Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30119 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30119 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto
NOME NOMECOGNOME nato a Roma il 19/04/1973
COGNOME NOMECOGNOME nato a Altamura il 05/08/1966
NOME nato in Russia il 03/08/1965
RAGIONE_SOCIALE Asa
nei confronti di:
–NOME NOME
–COGNOME NOME
–NOME
RAGIONE_SOCIALE
nei confronti di:
–NOME NOME
–COGNOME NOME
–NOME
RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE
avverso la sentenza del 04/07/2024 della Corte di appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo:
annullamento con rinvio nei confronti di NOME e COGNOME NOME limitatamente alla confisca con rigetto nel resto;
rigetto del ricorso di NOMECOGNOME
annullamento con rinvio in relazione alle statuizioni di cui al capo F);
rigetto del ricorso di RAGIONE_SOCIALE
annullamento senza rinvio in relazione al primo motivo di ricorso di RAGIONE_SOCIALE annullamento con rinvio limitatamente alla determinazione del danno patrimoniale e rigetto nel resto;
annullamento con rinvio con riferimento al ricorso di RAGIONE_SOCIALE limitatamente alla determinazione del danno patrimoniale e rigetto nel resto;
uditi i difensori:
Avv. COGNOME NOMECOGNOME quale sostituto processuale dell’Avv. COGNOME NOMECOGNOME in difesa di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, che ha chiesto l’accoglimento dei rispettivi ricorsi;
-Avv. COGNOME COGNOME in difesa di Unicredit S.P.A.RAGIONE_SOCIALE che ha chiesto il rigetto dei ricorsi degli imputati;
Avv. COGNOME COGNOME quale sostituto processuale dell’Avv. COGNOME COGNOME in difesa di RAGIONE_SOCIALE, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità o rigettarsi i ricorsi degli imputati;
Avv. COGNOME COGNOME quale sostituto processuale dell’Avv. COGNOME COGNOME in difesa di RAGIONE_SOCIALE che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità o rigettarsi i ricorsi degli imputati;
Avv. COGNOME NOMECOGNOME in difesa di RAGIONE_SOCIALE che ha chiesto l’accoglimento del rispettivo ricorso;
Avv. COGNOME NOMECOGNOME in difesa di RAGIONE_SOCIALE che ha chiesto l’accoglimento del rispettivo ricorso e il rigetto dei ricorsi di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
-Avv. COGNOME COGNOME in difesa di RAGIONE_SOCIALE che chiede l’accoglimento del rispettivo ricorso;
-4
Avv. COGNOME COGNOME in difesa di COGNOME Sebastiano, che ha chiesto l’accoglimento del rispettivo ricorso;
Avv. COGNOME COGNOME COGNOME in difesa di COGNOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del rispettivo ricorso;
Avv. COGNOME COGNOME in difesa di NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del rispettivo ricorso;
-Avv. COGNOME ChiaraCOGNOME anche in sostituzione dell’Avv. COGNOME COGNOME in difesa di NOMECOGNOME che ha chiesto l’accoglimento del rispettivo ricorso e il rigetto dei ricorsi delle parti civili RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 18/4/2019 il Tribunale di Milano dichiarava:
–NOME e COGNOME NOME colpevoli dei delitti di truffa aggravata e falso in concorso ascritti ai capi B) ed E) della rubrica, limitatamente ad alcuni dei campi fotovoltaici oggetto di contestazione e con riferimento al II Conto Energia;
–NOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME colpevoli dei delitti di truffa e falso ascritti ai capi D) ed E) della rubrica in rela al IV Conto Energia e con riferimento alle dichiarazioni sostitutive di atto d notorietà, richieste di concessione della tariffa incentivante, schede tecniche final di impianto, flash list e certificati di conformità;
–NOME e NOME responsabili del delitto di truffa aggravato al capo F).
Condannava i predetti imputati a pena di giustizia.
Dichiarava, inoltre, la parziale estinzione per prescrizione dei reati contestati al capo E), per quanto concerne il II Conto Energia, con riferimento alle perizie asseverate di fine lavori e alle schede tecniche finali di impianto relative ai campi fotovoltaici oggetto delle statuizioni di condanna per i reati di cui al capo B assolvendo gli imputati dai residui addebiti per insussistenza del fatto
Dichiarava insussistente la responsabilità delle società a giudizio in relazione agli illeciti amministrativi contestati ex D.Lgs 231/2001.
Condannava NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, in solido con RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, al risarcimento dei danni cagionati dai reati di cui ai capi B) e D) della rubr in favore di RAGIONE_SOCIALE, da liquidarsi in separata sede, con assegnazione di provvisionale.
Condannava, inoltre, COGNOME e COGNOME unitamente al responsabile civile RAGIONE_SOCIALE, al risarcimento dei danni in favore di RAGIONE_SOCIALE e
RAGIONE_SOCIALE con assegnazione di provvisionale; COGNOME, COGNOME e COGNOME al risarcimento del danno in favore dell’Interporto Toscano Amerigo Vespucci con assegnazione di provvisionale; COGNOME, COGNOME e COGNOME al risarcimento del danno in favore di RAGIONE_SOCIALE con assegnazione di provvisionale; COGNOME al risarcimento dei danni in favore di Unicredit Spa con assegnazione di provvisionale; COGNOME e COGNOME al risarcimento del danno in favore di Ubi Leasing con assegnazione di provvisionale.
Disponeva, infine, la confisca per equivalente del profitto dei reati di cui a capi B) e D) della rubrica.
Con sentenza del 06/10/2021 la Corte di cassazione, a seguito – per quanto in questa sede di interesse – dei ricorsi proposti dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Milano e da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ha annullato la sentenza impugnata nei confronti di NOME e COGNOME NOME in relazione ai capi B), D) e F) rispettivamente ascritti con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Milano.
Con sentenza del 20/01/2021 la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della decisione impugnata dal Pubblico Ministero, dalle parti civili RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, dai responsabili civili RAGIONE_SOCIALE e dagli imputati, assolveva gli imputati COGNOME e COGNOME dal delitto di truffa sub B) per insussistenza del fatto; COGNOME, COGNOME e COGNOME dal delitto sub D) in parte per insussistenza del fatto e in parte per non averlo commesso, nonché con detta ultima formula dal capo E); assolveva parzialmente la Pilotto dalla contestazione sub D) in relazione ad alcuni degli impianti in contestazione e dichiarava l’estinzione per prescrizione delle condotte ascrittele sub E). Assolveva COGNOME e COGNOME dal delitto sub F) per insussistenza dell’addebito, revocava le statuizioni civili a carico di COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME e dei responsabili civili RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE. Revocava le statuizioni civili a carico della Pilotto in favore di Interporto Toscano e revocava condanna al pagamento di una provvisionale a favore di GSE. Revocava la disposta confisca del profitto dei reati nei confronti di COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME, rideterminando l’importo confiscabile nei confronti della Pilotto in euro 1.219,52. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con la sentenza del 4 luglio 2024 in epigrafe la Corte di Appello di Milano, giudicando in sede di rinvio, sull’appello proposto dagli imputati NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e dalle parti civili RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE nonché dai responsabili civili RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza emessa il 18 aprile 2019 dal locale Tribunale, in parziale riforma della decisione:
I
ha assolto NOME COGNOME e NOME COGNOME dal reato di cui al capo F) perché il fatto non sussiste e per l’effetto ha revocato le statuizioni civili in favore di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE a carico degli imputati e del responsabile civile RAGIONE_SOCIALE
ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME in relazione ai reati loro rispettivamente ascritti ai capi B) e D) in quanto estinti per intervenuta prescrizione, confermando in relazione alle predette imputazioni le statuizioni civili della sentenza pronunciate a carico degli imputati e dei responsabili civili RAGIONE_SOCIALE in favore delle parti civili costituite e, per l’effetto, revocato le confische per equivalente disposte a carico dei predetti imputati;
ha rigettato, per quanto in questa sede di interesse, l’appello delle parti civil RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e dei responsabili civili RAGIONE_SOCIALE
ha confermato nel resto la sentenza impugnata.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione – con atti dei rispettivi difensori e procuratori speciali – i predetti imputati, i responsabili RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE nonché le parti civili RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE i cui motivi si riportano nei limiti indicati dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Nell’interesse dell’imputato NOME COGNOME si deducono i seguenti motivi.
3.1.Con il primo motivo, vizio cumulativo della motivazione ed erronea applicazione degli artt. 640-bis, 110, 40 e 43 cod. pen. e 27 Cost. in relazione alla affermata responsabilità penale del ricorrente in ragione del ritenuto decisivo valore probatorio del ruolo svolto da RAGIONE_SOCIALE nella fornitura di 18 dei 26 impianti oggetto di contestazione sub capo D).
Manca l’individuazione del contributo causale da parte del ricorrente alla realizzazione della condotta truffaldina, sostanziata nella sostituzione delle etichette cinesi con quelle europee, direttamente sui campi fotovoltaici, rispetto alla quale era fondamentale e preponderante il ruolo di Helios/COGNOME e dei suoi più stretti collaboratori, senza alcuna necessità di intervento di più alti livelli.
Quanto al ruolo di RAGIONE_SOCIALE, ritenuto elemento più rilevante dal Tribunale, nell’ambito della condotta fraudolenta, nonostante la Corte territoriale riconosca la linearità dell’acquisto dalla società cinese e la sua rivendita ad Aion, non individua quale sia il contributo causale, consapevole e volontario, fornito da NOME rispetto al “successivo camuffamento di tali pannelli come di provenienza europea che segna l’inizio della condotta illecita”, soprattutto dopo aver affermato che la riapposizione fraudolenta e l’estensione del Factory Inspection Attestation
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.
era avvenuta successivamente, proprio attraverso la rimozione delle etichette “RAGIONE_SOCIALE – importato da RAGIONE_SOCIALE“, con la prova certa che tale operazione era stata direttamente svolta sui campi fotovoltaici su istruzioni del Coppola.
3.2. Con il secondo motivo, vizio cumulativo della motivazione ed erronea applicazione degli artt. 640-bis, 110, 40 e 43 cod. pen. e 27 Cost. in relazione alla affermata responsabilità penale del ricorrente in ragione del ritenuto decisivo valore probatorio dei pagamenti effettuati da RAGIONE_SOCIALE al fornitore cinese RAGIONE_SOCIALE (ritenuti eccessivi) e alla società polacca RAGIONE_SOCIALE (ritenuti troppo modesti).
Quanto ai pagamenti di COGNOME/COGNOME a Eopply, nulla dimostra la loro eccessività, anzi, risultando il contrario dalle dichiarazioni del Coppola. Né risultano anomalie nella delegazione di pagamento, su richiesta di RAGIONE_SOCIALE, a propria volta creditrice di COGNOME/COGNOME.
Quanto ai pagamenti da COGNOME/COGNOME a RAGIONE_SOCIALE, la Corte di appello confonde gli importi dei pagamenti effettuati da COGNOME a Eopply, in virtù della citata delegazione di pagamento, con gli importi dei pagamenti effettuati da COGNOME a RAGIONE_SOCIALE per la successiva cessione da RAGIONE_SOCIALE ad Aion di moduli venduti come europei (in realtà frutto di simulato assemblaggio in Polonia da parte di RAGIONE_SOCIALE), solo questo oggetto di critiche sul troppo elevato prezzo di vendita praticato da RAGIONE_SOCIALE ad Aion (corrispondenza COGNOME, COGNOME e COGNOME).
In ogni caso, tale circostanza non costituisce per COGNOME – e, per essa, per il suo amministratore delegato NOME – alcuna spia della truffa che RAGIONE_SOCIALE/RAGIONE_SOCIALE stanno realizzando attraverso il fittizio assemblaggio in Polonia, documentandosi – invece – un effettivo valore aggiunto che RAGIONE_SOCIALE, tramite la sua fabbrica polacca, fornisce alla lavorazione per la realizzazione dei pannelli.
Quanto ai pagamenti a RAGIONE_SOCIALE, il dato probatorio certo è che NOME non vedeva né pagava le fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE per la simulata attività di assemblaggio dei materiali forniti dalla cinese COGNOME in quanto, secondo il meccanismo della fittizia interposizione creato da COGNOME, una parte dei compensi di RAGIONE_SOCIALE era incorporata in false fatture di trasporto dei moduli emesse da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, saldate da NOME quale acquirente finale degli stessi moduli.
3.3. Con il terzo motivo, vizio cumulativo della motivazione ed erronea applicazione degli artt. 640-bis, 110, 40 e 43 cod. pen. e 27 Cost. in relazione alla affermata responsabilità penale del ricorrente in ragione del ritenuto decisivo valore probatorio della mali del 12 settembre 2011, avente per oggetto “Sostituzione targhette pannelli FV”.
La conclusione secondo la quale il ricorrente era edotto della massiccia e illecita sostituzione delle etichette, così come la ricostruzione del contenuto delle dichiarazioni rese dallo stesso, sono manifestamente illogiche ed espressione di un travisamento probatorio.
Richiamato quanto già detto sul ruolo di RAGIONE_SOCIALE, la prova del contributo causale del ricorrente non può essere dedotta dalla indicata mai!, come è certa la prova che la sostituzione delle etichette avveniva direttamente sui campi fotovoltaici, su istruzioni del Coppola.
Segnatamente, con riguardo alla predetta mali, l’affermazione del ricorrente di non averla letta è del tutto compatibile con la circostanza secondo la quale egli non ne era diretto destinatario e la comunicazione interveniva tra due soggetti tecnico-operativi (COGNOME e COGNOME), risultando estranea all’area di competenza di COGNOME ed essendo stati – comunque – espunti dalla mail tutti i campanelli d’allarme della truffa, invece presenti nelle precedenti corrispondenze e trovando il contenuto di quella mail giustificazione lecita in quel preciso contesto operativo e temporale.
3.4. Con il quarto motivo, vizio cumulativo della motivazione ed erronea applicazione degli artt. 640-bis, 110, 40 e 43 cod. pen. e 27 Cost. in relazione alla affermata responsabilità penale del ricorrente in ragione del ritenuto decisivo valore probatorio del comportamento tenuto dal ricorrente dopo il sequestro del 19 dicembre 2012.
Erronea è l’affermazione secondo la quale, dopo tale sequestro, COGNOME, anziché essere licenziato da COGNOME e COGNOME, “veniva assunto da NOME“, posto che risulta incontroverso che COGNOME è stato assunto da NOME intorno a “circa la metà del 2012”, come confermato da vari testi del processo e, in particolare, nel giugno 2012 (teste COGNOME).
Inoltre, il 18 dicembre 2012 Aion era stata ammessa alla procedura di concordato in bianco, così risultando sottoposta a controllo dell’autorità pubblica, così apparendo del tutto illogica la pretesa reazione nei confronti del COGNOME, laddove il decreto di perquisizione non indicava i campi oggetto di indagine e riguardava, oltre RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, anche e soprattutto RAGIONE_SOCIALE, di gran lunga la partecipata più importante nel bilancio della controllante Aion oggetto di vicende di mala gestio indagate e denunciate da NOME che, pertanto, aveva ben ragione di riferire le indagini a dette vicende.
3.5. Con il quinto motivo, vizio cumulativo della motivazione ed erronea applicazione degli artt. 640-bis, 110, 40 e 43 cod. pen. e 27 Cost. in relazione alla affermata responsabilità penale del ricorrente sulla base della valutazione frazionata delle dichiarazioni di COGNOME e in ragione della ritenuta inattendibilità delle dichiarazioni liberatorie da egli rese nei confronti del ricorrente.
Il ricorso evidenzia la insuperabile attendibilità, oggettiva e soggettiva, del Coppola con riguardo al meccanismo fraudolento, alle ragioni della sua ideazione e realizzazione, ai partecipanti, a quelli estranei e inconsapevoli (tra cui NOME e .COGNOME) e alle ragioni della loro estraneità, al tema dei pagamenti effettuati da NOME a Eopply e alla mail del 12 settembre 2011 sulla pretesa conoscenza della massiccia ri-etichettatura. Come pure, la insuperabile verifica dei riscontri esterni di natura individualizzante, sia dichiarativi che documentali, che danno conto della idoneità decettiva delle condotte di Helios in danno di Aion, a riprova della inconsapevolezza di NOME circa la sussistenza del meccanismo fraudolento.
Così, si palesa del tutto illogica la esclusione da parte della Corte di appello della completa credibilità del Coppola tanto da ritenere provata la consapevole partecipazione del ricorrente alla truffa sub D), basata sul travisamento della prova in ordine al “prezzo fuori mercato”, comunque inidoneo a provare la pretesa consapevolezza in relazione ai requisiti richiesti dall’art. 640-bis cod. pen.
3.6.Con il sesto motivo, vizio cumulativo della motivazione ed erronea applicazione degli artt. 640-bis, 110, 40 e 43 cod. pen. e 27 Cost. in relazione alla affermata responsabilità penale del ricorrente in ragione del ritenuto decisivo valore probatorio della circostanza secondo cui il ricorrente, nella qualità di amministratore delegato di Aion, acquistava tutta la produzione di RAGIONE_SOCIALE a un “prezzo fuori mercato”, affermata secondo un travisamento delle dichiarazioni del Coppola e in base all’errore di diritto sopraindicato.
3.7. Con il settimo motivo vizio cumulativo della motivazione ed erronea applicazione degli artt. 640-bis, 110, 40 e 43 cod. pen. e 27 Cost. in relazione alla affermata responsabilità penale del ricorrente a titolo di dolo eventuale, avendo il dovere specifico di impedire altrui condotte illecite.
Invero, era COGNOME – e non COGNOME – a rivestire ed esercitare la carica di amministratore delegato di RAGIONE_SOCIALE, né COGNOME ha mai compiuto atti di gestione in RAGIONE_SOCIALE, al di là del suo ruolo di mero consigliere di amministrazione della stessa RAGIONE_SOCIALE. Cosicché, l’espressione “ti arrangi” usata da COGNOME nei confronti di COGNOME non ha alcuna connotazione negativa e non implica alcuna accettazione del rischio che COGNOME ponesse in atto anche comportamenti illeciti.
3.8. Con motivo aggiunto si deduce erronea applicazione degli artt. 240, comma 1, 640-quater, 322-ter e 578-bis cod. proc. pen. e vizio cumulativo della motivazione in relazione alla confisca diretta delle somme di denaro di proprietà del ricorrente in relazione al principio di diritto espresso dalla informazione provvisione sulla decisione assunta dalle Sezioni Unite in data 26 settembre 2024. La sentenza impugnata ha fatto derivare la confisca delle somme dalla loro mera natura di denaro, in assenza di qualsiasi prova e motivazione circa la derivazione causale di tali somme dal reato di cui al capo D).
4. Nell’interesse dell’imputato NOME COGNOME si deducono i seguenti motivi.
4.1.Con il primo motivo, mancanza della motivazione in relazione alla responsabilità civile del ricorrente e ai motivi di appello proposti in ordine al reat di cui al capo . D).
La Corte di appello, in difformità rispetto al principio che presiede alla affermazione della responsabilità civile in costanza della contestuale declaratoria di prescrizione del reato, ha riaffermato la condanna penale del ricorrente in violazione del principio di presunzione di innocenza e omettendo di esprimere una qualsiasi valutazione civilistica ai fini delle statuizioni civili (v. pg. 117 sentenza impugnata).
Quanto alla posizione del ricorrente, oltre alla trascrizione del capo di imputazione, la sentenza non si perita di motivare sugli specifici motivi di impugnazione, limitandosi ad enunciarne alcuni temi.
La difesa ha contestato il presunto ruolo concorsuale del ricorrente deducendo l’estraneità di SAEM all’approvvigionamento dei pannelli, all’acquisto dei moduli, all’interposizione fittizia tra il produttore cinese e le società europee fornitrici pannelli e alla sostituzione dei dati identificativi della provenienza dei materiali e con quanto pertineva alle attività dirette al conseguimento delle tariffe incentivanti -, l’assenza di coinvolgimento del ricorrente nelle logiche di gruppo, il mancato svolgimento in concreto da parte del ricorrente delle attività attribuitegli dalla sentenza di primo grado, la sua estraneità soggettiva alle condotte contestate, l’assenza di elementi certi che riconducano a lui la mail con la quale si comunicava la mobilitazione degli operai per la sostituzione delle targhette sui pannelli e l’effettiva sua verificazione.
A tali deduzioni la sentenza ha omesso di rispondere, giustificando la conferma della prima statuizione, in parte qua, con quanto riportato a pg. 115 della sentenza.
4.2. Con il secondo motivo, vizio cumulativo della motivazione in ordine al ritenuto concorso nel delitto di truffa contestato al capo D) nonché inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 640-bis cod. pen.
