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Truffa aggravata: quando si consuma il reato?

La Cassazione chiarisce il momento consumativo della truffa aggravata ai danni di un ente pubblico. Il caso riguarda false fatture cedute a società di factoring. La Corte stabilisce che il reato si consuma con la cessione del credito, rendendolo istantaneo e non permanente, confermando la prescrizione. Respinte le tesi difensive sulla mancanza di danno per l’ente.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa aggravata ai danni dello Stato: la Cassazione definisce il momento consumativo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 3089 del 2024, offre importanti chiarimenti sulla truffa aggravata ai danni di un ente pubblico, concentrandosi in particolare sulla determinazione del momento in cui il reato si considera consumato. Questa analisi è cruciale per il calcolo dei termini di prescrizione. Il caso esaminato riguarda un complesso meccanismo fraudolento basato sull’emissione di fatture false e la successiva cessione dei crediti a istituti finanziari.

I fatti del processo

Due imputati, amministratori di un consorzio e di diverse società collegate, sono stati accusati di aver orchestrato una truffa complessa. Il meccanismo prevedeva l’emissione di fatture per operazioni inesistenti nei confronti di un ente pubblico territoriale. Successivamente, i crediti, solo apparentemente vantati nei confronti dell’ente, venivano ceduti a diverse società di factoring e istituti bancari. In questo modo, gli imputati ottenevano anticipazioni di liquidità, inducendo in errore sia l’ente pubblico, che si ritrovava formalmente debitore di somme non dovute, sia gli istituti di credito, che acquistavano crediti fittizi.

Nonostante l’ente pubblico non avesse mai effettuato alcun pagamento, rifiutando le richieste pervenute dalle società cessionarie, si era comunque trovato esposto ad azioni legali per il recupero dei crediti, subendo un danno patrimoniale consistente nella creazione di un’obbligazione giuridica.

L’iter giudiziario e i motivi del ricorso

Il percorso giudiziario è stato articolato. In primo grado, gli imputati erano stati assolti da alcune accuse. La Corte d’Appello, su ricorso del Procuratore Generale, aveva riformato la sentenza, riconoscendo la sussistenza della truffa aggravata ai danni dell’ente pubblico. Tuttavia, aveva dichiarato il reato estinto per intervenuta prescrizione, ritenendolo un reato istantaneo e non permanente.

Contro questa decisione sono stati proposti ricorsi in Cassazione sia dal Procuratore Generale sia dai difensori degli imputati:

* Il Procuratore Generale sosteneva che il reato avesse natura permanente, poiché il danno per l’ente pubblico (l’essere soggetto a continue richieste di pagamento) perdurava nel tempo. Di conseguenza, la prescrizione non sarebbe ancora maturata.
* La difesa degli imputati contestava la configurabilità stessa della truffa, argomentando che l’ente non aveva subito alcun danno effettivo, non avendo mai pagato le fatture false.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili tutti i ricorsi, confermando la decisione della Corte d’Appello. La sentenza si basa su due principi fondamentali.

La natura istantanea della truffa aggravata

Il punto centrale della decisione riguarda la qualificazione del reato. La Cassazione ha respinto la tesi del reato permanente sostenuta dal Procuratore. Secondo gli Ermellini, la truffa aggravata si consuma nel momento in cui si realizza l’ultimo atto della condotta fraudolenta che causa il danno e il profitto. Nel caso di specie, questo momento coincide con la notifica della cessione del credito all’ente pubblico.

È in quel preciso istante che sorge l’obbligazione per l’ente e il profitto per gli imputati (che ottengono liquidità dalle società di factoring). Le successive richieste di pagamento da parte degli istituti di credito non sono una continuazione della condotta illecita, ma meri effetti permanenti di un reato già conclusosi. Pertanto, il reato è istantaneo e il termine di prescrizione decorre correttamente da quel momento.

La nozione di danno patrimoniale

La Corte ha anche rigettato le argomentazioni della difesa sulla mancanza di danno. Viene ribadito un principio consolidato: per configurare il delitto di truffa, non è necessario che la persona indotta in errore sia la stessa che subisce il danno patrimoniale. Inoltre, il danno non consiste solo in una perdita economica immediata, ma anche nell’assunzione di un’obbligazione giuridicamente vincolante.

Nel caso specifico, l’ente pubblico, pur non avendo pagato, è stato costretto a difendersi da decreti ingiuntivi e azioni legali, diventando debitore in solido in una cessione di credito pro solvendo. Questa esposizione legale e l’assunzione di una posizione debitoria costituiscono un danno patrimoniale rilevante ai fini della configurabilità del reato.

Le conclusioni

La sentenza consolida l’orientamento giurisprudenziale sulla truffa aggravata tramite cessione di crediti. La Corte di Cassazione stabilisce con chiarezza che:
1. Il reato ha natura istantanea e si consuma con la cessione del credito, momento dal quale decorre la prescrizione.
2. Il danno per la parte lesa può consistere anche nella mera assunzione di un’obbligazione o nell’esposizione ad azioni legali, a prescindere da un esborso finanziario effettivo.

Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche, specialmente nel contesto di frodi finanziarie complesse, delineando con precisione i confini temporali del reato e la nozione di danno patrimoniale rilevante per la legge penale.

Quando si consuma il reato di truffa aggravata in caso di cessione di crediti falsi?
Il reato si considera consumato nel momento in cui avviene la cessione del credito e questa viene notificata al debitore ceduto (in questo caso, l’ente pubblico). È in quell’istante che si realizza il danno per la vittima e il profitto per l’autore del reato.

Perché l’ente pubblico è considerato danneggiato anche se non ha effettuato alcun pagamento?
Il danno non consiste solo in una perdita economica diretta, ma anche nell’assunzione di un’obbligazione giuridica. L’ente pubblico, a seguito della cessione del credito falso, è diventato formalmente debitore ed è stato esposto ad azioni legali da parte degli istituti di credito, subendo così un danno patrimoniale giuridicamente rilevante.

La truffa tramite cessione di crediti falsi è un reato istantaneo o permanente?
La Corte di Cassazione ha stabilito che si tratta di un reato istantaneo. La sua consumazione si esaurisce con l’atto della cessione del credito. Le successive richieste di pagamento sono considerate effetti permanenti del reato, ma non ne protraggono la consumazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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