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Truffa assegno scoperto: la condanna è definitiva

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per truffa aggravata. Il caso riguarda il pagamento per la riparazione di un’autovettura con un assegno bancario risultato insoluto perché emesso da un conto corrente chiuso. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, ritenendo che la consegna di un assegno scoperto costituisca un raggiro idoneo a integrare il reato di truffa. È stata inoltre respinta l’eccezione procedurale relativa all’assenza dell’imputato, considerato pienamente a conoscenza del processo. Si tratta di una pronuncia che consolida l’orientamento sulla configurabilità della truffa con assegno scoperto.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa Assegno Scoperto: Quando il Pagamento Diventa Reato

La consegna di un assegno per saldare un debito, apparentemente un gesto comune, può trasformarsi in un reato penale se il titolo si rivela privo di copertura. Con la recente sentenza n. 1741/2024, la Corte di Cassazione torna sul tema della truffa assegno scoperto, confermando la condanna di un soggetto che aveva pagato la riparazione della propria auto con un assegno tratto da un conto corrente già chiuso. Analizziamo questa decisione per comprendere i confini tra l’inadempimento civile e la condotta penalmente rilevante.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla denuncia del titolare di un’officina meccanica. Un cliente, dopo aver fatto eseguire una riparazione sulla sua autovettura, saldava il conto consegnando un assegno bancario. Tuttavia, al momento dell’incasso, l’assegno risultava insoluto: il conto corrente a cui si appoggiava era stato chiuso in data antecedente all’emissione del titolo. L’artigiano si ritrovava così con un danno economico e senza il compenso pattuito. L’emittente dell’assegno veniva quindi processato e condannato per il reato di truffa sia in primo grado che in appello.

L’Iter Processuale e i Motivi del Ricorso

L’imputato, non rassegnandosi alla condanna, proponeva ricorso per Cassazione basandolo su tre motivi principali:

1. Violazione delle norme procedurali: La difesa sosteneva l’illegittimità del processo, celebrato in assenza dell’imputato nonostante quest’ultimo fosse stato dichiarato irreperibile. Secondo il ricorrente, in tale ipotesi il processo avrebbe dovuto essere sospeso.
2. Errata valutazione della prova: Si contestava la credibilità della persona offesa, ritenuta portatrice di interessi antagonistici, e si invocava la prescrizione del reato.
3. Insussistenza del reato di truffa: L’imputato argomentava che la semplice consegna di un assegno post-datato o scoperto non configurerebbe gli ‘artifizi e raggiri’ richiesti dalla norma, ma un semplice inadempimento contrattuale.

L’analisi della Corte sulla truffa con assegno scoperto

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure sollevate. Per quanto riguarda l’aspetto procedurale, i giudici hanno accertato che l’imputato, inizialmente irreperibile, era stato successivamente rintracciato e aveva ricevuto notifica del procedimento, nominando anche un difensore di fiducia. La sua successiva irreperibilità era quindi frutto di una scelta consapevole di sottrarsi al processo, rendendo legittima la notifica degli atti al difensore e la prosecuzione del giudizio in sua assenza.

Sul merito della vicenda, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la consegna di un assegno bancario come pagamento, sapendo che non verrà onorato per mancanza di fondi o perché il conto è stato chiuso, costituisce di per sé un raggiro idoneo a trarre in inganno il creditore, inducendolo a compiere un atto di disposizione patrimoniale (la consegna del bene o la prestazione del servizio) con conseguente danno.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato l’inammissibilità del ricorso evidenziando come i motivi proposti fossero in parte manifestamente infondati e in parte generici. I giudici di legittimità hanno sottolineato che la condotta dell’imputato integrava pienamente la fattispecie di truffa. L’atto di pagare l’acconto in contanti per poi saldare il resto con un assegno invalido è stato interpretato come una condotta maliziosa, finalizzata a carpire la fiducia della persona offesa sulla propria solvibilità, manifestando così una volontà fraudolenta preordinata a non saldare il dovuto. La Corte ha inoltre rigettato l’eccezione di prescrizione, calcolando che il termine non era ancora maturato al momento della pronuncia, a causa di periodi di sospensione del processo.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma con chiarezza che utilizzare un assegno scoperto non è una semplice ‘furbizia’ o un problema di natura civilistica, ma un vero e proprio reato. La decisione chiarisce che l’inganno si perfeziona nel momento stesso in cui il titolo viene consegnato come mezzo di pagamento valido, inducendo la vittima a credere in una solvibilità inesistente. Per gli operatori economici, questa pronuncia rappresenta una tutela importante, mentre per chi emette assegni costituisce un monito sulla necessità di garantire sempre la copertura dei titoli, pena conseguenze penali severe.

Pagare per un servizio con un assegno di un conto chiuso è reato?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che questa condotta integra il reato di truffa. La consegna di un assegno sapendo che non potrà essere incassato costituisce l’artifizio e raggiro necessario per ingannare la vittima, procurandosi un ingiusto profitto con altrui danno.

Cosa succede se un imputato, dopo essere stato trovato, si rende nuovamente irreperibile?
Secondo la sentenza, se l’imputato ha avuto conoscenza del procedimento (ad esempio, nominando un avvocato di fiducia) e poi si sottrae volontariamente al processo senza comunicare un nuovo domicilio, il giudizio può proseguire legittimamente in sua assenza. Le notifiche vengono effettuate al difensore e non si procede a una nuova sospensione per irreperibilità.

Un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile senza essere esaminato nel merito?
Sì. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile quando i motivi sono manifestamente infondati, generici o propongono questioni che implicherebbero una nuova valutazione dei fatti, compito che non spetta al giudice di legittimità. In questo caso, il ricorso è stato ritenuto inammissibile proprio per tali ragioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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