La sentenza ha illogicamente affermato la responsabilità del ricorrente, nonostante egli sia stato mandato assolto “per non aver commesso il fatto”, in via definitiva, dalla falsificazione delle schede tecniche di cui al capo E), ovvero per la medesima condotta.
A tal riguardo, la Corte di appello ha ritenuto non ostativa tale decisione sul capo E) richiamando il principio di diritto in ordine al possibile concorso materiale tra falso e truffa, laddove – invece – si trattava dell’applicazione dello stess principio nel caso concreto e nei confronti del ricorrente, che è questione di fatto, esclusivamente rimessa alla valutazione del giudice di merito.
Nella specie, la sentenza di appello ha omesso del tutto l’accertamento in ordine alla possibilità che il ricorrente possa rispondere del reato di truffa essendo estraneo – non avendo commesso il fatto – alle condotte a lui soggettivamente ·attribuite sia a titolo di concorso nel reato di cui all’art. 640-bis cod. pen., si titolo di falso, attesa la formulazione letterale dei capi D) ed E) della rubrica d accusa.
Il concorso nella truffa relativa al IV Conto Energia non può essere desunto dalla attività di “apposizione delle etichette dissimulanti l’origine cinese de pannelli”. La contraria affermazione della Corte di appello ha omesso di confrontarsi con la dedotta mancanza di prova in ordine alla effettiva sostituzione dei pannelli e al contributo materiale del COGNOME.
In ogni caso, la sostituzione delle etichette non ha avuto né poteva avere alcuna incidenza causale rispetto alla erogazione delle somme, non essendo mai avvenuto il relativo controllo in situ e conseguendo l’erogazione alla sola trasmissione delle schede tecniche false, da cui COGNOME è stato assolto per non aver commesso il fatto.
4.3. Con il terzo motivo, inosservanza ed erronea applicazione delle legge penale in relazione ai campi per i quali (DI LE05, DILE06, COGNOME, COGNOME, COGNOME, DILE07, DI STASI, INTERPORTO TOSCANO AMERIGO RAGIONE_SOCIALE) non è stata mai richiesta, quindi mai ottenuta, la maggiorazione del 10% sull’incentivo per l’origine europea dei componenti, così risultando irrilevante l’immutazione della provenienza dei moduli installati come pure la comunicazione dei dati non veritieri, priva di incidenza sull’atto di disposizione patrimonial dell’ente correlata al conseguimento della tariffa incentivante, così difettando l’ingiusto profitto. COGNOME
4.4. Con il quarto motivo, inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione alla confisca; mancanza assoluta di motivazione in ordine alla natura diretta e, quindi, alla derivazione dal reato delle somme sequestrate al ricorrente. Alla revoca della confisca per equivalente sui beni diversi dal denaro di proprietà degli imputati destinatari della declaratoria di prescrizione, non ha fatto seguito alcun accertamento della derivazione diretta delle predette somme di denaro (al ricorrente è stata sequestrata la complessiva somma di euro 1.781.122,91) dal reato, mentre risulta pacifica l’assenza di qualsiasi prova della percezione di alcun vantaggio dall’imputato, consulente esterno della subappaltatrice RAGIONE_SOCIALE, a seguito della truffa aggravata sub D).
La Corte, in ogni caso, ha omesso di provvedere in ordine alla pacifica eccedenza delle somme in sequestro rispetto all’importo della misura ablatoria disposta dal Tribunale, pari ad Euro 692.284,30.
4.5. Con il quinto motivo inosservanza della legge penale e mancanza della motivazione in ordine all’importo delle provvisionali, non essendosi giustificata la quantificazione dei danni asseritamente già acquisita.
Nell’interesse dell’imputato NOME COGNOME si deducono i seguenti motivi.
5.1. Con il primo motivo, falsa applicazione dell’art. 640-bis cod. pen. e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza dei fatti di cui a capo D) posti a base della condanna alle statuizioni civili a favore del GSE S.p.ARAGIONE_SOCIALE, di Interporto Toscano S.p.A. e di RAGIONE_SOCIALE per gli impianti che non hanno richiesto il contributo incentivante del 10% (COGNOME, COGNOME, COGNOME, Bufalaria, COGNOME, COGNOME, DiStasi, Interporto Toscano).
5.2. Con il secondo motivo, erronea applicazione dell’art. 42 cod. pen., travisamento e omessa valutazione della prova con riferimento alla responsabilità del ricorrente in ordine al reato di cui al capo B).
Nell’adeguarsi al dictum della sentenza rescindente, secondo la quale “pur in presenza della possibilità di scorporo a fini amministrativi del bonus europeo dalla tariffa base, l’innmutazione della provenienza dei moduli installati attraverso il corredo di documentazione falsa mantiene integra l’attitudine eziologica all’induzione in errore rispetto all’ente erogatore e connota d’ingiustizia l’inter profitto conseguito”, la sentenza impugnata ha omesso di indagare sulla effettiva inidoneità dei pannelli ad ottenere il contributo. In assenza di tale accertamento limitato al rinvio alla prima sentenza, sul punto, di maggiore debolezza – il principio indicato non poteva essere applicato. Del resto, la conferma del fatto che i pannelli fossero tecnicamente idonei è data dal fatto che RAGIONE_SOCIALE, in applicazione dell’art. 42, comma 4-bis, del d.lgs. 3.3.2011 n. 28 (come modificato dall’art. 57quater della legge 21.6.2017 n. 96) ha riammesso gli impianti Enfo3, Enfo18, Enfo44, Enfo46 ed Enfo71 all’erogazione della tariffa incentivante anche in ragione del fatto che i moduli fossero “rispondenti a specifici criteri funzionali e d sicurezza”. Tale circostanza non è stata considerata né dal Tribunale né dalla Corte di appello, derivandone l’assenza di ingiusto profitto, in ragione del fatto che gli impianti – tecnicamente idonei – avevano diritto all’ottenimento della tariffa base. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La sentenza impugnata riprende totalmente la sentenza di primo grado, che si era limitata a valorizzare la posizione di vertice ricoperta dal ricorrente all’inter di RAGIONE_SOCIALE e delle società veicolo, senza indagare sulla conoscenza e volontà dello stesso circa i fatti in contestazione, in base a un automatismo completamente illogico e ignorando tutti quegli elementi dai quali si poteva ritenere che COGNOME fosse estraneo – sotto il profilo soggettivo – alle vicende di cui al capo B). A ta riguardo, i Giudici di merito hanno travisato il chiarissimo contenuto di una mail inviata il 30 dicembre 2010 da Cavacece ad Akhmerov e Christnach – in cui il primo informava il secondo dell’avvenuta richiesta delle tariffe incentivanti a seguito del
completamento degli impianti -, sostenendo un’ipotetica funzione di controllo; come pure, della successiva mail del 31 dicembre 2010 con la quale NOME COGNOME di RAGIONE_SOCIALE si congratulava con i suoi collaboratori che avevano “lavorato anche fino a notte inoltrata per rendere concreti gli obiettivi di tutti . noi”. Tale scambio di-mail rende manifesto che i campi furono terminati per tempo o, a tutto concedere, che NOME COGNOME fu tenuto all’oscuro di eventuali ritardi nella loro realizzazione. Del tutto illogicamente, poi, la sentenza assume il superamento della tesi difensiva della mancanza di poteri effettivi in capo al ricorrente, non indicando gli elementi a supporto.
5.3. Con il terzo motivo, omissione e travisamento della prova e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza dei fatti di cui al capo B con riferimento alla condanna alle statuizioni civili a favore del RAGIONE_SOCIALESRAGIONE_SOCIALEp.RAGIONE_SOCIALE, di Ubi Leasing RAGIONE_SOCIALE.p.A. e di Unicredit S.p.A.
Nell’accogliere la ricostruzione posta a base della sentenza del Tribunale con riguardo al valore probatorio dei RAGIONE_SOCIALE, la sentenza non ha risposto alle doglianze difensive in appello in ordine all’assenza del presidio tecnico che avrebbe dovuto garantire la congruità tra i dati riportati nei computi e l’effettivo stato delle ope sui campi; e, inoltre, alla mancanza di ogni ulteriore conforto probatorio (vedi documenti di trasporto e mail di NOME COGNOME) a conferma del dato riportato nei SAL.
Anzi, la Corte ha travisato il contenuto delle mail di NOME COGNOME desumendo da queste che i parchi fossero incompleti alla data del 31 dicembre 2010, senza considerare la mancanza di un univoco contesto indiziario, non potendosi fare riferimento alle dichiarazioni del teste assistito NOME COGNOME la cui inattendibili era stata stigmatizzata dalla difesa e, invece, apoditticamente avallate dalla Corte di appello che ha fornito una lettura fuorviante delle predette dichiarazioni, attribuendo ingiustificatamente al COGNOME il ruolo di una “testa di legno”.
5.4. Con il quarto motivo, illogicità della motivazione e travisamento della prova con riferimento alle dichiarazioni di NOME COGNOME secondo le quali COGNOME e COGNOME erano stati da lui tenuti all’oscuro del meccanismo fraudolento – da lui stesso ideato e realizzato all’interno di RAGIONE_SOCIALE.p.RAGIONE_SOCIALE. e condiviso con i suoi sottoposti COGNOME e COGNOME.
Il giudizio di inattendibilità di tali dichiarazioni liberatorie, fondato sul principio della frazionabilità della valutazione, è giuridicamente infondato in quanto in contrasto con il necessario canone dell’indipendenza delle dichiarazioni, che non devono riguardare argomenti connessi, laddove, nel caso di specie, si tratta di un unico fatto storico riguardante l’asserita falsificazione dell’origine dei pannelli.
Quanto, poi, ai riscontri esterni ex art. 192, comma 3, cod. proc. pen., la Corte, nel ritenerli insussistenti, incorre in una palese contraddizione interna:
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mentre conferisce credibilità al COGNOME, anche se i riscontri sono affievoliti, la nega al COGNOME per mancanza di “riscontri all’innocenza”.
In ogni caso, in base al principio di presunzione di innocenza, non può · sostenersi la necessità di riscontri anche per le dichiarazioni favorevoli sul fatt altrui, bastando il semplice dubbio a determinare l’assoluzione dell’imputato.
Comunque, un netto riscontro circa l’estraneità di NOME COGNOME si rinviene nella mai! del 14 febbraio 2014 inviata da COGNOME a COGNOME, depositata dalla difesa il 16 novembre 2018, il cui contenuto la Corte ha omesso di valutare.
Anche la ragione per la quale la non credibilità del Coppola è legata al suo tentativo di scagionare anche il COGNOME, si fonda su un costrutto illogico che, da un lato, valorizza la posizione apicale e il correlato “non poteva non sapere”, e dall’altro – l’affermazione secondo la quale COGNOME “non era interessato alle decisioni organizzative e quindi non ne era informato”.
Nell’interesse della responsabile civile RAGIONE_SOCIALE si deducono i seguenti motivi.
6.1. Con il primo motivo violazione dell’art. 591, lett. a) cod. proc. pen. e vizio cumulativo della motivazione in relazione alla doglianza difensiva relativa al proprio difetto di legittimazione passiva e alla ipotizzata sussistenza di un “abuso di personalità giuridica” da parte della controllante rispetto agli altri e rappresentati da COGNOME e NOME.
L’assunto della sentenza impugnata, che ha dichiarato “irricevibile” l’appello sul punto, in quanto precluso dal rigetto dell’appello proposto dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE in relazione alla mancata estensione alle SPVs della responsabilità civile, travisa il motivo di appello che non aveva ad oggetto la vocatio in iudicium di altri soggetti (le SPVs), ma l’insussistenza nel caso di specie del meccanismo giuridico di ascrizione della responsabilità civile ad Aveleos, riconosciuto dalla sentenza del Tribunale.
Non osta all’esame di detta doglianza la conseguenza logica per la quale l’accoglimento degli argomenti difensivi sarebbe il riconoscimento della responsabilità civile delle SPVs che, tuttavia, per le ragioni processuali espresse dalla Corte, non potrebbero essere chiamate a rispondere, non potendo per tale ragione risultare “intoccabile” la condanna della ricorrente. L’accoglimento dell’appello della ricorrente responsabile civile avrebbe comportato, al più, un’affermazione della responsabilità delle SPVs incidenter tantum, che non sarebbe stata affatto preclusa in tale sede, non certo la necessità di introdurre nel procedimento un nuovo responsabile civile, esito precluso dalle norme processuali.
Quanto alla contestuale – peraltro dissonante – valutazione di genericità e “ai limiti della inammissibilità” dei motivi proposti con rinvio alla completezza della sentenza di primo grado, si ribadiscono le censure in ordine alla sussistenza del
. COGNOME . preteso “abuso di personalità giuridica”, segnatamente con riguardo alla mancanza del necessario quid pluris illogicamente riconosciuto rispetto alle massime di esperienza note nel settore delle rinnovabili con riguardo alla mancanza di struttura operativa e all’uso strumentale delle società da parte del · socio unico RAGIONE_SOCIALE
6.2. Con il secondo motivo, vizio cumulativo della motivazione in relazione alla dedotta violazione dell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen. in ordine alla condanna degli imputati per le condotte sub D), sulla base di congetture e elementi privi di valenza individualizzante ed in assenza di esame di indici di gravità, precisione e concordanza degli indizi riguardanti i fatti ignoti oggetto di accertamento.
La Corte di appello ha omesso di valutare l’indizio costituito dalle dichiarazioni liberatorie del teste ex art. 197-bis cod. proc. pen., COGNOME, in uno agli altri 14 elementi probatori rilevanti indicati nel ricorso (v. pg. 17), affermandosi che risulta sufficiente ad infirmare la declaratoria di responsabilità anche un solo indizio, purché grave e preciso.
Il ricorso procede, poi, ad analizzare la consistenza logica del ragionamento posto a fondamento della valutazione degli indizi disponibili (v. pg. 2 e ss. dell’atto di ricorso) per affermare il difetto di gravità, precisione e concordanza degli stessi e la loro inidoneità a condurre a una pronuncia di colpevolezza.
6.3.Con il terzo motivo vizio cumulativo della motivazione in relazione alla condanna degli imputati in ordine alle condotte sub D) in relazione ai risultati probatori e ai criteri adottati nella valutazione dei riscontri alle dichiarazi liberatorie rese dal testimone ex art. 197-bis cod. proc. pen., ai sensi dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen.
La Corte di appello, nell’ambito della valutazione della credibilità soggettiva del teste ex art. 197-bis cod. proc. pen. COGNOME, tenuto all’obbligo di verità, a fronte delle deduzioni difensive, ha omesso di dar conto del criterio di valutazione adottato, fondando la non credibilità delle sue dichiarazioni liberatorie su elementi privi di certezza senza considerare le esigenze proprie di riscontro esterno a tale tipo di dichiarazioni, secondo la giurisprudenza, di portata affievolita.
D’altro canto, trattandosi di dichiarazioni liberatorie idonee a fondare una conclusione assolutoria è sufficiente che le medesime facciano sorgere un ragionevole dubbio sulla fondatezza delle tesi di accusa, così palesandosi l’illogicità del percorso argomentativo espresso dalla sentenza a sostegno non dell’esistenza di un quadro indiziario scevro da ragionevoli dubbi sulla colpevolezza degli imputati, ma della assenza di riscontri ad una prova di natura “liberatoria” offerta da un testimone obbligato alla verità.
Altrimenti, la Corte avrebbe potuto individuare i quattro elementi probatori di natura indiziaria indicati in ricorso (v. pg. 47) dotati di certezza, gravità precisione, in quanto di carattere oggettivo e non sconfessati da elementi di segno contrario, a conferma della attendibilità delle dichiarazioni liberatorie del COGNOME.
Nell’interesse della responsabile civile RAGIONE_SOCIALE si deducono i seguenti motivi.
7.1. Con il primo motivo, erronea applicazione degli artt. 83 e 538 cod. proc. pen. in relazione alla condanna della ricorrente in solido al risarcimento dei danni derivanti dal reato di cui al capo B), nonostante l’assoluzione definitiva in sede penale con riferimento alla posizione dell’ing. COGNOME Nonostante il rilievo a riguardo operato dalla sentenza del Giudice del rinvio, questi ha confermato la sentenza di primo grado a carico della ricorrente anche per il reato di cui al capo B) in favore della parte civile RAGIONE_SOCIALE
7.2. Con il secondo motivo, violazione di legge e vizio cumulativo della motivazione con riferimento al capo D).
La sentenza impugnata, nel valutare la non credibilità delle dichiarazioni liberatorie del COGNOME nei confronti di COGNOME e COGNOME incorre in fondamentali travisamenti.
In particolare, con riguardo alla posizione di socio di maggioranza di RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE solo nel 2012 e alla consapevolezza di NOME del meccanismo fraudolento ideato dal Coppola posto che RAGIONE_SOCIALE non aveva alcun interesse al conseguimento degli incentivi mai da essa richiesti o riscossi, come pure RAGIONE_SOCIALE, provider interno, essendo destinatari degli incentivi le società veicolo proprietarie degli impianti.
Del resto, a riguardo della plausibilità della mancanza di interventi di COGNOME, milita la assenza di risposta al motivo in appello che si incentrava sul protagonismo di COGNOME più che di COGNOME, nel concepire la truffa, come da lui stesso rivendicato nelle sue dichiarazioni.
Inoltre, la illazione con la quale la Corte milanese inferisce la responsabilità di NOME si pone in antitesi con la necessità di escludere dall’accertamento del dolo meccanismi presuntivi, individuando indici concreti, nella specie assenti.
Ancora, analoghi vizi sono rinvenibili nel giudizio di non credibilità di COGNOME, ricorrendo a ragionamenti virtuali, omettendo di considerare le censura difensive a riguardo e basandosi su congetture in ordine alla mancata adozione di sanzioni disciplinari a carico del COGNOME che, in ogni caso, non ha mai più assunto incarichi professionali ricollegabili a NOME o COGNOME.
Illogico è poi l’assunto incentrato su COGNOME, da un lato, ritenuto estraneo a decisioni organizzative e, dall’altro, ritenuto responsabile in base al “non poteva non sapere”.
Infine, quanto al pagamento delle fatture emesse da COGNOME a carico di COGNOME, la reazione di chiusura del Coppola nei confronti del direttore amministrativo di COGNOME sugli importi fatturati, non è affatto indice dell’autorizzazione ricevuta da COGNOME da parte dei “vertici”, quanto piuttosto espressione di naturale reazione dell’autore della truffa.
7.3. Con il terzo motivo, violazione di legge penale con riferimento al concorso di NOME COGNOME e NOME COGNOME nella truffa contestata al capo D); difetto di correlazione tra accusa e sentenza per l’intervenuta condanna sulla base di una condotta omissiva anziché del concorso commissivo contestato, essendo rimasto inevaso il corrispondente vizio dedotto in appello ed essendo ribadito il profilo omissivo censurato.
7.4. Con il quarto motivo, violazione di legge penale e omessa motivazione con riferimento al danno patrimoniale e all’ingiusto profitto in relazione al capo D), avendo la Corte di appello omesso di considerare le posizioni difensive sviluppate nel corso del giudizio di rinvio circa la assenza di danno patrimoniale derivante dalla pretesa truffa in ragione dello sviluppo di un rapporto sinallagmatico connotato da piena corrispettività, nell’ambito della quale la corresponsione degli incentivi da parte del GSE ha trovato contropartita nella efficiente produzione di energia elettrica.
Manca, inoltre, la motivazione sulla “non idoneità tecnica degli impianti”, oggetto del nono motivo di appello e ripresa nella memoria depositata nel corso del giudizio, in quanto il rinvio operato alla prima decisione reitera il vizio.
Ancora, la sentenza non considera le doglianze difensive riguardanti l’utilizzo a carico della ricorrente di elementi provenienti dal separato giudizio abbreviato nei confronti di COGNOME al quale la ricorrente era rimasta ex lege estranea.
Infine, vizio di omessa motivazione è individuabile nella ritenuta inammissibilità delle critiche sollevate in appello sulla incompletezza degli accertamenti svolti presso i campi interessati dalla contestazione.
7.5. E’ pervenuta nota difensiva nell’interesse della ricorrente con la quale si evidenzia che la società RAGIONE_SOCIALE non è mai stata citata quale responsabile civile per il fatto di cui al capo F), in relazione al quale pende ricorso per cassazione proposto dal RAGIONE_SOCIALE sollecitando la Corte di legittimità a rilevare l’errore contenuto nel dispositivo della sentenza emessa dal Giudice del rinvio, nella parte in cui, dopo aver confermato l’assoluzione di NOME COGNOME e NOME COGNOME dal delitto di truffa loro ascritto al capo F) dell’imputazione, “revoca l statuizioni civili in favore di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE a carico degli imputati e dei responsabili civili RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE“, in quanto nessuna statuizione civile in relazione al capo F) ha mai riguardato RAGIONE_SOCIALE non potendo, per l’effetto neppure essere revocata. Cosicché il
ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE non potrà avere nessuna ricaduta pregiudizievole per la posizione di RAGIONE_SOCIALE
Nell’interesse della responsabile civile RAGIONE_SOCIALE si deducono i seguenti motivi.
