Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 3089 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 3089 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI BARI nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nato a BARI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a BARI il DATA_NASCITA nel procedimento a carico di questi ultimi
RAGIONE_SOCIALE
INFRASTRUTTURE E RAGIONE_SOCIALE S.R.L.
RAGIONE_SOCIALE
SEGNALETICA E RAGIONE_SOCIALE
inoltre:
CITTÀ METROPOLITANA DI BARI IN PERSONA DEL SINDACO METROPOLITANO P.T.
RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE
COGNOME NOME
NOME
avverso la sentenza del 29/09/2022 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME
COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità di tutti i ricorsi;
udito il difensore della parte civile RAGIONE_SOCIALE CARIRE (INTESA SAN PAOLO), AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi definitivo l’accertamento di responsabilità nei confronti del ceto bancario con conferma delle statuizioni civili;
udito il difensore della parte civile CITTA’ METROPOLITANA DI BARI, AVV_NOTAIO in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, il quale ha concluso come da conclusioni e nota spese depositate;
udito il difensore di COGNOME NOME, AVV_NOTAIO NOME COGNOME e udito il difensore di NOME, AVV_NOTAIO COGNOME i quali hanno insistito per l’inammissibilità del ricorso del Procuratore generale e l’accoglimento dei propri ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Bari, con sentenza del 29 settembre 2022, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava non doversi procedere nei confronti di NOME ed NOME in relazione ai reati di cui ai capi a) (previa riqualificazione ai sensi degli artt.110, 81 cpv., 61 n.7 e 11, 640 commi 1 e 2 n.1 cod. pen.), b) (110, 81 cpv., 61 n.2, 482 e 477 cod. pen.) ed e) (110, 81 cpv. e 610 cod. pen. per intervenuta prescrizione, confermando le statuizioni civili e condannando gli imputati al pagamento delle spese processuali in favore delle parti civili Città Metropolitana di Bari, RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME e COGNOME NOME: secondo il capo di imputazione a), i due imputati, esercitando anche di fatto la gestione del RAGIONE_SOCIALE e delle società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, RAGIONE_SOCIALE, e nell’ambito di varie operazioni di cessione di credit asseritamente vantati nei confronti della RAGIONE_SOCIALEcia di Bari, avevano tratto in inganno la pubblica amministrazione (debitore ceduto) e gli istituti di credito privati (creditori cessionari), emettendo fatture oggettivamente false nei confronti della RAGIONE_SOCIALEcia di Bari ed utilizzando le stesse per ottenere da RAGIONE_SOCIALE anticipi su fatture derivanti dal contratto di gestione del credito adottando lo stesso meccanismo nei confronti degli altri istituti di credito, dai quali ottenevano ingenti anticipazioni bancarie per le fatture portate allo sconto; il capo b) si riferiva alla predisposizione ed utilizzo di falsi registri di contabi certificati di pagamento della RAGIONE_SOCIALEcia di Bari; il capo c) si riferiva alle minac nei confronti dei lavoratori dipendenti affinché collaborassero alle operazioni di emissione contabilizzazione delle false fatture; vi era poi un capo f) relativo all’illecito amministrativo commesso dal RAGIONE_SOCIALE e dalle società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, RAGIONE_SOCIALE Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.1 Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Bari; premette che in accoglimento dell’appello proposto dal procuratore generale, la Corte di Appello di Bari aveva riformato la sentenza di primo grado, riconoscendo la ricorrenza della circostanza aggravante ad effetto speciale prevista dall’art.640 comma 2 n. 1 cod. pen., in relazione al reato di cui al capo a), che era stata erroneamente esclusa dal tribunale monocratico; sulla questione si era già pronunciata questa Corte, che aveva individuato nella condotta in esame il delitto di truffa anche in danno della provincia (ora Città Metropolitana) di Bari; pur tuttavia, la Corte di appello aveva negato il carattere permanente del delitto di cui al capo a), rimarcando che nelle
truffe contrattuali la consumazione del reato si esaurisce nella na dell’obbligazione e la permanenza dei relativi effetti pregiudizievoli interferisce con la stessa, per cui le richieste di pagamento che la Prov aveva continuato a ricevere costituivano meri effetti permanenti di un reato sempre istantaneo; a ciò era conseguito il rilievo del decorso del termin prescrizione il delitto di truffa aggravata in danno dall’ente pubblico.
