Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 44228 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 44228 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/10/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nata il DATA_NASCITA a NANOME avverso la sentenza in data 06/03/2024 della CORTE DI APPELLO DI NA- visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentita la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
sentito l’AVV_NOTAIO, che ha illustrato i motivi d’impugnazione e ha insistito per il loro accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
NOME, per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna la sentenza in data 06/03/2024 della Corte di appello di Napoli, che ha confermato la sentenza in data 13/10/2021 del G.u.p. del Tribunale di Napoli, che l’aveva condannata per il reato di cui all’art. 640-bis cod. pen..
Deduce:
Violazione di legge in relazione all’art. 316-ter cod. pen..
Con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente sostiene che il fatto andava più correttamente qualificato ai sensi dell’art. 316-ter cod. pen. e non ai sensi dell’art. 640-bis cod. pen..
A tale proposito si assume che la decisione dei giudici si fonda su di un travisamento che ha capovolto la corretta modalità di ricostruzione del fatto, con
NOME;
particolare riferimento alla presa d’atto, risultando meramente ipotetica la conclusione che, in occasione di ogni accesso dell’imputata presso l’ufficio postale, ove riscuoteva la pensione della suocera deceduta, ella esibisse, oltre alla delega e al proprio documento d’identità, anche la ricevuta dell’erogazione del mese precedente, al malcelato scopo di rassicurare l’operatore circa la sussistenza dei requisiti richiesti per la riscossione del trattamento pensionistico.
Aggiunge che, dalla corretta qualificazione giuridica del fatto ai sensi dell’art. 316-ter cod. pen., consegue che il fatto non ha rilevanza penale, mancando il requisito della presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, oltre che quello della omissione di informazioni doverose, visto che l’obbligo di comunicare il decesso spetta all’Ufficiale di Stato Civile del luogo ove questo è avvenuta, così che l’omessa comunicazione non può essere addebitata all’imputata.
Violazione di legge in relazione all’art. 165 cod. pen..
In questo caso si sostiene che la sospensione condizionale della pena è stata illegittimamente subordinata al positivo adempimento dell’obbligo di restituzione all’RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 50.460,59 entro il termine di novanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza.
A tale proposito si osserva che per operare tale subordinazione è richiesta la costituzione di parte civile che, nel caso in esame, è mancata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo d’impugnazione è inammissibile perché manifestamente infondato.
Va ricordato che l’artificio che configura la condotta fraudolenta si sostanza nel porre in essere un’attività che faccia apparire all’interlocutore una situazione di fatto diversa da quella reale.
Tanto si è verificato nel caso in esame, dove la COGNOME si è presentata presso gli uffici postali per riscuotere il rateo di pensione mediante la presentazione di una delega che non poteva avere ricevuto dalla suocera perché morta, così presentandosi con il ruolo di delegata alla riscossione che, invece, non aveva.
In ciò la falsa rappresentazione della realtà, che ha indotto in errore l’ufficiale postale, che riteneva di erogare la somma di denaro a una persona legittimata a riceverla.
Nel caso in esame la documentazione presentata all’ufficiale postale non aveva il compito di attestare che la richiedente avesse i requisiti necessari a riscuotere l’erogazione, giacchè tale requisito si rivolge esclusivamente al soggetto titolare dell’erogazione pubblica, che rappresenta falsamente le sue qualità per ottenere il finanziamento.
Da ciò discende che l’ufficiale postale non è stato indotto in errore da una mera presa d’atto, ma da una vera e propria trasfigurazione della realtà, operata dalla ricorrente con molteplici elementi, tra i quali -oltre a quelli già indicati- si aggiunge anche il silenzio serbato circa la morte della propria congiunta che -pur non essendovi un dovere di comunicazione dell’avvenuto decesso da parte dell’imputata-, risulta, tuttavia, maliziosamente finalizzato alla trasfigurazione della realtà, al pari degli ulteriori frammenti della condotta che, unitariamente e complessivamente considerata, configura l’artificio richiesto quale elemento strutturale della truffa, in quanto inteso a indurre in errore il soggetto passivo, dell’ rrore.