8.1. Con il primo motivo, inosservanza dell’art. 578 cod. proc. pen. e mancanza della motivazione in relazione alle statuizioni civili anche con riferimento a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 182/2021.
La Corte di appello non si è attenuta ai principi espressi dalla recentissima pronuncia delle S.U. n. 36208/2024, che ha condiviso quanto stabilito dalla richiamata decisione costituzionale, omettendo di valutare la responsabilità civile in rapporto alla fattispecie dell’illecito aquiliano, esprimendosi secondo un’ottica esclusivamente processual-penalistica, come si manifesta nella presa di distanza da parte della sentenza rispetto ai principi espressi dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 11/09/2020 che, invece, nel contesto dato non avrebbero potuto essere svalutati; né appare sufficiente il rinvio alla decisione di primo grado in ragione del diverso criterio applicabile dal giudice penale per la valutazione dell’illecito aquiliano.
8.2. Con il secondo motivo, vizio della motivazione in ordine alla responsabilità civile della ricorrente con riferimento alla posizione apicale rivestita da COGNOME in RAGIONE_SOCIALE, segnatamente suo legale rappresentante. Nessuna delle condotte addebitate al predetto imputato sono state poste nella anzidetta qualità, essendo piuttosto realizzate nella diversa veste di legale rappresentante delle c.d. società veicolo proprietarie degli impianti e beneficiarie degli incentivi.
Fuorviante è, poi, l’assunto secondo il quale “soggetti apicali” di SAEM (tra cui COGNOME) avrebbero realizzato “l’operazione fraudolenta di sostituzione delle etichette, nonché la mendace stesura delle schede finali d’impianto”, condotte riguardanti il capo D) e non quello sub B).
Né può sostenersi l’assunto secondo il quale la responsabilità dell’RAGIONE_SOCIALE può fondarsi genericamente sul ruolo dallo stesso ricoperto all’interno delle società del Gruppo, rimandando ad una censurata “responsabilità per posizione”.
8.3. Con il terzo motivo, vizio della motivazione in ordine all’ammontare della provvisionale, a seguito della riammissione degli impianti sub D) alla tariffazione incentivante.
Nell’interesse delle parti civili RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE si deducono i seguenti motivi.
9.1. Con il primo motivo, vizio cumulativo della motivazione in relazione alla assoluzione degli imputati di cui al capo F), emergente dal testo della sentenza e dagli indicati atti del procedimento.
Si censura la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’accertamento della responsabilità degli imputati rispetto ai fatti contestati al capo B) e quelli di cui al capo F), con particolare riferimento agli impianti ammessi al Secondo Conto Energia, mancando qualsiasi motivazione in ordine alla assoluzione degli imputati per la truffa commessa ai danni di EAM di cui al capo F), con particolare riguardo agli impianti ammessi al Secondo Conto Energia.
La Corte di appello, in contrasto con le plurime indicazioni della Corte di legittimità e al cospetto di una puntuale motivazione della prima sentenza, ha ripercorso le medesime argomentazioni logico-giuridiche del primo Giudice di appello, restituendo, pertanto, nuovamente un apparato giustificativo illogico e contraddittorio.
Risulta, invero, contraddittoria la motivazione della sentenza impugnata allorché, da un lato, ritiene raggiunta la prova della responsabilità degli imputati in riferimento al capo B (afferente alla truffa perpetrata ai danni del RAGIONE_SOCIALE in relazione agli impianti ammessi al Secondo Conto Energia) e, dall’altra, assolve i medesimi per i fatti descritti al capo F), riverberandosi la prima decisione sulla seconda in ragione della indubbia affinità oggettiva delle condotte descritte nei due capi di imputazione.
Dopo aver riportato quanto affermato dalla Corte in relazione agli appelli proposti dagli imputati in relazione al capo B) (v. pg. 10 e ss. dell’atto di ricorso) si assume la manifesta illogicità della pronuncia assolutoria in relazione al capo F, trattandosi – nell’ambito dell’unica operazione di cessione – degli identici artifici raggiri commessi nei confronti del GSE e della medesima induzione in errore.
Non vale ad inficiare l’assunto logico della difesa l’argomento secondo il quale EAM avrebbe potuto reperire aliunde informazioni in ordine alle irregolarità cui erano affetti gli impianti ai fini dell’accesso alle tariffe incentivanti, a prescind dalla condotta omissiva consistita nella mancata ostensione del decreto di perquisizione e relativo verbale di operazioni compiute nel 2012. Tale argomento omette di confrontarsi con le condotte contestate sub F, ignora gli elementi posti a base della prima decisione ed è in contraddizione rispetto alla affermazione di responsabilità sub B). Peraltro, l’argomentazione varrebbe – al più – con riferimento agli aspetti riguardanti il Quarto Conto Energia in quanto per gli impianti riguardanti il Secondo Conto Energia, di oggettivo maggior rilievo nella truffa, si tratta della comunicazione ad EAM di documentazione radicalmente falsa.
A tal riguardo, si palesa il vizio della motivazione nella considerazione delle dichiarazioni del teste COGNOME in relazione al quale – a differenza che per il capo B) – non è dato rinvenire alcun cenno delle falsità commesse in relazione al Secondo Conto Energia; come pure in relazione alla assenza di qualsiasi
considerazione rispetto alla possibilità del c.d. rischio di “contagio” esaminato dalla prima sentenza.
9.2. Con il secondo motivo, mancanza della motivazione in relazione alle censure proposte in appello in ordine alla sussistenza del delitto di truffa relativamente all’impianto fotovoltaico “RAGIONE_SOCIALE“, venduto ad RAGIONE_SOCIALE, riguardante un segmento di truffa autonomo, proiezione della frode contestata agli imputati al capo C, relativo agli incentivi del III Conto Energia, rispetto alla quale era stata provata la conclusione dell’impianto in data successiva al termine ultimo previsto dalla legislazione vigente (31 maggio 2011).
9.3. Con il terzo motivo, inosservanza dell’art. 627 cod. proc. pen. in relazione alla ritenuta irrilevanza della mancata ostensione del verbale di perquisizione locale e sequestro del 19 dicembre 2012 della Guardia di Finanza di Reggio Emilia ai fini della truffa contrattuale perpetrata ai danni delle ricorrenti con riferimen agli impianti ammessi al Quarto Conto Energia.
A tal riguardo, la sentenza di legittimità si era ampiamente pronunciata in ordine alla portata decettiva della condotta tenuta dagli imputati nel corso delle trattative, confermando in maniera inequivoca la portata ingannatoria insita nella predetta mancata ostensione. Tuttavia, la decisione, nel riproporre il medesimo errore del precedente giudice di appello, si pone in contrasto – in aperta violazione dell’art. 627 cod. proc. pen. – con quanto affermato dalla sentenza rescindente in ordine alla incompatibilità della effettuazione della prova di resistenza rispetto all’onere informativo a carico della promittente venditrice, né risultano pertinenti i richiami giurisprudenziali operati dalla sentenza riguardo alla necessità di un “quid pluris” rispetto alla mera inazione ai fini della integrazione del delitto di tru contrattuale nella sua variante omissiva.
9.4. Con il quarto motivo, vizio cumulativo della motivazione in relazione alla omissione comunicativa da parte degli imputati quale elemento costitutivo della truffa subita dalle ricorrenti risultante dal testo della sentenza nonché dagli indicat atti del procedimento. Gli atti ai quali la Corte di merito attribuisce pregnante valenza informativa non sono affatto equiparabili a quelli pacificamente omessi, non contenendo informazioni sulla natura delle indagini e sulle finalità degli accertamenti equiparabili a quelle contenute negli atti omessi, contenenti, invece, decisive informazioni per RAGIONE_SOCIALE. Né può attribuirsi oggettiva efficacia dirimente al carteggio intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e Aveleos, ripercorso dall’atto di ricorso (v. pg. 40 e ss.) o al c.d. “Report NOME & COGNOME“.
9.5. Con il quinto motivo, inosservanza dell’art. 627 cod. proc. pen. in relazione alla ritenuta insussistenza della responsabilità degli imputati in ordine al reato di cui al capo F) anche sulla base dei lodi emessi dalla Camera Arbitrale di
Milano, rispetto ai quali la sentenza rescindente si era puntualmente espressa in senso contrario.
9.6. Con il sesto motivo, inosservanza dell’art. 238-bis cod. proc. pen. in relazione alla ritenuta irrevocabilità dei lodi emessi dalla Camera Arbitrale di Milano, nonostante la pendenza dei relativi giudizi di annullamento.
E’ pervenuta memoria difensiva nell’interesse della responsabile civile RAGIONE_SOCIALE a sostegno della inammissibilità o del rigetto dei ricorsi di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
All’udienza del 18 marzo 2025 è stato disposto il rinvio della trattazione all’odierna udienza, disponendo la notifica degli avvisi alle parti civili non ricorrent RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE
E’ pervenuta memoria della parte civile RAGIONE_SOCIALE a sostegno del rigetto dei ricorsi degli imputati e dei responsabili civili.
E’ pervenuta nota di udienza per RAGIONE_SOCIALE a sostegno della revoca della disposta provvisionale o della sua sospensione a seguito della riammissione da parte di GSE alla tariffa incentivante in favore degli ultimi due impianti che l’avevano richiesta.
All’odierna udienza è stata rigettata l’eccezione proposta dal difensore delle ricorrenti RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE in ordine alla mancata citazione delle responsabili civili RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso nell’interesse di NOME COGNOME è complessivamente infondato e deve essere respinto.
1.1. I motivi del ricorso principale riguardano tutti la affermazione di responsabilità del ricorrente in ordine al reato di cui al capo D) in relazione ai singoli argomenti espressi a suo fondamento.
1.2. Deve essere premessa la censura di fondo formulata dalla sentenza rescindente in ordine al ribaltamento della prima sentenza di condanna, che designa il criterio di legittimità, puntualmente seguito dalla sentenza impugnata, nell’esaminare nuovamente i motivi di gravame proposti avverso la predetta sentenza.
A tal riguardo, richiamando il massimo orientamento nonnofilattico, ha affermato che « la riforma in senso assolutorio della condanna di primo grado comporta per il giudice la necessità di una confutazione completa delle precedenti
argomentazioni, atta a scardinare il percorso logico dimostrativo del primo giudice. Pertanto, il giudice di appello, nel riformare la condanna pronunciata in primo grado con una sentenza di assoluzione, non può esimersi dal confrontarsi con le ragioni poste a sostegno della decisione impugnata né giustificarne l’integrale riforma inserendo nella struttura argomentativa della pronunzia d’appello delle generiche notazioni critiche o di dissenso; è, altresì, tenuto a riesaminare il materiale probatorio vagliato dal primo giudice e quello eventualmente acquisito in seguito, per offrire una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia adeguata ragione delle difformi conclusioni assunte. Che si intenda o meno ricondurre siffatto obbligo al sintagma “motivazione rafforzata”, che plasticamente sintetizza la necessità di dare compiuta ragione, con un apparato giustificativo autonomo, della decisione, certo è che in caso di ribaltamento della sentenza di condanna di primo grado al giudice d’appello si richiede di dar conto della difforme valenza dimostrativa assegnata alle prove già scrutinate in primo grado e di esplicitare i passaggi logici che rendono giuridicamente e fattualmente sostenibile, con la necessaria forza persuasiva, l’esito decisorio assunto (Sez. 6 , n. 51898 del 11/07/2019,P., Rv. 278056; Sez. 4, n. 4222 del 20/12/2016 dep.2017, P.c. in proc. COGNOME e altro, Rv. 268948; Sez. 2, n. 50643 del 18/11/2014, P.c. in proc. Fu e altri; Rv. 261327). Nella specie la Corte territoriale non ha assolto all’obbligo di motivazione nei richiamati termini, risultando l’apparato giustificativo affetto i più parti da palesi illogicità e incongruenze valutative, rapportabili all’errone apprezzamento del compendio probatorio, di natura dichiarativa e documentale, acquisito».
In ultimo, la sentenza rescindente ha ricordato che «con riguardo al disposto annullamento agli effetti penali che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte in tema di sindacato del vizio di motivazione, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine alla affidabilità delle fonti di prova ma quello di stabi se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. Un., n. 930 del 13/12/1995, dep.1996, Clarke, Rv. 203428). Ne consegue che, allorché il vizio che determina l’annullamento della sentenza riguarda la motivazione, il giudice di rinvio mantiene integri i poteri di accertamento e valutazione, sicché gli eventuali elementi di fatto contenuti nella pronuncia di annullamento rilevano come punti di riferimento al fine della individuazione del vizio ma non come dati che si impongono per la decisione demandatagli, che può ed, anzi, deve procedere ad una completa
rivisitazione del materiale probatorio, facendo corretta applicazione dei principi di diritto e delle regole della logica come sopra evidenziati».
1.3. A riguardo del capo D), la sentenza rescindente ha affermato quanto segue.
«La Corte d’Appello ha mandato assolti gli imputati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME dal reato di cui al capo D) per insussistenza del fatto in relazione ai campi COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME, Interporto Toscano, Arcadia e COGNOME e per non aver commesso il fatto in relazione ai residui campi di cui all’imputazione. Secondo i giudici d’appello con riguardo ai predetti campi, in ordine ai quali non risulta avanzata richiesta di riconoscimento del c.d. bonus europeo, il Tribunale ha erroneamente ritenuto la finalità decettiva per effetto della presentazione di documentazione inveritiera, senza considerare che, anche ammettendo la comunicazione di dati totalmente o parzialmente falsi circa l’origine delle vele fotovoltaiche installate, l’accesso alla tariffa incentiv non è preclusa all’origine extraeuropea dei pannelli, con conseguente impossibilità di configurare il beneficio della tariffa quale ingiusto profitto del reato. C riguardo ai residui impianti ha argomentato l’integrale attendibilità dell dichiarazioni di NOME COGNOME in ordine ai profili partecipativi alla truffa l’assenza di prove in ordine al coinvolgimento dei prevenuti nell’illecito. Secondo il costrut accusatorio condensato nell’incolpazione sub D) le condotte strumentali dispiegate dagli imputati sono consistite non solo nella dissimulazione dell’origine cinese dei moduli fotovoltaici installati mediante l’applicazione di targhe Made in Ue ma anche nella esibizione di “falsa documentazione, in particolare schede tecniche finali Corte di Cassazione – copia non ufficiale
d’impianto dalle quali si rileva l’origine comunitaria dei moduli installati, flashdei moduli, dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, certificati di garan etichette seriali e tecniche incollate sui moduli, schede tecniche dei moduli, certificati di · conformità alle norme tecniche IEC 61215 e 61730 ed attestati di ispezioni di fabbrica ottenuti dalla TUV Intercert …sulla scorta di documentazione non veritiera, inducendo l’Ente pagatore GSE spa ad erogare per i 26 impianti gli importi di cui alla tariffa incentivante e, per n.18 di essi, anche il contrib maggiorato”, così procurandosi ingiusto profitto con relativo danno patrimoniale di rilevante gravità per le casse pubbliche, mediante accredito di complessivi euro 21.776.772,19. La Corte di merito non ha considerato che le determinazioni del Consiglio di Stato non hanno valore dirimente nella valutazione del compendio probatorio giacché, pur in presenza della possibilità di scorporo a fini amministrativi del bonus europeo dalla tariffa di base, l’immutazione della provenienza dei moduli installati attraverso il corredo di documentazione falsa mantiene integra l’attitudine eziologica all’induzione in errore rispetto all’ent erogatore e connota d’ingiustizia l’intero profitto conseguito. I principi fissati sede di giustizia amministrativa, in buona sostanza, non refluiscono automaticamente in termini liberatori in sede penale in ragione dei diversi ambiti giurisdizionali e degli autonomi criteri di accertamento del fatto. Nella specie, l’esclusione del reato in relazione ai campi per i quali non risulta formulata la richiesta di bonus non si misura in termini adeguati con le emergenze processuali valorizzate in primo grado a sostegno della sussistenza dei plurimi falsi strumentali ascritti in rubrica. In particolare risulta preternnessa ogni considerazione ex art. 238-bis cod. proc. pen. della sentenza irrevocabile di condanna emessa nei confronti del concorrente COGNOME COGNOME separatamente giudicato con rito abbreviato, e risultano, altresì, trascurate le dichiarazioni rese dal COGNOME stesso in sede di esame ex art. 210 cod. proc. pen. (pag. 188 e segg sent. Trib.) nella parte in cui ricostruisce le operazioni intese a rendere compatibili i moduli importati con i dati della Factory Inspection di RAGIONE_SOCIALE, operazione che coinvolse anche personale dell’ente certificatore TUV Intercet, che COGNOME aveva messo a conoscenza degli intenti fraudolenti che si volevano perseguire con la revisione delle certificazioni: “Con… la mia interfaccia diretta in Tuv Intercert avevo rapporto anche molto cordiale insomma e accadde che a valle della mia …. ennesima richiesta di modifica dei certificati io condivisi con lui quale era motivo… .e cioè era perché c’erano dei moduli fotovoltaici con un numero di serie che non era proprio conforme a quello che era, che erano prodotti da RAGIONE_SOCIALE e bisognava in qualche maniera, mio malgrado gli dissi, bisognava in qualche maniera che fossero coperti da certificazione anche questi moduli”. Né ha tenuto conto che, come segnalato dal primo giudice (pag. 195), lo stesso COGNOME Corte di Cassazione – copia non ufficiale
ha riconosciuto che i moduli installati nei campi, provenienti da RAGIONE_SOCIALE, non erano quelli previsti dall’accordo di branding e avevano dimensioni differenti: “Per Eoplly produrre pannelli con le nostre specifiche era comunque uno sforzo, perché le nostre specifiche erano diverse rispetto alla produzione standard. Quindi i pannelli, finchè glieli abbiamo chiesti con congruo anticipo li producevano con le nostre specifiche, poi a un certo punto,….quando abbiamo avuto successivamente bisogno di pannelli, i pannelli erano quelli che c’erano. Cioè erano pannelli loro, con le loro specifiche”. La Corte territoriale sul punto si è limitata a richiamare ha, infatti, segnalato che su alcuni dei pannelli tipo HEPxxxP, erano presenti residui di colla, proprio come se fosse stata tolta un’etichetta (attendibilmente quella con la dicitura “Made in China importato da RAGIONE_SOCIALE” apposta da RAGIONE_SOCIALE in sede di regolarizzazione presso l’Ufficio delle Dogane di Taranto), mentre su altri, pur essendo rimasta tale etichetta, ne era presente una seconda riportante la garanzia di provenienza Made in Europe con il logo dell’azienda di certificazione RAGIONE_SOCIALE Intercert e il numero seriale associato al sito di produzione 00009509 Site A (ossia quello italiano). Del tutto irrilevante, invero, s’appalesa la circostanza che non sussistesse alcun obbligo, ai sensi delle disposizioni impartite dal G.S.E., di indicare sulle targhette il numero seriale del modulo ma solo del sito di produzione giacché anche detta ultima indicazione infedele è da sola sufficiente a dar conto dell’operata dissimulazione e la stessa ha rilievo decisivo giacché si collega a una certificazione di conformità dei moduli anch’essa infedele per effetto delle artificiose modifiche alle stringhe alfanumeriche congegnata da COGNOME con personale del TUV Intercert. Quanto alla pronunzia assolutoria resa nei confronti degli imputati per il capo D) con la formula per non aver commesso il fatto in relazione ai campi ammessi alla maggiorazione per il bonus europeo, la Corte ha ritenuto di non condividere la valutazione frazionata delle dichiarazioni rese da COGNOME COGNOME esaminato ai Corte di Cassazione – copia non ufficiale