Ciò premesso, il Procuratore generale osserva che la motivazione della Corte di appello si presentava manifestamente illogica ed in violazione dell 158 comma 1 cod. pen.: posto che il danno subito dall’ente pubblico e consistito dell’assunzione di obbligazioni, ciò aveva dato luogo ad una pre condizione soggettiva (la qualità di preteso debitore verso le banche) che quanto tale, non poteva che protrarsi nel tempo, tanto che nelle more processo di primo grado erano pervenuti all’ente pubblico numerosi estratti con della RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE che riepilogavan periodicamente l’importo dei crediti rispettivamente vantati in relazione vicenda di cui all’imputazione, rinnovando continuativamente la pretesa pagamento da parte degli stessi istituti di credito; la situazione non era d per quanto riguardava i rapporti tra l’ente pubblico e le altre banche inter alla vicenda visto che, una volta assunta la qualità di preteso debitore, permaneva sino all’estinzione dell’obbligazione; tale condizione era suscettibi essere rimossa anche ad opera degli stessi imputati con la rifusione alle ban delle somme indebitamente conseguite in guisa da soddisfare le pretese queste, così elidendo la responsabilità solidale dell’ente pubblico quale deb ceduto; poiché il reato era permanente, il termine di prescrizione non era anc decorso visto che l’ente continuava a subire che pretese di pagamento de banche. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.2 II Procuratore generale eccepisce l’erronea applicazione dell’ar D.Lgs. n.231/2001: nonostante il riconoscimento dell’aggravante contestata relazione al delitto di cui al capo a), la Corte di appello aveva ritenu adeguatamente provati i presupposti di fatto della responsabilità amministrat contestata al capo f) nei confronti degli enti RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; sotto tal motivazione si presentava carente ovvero manifestamente illogica, laddove ometteva di confrontarsi con un dato fattuale del tutto pacifico, e cioè c somme di denaro erano state anticipate dalle banche dietro presentazione d fatture riconducibili al RAGIONE_SOCIALE, sì che i relativi accrediti non p che avvenire su conti di pertinenza del consorzio medesimo; inoltre, nel cor
Tr”:
dell’articolata istruttoria, mai era emerso che le banche interessate avessero pagato personalmente i due NOME, i quali avevano semplicemente operato, in ragione dei poteri di rappresentanza loro conferiti in ambito societario; e se le somme oggetto di anticipazione erano confluite nei conti societari, era del tutto evidente che quelle operazioni erano avvenute nell’interesse e a vantaggio della società, che ne aveva tratto arricchimento ed era stata posta nelle condizioni di impiegare il denaro per i propri scopi.
Propone ricorso il difensore di NOME.
2.1 il difensore lamenta violazione di legge ed erronea applicazione del canone normativo di valutazione della prova di cui all’art. 192 cod. proc. pen. e la contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione nonché l’inosservanza dei vincolanti principi di diritto e dei criteri motivazionali impos da questa Corte, anche sulla scia delle indicazioni derivanti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo in riforma della sentenza assolutoria in grado di appello; in particolare, la Corte di appello non aveva disposto la rinnovazione del dibattimento di primo grado mediante un nuovo esame della persona offesa per cui l’imputato, condannato per la prima volta in appello per il reato di truffa aggravata nei confronti della RAGIONE_SOCIALEcia, era stato privato di un grado di merito, senza che vi fosse stata una motivazione puntuale e rigorosa da parte del giudice di appello.
