisprudenza, è stata recentemente risolta, in senso sfavorevole alle ragioni dell’imputato, dalle Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza del 27 giugno 2024 n.42124, COGNOME.
Il principio di diritto espresso, condiviso dal Collegio, è quello secondo cui la disciplina dell’art. 601, comma 3, cod. proc. pen., introdotta dall’art. 34, comma 1, lett. g), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che individua in quaranta giorni il termine a comparire nel giudizio di appello, è applicabile agli atti d’impugnazione proposti a far data dal 1 luglio 2024.
Quanto al secondo motivo, deve rilevarsi che la Corte di appello ha affrontato l’argomento rispondendo alla medesima eccezione in allora proposta a fg. 5 della sentenza impugnata, sottolineando che, al di là di quanto risulta dalla relata di notifica, il controllo degli atti dimostra che all’imputato era stato notificato tant l’avviso di citazione per l’udienza preliminare che la richiesta di rinvio a giudizio. Ha qualificato, pertanto, la mancata indicazione nella relata come errore materiale, circostanza che neanche il ricorso contesta espressamente (cfr. fg. 10 del ricorso).
La motivazione di rigetto è arricchita dal rilievo che, in ogni caso, si tratterebbe di nullità a regime intermedio non eccepita tempestivamente ma introdotta solo con i motivi nuovi (fg. 4 della sentenza impugnata) e del tutto scollata dai motivi principali.
Quanto ai restanti motivi, che ineriscono al giudizio di responsabilità ed alla mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, i quali possono essere trattati congiuntamente, se ne deve rilevare l’infondatezza alla luce delle considerazioni che seguono.
La sentenza ha dato atto, a fg. 8, della decisiva circostanza che erano state acquisite al fascicolo del dibattimento le dichiarazioni del ricorrente e della coimputata COGNOME NOME, convivente del primo, condannata nei due gradi di merito e non impugnante, dichiarazioni rese all’investigatore della compagnia assicurativa con l’assistenza del difensore.
Dell’attività dell’investigatore aveva dato atto anche il teste di polizia giudiziaria Leipizer, circostanza idonea a rendere legittima l’acquisizione agli atti della relazione dell’investigatore privato e degli atti a corredo, i quali sono stati messi a confronto con le risultanze del GPS installato sull’autovettura coinvolta nel sinistro denunciato, dimostrative del fatto che l’automobile non si trovava sul posto in quelle circostanze di tempo e di luogo, a conferma della falsità delle dichiarazioni dei ricorrenti e, quindi, della loro responsabilità per il reat contestato.
La Corte, altresì, ha correttamente rilevato l’assenza di ogni dubbio sul fatto che l’imputato e la COGNOME avessero firmato la domanda di risarcimento, dal momento che le loro firme erano state autenticate da un legale, AVV_NOTAIO – circostanza sulla quale il ricorso sorvola – e non vi era mai stato nel giudizio di primo grado un disconoscimento da parte degli interessati.
Dal che, la decisione di ritenere completa l’istruzione dibattimentale ai fini della decisione ed irrilevante tanto l’escussione dell’investigatore COGNOME, quanto l’accertamento grafologico sulle firme apposte dal ricorrente e dalla coimputata COGNOME sulla richiesta di indennizzo.
Si ricordi, in punto di diritto, che la rinnovazione dell’istruttoria nel giudizio appello, attesa la presunzione di completezza dell’istruttoria espletata in primo grado, è un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266820).
Inoltre, in tema di ricorso per cassazione può essere censurata la mancata rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale qualora si dimostri l’esistenza nell’apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all’assunzione di determinate prove in appello (Sez. 5, n. 32379 del 12/04/2018, COGNOME, Rv. 273577; Sez. 6, n.1400 del 22/10/2014, dep.2015, PR., Rv. 261799).
Ed infine, nel giudizio di appello, la rinnovazione di una perizia può essere disposta solo se il giudice ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti, ed il rigetto della relativa richiesta, se logicamente e congruamente motivato, è incensurabile in sede di legittimità, trattandosi di un giudizio di fatto (Sez. 1, n. 11168 del 18/02/2019, Caratelli, Rv. 274996).
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE, che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE che liquida in complessivi euro 3.015,00 oltre accessori di legge.
Così deciso, il 28/11/2024.