Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11150 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11150 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 18/10/2023 del TRIBUNALE DEL RIESAME di ROMA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; sentite le richieste del PG ASSUNTA COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile; sentite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per il ricorrente, che si è riportato ai motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Roma, in funzione di Tribunale del riesame, ha integralmente confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma in data 26 settembre 2023, che ha disposto la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di truffa aggravata.
Ricorre per cassazione, a mezzo del proprio difensore NOME COGNOME, formulando un unico, articolato motivo di impugnazione.
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In particolare, lamenta il ricorrente, sotto il profilo della violazione di legge (i relazione agli artt. 61, comma 1, n. 5, e 640, comma 2, n. 2 -bis, cod. pen. e 280 cod. proc. pen.), l’insussistenza dell’aggravante della minorata difesa, ritenuta perché il fatto è stato commesso mediante contatti telematici. Ferma restando la consolidata esegesi sul punto, nel caso concreto emergerebbe che il ricorrente non ha tratto alcun vantaggio dalle specifiche modalità comunicative; in particolare, non avrebbe mai nascosto la propria reale identità.
3. Il ricorso è inammissibile.
Integra senza dubbio una truffa contrattuale la condotta di messa in vendita di un bene su un sito internet accompagnata dalla sua mancata consegna all’acquirente dopo il pagamento del prezzo, posta in essere da parte di chi falsamente si presenti come alienante, ma abbia il solo proposito di indurre la controparte a versare una somma di denaro e di conseguire, quindi, un profitto ingiusto (Sez. 2, n. 51551 del 04/12/2019, Rocco, Rv. 278231).
È poi configurabile l’aggravante della minorata difesa, con riferimento all’approfittamento delle condizioni di luogo, quando l’autore abbia tratto, consapevolmente e in concreto, specifici vantaggi dall’utilizzazione dello strumento della rete (Sez. 2, n. 28070 del 08/04/2021, COGNOME, Rv. 281800; Sez. 2, n. 40045 del 17/07/2018, COGNOME, Rv. 273900). La applicabilità della circostanza di cui all’art. 61, n. 5, cod. pen. discende dalla distanza tra il luogo ove si trova l vittima, che di norma paga in anticipo il prezzo del bene venduto, e quello in cui, invece, si trova l’agente; ciò determina una posizione di maggior favore di quest’ultimo, consentendogli non solo di schermare la sua identità, ma anche ciò che esattamente avvenuto nel caso di specie, come adeguatamente sottolineato dall’ordinanza impugnata e come prima ancora specificato nell’imputazione provvisoria – di non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell’acquirente e di sottrarsi agevolmente alle conseguenze della propria condotta (Sez. 6, n. 17937 del 22/03/2017, COGNOME, Rv. 269893; Sez. 2, n. 43706 del 29/09/2016, COGNOME, Rv. 268450. Cfr. anche, a contrario, Sez. 2, n. 1085 del 14/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280515, che esclude l’aggravante in questione nell’ipotesi in cui il primo contatto tra venditore e acquirente avvenga via web per poi però svilupparsi mediante incontri di persona per la visione e cessione del bene, poiché in questo caso, a differenza delle trattative svolte interamente on -line, non ricorre la costante distanza tra venditore e acquirente idonea a porre quest’ultimo in una situazione di debolezza quanto alla verifica della qualità del prodotto).
4. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma
in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 gennaio 2024
Il Conslsliere estensore
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La Presidente