sensi dell’art. 197-bis cod. proc. pen., avendo definito mediante patteggiamento la propria posizione processuale. In particolare, i giudici d’appello hanno stimato integralmente attendibili le dichiarazioni del predetto non solo con riguardo alle modalità della truffa ma anche all’assunto dell’estraneità di COGNOME, COGNOME e COGNOME alla sua realizzazione, reputando “vaghi ed astratti” gli elementi posti dal primo giudice a fondamento della contraria determinazione. La valutazione della Corte di merito presenta diffuse lacune motivazionali conseguenti alla ricusazione della prova logica nell’approccio metodologico ai materiali processuali e nella conseguente dissolvenza della complessiva capacità dimostrativa delle fonti, esaminate in maniera frammentaria e decontestualizzata. A fronte di fatti di reato che si inseriscono in un complesso reticolo societario, caratterizzato dalla concentrazione e sovrapposizione di ruoli apicali in capo agli imputati COGNOME e COGNOME che il primo giudice ha scandagliato alle pag. 89 e segg., correttamente reputando la ricostruzione delle cointeressenze societarie una ineludibile condizione per la valutazione dei profili soggettivi di responsabilità, la sentenza impugnata ha del tutto trascurato di confrontarsi con il tema della logica di gruppo che, secondo l’impostazione accusatoria, ha governato gli indirizzi e le scelte operative, anche di carattere illecito, delle società coinvolte. Una volta svincolate le concrete vicende in incolpazione dalla puntuale analisi del contesto di riferimento, segnato da una grave crisi imprenditoriale e dalla conseguente necessità di interventi di risanamento economico-finanziario, l’analisi della sentenza impugnata muove entro coordinate che misurano i profili di addebitabilità soggettiva secondo canoni meramente formali, con esiti sovente privi di congruenza e persuasività. Con riguardo alla ritenuta integrale attendibilità del Coppola i giudici d’appello hanno concentrato la loro attenzione su elementi che nell’assetto argonnentativo del primo giudice rivestivano valenza solo rafforzativa, quali la mancata adozione di provvedimenti disciplinari nei confronti del dichiarante da parte dei vertici aziendali una volta appurata, in coincidenza con le perquisizioni eseguite presso le sedi di Aion, Ecoware e Helios il 19 dicembre 2012, l’esistenza di indagini in ordine ai campi del quarto conto, ovvero l’assunzione del medesimo alle dipendenze di COGNOMEAion nella primavera dello stesso anno. Il primo giudice, al contrario, ha effettuato alle pagg. 204-214 un dettagliato scrutinio delle circostanze ritenute indicative della personale e diretta consapevolezza degli imputati del meccanismo truffaldino posto in essere, nell’interesse dell’intero gruppo, dal COGNOME, con evocazione di specifiche circostanze che, lungi dal configurare mere congetture, meritavano una completa ed esaustiva confutazione critica. Infatti, nella trama giustificativa del Tribunale l solo parziale attendibilità accreditata al COGNOME deriva dall’individuazione di una serie di elementi indizianti che contraddicono l’asserita estraneità dei prevenuti al Corte di Cassazione – copia non ufficiale
progetto delittuoso, che sono stati analiticamente illustrati e la cui rilevanza è stat ampiamente argomentata. A partire da alcuni stralci dell’interrogatorio di COGNOME al P.m. in data 23 luglio 2014, da cui risulta che la sua investitura ad amministratore di RAGIONE_SOCIALE si accompagnava al mandato di attivarsi “per tenere in piedi la società’, in considerazione dello stato di difficoltà della capogruppo e delle società controllate; dal richiamo al meccanismo della delegazione di pagamento, per cui le fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE venivano pagate da COGNOME (operazione che per la rilevanza degli esborsi, ammontanti a circa due milioni e quattrocentomila euro, era stata avallata a livello apicale) mentre, nel contempo, le stesse forniture venivano rivendute, con un consistente ricarico, da RAGIONE_SOCIALE a COGNOME per euro tre milioni e settecentomila, triangolazione che lo stesso COGNOME ha giustificato riferendo che “faceva parte delle logiche di distribuzione interna del gruppo” in quanto “l’esigenza finale, l’esigenza ultima nostra era quella di passare, di rimetterci in sesto, riscadenziare il debito, tutto questo sarebbe finito – diciamo ne! grosso calderone e si ricominciava”. Né si presta alla svalutazione operatane dalla sentenza censurata il dato relativo all’installazione in 18 dei 26 impianti richiamati sub D) di moduli oggetto di compravendita tra RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE dal momento che il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE sono rimasti estranei alla vicenda relativa all’acquisto, allo sdoganamento e al trasporto presso i campi di detti elementi, sicché la tesi in ordine alla paternità esclusiva della truffa in cap al COGNOME e ai suoi più stretti collaboratori risulta esposta ad una decisiva frizione ricostruttiva. In proposito, alla stregua di quanto riferito da COGNOME, non avendo la società produttrice cinese inteso trattare con COGNOME, era subentrata nell’acquisto RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’amministratore delegato COGNOME ferma restando la destinazione dei materiali ai campi in corso di costruzione da parte di COGNOME, che li riacquistava integralmente a stretto giro al prezzo di 6,2 milioni di euro, come emerge dalla consulenza della Dott.ssa COGNOME Sulla regolarità di siffatta operazione alcuno ha sollevato dubbi ma non possono, nondimeno, trascurarsene le ricadute in relazione alla complessiva ricostruzione fattuale della vicenda a giudizio e alle implicazioni logiche in punto di consapevolezza dei prevenuti circa la destinazione e l’utilizzo degli oltre 20mila pannelli importati e sdoganati, previa apposizione su ciascuno di una targhetta indicativa del paese di produzione, tra il 18 e il 29 agosto 2011. E’ questa la data che funge da spartiacque tra la rietichettatura dei moduli previa apposizione di targhe indicanti la loro provenienza cinese e le successive vicende di più stretto interesse processuale relative all’occultamento dell’origine extracomunitaria delle vele installate nei campi. E sulla base di detti dati deve essere valutata l’attendibilità delle proteste d’innocenza del COGNOME e del COGNOME nonché l’attitudine probatoria della mail da quest’ultimo inviata il 12 settembre seguente con cui si Corte di Cassazione – copia non ufficiale
comunicava di aver impegnato 40 dipendenti RAGIONE_SOCIALE nella sostituzione delle targhette, pacificamente approvvigionate da COGNOME e dalla Pilotto di RAGIONE_SOCIALE, su indicazione del Coppola, contenenti i falsi dati circa la produzione europea dei pannelli. Anche con riguardo ai · moduli acquistati da RAGIONE_SOCIALE attraverso · l’interposizione fittizia di RAGIONE_SOCIALE la sentenza impugnata ha trascurato, ai fini della valutazione delle responsabilità soggettive, elementi di sicura rilevanza probatoria quali l’anomalia costituita dall’esiguità degli importi richiesti RAGIONE_SOCIALE per l’asserita attività di assemblaggio di componenti d’origine cinese e il valore esorbitante degli acquisti fatturati da RAGIONE_SOCIALE, all’origine di una richie di spiegazioni rivolta al Coppola dal Direttore amministrativo di COGNOME, dott. COGNOME bruscamente redarguito, in quanto, come spiegato dal dichiarante, “quello che non capiva COGNOME era che quando falliva Helios falliva anche Aion”. Il COGNOME, come ricordato dal Tribunale a pag. 209, con mail inviata in data 7 maggio 2011 a NOME COGNOME, direttore amministrativo finanza e controllo di RAGIONE_SOCIALE, e a COGNOME, scriveva che risultava “inaccettabile acquistare pannelli a 0,93 euro a watt (più i costi di trasporto) e rivenderli a 0,83 euro a watt Prego rettificare il vs. ordi d’acquisto e concordare con sig. COGNOME un prezzo corretto per Kerself”. L’assordante silenzio opposto alle rimostranze del COGNOME, vieppiù incomprensibile in un quadro di conclamata difficoltà economica del gruppo, e la stessa protervia del COGNOME nell’invitarlo “a farsi i fatti suoi” mal si conciliano con l’assunto del totale ignoranza da parte dei vertici aziendali di quanto il COGNOME orchestrava per creare le migliori condizioni d’accesso alle incentivazioni del quarto conto energia. Con riguardo alla posizione di NOME COGNOME e NOME COGNOME deve ulteriormente rilevarsi che la Corte è incorsa in plurime incongruenze ricostruttive e in sostanziali travisamenti delle emergenze processuali laddove, con riguardo alla mail in data 12 settembre 2011, con cui NOME COGNOME informava COGNOME e, per conoscenza anche NOME e COGNOME, che “per la sostituzione delle targhette abbiamo mobilitato 40 operai’, sostiene che “quand’anche NOME COGNOME avesse preso visione della mail, il contenuto della stessa non disvela in alcun modo la strutturazione fraudolenta della procedura di sostituzione di etichette” nonché che l’oggetto della mali in esame è generico e riferito a “targhette e pannelli FV’, mentre, nelle altre comunicazioni, l’oggetto è quasi sempre individuato con espresso riferimento a moduli HEP. Trattasi di argomenti privi di pregnanza logica poiché non considerano che la comunicazione si pone a valle dell’importazione dalla Cina del cospicuo quantitativo di pannelli acquistati da RAGIONE_SOCIALE con contratto firmato proprio da NOME COGNOME, rivenduti a Kerself e destinati ai campi in corso di realizzazione nel Sud Italia; la collocazione temporale della mail non consentiva alcun equivoco con l’operazione di rietichettatura ai fini dello sdoganamento dei moduli, essendo la stessa avvenuta prima dello svincolo della Corte di Cassazione – copia non ufficiale
merce, del quale costituiva precisa condizione; né l’operazione poteva ritenersi routinaria a seguito delle indicazioni regolamentari della Gse, non giustificandosi in siffatto caso né l’enorme spiegamento di capitale umano né la necessità di informare non solo il COGNOME ma il COGNOME e NOME. V’è da aggiungere che non può riconoscersi valenza significativa al fatto che NOME non sia stato destinatario delle mail di NOME COGNOME e NOME COGNOME, aventi ad oggetto il procacciamento delle etichette RAGIONE_SOCIALE, trattandosi all’evidenza di soggetti che nell’assetto societario di RAGIONE_SOCIALE non avevano un ruolo che giustificasse l’interlocuzione con l’imputato, gestita, come ricordato dallo stesso COGNOME, in via esclusiva dal COGNOME. Costituisce, inoltre, assunto smentito dalle emergenze processuali che alla data del 12 settembre 2011 le targhette RAGIONE_SOCIALE nemmeno fossero pronte. Invero, come peraltro annotato dalla stessa sentenza impugnata, in data 28 Luglio 2011 la Pilotto inoltrava a NOME COGNOME e per conoscenza a NOME COGNOME e NOME COGNOME una mail contenente, in allegato, il “frame” delle etichette da apporre sui moduli EOPPLY, recante la dicitura “Made RAGIONE_SOCIALE” mentre il 24 agosto 2011, alle ore 17,05, la stessa COGNOME informava l’amministratore delegato della RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, di avere la disponibilità di 5000 etichette con logo TUV e “made in Europe” e di essere in attesa delle indicazioni di NOME COGNOME in ordine alla loro sede di destinazione (sent. Trib. pag. 118). La Pilotto informava, altresì, il Coppola del costo, chiedendo conferma circa l’indicazione di “fatturare tale importo a Kerself. Inoltre, attendo conferma per procedere alla stampa del resto per il totale … di moduli Eopply’. Il Russo, in risposta, il 26 agosto seguente inviava all’imputata “il dettaglio dei campi, con a lato il numero di etichette necessarie. Si potrebbero inviare tutte le etichette alla SAEM e dividerle in tante buste quanti sono i campi interessati”. Seguiva, il 29 agosto, una nnail con cui l’imputata COGNOME inviava una richiesta di quotazione ad RAGIONE_SOCIALE per circa 16.000 etichette con la scritta “RAGIONE_SOCIALE“, recapitate ad Helios il 2 settembre 2011 e successivamente, come di consueto, inviate a RAGIONE_SOCIALE (pag. 210 sent. Trib.). L’imponente numero di etichette “made in RAGIONE_SOCIALE” (almeno 21mila) disponibili ad inizio settembre, da un lato, contrasta radicalmente la tesi di ipotizzate sostituzioni postume di pannelli o targhe per danneggiamenti, malfunzionamenti o furti e non tiene conto che, pacificamente, le società proprietarie erano tenute a comunicare al GSE le sostituzioni dei moduli, inviando la relativa documentazione, tra cui l’elenco delle matricole dei pannelli rimossi e di quelli nuovi da installare, adempimenti nella specie non documentati. Inoltre, la sequenza temporale desumibile in atti e ampiamente evidenziata dal primo giudice dimostra l’illogicità dell’apparato motivazionale dispiegato a sostegno dell’estraneità all’illecito dell’imputato COGNOME e dell’acquiescenza prestata alla tesi accreditata dal COGNOME che la SAEM, Corte di Cassazione – copia non ufficiale
appaltatrice dei lavori di realizzazione della quasi totalità dei campi i contestazione, non avesse un referente certo nell’operazione di occultamento dell’origine cinesi dei moduli utilizzati, che richiedeva un dispendio di tempo e di capitale umano che non poteva essere ignorato dai responsabili della società. Né a fronte dell’accertata inesistenza di figure di vertice alternative a quella NOME COGNOME, concretamente operative nei cantieri appaltati alla RAGIONE_SOCIALE, appare appagante assumerne il mancato coinvolgimento negli illeciti a giudizio esclusivamente sulla base delle competenze contrattualmente riconosciutegli, sottovalutando la circostanza che la RAGIONE_SOCIALE è società d’impronta squisitamente familiare che vedeva l’imputato investito della gestione e direzione tecnica dei campi mentre al fratello NOME, che sedeva all’epoca nel Consiglio di amministrazione di Aion, era assegnato il ruolo di gestione manageriale e finanziaria della compagine. La definizione dell’imputato COGNOME quale “proprietario” della RAGIONE_SOCIALE, per quanto non corrispondente all’assetto azionario, coglie un’evidenza operativa e decisionale se NOME COGNOME, ingegnere elettronico che prestava attività continuativa di consulenza nei confronti di Avelar, collaborando in particolare con SAEM, e, come ricordato dal primo giudice, fu destinataria di varie mail riguardanti la sostituzione delle etichette, ha riferito in dibattimento ch non aveva accesso libero ai cantieri di SAEM, anche per ragioni di sicurezza, chiarendo, tuttavia, che in RAGIONE_SOCIALE si rapportava in particolare con la “parte tecnica” della società, chiarendo, a ‘specifica domanda su chi coordinasse il gruppo di tecnici, che il responsabile tecnico era “il proprietario, COGNOME l’ingegner COGNOME è il capo tecnico della RAGIONE_SOCIALE” . Tanto vale anche con riguardo all’avvenuto disconoscimento della sottoscrizione delle schede tecniche degli impianti giacché con le articolate considerazioni svolte al riguardo dal primo giudice la Corte non si è misurata, privilegiando un dato formale che non appare coerente con le risultanze processuali acquisite in ordine alla struttura aziendale e alle competenze professionali dell’imputato». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.4. L’esteso richiamo alla sentenza rescindente si rende opportuno in relazione all’obbligo che, a seguito del censurato ampio vizio della motivazione, incombe sul giudice del rinvio che – pur restando libero di determinare il proprio apprezzamento di merito mediante autonoma valutazione dei dati probatori e della situazione di fatto concernenti i punti oggetto di annullamento – è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente o implicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, con il vincolo di dare alla decisione una motivazione congrua e il divieto di fondarla sugli stessi argomenti dei quali sia stata dichiarata l’illogici (Sez. 1, n. 43685 del 13/11/2007, COGNOME, Rv. 238694) e dovendosi considerare che il sindacato di legittimità sulla motivazione in ordine alla prova indiziaria
ammissibile solo se riferito alla valutazione che degli indizi ha fatto il giudice di merito nel loro complesso e nella loro coordinazione logica, e non al valore di ogni singolo indizio considerato isolatamente (Conf. mass. n 164058)(Sez. 3, n. 48 del 30/09/1985, dep.1986, COGNOME, Ry: 171507 – 01). ·
Rispetto alla complessiva valutazione indiziaria, deve richiamarsi il consolidato orientamento secondo il quale dalla formulazione dell’art. 606 lett. e) – secondo cui il vizio di motivazione può costituire motivo di ricorso sotto il profilo de mancanza o manifesta illogicità, emergente dal testo del provvedimento impugnato – si evidenzia il chiaro intento legislativo di ricondurre il giudizio cassazione alle esclusive funzioni di legittimità. Ne deriva che non è prospettabile, sotto l’apparenza formale del controllo logico della motivazione, alcuna censura relativa agli accertamenti ed apprezzamenti di fatto, ai quali il giudice di merito sia pervenuto mediante la valutazione del materiale probatorio acquisito, in quanto la verifica del cosiddetto “travisamento del fatto” comporterebbe una “rivisitazione” del suddetto Tribunale, non consentita in cassazione (Sez. 3, n. 8580 del 11/06/1993, P.m. in proc. COGNOME, Rv. 195167 – 01); ancora, in virtù della previsione di cui all’art. 606, comma primo, lett. e) cod. proc. pen., novellata dall’art. 8 I. n. 46 del 2006, il controllo del giudice di legittimità si estende omessa considerazione o al travisamento della prova, purché decisiva, con la precisazione che ciò che è deducibile in sede di legittimità e rientra, pertanto, in detto controllo è solo l’errore revocatorio (sul significante), in quanto il rappor di contraddizione esterno al testo della sentenza impugnata, introdotto con la suddetta novella, non può che essere inteso in senso stretto, quale rapporto di negazione (sulle premesse), mentre ad esso è estraneo ogni discorso confutativo sul significato della prova, ovvero di mera contrapposizione dimostrativa, considerato che nessun elemento di prova, per quanto significativo, può essere interpretato per “brani” né fuori dal contesto in cui è inserito. Ne deriva che gli aspetti del giudizio che consistono nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi acquisiti attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimità se non quando risulti viziato il disco giustificativo sulla loro capacità dimostrativa e che, pertanto, restano inammissibili, in sede di legittimità, le censure che siano nella sostanza rivolte a sollecitare soltanto una rivalutazione del risultato probatorio (Sez. 5, n. 8094 del 11/01/2007, COGNOME, Rv. 236540 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.4. Le censure articolate attraverso i primi sei motivi del ricorso riguardano la valenza probatoria, in funzione della responsabilità del ricorrente, attribuita:
al ruolo di RAGIONE_SOCIALE Source e al contributo causale ad esso correlato;
ai pagamenti effettuati da COGNOME al fornitore cinese RAGIONE_SOCIALE e alla società polacca RAGIONE_SOCIALE;
alla mail del 12 settembre 2011, avente ad oggetto “sostituzione targhette pannelli FV”;
al comportamento tenuto dal ricorrente dopo il sequestro del 19 dicembre 2012;
alle dichiarazioni di COGNOME e, segnatamente, a quelle liberatorie in favore del ricorrente;
al prezzo di acquisto della produzione RAGIONE_SOCIALE da parte di Aion.
Ritiene questo Collegio che le ragioni esposte dalla sentenza impugnata si sottraggano alle censure del ricorrente, sostanzialmente reiterative di quelle già censurate dalla sentenza rescindente, avanzandosi inammissibili rivalutazioni probatorie e in violazione dell’obbligo sopra richiamato incombente sul giudice del rinvio.
1.4.1. La sentenza affronta il primo tema a pg. 107 e ss. esaminando l’appello di COGNOME e, a pag. 110, ne rileva la sovrapponibilità alla medesima questione proposta da COGNOME
La censura è, da un lato, infondata e, dall’altro, genericamente proposta.
Ritiene questo Collegio che la sentenza, senza incorrere in vizi logici e giuridici, risponde correttamente alla analoga contestazione mossa in appello, in conformità al dictum rescindente che aveva censurato l’omessa considerazione del tema della logica di gruppo che, secondo l’accusa, aveva governato le vicende lecite e illecite delle società coinvolte, facenti capo a una concentrazione e sovrapposizione di ruoli apicali in capo agli imputati COGNOME e COGNOME A tal riguardo condivide l’argomento logico speso dalla prima sentenza – sulla emergenza per la quale 18 dei 26 impianti indicati nel capo D) risultano essere destinatari di moduli HEPxxxP oggetto di compravendita tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, mentre gli altri otto provengono da RAGIONE_SOCIALE – secondo il quale «se il meccanismo di frode attraverso RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE si è rivelato solo una delle modalità attuative del piano criminoso, è evidente che questo deve necessariamente essere stato ideato e realizzato da soggetti collocati ad un livello più elevato, rispetto a COGNOME, della gerarchia societaria, in grado di coinvolgere e coordinare molteplici società del gruppo: RAGIONE_SOCIALE quali acquirenti ed importatori dei moduli cinesi, Aion quale destinataria dei pannelli ed appaltatrice della costruzione degli impianti, le Società veicolo quali committenti e responsabili delle richiesta di tariffa incentivante e SAEM quale sub-appaltatrice degli impianti ed esecutrice degli stessi, cui faceva capo la sostituzione materiale delle targhette»”. Alla stigmatizzazione, da parte della sentenza impugnata, della genericità della impugnazione a riguardo da parte della difesa del COGNOME (v. pg. 110 della sentenza), il ricorso non oppone alcuna considerazione.