2.2 Il difensore lamenta la contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla declaratoria di sussistenza dell’aggravante prevista dall’art. 640 comma 2 n.1 cod. pen.: richiama le numerose e ampiamente motivate ragioni per le quali la sentenza di primo grado aveva ritenuto contraddittoria e inesistente l’accusa di truffa aggravata nei confronti della RAGIONE_SOCIALEcia di Bari; rileva che il Tribunale di Bari, su opposizione proposta dalla RAGIONE_SOCIALEcia di Bari, con sentenza del 9 Aprile 2013 (che si allegava) aveva revocato il decreto ingiuntivo confermando l’inesistenza di alcuna obbligazione a carico della RAGIONE_SOCIALEcia e condannando la RAGIONE_SOCIALE alla rifusione in favore della provincia delle spese di lite, il che dimostrava che nessuna somma, neppure a titolo di spese giudiziali, era stata mai corrisposta dalla RAGIONE_SOCIALEcia in relazione a richieste di pagamento degli istituti bancari, smentendo totalmente l’assunto accusatorio; erroneamente la Corte d’appello aveva ignorato totalmente tale prova documentale; non era dato comprendere come si potesse affermare da parte della sentenza di secondo grado, se non incorrendo in un palese vizio della motivazione, che “l’aggravante contestata attiene al danno”.
La sentenza impugnata errava nell’individuare la RAGIONE_SOCIALEcia di Bari qual soggetto passivo del reato, visto che il reato di truffa era stato rea esclusivamente nei confronti del ceto bancario, che la RAGIONE_SOCIALEcia non era m stata coinvolta nei raggiri e artifici e neppure indotta in errore (visto ch rifiutato qualsiasi pagamento), che non aveva subito alcun tipo di danno, che richieste di pagamento rivolte dagli istituti di credito alla RAGIONE_SOCIALEcia eran tutte respinte perché infondate e che nessun soggetto diverso dal ceto banca risultava essere stato danneggiato dalla condotta degli imputati; inolt RAGIONE_SOCIALE non aveva mai trasmesso alla RAGIONE_SOCIALEcia le fatture indicate n decreto di citazione a giudizio, che erano state rinvenute solo presso la centrale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, così come era un dato obiettivo che la RAGIONE_SOCIALE non aveva mai pagato le fatture, per averle contestate e disconosciute; vi quindi un difetto di nesso di causalità tre il raggiro o l’artifizio e l’altrui in errore.
3. Il medesimo difensore propone ricorso anche nell’interesse di NOME, identico al ricorso proposto nell’interesse di NOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso proposto dal Procuratore generale deve essere dichiarat inammissibile.
1.1. L’orientamento consolidato e condiviso da questa S.C. (cf. ex mult Sez. 2 sentenza n. 53667 del 02/12/2016 dep. 16/12/2016 Rv. 269381 imputato COGNOME) è nel senso che “in tema di frode in danno di enti previdenziali ricezione indebita di emolumenti periodici, è configurabile il reato di truffa consumazione prolungata quando le erogazioni pubbliche, a versamento rateizzato, siano riconducibili ad un originario ed unico comportamen fraudolento, mentre si configurano plurimi ed autonomi fatti di reato quando, il conseguimento delle erogazioni successive alla prima, sia necessario compimento di ulteriori attività fraudolente; ne consegue che, ai fini prescrizione, nella prima ipotesi il relativo termine decorre dalla perce dell’ultima rata di finanziamento, mentre nella seconda dalla consumazione de singoli fatti illeciti”.
La vicenda in esame si colloca con tutta evidenza nella prima delle ipote evidenziate, posto che l’attività degli imputati è terminata con l’ultimo deg di cessione del credito, non essendo necessarie (e non essendo statecompiute ulteriori condotte; sostenere che siccome la RAGIONE_SOCIALEcia è sottoposta tutto richieste di pagamento in forza di quelle cessioni significa sposta
consumazione del reato sine die e farla dipendere da un evento assolutamente incerto quale l’iniziativa del creditori.
Come risulta dalla sentenza di primo grado, in data 28 gennaio 2010 è stata notificata la cessione di credito su crediti maturati e maturandi, ed è momento che si è determinato il danno in capo alla RAGIONE_SOCIALEcia con correlati profitto per gli imputati; corretta, pertanto, è la decisione della Corte di nella parte in cui ha ritenuto prescritto il reato (pag.16 sentenza impugnata)
1.2 Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di ricorso proposto dal Pubblico Ministero, posto che la Corte di appello, con un giudizio di mer non sindacabile nella presente sede, ha ritenuto che gli imputati agissero proprio esclusivo vantaggio.
