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Truffa aggravata: pericolo immaginario e condanna

La Corte di Cassazione conferma la condanna per truffa aggravata a carico di una coppia che aveva indotto un uomo a versare ingenti somme di denaro, facendo leva su una finta relazione sentimentale e sul timore di un pericolo immaginario (una presunta figlia malata e minacce di suicidio). La sentenza chiarisce che l’aggravante del pericolo immaginario sussiste anche se la minaccia non è rivolta direttamente alla vittima, ma a terzi a cui è legata affettivamente.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa aggravata da pericolo immaginario: la Cassazione conferma la condanna

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 18861/2024, offre importanti chiarimenti sulla truffa aggravata, in particolare quando il raggiro fa leva sul timore di un pericolo immaginario. Il caso analizzato riguarda una truffa sentimentale orchestrata da una coppia ai danni di un uomo, indotto a versare ingenti somme di denaro attraverso l’inganno e la manipolazione psicologica.

I Fatti del Caso

I fatti vedono protagonisti una donna e il suo compagno, condannati per aver messo in atto un piano fraudolento. La donna aveva instaurato una relazione a distanza con la vittima, per poi convincerla a inviarle del denaro. Il pretesto era una situazione drammatica e del tutto inventata: una presunta figlia gravemente malata e la conseguente disperazione, che l’avrebbe portata a minacciare di togliersi la vita.

Commosso e preoccupato, l’uomo effettuava numerosi versamenti su una carta prepagata, intestata però al compagno della donna. Quest’ultimo, pur essendo il diretto beneficiario delle somme, non ha mai chiesto spiegazioni sulla provenienza del denaro, dimostrando così, secondo i giudici, di essere pienamente partecipe al disegno criminoso.

Il Percorso Giudiziario e la truffa aggravata

Il Tribunale di primo grado aveva riqualificato l’accusa iniziale da estorsione a truffa aggravata ai sensi dell’art. 640, comma 2, n. 2 del codice penale, condannando entrambi gli imputati. La Corte d’Appello aveva successivamente confermato la condanna, pur riducendo la pena.

I due imputati hanno quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo principalmente due tesi: la non configurabilità dell’aggravante del pericolo immaginario, poiché la minaccia (il suicidio) era rivolta a sé stessa e non alla vittima, e l’insussistenza di prove sufficienti a carico del compagno, mero intestatario della carta.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, confermando le decisioni dei giudici di merito. Innanzitutto, ha sottolineato il principio della “doppia conforme”: quando due gradi di giudizio giungono a conclusioni identiche e ben motivate, il margine per contestare i fatti in Cassazione si restringe notevolmente, salvo i casi eccezionali di travisamento della prova.

Le motivazioni

Nel merito, i giudici hanno fornito motivazioni chiare e decisive. La Corte ha stabilito che l’aggravante del timore di un pericolo immaginario non richiede che il danno paventato riguardi direttamente la persona offesa. È sufficiente che la condotta dell’agente sia idonea a trarre in inganno la vittima, inducendola a compiere atti di disposizione patrimoniale sulla base di circostanze false. Nel caso di specie, la vittima era stata spinta a pagare proprio dalla falsa rappresentazione di una situazione tragica (la figlia malata e il rischio di suicidio della donna) che faceva leva sul suo legame affettivo. Il pericolo, seppur rivolto ad altri, è stato lo strumento decettivo che ha determinato la volontà della vittima.

Riguardo al ruolo del coimputato, la Cassazione ha ritenuto che le prove indiziarie fossero gravi, precise e concordanti. Essere l’intestatario della carta e il beneficiario finale di cospicue somme di denaro, senza mai aver messo in discussione la loro provenienza da uno sconosciuto, costituiva una prova certa della sua partecipazione consapevole alla truffa.

Le conclusioni

La sentenza n. 18861/2024 è di notevole importanza pratica. In primo luogo, rafforza la tutela delle vittime di truffe sentimentali e di manipolazione psicologica, riconoscendo che la leva emotiva e il timore per la sorte di terze persone possono integrare l’aggravante del pericolo immaginario. In secondo luogo, ribadisce un principio fondamentale in tema di concorso di persone nel reato: non si può rimanere beneficiari passivi e silenziosi di profitti illeciti sperando di restare impuniti. La consapevolezza dell’origine del denaro e l’accettazione del suo profitto possono configurare una piena partecipazione al reato.

Quando si configura la truffa aggravata dal timore di un pericolo immaginario?
Si configura quando l’autore del reato, attraverso artifizi o raggiri, ingenera nella vittima la paura di un pericolo inesistente per indurla a compiere un atto di disposizione patrimoniale. La sentenza chiarisce che il pericolo non deve necessariamente minacciare la vittima direttamente, ma può riguardare anche terze persone a cui la vittima è legata affettivamente.

Il titolare di una carta prepagata su cui vengono versati i proventi di una truffa è sempre responsabile?
Secondo la sentenza, il titolare della carta che riceve i proventi di una truffa è ritenuto responsabile a titolo di concorso nel reato se ci sono prove indiziarie certe della sua partecipazione. Nel caso specifico, essere il beneficiario diretto di ingenti somme senza chiedere spiegazioni sulla loro provenienza è stato considerato prova della sua consapevolezza e condivisione del piano criminoso.

Cosa significa “doppia conforme” e quali sono le conseguenze per il ricorso in Cassazione?
“Doppia conforme” si ha quando la sentenza di primo grado e quella d’appello arrivano alla stessa conclusione (ad esempio, una condanna). Questa circostanza rende più difficile contestare la ricostruzione dei fatti in Cassazione, poiché il ricorso può basarsi solo su vizi di legittimità (come la violazione di legge o il vizio di motivazione) e non su una nuova valutazione delle prove, salvo il caso eccezionale di un palese travisamento di un atto processuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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