1.4.2. La sentenza affronta il secondo tema indiziante a pg. 108 in relazione all’appello di COGNOME, rilevandone la sovrapponibilità in relazione all’appello di COGNOME (pg. 110), riportandosi, sul punto in nota 20, la prima sentenza pg.208/209 – in relazione alla incongruità dei prezzi .pagati da Aion per conto di RAGIONE_SOCIALE: eccessivi quelli pagati alla cinese RAGIONE_SOCIALE rispetto a una mera fornitura di materiali e eccessivamente ridotti quelli pagati alla polacca RAGIONE_SOCIALE per una attività di assemblaggio dei pannelli, in realtà simulata.
Anche per questo aspetto la sentenza stigmatizza la genericità della impugnazione a fronte di una prova logica ulteriore che coinvolgeva chi stava a capo di COGNOME (COGNOME, presidente e COGNOME, amministratore delegato), società che in quel momento era vincolata ad un piano di risanamento del Gruppo e, pertanto, doveva prestare particolare attenzione agli esborsi e tenuto conto che NOME COGNOME che si occupava dei pagamenti in Aion, non poteva non aver manifestato i propri dubbi ai suoi diretti superiori (cfr. mail del 7 maggio 2011 di COGNOME a COGNOME di COGNOME, e a COGNOME), ricevendo da COGNOME l’invito di “farsi i fat suoi” perché sapeva che sarebbe stato appoggiato ove il COGNOME si fosse rivolto ai suoi superiori.
Ritiene questo Collegio che, ancora una volta, è prospettata una generica parcellizzazione delle deduzioni difensive rispetto ad un contesto in cui i pagamenti erano frutto di accordi, all’interno di dinamiche societarie del gruppo di cui il Coppola aveva dato conto, introducendosi inaccessibili questioni di fatto volte alla neutralizzazione della valenza indiziante delle emergenze considerate, ineccepibilmente affermata dalla sentenza impugnata nell’accertato contesto soggettivo sinergico illecito in cui ha operato il ricorrente.
1.4.3. Quanto alla valutazione indiziante della mail dl 12 settembre 2011 inviata a COGNOME e COGNOME e, per conoscenza al ricorrente, sull’impiego di 40 operai per sostituire le targhette che attestavano la provenienza cinese con quelle che, invece, attestavano la provenienza europea, la sua censura, poggiata sulla negazione dell’imputato, in dibattimento, di aver letto la mali (v. pg. 52), è palesemente generica e in fatto, a fronte della articolata motivazione espressa dalla prima sentenza sul suo rilievo in ordine al coinvolgimento del ricorrente (v. pg. 209 e sg.), così valendo a proposito – ancora una volta, nell’ottica designata dalla sentenza rescindente e delle stigmatizzate plurime incongruenze ricostruttive e travisamenti sostanziali in cui era incorsa a riguardo la sentenza annullata – la più generale considerazione espressa dalla sentenza impugnata in ordine alla adeguata risposta data dalla prima sentenza.
1.4.4. Quanto alla condotta del ricorrente dopo il sequestro del 19 dicembre 2012, la questione è esaminata a pg. 106 in relazione alla posizione di COGNOME osservandosi che la difesa si era limitata a confutare che l’assunzione nella
capogruppo fosse stato un vantaggio; inoltre, è esaminata a pg. 114 in relazione alla posizione di NOMECOGNOME dichiarando irricevibili le critiche al Tribunale – in sede esame della attendibilità delle dichiarazioni del COGNOME (v. pg. 198 e ss.) – sulla inazione nei confronti del COGNOME che, invece, era stato assunto da COGNOME, posto che l’ammissione alla procedura di concordato in bianco di COGNOME non impediva “agli amministratori innocenti di segnalare quelle situazioni a chi quel concordato doveva portare avanti”.
Anche per questo aspetto, rispetto alla complessiva valutazione, priva di vizi logici e giuridici, la censura è genericamente proposta in fatto rispetto alla conducenza indiziaria della assunzione del COGNOME – dopo le perquisizioni del 2012 in Aion, RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE – dalla capogruppo Aion, e, ancora, quale nuovo amministratore delegato di RAGIONE_SOCIALE, incaricato da COGNOME/Aion, di attività ispettive nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (v. pg. 112 della sentenza impugnata): non illogicamente desumendosi anche da tale circostanza l’infondatezza della versione difensiva che voleva il COGNOME, AD di RAGIONE_SOCIALE, solitario protagonista della complessa condotta truffaldina perpetrata pochi mesi prima.
1.4.5. Quanto alla inattendibilità delle dichiarazioni liberatorie di COGNOME, la censura è genericamente proposta per ragioni in fatto. A riguardo, la sentenza rinvia all’esame della questione effettuata in relazione all’appello di COGNOME, espressa a pg. 104 e sg., che dà conto specificamente della consapevolezza da parte di NOME – con il quale il COGNOME aveva rapporti più stretti – del meccanismo truffaldino e della sua condivisione. Poi esamina (v. pg. 110 e sg.) la specifica deduzione difensiva sulla credibilità soggettiva del COGNOME, segnatamente con riguardo al dedotto “conflitto di interessi” con COGNOME disattendendola – secondo una ampia e incontestata motivazione – in base alla documentazione prodotta dalla stessa difesa in ordine al tentativo di risanamento del gruppo tentata dal COGNOME, con i rilievi già ricordati al punto precedente.
1.4.6. Quanto, infine, all’acquisto da parte di NOME della produzione RAGIONE_SOCIALE a un prezzo “fuori mercato”, la censura è generica rispetto al dichiarato “favore” fatto da NOME COGNOME, desunto dalle stesse dichiarazioni di quest’ultimo in ordine alla vicenda non illogicamente valutate (v. pg. 110 della sentenza impugnata), in un contesto – espresso in occasione dell’esame della posizione di Akhnnerov (v. pg. 105 e sg.) – in cui il ricorrente si mostra consapevole della crisi in cui versava Helios, della impossibilità per NOME di immettere finanziamenti, della urgenza di generare produzione per beneficiare degli incentivi, così da ingiungere al Coppola di “arrangiarsi”, visto che gli assorbiva tutta la produzione “a un prezzo…”, non illogicamente indicato fuori mercato, anche in relazione a quanto accertato dalla prima sentenza sulla base delle fatturazioni rinvenute (v. pg. 183), secondo le quali cui le fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
venivano pagate da COGNOME (operazione che per la rilevanza degli esborsi, ammontanti a circa due milioni e quattrocentomila euro, era stata avallata a livello apicale) mentre, nel contempo, le stesse forniture venivano rivendute, con un consistente ricarico, da RAGIONE_SOCIALE a Kerself per tre milioni e settecentomila euro.
1.5. Il settimo motivo è genericamente proposto per ragioni in fatto.
Nell’esaminare la posizione di NOME all’interno delle varie società a vario titolo coinvolte, la sentenza esclude che per il predetto imputato si sia fatta valere una responsabilità di posizione, essendosi verificata violazione di specifici doveri impostigli dalla sua veste giuridica (v. pg. 114). Rileva poi che, in questa prospettiva, è priva di pregio la tesi difensiva che occorrerebbe escludere la responsabilità di NOME perché la documentazione falsa era preparata da RAGIONE_SOCIALE, avendo il dovere specifico di impedire tale tipo di condotte e “il solo fatto di aver detto a COGNOME di arrangiarsi è espressione dell’accettazione del rischio (dolo eventuale) che questi ponesse in atto anche comportamenti illeciti”.
La censura è generica e si poggia su un rilievo parcellizzato rispetto al consapevole e volontario coinvolgimento del COGNOME, di cui la sentenza dà ineccepibile conto, attraverso l’esame dei molteplici e convergenti elementi considerati, all’interno del delineato obbligo fissato dalla sentenza rescindente.
1.6. Il motivo aggiunto sulla confisca delle somme di denaro non è ammissibile in quanto esula da quelli presentati con il ricorso principale, secondo il costante orientamento per il quale i motivi nuovi di impugnazione devono essere inerenti ai temi specificati nei capi e punti della decisione investiti dall’impugnazione principale già presentata, essendo necessaria la sussistenza di una connessione funzionale tra i motivi nuovi e quelli originari (Sez. 6, n. 6075 del 13/01/2015, Comitini, Rv. 262343).
Il ricorso nell’interesse di NOME COGNOME è complessivamente infondato e deve essere respinto.
2.1. Il primo e secondo motivo, riguardando entrambi il fondamento della responsabilità civile, possono essere trattati congiuntamente e sono complessivamente infondati.
Va premessa la genericità della deduzione difensiva che riguarda i presupposti dell’affermazione della responsabilità civile in sede di giudizio penale, in costanza di intervenuta prescrizione del reato, avvenuta nella specie secondo il costante orientamento per il quale nel giudizio di impugnazione, il giudice di appello o la Corte di Cassazione che dichiari l’estinzione del reato per amnistia o per prescrizione, ove vi sia stata condanna al risarcimento dei danni, deve accertare la sussistenza del fatto e la responsabilità dell’imputato, non essendo sufficiente, ai fini della conferma della condanna al risarcimento del danno, dare atto della insussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 129 comma secondo cod.
proc. pen. (Sez. 5, n. 10952 del 09/11/2012, dep. 2013, Ga ‘ nnbardella, Rv. 255331 – 01). Con la sua più recente autorevole decisione, questa Corte in composizione allargata ha affermato che “nel giudizio di appello avverso la sentenza di condanna dell’imputato anche al risarcimento dei danni, il giudice, intervenuta nelle more. l’estinzione del reato per prescrizione, non può limitarsi a prendere atto della causa estintiva, adottando le conseguenti statuizioni civili fondate sui criteri enunciat dalla sentenza della Corte Costituzionale n.182 del 2021, ma è comunque tenuto, stante la presenza della parte civile, a valutare, anche a fronte di prove insufficienti o contraddittorie, la sussistenza dei presupposti per l’assoluzione nel merito” spiegando in motivazione che « il principio consacrato in Sez. U, COGNOME, che assicura la più ampia tutela del diritto di difesa, non può ritenersi in contrasto con la tutela della presunzione di innocenza. L’intervento della Consulta pone come punto fermo che alla pronuncia di estinzione del reato ai sensi dell’art. 578 cod. proc. pen. non possa accompagnarsi, secondo una lettura convenzionalmente orientata della disposizione, l’affermazione, sia pur incidentale, della responsabilità penale dell’autore del danno. La tesi che fa derivare da tale esegesi il ripudio del principio espresso da Sez. U, COGNOME finisce per imporre al giudice di appello la mera presa d’atto della causa estintiva. Tale ragionamento incorre, tuttavia, nel paradosso di negare, in virtù del principio di presunta innocenza, la possibilità per il giudice di valutare i presupposti dell’assoluzione nel merito, che rappresenta l’obiettivo primario del diritto di difesa».
L’assunto difensivo, inoltre, non specifica quale incidente disallineamento abbia percorso la sentenza impugnata rispetto al thema probandum e quale pregiudizio sia conseguito al ricorrente nell’esame della sua posizione, tenuto conto delle censure da questi mosse in appello (con il secondo motivo dell’atto, il cui contenuto è riportato a pg. 55 e sg. della sentenza impugnata), volte a negare fondamento alla sua responsabilità in ordine ai fatti ascrittigli.
2.1.1. Richiamata la sentenza rescindente sopra riportata sub par. 1.2., la sentenza impugnata nell’ occuparsi della posizione del ricorrente – ingegnere responsabile tecnico della RAGIONE_SOCIALE società subappaltatrice realizzatrice degli impianti fotovoltaici – a pg. 115 e ss. ha rigettato, innanzitutto l’approccio difensivo espresso nella memoria difensiva, volto a rieditare le valutazioni della precedente sentenza annullata attraverso censure mosse alla sentenza di legittimità e affermato la genericità dei motivi di appello in tema di responsabilità, rinviando a alle dichiarazioni del COGNOME sullo stesso COGNOME e alla tenuta della sentenza di primo grado. Quanto alla dedotta incidenza dell’assoluzione dell’imputato dal reato di cui al capo E), con riferimento alle schede finali di impianto di cui al capo D), rileva la mancata deduzione della insussistenza del fatto e afferma la insussistenza della questione proposta che
· pretenderebbe di vedere negata la sussistenza della truffa con riferimento solo ad una delle condotte che hanno concorso a determinarla. Conclude, quindi, la sentenza che «tutte le singole attività, quanto a COGNOME consistite nel redigere falsa documentazione rappresentata dalle schede tecniche (la cui compilazione spettava a COGNOME a prescindere dalla loro sottoscrizione) e nel collaborare alla apposizione delle etichette dissimulanti l’origine cinese dei pannelli, hanno concorso alla realizzazione della truffa nella consapevolezza del concorso dei correi e con il dolo diretto di addivenire all’ottenimento delle tariffe incentivanti», richiamandosi le pagine da 214 a 221 della prima sentenza (riguardanti la posizione del Maggi), stigmatizzando l’assenza nell’atto di gravame di qualsiasi critica idonea a scalfirne la ineccepibile solidità.
2.1.2. Ritiene questo Collegio che, alla stregua dell’obbligo conseguente alla sentenza rescindente con riguardo al coinvolgimento del ricorrente, generiche sono le censure in ordine alla mancata considerazione dei temi indicati nel primo motivo di ricorso e all’incidenza della intervenuta assoluzione del Maggi – per la mancata impugnazione del capo in sede di legittimità – dal reato di cui al capo E).
La sentenza impugnata, invero, si è posta all’interno del dictum rescindente rigettando la prospettiva assolutoria della estraneità del ricorrente all’illecit secondo quella che risulta essere stata la sequenza temporale degli atti, fino all’imponente impiego di manodopera di SAEM per la concordata preordinata sostituzione delle etichette volta a simulare la provenienza europea dei pannelli di cui una diretta ed esplicita emergenza è la mali del 12 settembre 2011 del ricorrente con il quale comunicava l’impiego di 40 operai per operare la sostituzione – correttamente individuato quale referente, con un proprio e qualificato ruolo operativo e decisionale in SAEM, ditta appaltatrice, nella realizzazione degli impianti fotovoltaici.
Il decisivo rilievo – correttamente posto all’interno della complessa vicenda concorsuale sottesa all’illecito sub D) – designa la genericità della dedotta incidenza assolutoria in ordine al capo in esame della intervenuta assoluzione del ricorrente dalla condotta ascrittagli sub E) relativa alla falsificazione delle schede tecniche finali d’impianto, provenienti da SAEM, attestanti l’origine europea dei moduli.
2.1.3. Quanto alla inincidenza della apposizione delle etichette, involgente un profilo obiettivo della complessa condotta, la deduzione riguarda questione di fatto non dedotta dalla difesa dell’imputato in appello (v. pg. 55 e sg.), non potendosi apprezzare la doglianza del ricorrente della omessa considerazione di argomenti svolti in sede di discussione e nella memoria difensiva (v. pg. 15 dell’atto di ricorso) che certamente non possono allargare il devoluto in appello, fissato dalla proposizione dei motivi di gravame, secondo il condivisibile principio per il quale
nel giudizio di impugnazione, la facoltà della parte di presentare memorie non può superare le preclusioni fissate dai termini per impugnare e da quelli concessi per la presentazione di motivi nuovi ai sensi dell’art. 585, commi 1, 4 e 5, cod. proc. pen., sicché la memoria difensiva non può contenere . doglianze ulteriori e diverse rispetto a quelle proposte con il gravame o con i motivi aggiunti, ma può solo supportare, con dovizia di particolari e più puntuali argomentazioni, i temi già devoluti con il mezzo di impugnazione proposto (Sez. 3, n. 25868 del 20/02/2024, COGNOME, Rv. 286729).
2.2. Il terzo motivo è inammissibile in quanto – da un lato – ha ad oggetto questione di fatto non devoluta dalla difesa dell’imputato in appello (come riportato a pg. 55 e sg. della sentenza) e – comunque – è genericamente formulata rispetto alle valutazioni espresse a riguardo della medesima prospettazione difensiva dalla sentenza impugnata in relazione all’appello del coimputato COGNOME (v. pg. 93 della sentenza impugnata in relazione a pg. 194 e ss. della prima sentenza).
2.3. Il quarto motivo è inammissibile in quanto ha ad oggetto punto della decisione non devoluta in appello.
2.4. Il quinto motivo ha ad oggetto provvedimento non ricorribile in sede di legittimità, secondo il costante orientamento per il quale non è impugnabile con ricorso per cassazione la statuizione pronunciata in sede penale e relativa alla concessione e quantificazione di una provvisionale, trattandosi di decisione di natura discrezionale, meramente delibativa e non necessariamente motivata, per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinata ad essere travolta dall’effettiva liquidazione dell’integrale risarcimento. (Sez. 2, n. 44859 del 17/10/2019, COGNOME, Rv. 277773 – 02).
Il ricorso nell’interesse di NOME COGNOME è complessivamente infondato e deve essere respinto.
3.1.1. Il primo motivo, riguardante il capo D), è genericamente proposto per ragioni in fatto.
La sentenza impugnata – in ordine alla questione oggi reiterata con il ricorso – ha rilevato che l’appello proposto dall’COGNOME rasenta l’inammissibilità non confrontandosi minimamente con la motivazione del primo giudice (v. pg. 93 e sg.), convalidata dalla sentenza di legittimità come sopra richiamata sub par. 1.2., segnatamente con riguardo alla inincidenza della decisione della Adunanza plenaria del Consiglio di Stato del 11 settembre 2020 rispetto alle plurime ipotesi di falso che costituiscono la condotta strumentale rispetto all’illecito conseguimento dei benefici normativi.
La censura di genericità dell’appello si apprezza pienamente in relazione a quanto stabilito dalla sentenza di primo grado che affronta la questione richiamando la sentenza definitiva nei confronti del coimputato COGNOME e
rilevando che «le condotte fraudolente sono stata infatti realizzate con riferimento a tutti i campi per i quali è stata chiesta la tariffa incentivante (e non solo rispet a quelli che hanno chiesto il bonus europeo)”… non potendo valere ” al fine di escludere l’integrazione dei reati in esame, come mette in luce la predetta . sentenza a carico del COGNOME, la dedotta conformità tecnico-qualitativa dei moduli cinesi ai parametri imposti dalla normativa, “attesa la pervasiva falsità della documentazione, elencata ai capi D) ed E), decettivamente fornita al GSE e l’incasso del profitto di diretta derivazione causale dalla commissione delle descritte condotte fraudolente” né può influire sulla sussistenza del reato in contestazione il fatto che alcune delle Società sono state recentemente riammesse dal GSE agli incentivi, sulla base dell’art. 57-quater della legge 21.6.2017 n. 96″ in quanto “le richieste di riammissione sono stateconcesse sul presupposto dell’estraneità degli interessati alla truffa ai danni del GSE» ( v. pg. 196 e sg.).
3.1.2. Il quarto motivo, ancora riguardante la responsabilità del ricorrente in relazione al reato di cui al capo D), è genericamente proposto per ragioni in fatto.
La sentenza impugnata esamina la questione della inattendibilità delle dichiarazioni liberatorie del Coppola a pg. 103 e ss., giustificando la frazionabilità delle dichiarazioni del predetto teste assistito e facendo derivare l’inattendibilità delle dichiarazioni sull’COGNOME, innanzitutto, da quelle riguardanti NOME – in ordine alla quali si rinvia all’esame del pertinente motivo di ricorso -, considerando non illogicamente indiziante la reticenza del teste il suo tentativo di scagionare sinanche NOME e, infine, considerando che, dalle stesse dichiarazioni del COGNOME, l’COGNOME – diretto superiore di COGNOME – non era affatto una figura evanescente, rivestendo un ruolo operativo (v. pg. 106).
Ritiene questo Collegio che incensurabile risulta la valutazione frazionata di inattendibilità delle dichiarazioni liberatorie del COGNOME, riguardanti il profilo distinto coinvolgimento dei vari partecipi alla condotta truffaldina, esprimendo tali dichiarazioni la versione difensiva secondo le quali egli, quale responsabile di RAGIONE_SOCIALE, sarebbe stato il solitario autore e regista della complessa e articolata vicenda illecita sub D).
Il diverso sicuro sinergico contesto, coinvolgente l’operativo intervento degli esponenti apicali COGNOME e NOMECOGNOME conferisce logica solidità alla infondatezza della versione fornita dal Coppola circa l’estraneità dell’COGNOME, secondo il doppio conforme accertamento di merito, che ha analiticamente svolto il giudizio su tali dichiarazioni senza incorrere in vizi logici e giuridici, in conformità costante orientamento di legittimità secondo il quale le dichiarazioni liberatorie del coimputato possono essere valutate come prova d’innocenza nei confronti di colui
· in favore del quale sono state rilasciate solo se confortate da riscontri esterni ai sensi dell’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 6829 del 15/01/2009, COGNOME, Rv. 243197), allorquando ha anche considerato – a sostegno della inattendibilità liberatoria – l’assenza di riscontri a riguardo.