I ricorsi di NOME NOME devono essere dichiarati inammissibil
2.1 II primo motivo dei ricorsi (redatti in termini identici) è manifestam infondato, posto che vi è stata una riqualificazione del reato, per cui inconferenti i richiami alla giurisprudenza in tema di giudizio assolut riformato in appello; del tutto generica è l’eccezione sulla violazione dell’a cod. proc. pen.
2.2 Quanto alla insussistenza di un reato di truffa ai danni della RAGIONE_SOCIALE si deve ribadire che “ai fini della configurabilità del delitto di truff necessaria l’identità fra la persona indotta in errore e la persona che ha su danno patrimoniale, purché, anche in assenza di contatti diretti fra il truffa il truffato, sussista un nesso di causalità tra l’induzione in errore, il pro danno” (Sez.2, n. 43119 del 21/10/2021, COGNOME, Rv. 282304).
Ciò premesso, il giudice di primo grado ha errato nel considerare che tra istituti di credito e l’ente pubblico non si sia creato alcun vincolo obblig posto che, una volta anticipati gli importi derivanti dalla cessione dei credi istituti di credito potevano rivolgersi alla RAGIONE_SOCIALEcia per ottenere il paga delle cessioni (come poi avvenuto), essendo del tutto irrilevante che la RAGIONE_SOCIALE una volta accortasi della truffa, non abbia effettuato alcun pagamento, visto è comunque risultata esposta alle azioni degli istituti di credito.
Correttamente, pertanto, nelle sentenze n.36006/12 e 36007/12 questa Corte aveva ravvisato la sussistenza di “una cessione pro solvendo, in cu debitore ceduto resta obbligato in solido nei confronti del creditore cessio del credito unitamente al cedente. E. dunque, non si è verificata l’immedi liberazione del creditore originario, la quale consegue solo alla realizzazion credito ceduto, ma l’affiancamento al credito originario di quello ceduto; consegue che, una volta acquisite le anticipazioni su fatture, rilevatesi fal
parte dell’istituto di credito, questo può rivolgersi direttamente all’Ent territoriale in questione per ottenere il pagamento di quanto versato sulla base delle fatture stesse, in quanto pertinenti ad un rapporto debitorio tra la RAGIONE_SOCIALEcia ed il RAGIONE_SOCIALE derivante dal contratto di appalto. E, quindi…allo stato, non viene meno la responsabilità economica diretta della RAGIONE_SOCIALEcia, salvo poi a verificarla in sede di giudizio civile. Orbene, condividendo il richiamo alla giurisprudenza a sezioni unite di questa Corte, al di là dall’accedere alla nozione giuridica piuttosto che economica del patrimonio, dalla contestazione emerge innanzitutto che la RAGIONE_SOCIALEcia risulta essere, unitamente agli istituti bancari, oltre che soggetto, indotto in errore, anche soggetto passivo del reato, specificandosi, quanto a tale profilo, che l’Ente Pubblico è stato chiamato a rispondere in solido mediante decreti ingiuntivi emessi a suo carico dai Tribunale di Milano e Bari su ricorso di RAGIONE_SOCIALE (V. Capo A)”.
Deve quindi ritenersi corretta la qualificazione giuridica del reato operata dalla Corte di appello in quello previsto dall’art. 640 comma 2 n. 1 cod. pen., ai danni della RAGIONE_SOCIALEcia, con conseguente declaratoria di manifesta infondatezza del secondo motivo di ricorso.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, le parti private che li hanno proposti devono essere condannate al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di C 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti; in virtù del principio di soccombenza, i ricorrenti devono inoltre essere condannato alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili, danneggiate dalla condotta degli stessi, non sussistendo motivi per la compensazione, con conferma delle statuizioni civili.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i soli ricorrenti NOME e COGNOME NOME al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Conferma le statuizioni civile e condanna i ricorrenti NOME e NOME alla rifusione delle spese sostenute da Città Metropolitana di Bari in persona del Sindaco metropolitano p.t. e da RAGIONE_SOCIALE Sanpaolo Spa che liquida per ciascuna di esse in euro 3.686.00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 28/11/2023