In tal senso, questa Corte -in una fattispecie esattamente sovrapponibile- ha puntualizzato che «in tema di truffa, integra la condotta di raggiro il silenzio sul sopravvenuto verificarsi di un evento, che costituisce il presupposto della permanenza di un’obbligazione pecuniaria a carattere periodico, posto che il silenzio del beneficiario, pur indiretto, di detta prestazione è attivamente orientato a trarre in inganno il debitore sul permanere della causa dell’obbligazione. (Fattispecie in cui si è ritenuto che costituisse comportamento truffaldino non solo l’omessa comunicazione all’RAGIONE_SOCIALE del decesso del beneficiario della pensione, ma anche l’esercizio fraudolento da parte dell’imputato, a seguito di tale evento, di poteri derivanti dal rilascio di una procura speciale a operare sul conto corrente sul quale erano accreditati i ratei pensionistici, condotta idonea a trarre in inganno l’ente sull’esistenza in vita dell’avente diritto)», (Sez. 2, Sentenza n. 24487 del 18/04/2023, Mantovani, Rv. 284856 – 01).
Tanto conduce il fatto in esame al paradigma della truffa, dalla quale il reato di indebita percezione di pubbliche erogazioni si differenzia proprio per la mancata inclusione, tra gli elementi costitutivi, della induzione in errore (in tal senso, cfr., tra molte, Sez.,n. 44878 del 06/08/2019, COGNOME).
Nel caso in esame, peraltro, la truffa è configurabile nonostante la diversità soggettiva tra la vittima dell’artificio e il danneggiato, in quanto tra i due soggetti intercorre un rapporto negoziale, in forza del quale il pagamento dell’uno si traduce in un danno nel patrimonio dell’altro.
Tanto perchél’ufficio postale (soggetto vittima degli artifici) esegue i mandati di pagamento emessi dall’RAGIONE_SOCIALE (soggetto danneggiato)., così trovando applicazione il principio di diritto a mente del quale «ai fini della configurabilità del reato di truffa, nel caso in cui il soggetto raggirato sia diverso dal soggetto danneggiato è indispensabile che tra i due sussista un rapporto di rappresentanza legale o negoziale, in virtù del quale il rappresentante, che subisce il comportamento delittuoso dell’agente, abbia la possibilità di incidere giuridicamente sul patrimonio del rappresentato», (Sez. 2, n. 16630 del 10/04/2012, NOME, Rv. 252818 – 01;
Vs- COGNOME
.i
successiva conforme: Sez. 2, n. 8653 del 23/11/2022 Ud., dep. il 2023, Papais, Rv. 284438 – 01).
1.2. Il secondo motivo d’impugnazione è inammissibile perché la relativa questione non è stata sollevata con l’atto di appello, con conseguente interruzione della catena devolutiva.
A fronte di tale evenienza, va ribadito che «nel giudizio di legittimità, il ricorso proposto per motivi concernenti le statuizioni del giudice di primo grado che non siano state devolute al giudice d’appello, con specifico motivo d’impugnazione, è inammissibile, poiché la sentenza di primo grado, su tali punti, ha acquistato efficacia di giudicato (Massime Conformi n. 4712 del 1982, Rv. 153578; n. 2654 del 1983 Rv. 163291)», (Sez. 3, n. 2343 del 28/09/2018 Ud., dep. 18/01/2019, Di Fenza).
A tale regola non sfuggono neanche le questioni relative alla eventualmente- illegittima subordinazione della sospensione condizionale al risarcimento del danno.
Sul punto, non si può che richiamare l’orientamento giurisprudenziale, pur espresso nel giudizio di esecuzione, ma affatto attinente alla questione in esame, in quanto pone l’accento sulla irrefragabilità del giudicato in caso di mancata tempestiva impugnazione sul punto.
E’ stato, infatti, affermato che «l’illegittimità della subordinazione della sospensione condizionale della pena «può essere dedotta solo nel giudizio di cognizione, per mezzo della impugnazione della sentenza viziata, ma non anche in sede di esecuzione, ostando in tale ultimo caso l’intangibilità del giudicato» (Sez. 1, n. 17662 del 22/01/2014, De Nittis, Rv. 259628 – 01).
La sentenza di primo grado, dunque, non essendo stata impugnata sul punto con l’atto di appello, è oramai passata in giudicato nella parte in cui aveva subordinato la sospensione condizionale della pena irrogata all’imputato al pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno patito dall’RAGIONE_SOCIALE.
La censura esposta per la prima volta in Cassazione risulta, perciò, inammissibile, in quanto tardivamente esposta avverso un punto della sentenza di primo grado che ha ormai acquisito i crismi della definitività.
Quanto esposto porta alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, cui segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così è deciso il 25/10/2024
Il Consigliere estensore
COGNOME
La Presidente
NOME COGNOME COGNOME
NOME COGNOME