Nello svolgere la valutazione frazionata delle dichiarazioni di COGNOME la sentenza impugnata si è, pertanto, conformata al principio di diritto secondo il quale è legittima la valutazione frazionata delle dichiarazioni confessorie, accusatorie da chiamate in correità e testimoniali quando le parti del narrato ritenute veritiere reggano alla verifica giudiziale del riscontro, ove necessaria, e non sussista interferenza fattuale e logica – ossia un rapporto di causalità necessaria o di imprescindibile antecedenza logica – con quelle giudicate inattendibili, tale da minare la credibilità complessiva e la plausibilità dell’inte racconto. (Sez. 5, n. 25940 del 30/06/2020, M., Rv. 280103 – 01)
3.2. Il secondo motivo, riguardante specificamente il profilo soggettivo della responsabilità in ordine al capo B), il terzo motivo, in ordine alla valenza probatoria dei RAGIONE_SOCIALE e il quarto motivo, riguardante la valutazione probatoria delle dichiarazioni di NOME COGNOME sono – da un lato – infondati e – dall’altro genericamente proposti per ragioni in fatto.
3.2.1. In relazione al capo B) la sentenza rescindente, dopo aver la richiamata censura di fondo al ribaltamento assolutorio, ha affermato quanto segue.
«Con riguardo all’addebito sub B) non è fuor di luogo premettere che l’impianto accusatorio assume la mancata ultimazione dell’istallazione di 21 impianti fotovoltaici, espressamente richiamati in rubrica, entro la data del 31 dicembre 2010, sulla base di percentuali di completamento ricavate dalle fatture e dai SAL emessi dalla RAGIONE_SOCIALE nel 2011. Il primo giudice riteneva raggiunta la prova della penale responsabilità di NOME COGNOME e NOME COGNOME per i reati loro ascritti limitatamente ai campi fotovoltaici denominati COGNOME (n. 236482), COGNOME (n. 248818), NOME Domenica (n. 241258), COGNOME (n. 231801), COGNOME (216677),COGNOME (213260), COGNOME (244581), e, con riguardo alla condotte di falso strumentali contestate sub E), per gli impianti COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME in relazione alle richieste di concessione della tariffa incentivante, nel contempo emettendo declaratoria di estinzione per prescrizione degli ulteriori addebiti sub E) con riferimento alle perizie asseverate di fine lavori e alle schede tecniche finali d impianto relative ai campi fotovoltaici sopracennati.
La Corte territoriale ribaltava la pronunzia di condanna, pervenendo ad un esito assolutorio che presta il fianco a censura sotto il profilo della completezza e congruenza logica dell’apparato motivazionale.Risulta, infatti, parziale ed
incompleta la verifica di attendibilità intrinseca delle dichiarazioni eteroaccusatorie di COGNOME Vito con riguardo alle riferite pressioni subite dal COGNOME per indurlo alla firma dei certificati di ultimazione dei lavori in relazione a sette cam incompiuti a metà dicembre 2010. Né il giudizio di inattendibilità . appare coerente sotto il profilo sostanziale con il dato dichiarativo giacché dalle sentenze di merito consta che, nel corso dell’esame dibattimentale reso all’udienza in data 21 novembre 2017, il COGNOME si esprimeva in termini di certezza circa la tempestiva ultimazione dei lavori relativi agli impianti denominati NOME, COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME, asserendo che il COGNOME aveva fatto pressioni perché procedesse ad asseverare positivamente la conclusione dei lavori in relazione a tutti i campi compresi nel secondo conto energia ( pag. 153) sebbene per 6 o 7 degli stessi, la cui realizzazione era stata avviata solo nel novembre precedente, le installazioni fossero incomplete. Aggiungeva che da tali impianti erano esclusi quelli realizzati da EST II, tempestivamente completati. Il Tribunale ha rilevato come certo riscontro alle dichiarazioni del COGNOME si tragga dalla ricostruzione delle vicende relative ai sette campi per i quali è intervenuta condanna in primo grado in ordine ai quali, sulla base. delle evidenze costituite dagli stati di avanzamento dei lavori al 30 dicembre 2010 ed al 31 maggio 2011, della documentazione sul trasporto dei moduli nonché delle mail di NOME COGNOME veniva accertato il mancato completamento nei termini di legge (pagg.155) e parimenti acclarata la regolare esecuzione degli impianti riferibili a EST II. La Corte ha, altresì, stimato che le affermazioni del COGNOME circa la falsità delle dichiarazioni di fine lavori i relazione ai campi fotovoltaici per cui è intervenuta condanna in primo grado siano smentite documentalmente dalle denunce di inizio lavori presenti in atti, protocollate tra il 9 aprile e il 25 novembre 2009 e non ricomprese nelle ipotesi di falso ascritte al capo E), dovendo per effetto delle stesse concludersi che i lavori sui campi incriminati siano iniziati in epoca significativamente antecedente rispetto al Novembre 2010 (pag. 141). Al riguardo v’è da rilevare che la mancata ricomprensione dei documenti di cui si discute tra quelli tacciati di falsità, all stregua dell’incolpazione sub E), è un dato del tutto neutro, non essendovi elementi per dubitare dell’infedeltà delle dichiarazioni in questione mentre l’affermato automatismo tra denunzia di inizio attività ed effettivo avvio dei lavori è frutto di una forzatura logica in quanto collega in senso necessitato ad un adempimento di natura amministrativa l’esecuzione delle attività programmate. La Corte di merito non si confronta con i rilievi del primo giudice, il quale aveva espressamente escluso che il concetto di “inizio della costruzione” potesse essere inteso, secondo la prospettazione difensiva, come coincidente con attività prodromiche quali la richiesta di DIA o il disbrigo delle pratiche amministrative e Corte di Cassazione – copia non ufficiale
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non con l’effettiva realizzazione delle opere elettriche e di quelle edilizie necessarie per l’accesso alla tariffa del secondo conto energia (pag. 156).
La sentenza impugnata, in una prospettiva che isola i dati probatori senza coglierne compiutamente le interferenze, ha, inoltre, escluso che il COGNOME all’epoca dei fatti dipendente di Avelar RAGIONE_SOCIALE, avesse il potere di influire ed indirizzare le determinazioni del COGNOME, sebbene il primo giudice avesse, al contrario, evidenziato come l’imputato fosse “l’interfaccia dal lato della committenza dell’incarico di direzione dei lavori” dal momento che il teste NOME COGNOME inserito nella struttura “strategy and business” di RAGIONE_SOCIALE, aveva indicato NOME COGNOME come figura di riferimento per Avelar nella verifica circa lo stato di avanzamento dei lavori sui campi fotovoltaici, precisando che l’imputato, nella qualità di responsabile del dipartimento tecnico della società, seguiva i progetti relativi agli impianti del Secondo Conto Energia in tutte e tre le fasi fondamentali che li riguardavano: da quella iniziale di selezione del possibile impianto, seguendone la due diligence, alla successiva fase di monitoraggio sullo stato di avanzamento dei lavori fino a quella finale di gestione dell’impianto ultimato (pag.158). Né ai fini del giudizio d’attendibilità del COGNOME la Corte distrettuale ha adeguatamente considerato il ruolo del COGNOME e le connesse connotazioni operative alla luce delle molteplici fonti acquisite in dibattimento che attestano che la società RAGIONE_SOCIALE era, nella sostanza, una struttura destinata a soddisfare le esigenze operative di RAGIONE_SOCIALE, come confermato dallo stesso COGNOME, il quale -pur non avendo cariche nelle compagini, passate sotto il controllo di NOME COGNOME– osservava che “la divisione tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE era abbastanza artificiale. RAGIONE_SOCIALE era una parte del gruppo RAGIONE_SOCIALE“. Fondati s’appalesano i rilievi dei ricorrenti concernenti l’illogica valutazione degli elementi di prova documentale costituita dai Sal e dai documenti di trasporto, la cui capacità indiziante, secondo le regole che presidiano l’apprezzamento probatorio, doveva essere saggiata singolarmente e in maniera complessiva al fine di una adeguata verifica dell’attitudine a riscontrare l’ipotesi accusatoria formulata al capo B). La Corte territoriale ha ritenuto che “i SRAGIONE_SOCIALE acquisiti in atti, data la loro natura di documento strumentale alla emissione di fattura e attesa, inoltre, l’incompleta redazione ed incerta provenienza, non possono costituire, diversamente da quanto sostenuto dal Tribunale, elemento incontrovertibilmente dimostrativo della non ultimazione dei lavori alla data imposta dal II Conto Energia per il riconoscimento della tariffa incentivante” (pag. 136/137). Al fine di valutare l’autonoma funzione probatoria del SRAGIONE_SOCIALE, ha fatto ricorso all’ausilio interpretativo della giurisprudenza civilistica, secondo cui, tema di appalto, il certificato sullo stato di avanzamento dei lavori non costituisce prova legale in favore dell’appaltatore, nemmeno quando sia formato dal Corte di Cassazione – copia non ufficiale
committente o da persona da lui incaricata, dell’avvenuta esecuzione dei lavori nelle misure ivi indicate e per i prezzi ivi liquidati, escludendo che le risultanz della misurazione effettuata dall’appaltatore o subappaltatore della quantità di lavori già eseguiti, quali emergono dal certificato sullo stato di avanzamento degli stessi, possano, da sole, costituire prova della effettive esecuzione dei lavori stessi. I giudici d’appello hanno, inoltre, evidenziato la presenza di anomalie redazionali, quali la mancata sottoscrizione da parte del direttore dei lavori o di altro tecnico incaricato e la conseguente impossibilità di individuare chi abbia materialmente compilato i S.A.L. acquisiti in atti, peraltro unilateralmente redatti. Al riguardo va osservato in via prioritaria che i documenti di cui trattasi risultan acquisiti, in assenza di contestazioni, all’udienza del 20 giugno 2017 e non consta alcuna doglianza in ordine all’esistenza di una prassi invalsa tra le parti che vedeva SAEM trasmettere periodicamente le fatture con allegati stati di avanzamento lavori ad Aion e ad Avelar attraverso mail della dipendente NOME COGNOME. Non è condivisibile l’assunto della Corte di merito laddove sostituisce ai criteri ordinari d valutazione della prova documentale quelli propri del diritto civile in tema di appalti, improntati a standard ben differenti dai parametri processualpenalistici. Se in materia di contratti si controverte di diritti delle parti contrapposte che hanno piena disponibilità della prova a sostegno delle reciproche pretese, in sede penale il diritto al contraddittorio s’accompagna ai principi di non tassatività dei mezzi d prova e del libero convincimento del giudice Al rilevato errore di diritto accompagna nella specie una diffusa illogicità motivazionale nella valutazione del compendio probatorio giacché la Corte territoriale ha operato una non consentita polverizzazione dello stesso, segmentandone l’apprezzamento e trascurandone le reciproche inferenze, profilo censurabile in sede di legittimità poiché la valutazione della prova logica, desumibile da un quadro indiziario articolato, deve essere complessiva e non frammentata ed è rilevabile in cassazione una sua irragionevole minimizzazione o svalutazione (tra tante, Sez. 6, n. 1979 del 16/05/1997, Rv. 209110). Nel caso a giudizio il primo giudice ha effettuato un’esaustiva ricostruzione dei contenuti dei SAL in relazione a ciascuno dei campi in contestazione, saggiandone l’attitudine probatoria a riscontrare la tesi d’accusa con verifica positiva solo in relazione ai sette campi per cui emetteva condanna nei confronti degli imputati. Ha argomentato che la provenienza di detti documenti da RAGIONE_SOCIALE deve ritenersi un dato nella sostanza incontestato, essendo la società pacifica subappaltatrice dei lavori di esecuzione dei parchi fotovoltaici alla stregua dei contratti di subappalto acquisiti in atti ed essendo, altresì, provato che i SAL venivano trasmessi per via informatica alle società destinatarie, COGNOME/Aion e Avelar, presso la sede milanese, dalla dipendente RAGIONE_SOCIALE COGNOME. Pertanto, ha escluso decisivo rilievo alla mancata sottoscrizione dei documenti, risultando Corte di Cassazione – copia non ufficiale
acclarata la provenienza effettiva degli stessi, mai disconosciuta dai rappresentanti della compagine, mentre le fatture cui accedevano i computi metrici non risultano essere mai state oggetto di contestazione da Avelar, sia sotto il profilo formale che sostanziale, e sono state regolarmente pagate. Aggiungeva, infine, il Tribunale che la RAGIONE_SOCIALE non aveva all’evidenza alcun interesse a trasmettere alle committenti stati di avanzamento lavori sottostimati e, in esito al confronto con i dati risultanti d documenti successivi, datati 31 Maggio 2011, inteso a verificare la congruenza delle voci relative alla posa in opera dei pannelli solari, concludeva riconoscendo “una funzione del SAL autenticamente descrittiva della sequenza dei lavori eseguiti”. Simile struttura argomentativa, strettamente aderente ai dati documentali e pienamente esplicativa del percorso logico seguito dai primi giudici, è stata sovvertita in appello con argomenti giuridicamente erronei e lo svilimento dei singoli elementi probatori dotati di capacità rappresentativa, senza che la trama motivazionale dimostri uno spessore e un rigore logico suscettibili di dar conto in maniera compiuta e persuasiva delle ragioni che fondano gli antitetici esiti decisori attinti in sede d’impugnazione. Invero, la sentenza impugnata, nell’ottica della parcellizzazione degli elementi di prova, ha sostenuto che non può attribuirsi valenza probatoria alla esistenza di documenti di trasporto successivi alla data del 31 Dicembre 2010, in mancanza di tempestiva ricognizione del luogo di consegna, della allocazione dei singoli moduli fotovoltaici trasportati e dell’accertamento dell ragioni stesse della consegna, se di completamento degli impianti, di sostituzione di altri moduli già installati, di mero stoccaggio o di realizzazione di campi afferen ai successivi Conti Energia (pag.137), ignorando del tutto le considerazioni svolte dal Tribunale a confutazione dei cennati profili alle pagg. 118 e segg., da cui risulta che i giudici di primo grado si erano fatti carico della dettagliata analisi dei ri difensivi in ordine ai documenti di trasporto, asserendo che “per tutti quei carichi pervenuti in Italia tra novembre e dicembre 2010, per cui, a causa della mancanza del codice identificativo del container, non è possibile procedere ad un abbinamento tra il carico pervenuto a Taranto e la mail di destinazione di NOME COGNOME permane, a giudizio del Collegio, un’indubbia incertezza sulla possibilità di assegnare a ciascun autonomo documento di trasporto un valore ricognitivo della sede finale dei moduli. Per tali moduli, infatti, non può in nessun caso affermarsi che la sede riportata nel documento di trasporto sia anche quella di effettiva installazione dei moduli, ben potendosi trattare di centro di provvisorio stoccaggio, in attesa della destinazione finale del carico definita da mail di Avelar”. La sentenza impugnata ha, altresì, ritenuto che le mail di NOME COGNOME non fossero finalizzate ad impartire direttive circa la destinazione dei moduli ma costituissero “una mera comunicazione, a fini ricognitivi e di rendicontazione, in favore dell’originar importatore” (pag. 148). Trattasi di un assunto apodittico che non tiene conto che Corte di Cassazione – copia non ufficiale
il primo giudice, a pag. 120 e segg., aveva affrontato il problema e segnalato che la Guardia di Finanza, nella ricostruzione confluita nel quadro sinottico definito allegato 295 bis, aveva individuato l’esistenza di sedi di “prima consegna”, distinte da quelle finali, esemplificando l’iter ·seguito per la consegna dei 644 moduli identificati dalla bolla doganale n. 11357/E del 17 dicembre 2010, giunti il 27 dicembre 2010 presso il porto di Taranto e conferiti al deposito Schenker per essere, infine, destinati all’impianto Scaltrito solo con la nnail del 31 gennaio 2011. In questo, come in altri casi, ad escludere la valenza meramente ricognitiva della mail del Russo, vale il carteggio tra il medesimo e il Baronio del 21 marzo 2011 circa l’effettivo arrivo dei pannelli nel sito già individuato con la mail del 31 gennai precedente».
3.2.2. La sentenza impugnata, dopo aver esaminato la sussistenza del fatto sub B) a pg. 79 e ss., tratta della responsabilità del ricorrente a pg. 96 e SS. A tale ultimo riguardo, richiama l’analisi delle premesse introduttive della sentenza di primo grado in ordine alla ricostruzione dello schema societario da cui il Tribunale aveva tratto l’affermazione della responsabilità di RAGIONE_SOCIALE in relazione alla sussistente “ottica di gruppo” (v. pg. 79 e ss.). Afferma che le questioni dedotte dalla difesa sono estremamente generiche – rispetto ad una sentenza di primo grado, giustamente, definita di “rara completezza” (v. pg. 97) – e riporta la parte della sentenza a riguardo, secondo la quale la responsabilità del ricorrente non deriva dal ruolo verticistico da lui rivestito ma dalle sue concrete funzioni svolte in seno ad Avelar, Aveleos ed RAGIONE_SOCIALE, che destituiscono di fondamento l’assunto difensivo secondo il quale “le false attestazioni rese nei rispettivi atti d COGNOME e COGNOME fossero state apposte sulla base di una concertazione intervenuta tra questi ultimi, di cui erano tenuti all’oscuro i vertici di Avelar, allo scopo salvaguardare RAGIONE_SOCIALE dai rischi contrattuali correlati ai ritardi nella consegna dei lavori” (v. pg. 98 e ss. della sentenza impugnata).
3.2.3. Il terzo motivo, logicamente pregiudiziale in quanto riguarda la condotta obiettiva, è genericamente proposto per ragioni in fatto.
La sentenza impugnata – censurando la prossima inammissibilità dell’appello sul punto, rilievo incontestato nel ricorso – ha dato conto, senza incorrere in vizi logici e giuridici – nell’ambito dello specifico dictum rescindente – della valenza probatoria dei SAL (v. pg. 82 e ss.) come pure della certa attendibilità delle dichiarazioni di NOME COGNOME già destinatario di patteggiannento con sentenza definitiva, direttore dei lavori sugli impianti gestiti da SAEM (v. pg. 85 e ss.) peraltro riscontrato dalle dichiarazioni di COGNOME e di COGNOME oltre che da documenti (v. pg. 91): il predetto è, pertanto, del tutto correttamente individuato, nell’ambito dell’affare milionario, quale persona adatta – per manifesta incompetenza in materia – nel rivestire un ruolo del tutto insignificante e lasciare spazio alla RAGIONE_SOCIALE
nella realizzazione degli impianti, firmando documenti attestanti circostanze non vere, condotta per la quale è reo confesso.
3.2.4. Il secondo motivo, riguardante il profilo soggettivo, non contesta l’accertata . “ottica di gruppo” alla base della vicenda in esame, reitera l’assunto difensivo in ordine alla mancanza di consapevolezza e volontà del ricorrente in ordine ai fatti in contestazione sulla base del generico assunto secondo il quale il ricorrente sarebbe stato riconosciuto responsabile solo per la posizione rivestita all’interno di RAGIONE_SOCIALE e delle società veicolo, sulla base delle due mail indicate nel ricorso, di cui assume essere stato travisato il contenuto.
La censura, ancora una volta, non si fa carico dello stigma di genericità conferito al corrispondente motivo di appello che ha indotto la Corte di merito a riportare l’eloquente, chiara e completa, disamina condotta dal Tribunale a riguardo (v. pg. 97 e ss.) volta a delineare, sulla base delle concrete emergenze considerate, il ruolo direttivo svolto dal ricorrente (e da NOME) nell’attiv criminosa dispiegatasi secondo le modalità già sopra richiamate in cui le società coinvolte risultano gestite da COGNOME e NOME (da questi definito suo “capo”) ai quali, del tutto logicamente, sono ricondotte le falsificazioni oggetto della condotta criminosa, in base ad un ruolo apicale concretamente svolto «diretto ad assicurare un controllo e un coordinamento su tutte le fasi necessarie dell’iter di formazione degli impianti e garantire un’unitaria linea d’azione».
Il ricorso del responsabile civile RAGIONE_SOCIALE è complessivamente infondato e deve essere respinto.
4.1. Il primo motivo, riguardante il difetto di legittimazione passiva della ricorrente, è infondato oltre che genericamente proposto.
Secondo la prima decisione, COGNOME, del cui “Board of Directors” COGNOME e COGNOME facevano parte agendo quali “managing directors”, era socio unico di molte delle Società veicolo indicate in imputazione, dandosi conto – secondo l’incontestato criterio di legittimità indicato (Cass. civ., sez. I, 24/11/2005, 24834) – del “quidpluris”, secondo i concreti plurimi elementi indicati (v. pg. 281 della sentenza), che, individuando “l’abuso della personalità giuridica” della controllata, dava luogo alla responsabilità del partecipante per le obbligazioni assunte dalla partecipata, con riconduzione alla controllante dei rapporti giuridici facenti capo al soggetto interposto.
