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Truffa aggravata: pensione del defunto e condanna

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per truffa aggravata nei confronti di una donna che, dopo il decesso della suocera, ha continuato a riscuoterne la pensione. La Corte ha stabilito che la presentazione di una delega di una persona deceduta costituisce un artificio idoneo a indurre in errore l’impiegato postale, integrando così il reato di truffa e non la meno grave fattispecie di indebita percezione di erogazioni pubbliche. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa Aggravata per la Pensione del Parente Defunto: L’Analisi della Cassazione

Continuare a riscuotere la pensione di un parente dopo la sua morte è un atto che può avere gravi conseguenze penali. Ma quale reato si configura esattamente? La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 44228/2024 chiarisce la distinzione fondamentale tra l’indebita percezione di erogazioni pubbliche e la più grave fattispecie di truffa aggravata. Questo caso offre uno spunto cruciale per comprendere come un comportamento attivo, anche se basato su una delega preesistente, possa trasformare un illecito in una vera e propria frode ai danni dello Stato.

I Fatti del Caso: La Riscossione Indebita della Pensione

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda una donna condannata in primo e secondo grado per il reato di truffa aggravata ai sensi dell’art. 640-bis del codice penale. L’imputata, dopo il decesso della suocera, aveva continuato per diverso tempo a presentarsi presso l’ufficio postale per riscuotere le rate della pensione della defunta, utilizzando una delega che le era stata rilasciata quando la parente era ancora in vita. La Corte d’Appello di Napoli aveva confermato la condanna, portando la donna a ricorrere in Cassazione.

La Tesi Difensiva: Riqualificazione in Indebita Percezione

La difesa della ricorrente si basava su due argomenti principali:

1. Errata qualificazione giuridica: Si sosteneva che il fatto dovesse essere inquadrato nel reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.), e non in quello di truffa aggravata. Secondo la difesa, mancava l’elemento degli “artifizi o raggiri”, in quanto l’imputata non aveva presentato documenti falsi né omesso informazioni dovute, poiché l’obbligo di comunicare il decesso spetta all’Ufficiale di Stato Civile.
2. Illegittimità della sospensione condizionale: Si contestava la subordinazione della sospensione condizionale della pena alla restituzione delle somme percepite indebitamente all’INPS, dato che l’ente non si era costituito parte civile nel processo.

La Differenza tra Truffa Aggravata e Indebita Percezione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo inammissibile e manifestamente infondato. Il punto centrale della decisione risiede nella netta distinzione tra la condotta fraudolenta e la mera percezione indebita.

Le Motivazioni della Corte

I giudici hanno chiarito che il reato di truffa aggravata si configura quando si pone in essere un’attività che fa apparire all’interlocutore una situazione di fatto diversa da quella reale, inducendolo in errore. Nel caso di specie, l’imputata non si è limitata a un comportamento passivo o a un mero silenzio. Presentandosi allo sportello postale con la delega di una persona deceduta, ha attivamente creato una falsa rappresentazione della realtà, facendo credere all’impiegato di essere una delegata legittimata alla riscossione, ruolo che invece non aveva più.

Questa “trasfigurazione della realtà” costituisce l'”artificio” richiesto dalla norma sulla truffa. Il silenzio sulla morte della suocera, unito alla presentazione della delega, non è una semplice omissione, ma un elemento che, insieme agli altri, contribuisce a ingannare il soggetto passivo (l’impiegato postale), inducendolo a erogare somme non dovute. La Corte ha sottolineato che la truffa sussiste anche se il soggetto ingannato (l’ufficio postale) è diverso dal soggetto danneggiato (l’INPS), poiché il primo agisce in nome e per conto del secondo.

Il reato di indebita percezione, invece, si differenzia proprio per l’assenza dell’induzione in errore. Si realizza, ad esempio, quando si omette di comunicare un’informazione dovuta senza porre in essere ulteriori raggiri attivi.

Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, la Corte lo ha dichiarato inammissibile perché la questione non era stata sollevata con l’atto di appello. Di conseguenza, quella parte della sentenza di primo grado era già passata in giudicato, interrompendo la “catena devolutiva” e precludendo la possibilità di contestarla per la prima volta in Cassazione.

Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio fondamentale: l’azione attiva di presentarsi per riscuotere una pensione per conto di un defunto, utilizzando una delega non più valida, integra gli estremi della truffa aggravata. Non si tratta di un mero silenzio, ma di una condotta fraudolenta che induce in errore l’ente pagatore. Questa pronuncia serve da monito sulla gravità di tali comportamenti e conferma l’importanza di distinguere attentamente le fattispecie penali in base agli elementi concreti della condotta. Inoltre, evidenzia un aspetto processuale cruciale: i motivi di impugnazione devono essere sollevati tempestivamente in ogni grado di giudizio, pena l’inammissibilità del ricorso su quel punto specifico.

Perché riscuotere la pensione di un defunto è considerato truffa aggravata e non indebita percezione?
Perché, secondo la Corte, presentarsi allo sportello con una delega di una persona deceduta non è un mero silenzio, ma un’azione attiva (un “artificio”) che crea una falsa rappresentazione della realtà e induce in errore l’impiegato, elemento tipico della truffa (art. 640-bis c.p.) e assente nell’indebita percezione (art. 316-ter c.p.).

Il silenzio sulla morte del titolare della pensione è sufficiente per configurare il reato?
Il solo silenzio potrebbe non bastare. La Corte ha specificato che il silenzio, in questo caso, è stato “maliziosamente finalizzato” a ingannare e si è unito ad altri elementi attivi, come la presentazione fisica allo sportello e l’uso di una delega non più valida, che insieme hanno configurato il raggiro tipico della truffa.

È possibile contestare per la prima volta in Cassazione una condizione della pena, come la restituzione del denaro, se non è stata contestata in Appello?
No. La Corte ha dichiarato questo motivo inammissibile perché non era stato sollevato nel precedente grado di giudizio (l’appello). Una volta che un punto della sentenza non viene impugnato, esso passa in giudicato e non può più essere messo in discussione in una fase successiva del processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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