Con il quinto motivo di appello ( v. pg. 59 della sentenza impugnata) la difesa di RAGIONE_SOCIALE deduceva l’insussistenza del ritenuto “abuso della personalità giuridica” delle società veicolo da parte di Aveleos, la Corte di appello risponde che l’intervenuto rigetto dell’appello del GSE relativamente all’estensione della responsabilità, in solido con Aveleos, anche delle società veicolo, per i fatti commessi da COGNOME e COGNOME in relazione al capo D) rende non più valutabile
•
l’appello di Aveleos, in quanto non sarebbe più possibile individuare un diverso convenuto rispetto all’azione civile esercitata dal GSE, comunque affermando l’assoluta genericità della censura in ordine al ritenuto abuso di personalità, rispetto alla completa motivazione resa in primo grado.
Ritiene questo Collegio che la sentenza impugnata alcun travisamento ha operato della deduzione in appello, correttamente escludendo di poter apprezzare la prospettiva difensiva di responsabilità delle SpV, essendo stata già esclusa l’estensione ad esse della responsabilità civile in relazione alla domanda proposta da GSE, unico dominus a riguardo. In ogni caso, assorbente risulta il rilievo della mera reiteratività, secondo una inammissibile declinazione in fatto, della censura in ordine alla mancanza del quid pluris volto a individuare l’abuso di personalità giuridica da parte della ricorrente nei confronti delle società controllate, ineccepibilmente affermata dalla prima sentenza e genericamente censurata in appello.
4.2. Quanto al secondo e terzo motivo, riguardante la affermata responsabilità degli imputati, volti a valorizzare le dichiarazioni liberatorie di COGNOME in uno agl altri elementi indicati in ricorso, sono sostanzialmente proposti secondo una inaccessibile rivalutazione in fatto degli elementi probatori considerati a carico degli imputati e, comunque, infondati secondo quanto già detto in relazione ai sovrapponibili ricorsi proposti – in relazione al capo D) – dai ricorrenti NOME COGNOME tenuto conto del rinvio operato dalla sentenza alle ragioni del rigetto sulle analoghe questioni – dei rispettivi appelli, non essendone contestata la ritenuta sovrapponibilità.
Il ricorso del responsabile civile RAGIONE_SOCIALE è solo in parte fondato.
5.1. Il primo motivo è fondato.
La prima sentenza aveva disposto la condanna della ricorrente, in solido con RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE nonché RAGIONE_SOCIALE, con riferimento ai reati di cui al capo B), al risarcimento del danno in favore di RAGIONE_SOCIALE
La sentenza impugnata, nell’enunciare il settimo e ottavo motivo di appello riguardanti il delitto sub B), pur annotando che essi riguardano la responsabilità per fatto commesso da COGNOME che non appartiene alla competenza della Corte adita (v. pg. 65 della sentenza impugnata), purtuttavia, ha confermato, in relazione al capo B), le statuizioni civili della sentenza di primo grado pronunciate a carico degli imputati e della ricorrente COGNOME in favore di tutte le parti civili costituite.
La decisione deve essere censurata in ragione della assenza di ragioni e della decisiva dissonanza con la assoluzione del COGNOME dal reato sub B) nel
precedente giudizio di appello, passata in giudicato per mancato ricorso in sede di legittimità del Procuratore generale.
Ne consegue, in accoglimento del motivo, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla condanna della ricorrente quale responsabile civile in relazione al capo B).
5.2. Il secondo e terzo motivo, riguardanti la responsabilità degli imputati in ordine al reato di cui al capo D), volto a censurare la non credibilità delle dichiarazioni liberatorie del Coppola e la mancata considerazione del rilievo sulla condotta omissiva sono complessivamente infondati, rinviandosi a quanto già esposto in relazione ai sovrapponibili pertinenti ricorsi proposti dagli imputati COGNOME e COGNOME
Con riguardo ai motivi di appello la sentenza di appello esamina il nono motivo con riguardo alla limitata verifica su un campione di pannelli e alla non considerata idoneità tecnica di essi, opponendo un insuperato giudizio di genericità delle doglianze rispetto a quanto accertato dal Tribunale, di cui si riportano le eloquenti, chiare e complete, argomentazioni in parte qua, dichiarando gli altri inattuali o già esaminati.
Cosicché, rimasto incontestato il legittimo rinvio all’esame delle analoghe questioni proposte dagli imputati COGNOME e COGNOME deve, in questa sede, riportarsi quanto già detto – in relazione ai predetti ricorsi – in relazione a incensurabile valutazione frazionata delle dichiarazioni del COGNOME e, quindi, della inattendibilità delle sue dichiarazioni liberatorie nei confronti dei due principa imputati.
Quanto al terzo motivo, la relativa censura si connota per la sua inammissibilità originaria assumendo alla sua base una generica lettura delle ragioni della affermazione di responsabilità.
5.3. Il quarto motivo è inammissibile.
Quanto al danno patrimoniale e l’ingiusto profitto sub D), la questione non risulta devoluta in appello (v. pg. 65), non potendosi apprezzare ai fini dell’ammissibilità – in base alle connotazioni del principio devolutivo già richiamate – lo svolgimento delle relative considerazioni nel corso del giudizio di rinvio.
Quanto alla idoneità tecnica degli impianti, la censura è generica rispetto alla censurata genericità dell’appello a riguardo e alla adesione alla prima decisione (v. pg. 124 e sg.) che esplicita le ragioni della infondatezza dell’assunto difensivo circa la conformità tecnico-qualitativa dei moduli cinesi ai parametri imposti dalla normativa.
Quanto all’utilizzo di elementi provenienti dalla decisione su COGNOME, la censura è generica non rinvenendosi la devoluzione del tema in appello rispetto,
· peraltro, alla utilizzazione della sentenza definitiva ai sensi dell’art. 238-bis cod proc. pen.
Infine, infondata è la censura di omessa motivazione sul tema della incompletezza degli accertamenti, fondandosi la ritenuta inammissibilità dell’appello sulla mancata confutazione delle richiamate ragioni della prima sentenza a riguardo.
5.4 Quanto al rilievo proposto dalla nota difensiva, esso è fondato in quanto – come risulta dalla prima sentenza – la ricorrente non è stata condannata, unitamente agli imputati COGNOME e COGNOME e alla RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni in favore di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (v. pg. 295 della prima sentenza), cosicché non poteva darsi luogo alla revoca delle statuizioni civili a carico della RAGIONE_SOCIALE (v. pg. 158).
Deve, pertanto, essere disposta – ai sensi dell’art. 130 cod. proc. pen. – la correzione dell’errore materiale contenuto nel dispositivo della sentenza, in relazione alla pronuncia di assoluzione di NOME COGNOME e NOME COGNOME dal reato di cui al capo F), espungendo la espressione “Avelar Management”.
Il ricorso del responsabile civile RAGIONE_SOCIALE è complessivamente infondato e deve essere respinto.
6.1. La sentenza ha ritenuto che i motivi proposti in appello trovavano adeguata valutazione in quelli già valutati in relazione agli atti di gravame degli imputati dei reati di cui ai capi B) e D) e tale giudizio di sovrapponibilità non censurato dalla attuale ricorrente.
6.2. Il primo motivo – riguardante la connessione con la responsabilità di Maggi in relazione al capo D) – è genericamente proposto secondo quanto si è già esposto in relazione al primo motivo del ricorso nell’interesse di Maggi, non sottraendosi a tale giudizio il dedotto mancato rilievo alla decisione resa dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato del 11 settembre 2020, in relazione alla quale la sentenza rescindente aveva espresso il proprio dictum sull’errato rilievo conferitogli dalla precedente sentenza assolutoria.
6.3. Il secondo motivo – riguardante la connessione con la responsabilità di COGNOME in relazione al capo D) e proposto sul rilievo della sola rappresentanza legale del predetto in RAGIONE_SOCIALE – è infondato, non avendo la Corte di appello alcun obbligo di specifica considerazione della indicata censura sia in relazione a quanto già detto in ordine al coinvolgimento di RAGIONE_SOCIALE attraverso la concentrazione in capo a lui di cariche apicali ed esponenziali nelle società coinvolte nella condotta truffaldina, sia con riferimento alla genericità della deduzione rispetto alla specifica motivazione offerta sullo stesso tema, sollevato dalla difesa in primo grado, dalla prima sentenza a pg. 284.
Costituisce, invero, jus receptum che, in tema di ricorso per cassazione non costituisce causa di annullamento della sentenza impugnata il mancato esame di un motivo di appello che per la sua assoluta indeterminatezza e genericità doveva essere dichiarata inammissibile (Sez.. 4, n. 1982 del 15/12/1998, dep. 1999 . , COGNOME, Rv. 213230 – 01).
6.4. Il terzo motivo è inammissibile in quanto ha ad oggetto la provvisionale, come già detto, non ricorribile in sede di legittimità.
I ricorsi delle parti civili RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE sono infondati e devono essere respinti.
«Con riguardo al capo F) la Corte territoriale ha evidenziato che l’esito assolutorio nei confronti dei prevenuti COGNOME e NOME discende direttamente dalle pronunzie liberatorie rese in relazione ai capi B) e D), escludendo, nel contempo, la ravvisabilità nel comportamento tenuto dall’COGNOME nel corso delle trattative con le società RAGIONE_SOCIALE, di “alcuna significante omissione comunicativa”, dal momento che nella data room erano stati inseriti i verbali di operazioni compiute redatti dalla G.D.F. in occasione degli accessi sui campi fotovoltaici, recanti il procedimento penale (44638/13 R.G.N.R.), l’Autorità giudiziaria procedente nonché diverse informazioni sulla natura degli accertamenti ed il tipo di attività svolta; il decreto del Tribunale di Reggio Emilia del 6 Marzo 2013 di revoca del termine per la presentazione del piano concordatario di RAGIONE_SOCIALE, contenente
7.1. La vicenda riguarda il reato di cui al capo F), imputato a NOME COGNOME e NOME COGNOME in relazione al reato p. e p. dagli artt. 110 c.p., 640 c.p. e 61 n. 7 c.p. perché, in concorso tra loro, COGNOME in qualità di Consigliere Delegato e in rappresentanza di RAGIONE_SOCIALE con sede in Lussemburgo INDIRIZZO, controllata da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE, COGNOME come managing director della stessa RAGIONE_SOCIALE, in occasione della cessione al prezzo di 36.864.618 euro delle quote di RAGIONE_SOCIALEr.I., RAGIONE_SOCIALE.r.I., RAGIONE_SOCIALEr.I., RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE , RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE Soc. Agr. a r.I., RAGIONE_SOCIALE. Agr. a r.I., con artifici e raggiri consistiti nel sottacere la carenza delle condizioni p l’ammissione al regime delle tariffe incentivanti GSE, procuravano ingiusto profitto ad Aveleos SA pari al valore del contratto, inducendo Eam RAGIONE_SOCIALE (sede in Roma, INDIRIZZO e la controllante finanziatrice, quotata alla borsa di Oslo, RAGIONE_SOCIALE (con sede in Dronningen INDIRIZZO, 0287 Oslo), ad effettuare bonifici con tre distinti versamenti, così cagionando danno patrimoniale di rilevante gravità in danno di RAGIONE_SOCIALE Milano, 15 luglio 2014. 7.1.1. La sentenza rescindente, a riguardo, ha affermato quanto segue. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
l’espresso riferimento alla esistenza di una “indagine penale in corso presso la Procura della Repubblica di Milano in ordine al reato di cui all’art. 640 secondo comma n. 1 del codice penale”. Segnalavano, inoltre, i giudici d’appello che il c.d. report NOME COGNOME, redatto in due versioni datate 13 e 24 Giugno 2014, aveva espressamente rappresentato la presenza di criticità relative al campo EN.F014, ribadite a seguito di presentazione di un attestato di Factory Inspection. Pertanto, secondo la Corte di merito, gli imputati -nell’ambito delle rispettive competenzeavevano assolto agli oneri informativi a loro carico in fase di trattative, a null rilevando l’omessa ostensione del decreto di perquisizione del 19/12/2012 a fronte di una mole di informazioni tale da consentire una consapevole formazione del consenso all’operazione da parte dell’acquirente. Osserva la Corte che l’esito assolutorio del giudice d’appello si fonda su una valutazione solo parziale dei materiali processuali e sottovaluta la dirimente scansione delle vicende negoziali. Come ricostruito dalla sentenza di primo grado alle pagg. 226 e segg., dopo l’avvio delle trattative, avvenuto nel giugno 2013, il 31 dicembre successivo RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE stipulavano un accordo di vendita (“Share purchase Agreement”), versato in atti dalle ricorrenti, in cui la venditrice, tra l’altro, garantiva che gli im fotovoltaici di proprietà delle società progetto erano già stati costruiti, conness alla rete elettrica di distribuzione nazionale e pienamente funzionanti nel totale rispetto e in conformità ai relativi permessi e che essi risultavano conformi a ogni legge, previsione normativa e regolamento e/o disposizione applicabile; che gli impianti fotovoltaici beneficiavano regolarmente delle tariffe incentivanti, previste dal Ministero dello Sviluppo Economico Italiano di concerto con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del Mare, nel rispetto di tutti i requis richiesti da ogni legge e regolamento ad essi applicabile; che il venditore, le società progetto e i rispettivi amministratori, legali rappresentanti o dipendenti non erano coinvolti in procedimenti penali e non vi erano motivi per ritenere che tali soggetti fossero o potessero essere coinvolti in procedimenti penali con riferimento all’ufficio ricoperto in uno dei suddetti enti; che “tutti i documenti e le informazi j che dovevano essere forniti dal venditore sino alla data dell’effettiva cessione, in relazione agli impianti fotovoltaici, erano e dovevano continuare ad essere veri, completi ed accurati in tutti i loro aspetti” (art. 5.1 contratto cit.). La vendi assicurava, inoltre, che non esistevano fatti o circostanze – conosciute dal venditore e non comunicate all’acquirente o ai suoi consulenti- che, se rivelate, avrebbero ragionevolmente indotto un investitore professionale a non concludere l’accordo o a concluderlo a termini e condizioni diverse da quelle pattuite. Tali clausole contrattuali hanno mantenuto efficacia tra le parti fino alla stesura del contratto definitivo in data 15/7/2014, che le ha espressamente richiamate, stabilendo che “il presente atto di cessione non sostituisce, né annulla, né supera, Corte di Cassazione – copia non ufficiale
né modifica in alcuna parte ed in alcun modo eventuali pattuizioni, intese o contratti intercorsi tra le Parti in precedenza e aventi il medesimo oggetto La Corte di merito ha proceduto ad una sorta di prova di resistenza al fine di sostenere che l’omessa comunicazione alla controparte del decreto di perquisizione del 19/12/2012 non ha nociuto all’acquirente, essendo desumibili le informazioni contenute nel richiamato documento da altri atti caricati sulla data room. Siffatta interpretazione non è coerente con l’onere informativo a carico della promittente venditrice né con la costante giurisprudenza di legittimità, alla cui stregua in tema di truffa contrattuale, anche il silenzio, maliziosamente serbato su circostanze rilevanti ai fini della valutazione delle reciproche prestazioni da parte di colui ch abbia il dovere di farle conoscere, integra l’elemento del raggiro, idoneo ad influire sulla volontà negoziale del soggetto passivo (tra molte, Sez. 2, n. 28791 del 18/06/2015, Rv. 264400; Sez. 6, n. 13411 del 05/03/2019, Rv. 275463). In sostanza, le clausole contrattuali imponevano l’ostensione dell’atto in adempimento all’obbligo di buona fede che permea le relazioni negoziali. L’efficacia decettiva dell’inadempimento radica, dunque, nell’omissione di un atto dovuto tanto più rilevante a fronte dell’ostensione di atti successivi che l presupponevano, quali i verbali ispettivi della G.d.F. Né la sentenza impugnata si è adeguatamente confrontata, al fine dell’apprezzamento della rilevanza della contestata omissione, con la stringente sequenza temporale delle comunicazioni intercorse tra le parti a far data dal febbraio 2014, allorché filtravano notizie d stampa su un’indagine relativa ai campi fotovoltaici appartenenti ad Aveleos. Il Tribunale ha, infatti ricordato, che il 4 febbraio 2014 EAM inviava, una lettera a NOME COGNOME e NOME COGNOME (referente per le comunicazioni), indirizzata per conoscenza anche a COGNOME, COGNOME e COGNOME, con cui chiedeva chiarimenti sul coinvolgimento delle società veicolo, dei venditori azionisti e degli amministratori in procedimenti penali di qualsiasi tipo, invitandoli espressamente a “indicare se il venditore, le società target e i loro rispettivi direttori, funzionari o dipendenti so attualmente coinvolti in procedimenti penali e se esiste una fondatezza giuridica per l’avvio di procedimenti penali contro qualcuno di essi. Si prega di indicare se gli azionisti del venditore e i loro rispettivi direttori, funzionari o dipendenti attualmente coinvolti in procedimenti penali e se esiste una fondatezza giuridica per l’avvio di procedimenti penali contro qualcuno di essi (a condizione che l’eventuale procedimento penale possa potenzialmente avere un impatto sul venditore, sulle società target e sugli impianti) (sent. Trib.pag. 230). Ad evasione della richiesta, con lettera del 10 febbraio 2014, COGNOME informava EAM che il 18 dicembre 2013 ed il 22 gennaio 2014, Aveleos era stata informata di accertamenti condotti da parte della Guardia di Finanza (su richiesta del Tribunale di Milano) in pari data sugli impianti di proprietà della società RAGIONE_SOCIALE Corte di Cassazione – copia non ufficiale
(ENS 5), in passato appartenuta ad Aveleos e ceduta al fondo di investimento RAGIONE_SOCIALE nel mese di Agosto 2012, specificando che l’accertamento era “focalizzato su specifiche tecniche (dimensioni, identificazioni ecc.) ed informazioni pertinenti fornite al GSE e alle Autorità” e che “Aveleos non è a conoscenza dei fatti che hanno causato tali indagini e non è altresì a conoscenza della mancanza di conformità alle normative pertinenti. Pertanto Aveleos non si aspetta problemi derivanti da tali indagini”. Nella successiva riunione del 4 Marzo, espressamente richiesta da EAM, secondo le dichiarazioni del teste COGNOME, “il signor COGNOME continuava a reiterare il concetto che non ci fosse alcun rischio di fronte alle mie rimostranze, e al fatto che io chiedessi che non dovessero esserci rischi”. Il 20 marzo 2014 EAM inviava un’ulteriore nota in cui ribadiva di non voler assumere rischi di natura penale e lamentava l’incompletezza delle informazioni fornite dalla controparte. Le ricorrenti EAM hanno, peraltro, segnalato che erroneamente la Corte territoriale ha datato la missiva 26 Marzo, sostenendo che le rimostranze di NOME erano infondate, essendo già stati caricati sulla data room i verbali della Guardia di Finanza, adempimento in realtà eseguito solo in epoca successiva alla comunicazione, e comunque, inidoneo a fornire risposta alle richieste della promissaria acquirente di conoscere con puntualità le origini e le ragioni dell’investigazione E’, dunque, in siffatto contesto che deve essere inquadrato l’esame dell’efficacia decettiva della mancata esibizione del decreto di perquisizione e sequestro del 19 dicembre 2012, documento che, come segnalato dalla difesa delle pp.cc ., era l’unico che – attraverso la provvisoria incolpazione esplicitava la natura della condotta truffaldina e i campi coinvolti. L’imputazione provvisoria evidenziava, infatti, in modo chiaro, che si procedeva in ordine “al reato di cui all’art. 640, comma II n. 1, c.p.”, indicando la condotta fraudolenta nella sostituzione dell’ “etichetta attestante la provenienza extracomunitaria su pannelli solari da installare nell’ambito del territorio nazionale con false etichett di origine CE, inducendo l’organismo pagatore del Ministro dell’Economia, RAGIONE_SOCIALE SpA, partecipata totalmente dall’Ente, a erogare il contributo maggiorato del 10% di cui all’art. 14 co. I, lettera d) del DM 5.5,2011 (cd, “Quarto Conto Energia) con conseguente ingiusto profitto e relativo danno patrimoniale per le casse pubbliche”. Né con riguardo alla successiva evoluzione delle trattative può trascurarsi che la verifica condensata nel c.d. report NOME COGNOME fu effettuata in tempi brevissimi (circa un mese) sulla base della documentazione messa a disposizione dal dipartimento tecnico di Avelar e dei chiarimenti forniti da COGNOME e COGNOME, sicché i consulenti concludevano nel report di sintesi per il possesso da parte delle società ispezionate dei requisiti per l’ottenimento del bonus europeo del 10%, anche sulla base del controllo documentale relativo al Corte di Cassazione – copia non ufficiale
solo costo dei materiali fatturati. Manifestavano un solo, residuale, dubbio circa “la possibilità di riferire l’attestazione di RAGIONE_SOCIALE Inspection ai moduli di cui alla scheda di prodotto che riporta la dicitura “Rev02010” (installati sul sito) (In.fo 14 n.d.r.) o a quelli di cui alla scheda di prodotto che riporta la dicitura “Rev02012″ (non presenti sul sito)”. Pertanto, gli stessi formulavano un giudizio di “formale compatibilità”, pur non escludendo l’astratta possibilità di approfondimenti da parte del GSE e “in caso di acclarata e riconosciuta carenza.. .della idonea certificazione” il conseguente venir meno del premio del 10% sull’incentivo ed il recupero delle somme erogate in passato, in forza di quanto previsto dal D.M. 11/05/2011 e dal D.M. 31/01/2014. V’è da chiedersi, inoltre, se il carattere degli accertamenti devoluti ai consulenti terzi fosse idoneo ad attestare non la regolarità formale ma la liceità dei campi verificati, avuto riguardo alla natura delle violazioni strumentali oggetto di contestazione e alle loro modalità di realizzazione. La motivazione della sentenza impugnata non si è, dunque, rapportata in maniera corretta ed esauriente all’ampio compendio probatorio versato in atti, enucleando argomenti a sostegno dell’esito assolutorio che non hanno carattere dirimente e trascurando elementi qualificanti ai fini della prova circa l’addebito elevato e connessi profili d’imputabilità soggettiva sicché anche in relazione al capo F) deve rilevarsi la fondatezza della proposta impugnazione».
7.2. Il primo motivo è infondato.
7.2.1. La sentenza impugnata (v. pg. 130 e ss.), nell’esaminare l’appello di COGNOME e COGNOME in relazione al reato di cui al capo F) e quello connesso di RAGIONE_SOCIALE esclude di dover correlare la vicenda sub F) alla precedente affermazione di responsabilità degli imputati sub B) e D) e afferma – dopo aver stigmatizzato la genericità del capo di imputazione in ordine alla condotta truffaldina – che se l’unico vulnus nella correttezza contrattuale è costituito dall’aver taciuto l’esistenza del verbale di perquisizione effettuata presso le sedi RAGIONE_SOCIALE e Aion 11 19 dicembre 2012 – riguardante un’indagine per frode in relazione all’origine europea dei pannelli – «è proprio la comunicazione di altre informazioni alla controparte che conduce a ritenere non raggiunta la prova – oltre ogni ragionevole dubbio – della condotta truffaldina degli imputati» ( v. pg. 132).
Secondo la sentenza impugnata, la prima decisione non indica il momento in cui l’ostensione del decreto di perquisizione e del relativo verbale avrebbe potuto determinare una diversa scelta dell’acquirente (v. pg. 133). In ogni caso, si sarebbe dovuto provare che l’ostensione avrebbe costituito informazione utile ad EAM per valutare la convenienza dell’acquisto delle SPVs a cui venivano successivamente revocati gli incentivi GSE in ragione delle presunte false asseverazioni di fine lavori (v. pg. 134) e, secondo la sentenza, la risposta è
negativa in base all’esame delle vicende successive in quanto “il protrarsi della trattativa a fronte di altre e parimenti allarmanti notizie pare suggerire il contrari (v. pg. 136). La Corte appunta la sua attenzione sull’accordo del 31 dicembre 2013, avvenuto nel corso della due diligence di RAGIONE_SOCIALE, nell’ambito del quale risultano “fornite garanzie di regolarità che poi si riveleranno insussistenti, ma merita osservare che tale condotta non risulta contestata nel capo di imputazione né agli imputati né ad altri soggetti (certamente NOME COGNOME non lo sottoscrissero personalmente), assumendo che neppure il Tribunale vi attribuisce valore ingannatorio o decettivo puntando, al contrario, esclusivamente sull’omessa ostensione del verbale di perquisizione” ( v. pg. 137). Prospettiva che non convince la Corte di appello anche alla luce della premessa che si legge a pag. 237 del capitolo dedicato alle “valutazioni sul capo F)” dalla quale si evince chiaramente che la responsabilità degli imputati è stata affermata secondo quel paradigma che li vede colpevoli di tale reato in quanto colpevoli dei reati di cui ai capi B), D) E) (v. ibidem).
Conclusione che non soddisfa la Corte, la quale stigmatizza come il primo Giudice abbia omesso di “vagliare e spiegare come, nell’ambito di una trattativa di svariati milioni di euro, NOME e COGNOME, da soli, sarebbero riusciti a frodare RAGIONE_SOCIALE, i suoi professionisti, i suoi legali, gli enti di certificazione d controllo, se comunicare nulla a quelli che, insieme a loro, quella trattativa avevano portato avanti per mesi e mesi (NOME COGNOME e NOME COGNOME) (v. pg. 138).
Così, richiamando Sez. 2, 3 ottobre 2023, n. 46209, nega l’esistenza del quid pluris che deve caratterizzare il “silenzio”(consistente nella predetta mancata ostensione), perché abbia attitudine ingannatoria in quanto gli indicati documenti caricati nella data room avevano una valenza pari se non superiore rispetto al citato verbale (v. pg. 140).
Ancora, la sentenza censura la lettura data dal Tribunale alla corrispondenza tra Eann e Aveleos (v. pg. 141). A riguardo, le informazioni dovevano essere correlate al verbale di ispezione del 25.3.2014, regolarmente inserito nella data room, palesandosi come esso non rivelava nulla di meno rispetto a quello che si poteva leggere nel verbale di perquisizione del 19.12.2012. Ancora, si valorizza il riferimento, nella missiva del 11.3.2013, alla ipotesi “che GSE sospenda o revochi le tariffe su En. Fo. 14”, quale campanello di allarme per RAGIONE_SOCIALE e della ferma volontà di questa di proseguire le trattative; analoga osservazione è formulata in relazione alle lettere del 20 marzo 2014 e 28 marzo 2014 in relazione alla consapevolezza da parte di RAGIONE_SOCIALE di rischi connessi al processo penale.
Ancora, la sentenza esamina la valenza dei report dell’advisor NOME COGNOME (v. pg. 147 e ss.) concludendo che, seppur estraneo alla sussistenza della
condotta truffaldine, rafforza le perplessità della Corte circa l’induzione in errore di EAM.
Inoltre, si considera la valenza dei lodi arbitrali, considerati irrevocabili, vo ad escludere la · sussistenza del quid pluris rispetto alla . mera inazione «non essendo implausibile che NOME e COGNOME, pur responsabili delle truffe in danno del GSE, abbiano cercato di portare avanti la trattativa – si ricordi non da soli ma a latere dei vertici di COGNOME, nelle persone di COGNOME e COGNOME – nella speranza che l’interesse di EAM alla acquisizione le facesse superare anche le criticità certamente presenti e palesemente rilevabili in concreto» ( v. pg. 156).
Infine, la sentenza esamina l’assunto del Tribunale in ordine all’obbligo informativo nascente dal contenuto del decreto di perquisizione, osservando il suo superamento dalla documentazione successiva e l’assenza di obblighi informativi anteriori all’atto in assenza di trattative; come pure l’illogicità del riferimento questione della ultimazione dei lavori e ai collegamenti tra le società (v. pg. 158).
Di qui l’assoluzione, ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen., perché il fatto non sussiste.
7.2.2. Ritiene questa Corte che le censure difensive sono generiche e in fatto, facendo leva su un diverso apprezzamento del compendio probatorio, non completamente e non illogicamente valutato dalla sentenza impugnata. In particolare, esse fanno leva sulla mancata considerazione della fattispecie sub B) e delle condotte sub F), senza considerare l’autonoma valutazione dichiaratamente e correttamente perseguita dalla Corte rispetto alle condotte sub B) D) ed E), in ragione della loro strutturale non sovrapponibilità con quella di cui al capo F), e l’individuazione, quale punto cardine della condotta truffaldina, sia da parte del Tribunale che della Suprema Corte, della omessa ostensione del verbale di perquisizione del 12 dicembre 2012. A tal riguardo, va considerata la condivisa dedotta genericità del capo F), che – secondo la Corte di appello – ha favorito una insidiosa quasi discrezionalità del giudice nella individuazione della condotta truffaldina, in ultimo individuata come sopra, in un contesto articolato e qualificato di trattative condotte da una pluralità di soggetti esperti.
Così si deve rilevare come, sin dalla formulazione del capo F), non si evince affatto la incriminazione della condotta comnnissiva consistente, secondo la prospettazione difensiva, nella “comunicazione di documentazione radicalmente falsa” ad EAM e a riprova della genericità dell’assunto difensivo, vi sono le ragioni della prima sentenza di condanna efficacemente compendiate nella sua conclusiva affermazione (v. pg. 253) che individua gli «artifici consistiti, innanzitutt nell’ostensione alla controparte, nel corso delle trattative, di un materiale conoscitivo di natura documentale parziale, attraverso l’inserimento nella virtual data room di atti investigativi e documenti che non segnalavano gli esatti contorni
s
dell’indagine penale, inoltre, nel doloso occultamento delle problematiche correlate alle perquisizioni del 19 dicembre 2012 (da cui avrebbero potuto disvelarsi le irregolarità e le falsità commesse per l’ottenimento delle tariffe del II conto e degl incentivi del IV conto), .nella perdurante manifestazione di rassicurazioni formali attraverso missive a firma COGNOME ed una serie di clausole di cosiddette “representation and warranties”, contenuti nell’accordo del 31 dicembre 2013 e riprodotti fedelmente ancora nell’atto di trasferimento degli impianti», condotte decettive dalle quali «è scaturita la decisione di EAM di pervenire al trasferimento definitivo delle società».
7.3. Il secondo motivo è manifestamente infondato in ragione dell’intervenuto giudicato assolutorio in relazione al capo C), al quale l’impianto “RAGIONE_SOCIALE” è riferito. La manifesta infondatezza del motivo di appello non induce alcuna nullità della sentenza in relazione alla omessa motivazione a riguardo, secondo il condivisibile orientamento per il quale l’omesso esame di un motivo d’appello non è causa di nullità della sentenza se il motivo è manifestamente infondato (Sez. 5, n. 3952 del 18/02/1992, COGNOME, Rv. 189818 – 01).
7.4. Il terzo motivo è infondato.
Secondo questa Corte, il Giudice di appello si è conformato all’orientamento di legittimità secondo il quale nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento per vizio di motivazione, il giudice di merito non è vincolato né condizionato da eventuali valutazioni in fatto formulate dalla Corte di cassazione con la sentenza rescindente, spettando al solo giudice di merito il compito di ricostruire i dati d fatto risultanti dalle emergenze processuali e di apprezzare il significato e il valore delle relative fonti di prova. (Sez. 2, n. 8733 del 22/11/2019, dep. 2020, Le, Rv. 278629 – 02); ancora, il giudice di rinvio, in caso di annullamento per vizio di motivazione, è investito di pieni poteri di cognizione e, salvi i limiti derivanti da eventuale giudicato interno, può rivisitare il fatto con pieno apprezzamento e autonomia di giudizio, sicché non è vincolato all’esame dei soli punti indicati nella sentenza di annullamento, ma può accedere alla piena rivalutazione del compendio probatorio, in esito alla quale è legittimato ad addivenire a soluzioni diverse da quelle del precedente giudice di merito (Sez. 1, n. 5517 del 30/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285801 – 02).
La Corte di appello, invero, ha rispettato il vincolo delineato dalla sentenza rescindente che aveva censurato la precedente decisione assolutoria di appello sotto il profilo del vizio della motivazione, segnatamente con riguardo alla idoneità decettiva dell’omessa ostensione del decreto di perquisizione e correlato verbale, rimessa ad una rinnovata valutazione in fatto demandata al giudice del rinvio, e da questi valutata nel contesto delle trattative in cui era collocata, liberamente
rivalutato, ed esclusa in conformità all’indicato orientamento di legittimità in tema di truffa contrattuale.
Cosicché, infondato è l’assunto difensivo volto ad ancorare senz’altro la decisione del giudice del rinvio ad un irrevocabile accertamento della decettività della predetta condotta omissiva, escluso dai principi di diritto in tema di obblighi del giudice del rinvio ricordati dalla stessa sentenza rescindente.
7.5. Il quarto motivo è inammissibile in quanto volto ad una rivalutazione del fatto, in costanza di un apprezzamento delle emergenze indicate da parte del Giudice di appello priva di vizi logici e giuridici.
Innanzitutto, la censura di travisamento del fatto alla base del giudizio sulla effettiva comunicazione di atti rilevanti si risolve in una sostanziale proposta di rivalutazione probatoria in costanza di una logica valutazione della conoscenza, resa possibile dagli atti ostesi, dell’esistenza di indagini penali per una ipotesi d truffa aggravata.
Analogo inammissibile approccio difensivo, che non attinge profili di illogicità, tantonneno manifesta, risulta poi proposto in relazione alla corrispondenza considerata dal giudice del rinvio, fino alla nota di EAM del 20 marzo 2014 in cui sono evocati proprio “rischi di natura penale”, ineccepibilmente riletta dal Giudice di appello ( v. pg. 144/145 della sentenza) come emergenza della consapevolezza da parte di EAM di tali possibili rischi per i venditori derivanti dall’indagine penale che è cosa evidentemente diversa dal manifestare l’intenzione di non volersene fare carico. Cosicché, anche la valutazione della successiva nota del 28 marzo 2014 si colloca del tutto logicamente all’interno della ricostruzione di “una partita in c ciascuno gioca sugli equivoci che non una trattativa in cui le parti hanno messo chiaramente le carte in tavola” di cui espressivo indice è la “fantasiosa pretesa” di avere dal Pubblico Ministero una dichiarazione che “descriva chiaramente i fatti” (v. pg. 147 della sentenza impugnata). Infine, del pari inammissibili sono le censure alle ampie valutazioni svolte dalla sentenza impugnata in ordine alla inconferenza rispetto al thema probandum del c.d. “Report NOME & COGNOME” ( v. pg. 147 e ss. della sentenza impugnata), sulla base di una inaccessibile rivalutazione ipotetica poggiata sulla testimonianza del teste COGNOME
7.6. Il quinto e sesto motivo sono complessivamente infondati.
7.6.1. Ritiene questo Collegio che non può essere condiviso l’assunto della Corte di appello, circa l’utilizzo dei lodi arbitrali ai sensi dell’art. 238-bis cod. pen. Il richiamo della sentenza impugnata, a fondamento di tale utilizzazione, alla affermazione secondo la quale l’attività degli arbitri rituali, anche alla stregua dell disciplina complessivamente ricavabile dalla I. n.25 del 1994 e dal d.lgs. n.40 del 2006, ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario non riguarda il fondamento dell’istituto probatorio al quale è riferito e non tiene
conto dello jus receptum secondo il quale l’utilizzazione delle sentenze irrevocabili, acquisite ai fini della prova dei fatti in esse accertati ai sensi dell’art. 238-bis proc. pen., riguarda esclusivamente le sentenze pronunziate in altro procedimento penale e non anche quelle pronunziate in un procedimento civile (Sez. 4, n. 28529 del 26/06/2008, Mezzera, Rv. 240316); ancora, l’utilizzo delle sentenze irrevocabili, acquisite ai fini della prova dei fatti in esse accertati ex a 238-bis cod. proc. pen., riguarda esclusivamente quelle rese in altro procedimento penale e non anche quelle rese in un procedimento civile, adottando i due ordinamenti processuali criteri asimmetrici nella valutazione della prova; pertanto le sentenze di un giudice diverso da quello penale, pur se definitive, non vincolano quest’ultimo, ma, una volta acquisite, sono dal medesimo liberamente valutabili (Sez. 5, n. 41796 del 17/06/2016, COGNOME, Rv. 268041); infine, in tema di prova documentale, le sentenze irrevocabili pronunciate in un giudizio civile o amministrativo non sono vincolanti per il giudice penale che, pertanto, deve valutarle a norma degli artt. 187 e 192, comma 3, cod. proc. pen. ai fini della prova del fatto in esse accertato, essendo spiegato che, secondo il principio generale fissato dall’art. 2 cod. proc. pen., al giudice penale spetta il potere d risolvere autonomamente ogni questione da cui dipende la decisione, salvo che sia diversamente stabilito e che l’unica disposizione che attribuisce espressamente “efficacia di giudicato” nel processo penale a sentenze extra-penali è l’art. 3, comma 4, cod. proc. pen. con riferimento alla “sentenza irrevocabile del giudice civile che ha deciso una questione sullo stato di famiglia o di cittadinanza”(Sez. 3, n. 17855 del 19/03/2019; COGNOME, Rv. 275702).
7.6.2. Cosicché i predetti lodi arbitrali (del 2019 e 2024) potevano legittimamente essere posti nell’ambito del compendio probatorio ed essere liberamente valutati, non rilevando la definitività o meno delle decisioni.
Infondata, invero, è la loro pretesa esclusione dal compendio, non valendo a riguardo il riferimento della sentenza rescindente posto a base del quinto motivo di ricorso. La sentenza rescindente, nel censurare le valutazioni probatorie della precedente sentenza di appello in relazione alla produzione documentale segnatamente i RAGIONE_SOCIALE – riguardante il capo B), richiama l’art. 193 cod. proc. pen. (v. pg. 43) per sostenere l’errato parametro valutativo, riferito ai criteri civilis in ordine a detta documentazione e, nell’ambito di tale censura richiama il principio giurisprudenziale secondo il quale in tema di esercizio dell’azione civile nel processo penale, le previsioni contenute in un contratto stipulato tra le parti, che devolvono ad arbitri o assoggettano a particolari procedure l’accertamento di determinati fatti, non vincolano il giudice penale, che è chiamato a pronunciarsi sulla responsabilità dell’imputato e a determinare il danno risarcibile, senza che alcun vincolo probatorio di natura convenzionale possa influenzarne le
· determinazioni (Sez. 2, n. 4699 del 16/01/2019, Rv. 276452), annotando che «il principio rileva specificamente per il lodo arbitrale in relazione alla contestazione sub F)».
Ritiene, invero, questo Collegio che tale parentetica indicazione della sentenza rescindente non induce alcun giudizio di inutilizzabilità dei lodi arbitrali né escluda affatto la loro libera valutabilità da parte del Giudice del rinvio, risultando del tu conforme all’orientamento di legittimità appena sopra richiamato, tenuto conto della valenza di mero conforto (v. pg. 152 della sentenza) dell’esito di tale valutazione in ordine alla complessiva connotazione della trattativa quale “partita sugli equivoci” (v. pg. 151, ibidem) rispetto ad un impianto argomentativo perciò del tutto idoneo a giustificare le conclusioni raggiunte.
8. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla condanna di RAGIONE_SOCIALE quale responsabile civile in relazione al capo B), rigettando nel resto il ricorso di RAGIONE_SOCIALE. Al rigetto dei ricorsi di NOME Marco, COGNOME Sebastiano, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE consegue la condanna dei predetti al pagamento delle spese processuali. Gli imputati e i responsabili civili, inoltre, devono essere condannati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE che stimasi equo liquidare in euro 3.686,00 oltre accessori di legge. NOME, inoltre, deve essere condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Unicredit S.P.A., che stimasi equo liquidare in euro 3.686,00 oltre accessori di legge. NOME, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE vanno condannati al pagamento delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio da RAGIONE_SOCIALE che stimasi equo liquidare in euro 3.686,00, oltre accessori di legge. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
9. Deve essere disposta la correzione dell’errore materiale contenuto nel dispositivo della sentenza impugnata in relazione alla assoluzione di NOME e NOME NOME dal reato di cui al capo F) con la eliminazione delle parole “Avelar Management”.
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P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla condanna di
RAGIONE_SOCIALE quale responsabile civile in relazione al capo B). Rigetta nel resto il ricorso di RAGIONE_SOCIALE. Rigetta i ricorsi di NOME COGNOME
COGNOME NOME, NOME, RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE che condanna al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, gli imputati e i
responsabili civili alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE
liquida in euro 3.686,00 oltre accessori di legge. Condanna NOME alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio
dalla parte civile Unicredit SRAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE che liquida in euro 3.686,00 oltre accessori di legge. Condanna NOME, RAGIONE_SOCIALE e Società
RAGIONE_SOCIALE alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio da RAGIONE_SOCIALE che liquida in euro 3.686,00, oltre accessori di legge. Dispone la correzione dell’errore materiale contenuto nel dispositivo della sentenza impugnata in relazione alla assoluzione di NOME e NOME NOME dal reato di cui al capo F) con la eliminazione delle parole “RAGIONE_SOCIALE“.
Così deciso il 17/06/2025.