Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 13056 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 13056 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Catanzaro il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 08/06/2023 del Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti del procedimento, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udito il Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con atto del proprio difensore, NOME COGNOME impugna l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro dell’8 giugno scorso, che ha respinto il riesame da lui proposto avverso il decreto di sequestro preventivo della somma di 60.359,53 euro o di beni per un valore equivalente, disposto nei suoi confronti dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, ai sensi degli artt. 322-ter e 640-quater, cod. pen., in relazione al delitto di cui all’art. 640-bis, cod. pen..
Secondo l’accusa, mediante la mendace attestazione del possesso dei relativi requisiti, in particolare quello di essere in regola con il pagamento di imposte e
tasse (quando invece risultava debitore verso l’Erario di 1.035 euro), egli ha ottenuto in affitto un terreno agricolo da “RAGIONE_SOCIALE“, azienda in house della Regione RAGIONE_SOCIALE, così costituendosi il presupposto per percepire aiuti economici stanziati dalla Unione europea, erogatigli su sua domanda, dalla “RAGIONE_SOCIALE“, ente regionale a ciò deputato (in particolare: 38.232 euro, con domanda unica di pagamento per gli anni 2020 e 2021; e 20.027 euro, con domanda di sostegno/pagamento per gli anni 2021-2022).
Il ricorso, con un primo motivo, denuncia l’assenza di motivazione su uno specifico aspetto dedotto con il riesame: ovvero quello per cui la domanda di pagamento per il 2020 si fondasse su una precedente concessione del 2015 con “RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE“, ancora vigente al momento di tale domanda, e non su quella del 17 luglio 2020, asseritannente ottenuta mediante il mendacio.
Con il secondo motivo, più in AVV_NOTAIO, contesta la rilevanza penale dell’ipotetico mendacio, non avendo comunque esso influito sulla determinazione di “RAGIONE_SOCIALE” di concedere in fitto il terreno al ricorrente ed essendosi perciò regolarmente realizzato il presupposto per poter accedere ai finanziamenti ottenuti.
Tale ente, infatti, non ha mai inteso rendere operativa la condizione risolutiva del contratto legata all’eventuale successivo accertamento dell’assenza dei requisiti attestati dall’affittuario. Peraltro, deve logicamente escludersi che COGNOME potesse aver agito con intento fraudolento, esercitando egli realmente l’attività di allevatore ed essendo concessionario di “RAGIONE_SOCIALE” da più di vent’anni senza aver mai subìto alcun rilievo.
Infine, essendosi la sua condotta limitata alla presentazione di dichiarazioni ipoteticamente mendaci, la stessa – sostiene la sua difesa – andrebbe sussunta al più nella fattispecie dell’indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316ter, cod. pen.), mancando artifici e raggiri nonché l’induzione in errore dell’ente erogatore.
Su tutti questi aspetti, l’ordinanza impugnata avrebbe omesso di motivare, perciò incorrendo in violazione di legge.
Ha depositato memoria scritta il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, concludendo per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La doglianza relativa al difetto di motivazione è inammissibile.
Anzitutto, è manifestamente infondata, perché la motivazione del provvedimento c’è e non è nemmeno puramente posticcia od apparente, per tale dovendo intendersi, infatti, soltanto quella affetta da vizi così radicali, da render l’apparato argomentativo, anche quando non del tutto mancante, comunque privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (per tutte, Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692).
In realtà, il ricorso lamenta la mancata disamina di aspetti che non risultano indiscutibilmente accertati in fatto (ad esempio, quale fosse la concessione di terreni in affitto sottesa alla domanda di contributo) oppure di non immediata rilevanza ai fini della configurabilità del reato (si pensi al mancato avvalersi dell condizione risolutiva da parte di “RAGIONE_SOCIALE“, comprensibilmente interessata soltanto ai riscuotere i canoni di affitto e non anche alla indebita percezione o meno dei contributi europei da parte dell’affittuario): si tratta, dunque, di lacun – semmai tali – che potrebbero al più integrare un vizio della motivazione, il quale, però, non può essere dedotto con il ricorso per cassazione in materia di sequestro preventivo (art. 325, comma 1, cod. proc. pen.).
Inammissibile è pure la censura relativa alla riqualificazione del fatto come indebita percezione di erogazioni pubbliche, ai sensi dell’art. 316-ter, cod. pen., anziché come truffa aggravata, a norma del successivo art. 640-bis.
Indipendentemente dalla sussunzione della condotta nell’una o nell’altra fattispecie, l’importo delle somme indebitamente percepite e la natura delle stesse come profitto del reato, perciò suscettibile di abiezione, rimarrebbero identici. Nessun effetto favorevole deriverebbe, dunque, all’indagato dall’accoglimento di tale sua doglianza, mentre l’interesse richiesto dall’art. 568, comma 4, cod. proc. pen., quale condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione, dev’essere concreto, e cioè mirare a rimuovere l’effettivo pregiudizio che la parte asserisce di aver subìto con il provvedimento impugnato.
Piuttosto, la motivazione dell’ordinanza non persuade là dove afferma che «la falsità commessa in sede di stipulazione della concessione non può che rifluire anche nei rapporti tra il prevenuto e l’RAGIONE_SOCIALE».
Trattandosi, per quel che si evince dal provvedimento impugnato, di due procedure distinte ed autonome, il mendacio riguardante la prima e strumentale / alla realizzazione di un fatto – la conduzione in affitto dei terreni – che costituiva il presupposto legittimante per accedere alla seconda, non può estendersi hinc et inde, “per proprietà transitiva” verrebbe da dire, all’attestazione rilasciata dall’interessato nell’àmbito del successivo e separato procedimento volto ad
ottenere i finanziamenti. È di solare evidenza, in altri termini, che, se, in ipotes il requisito da attestare per poter accedere a tali sovvenzioni fosse stato soltanto quello di esercitare l’attività agricola e di avere la disponibilità effettiva dei te ad essa destinati, nessuna falsa attestazione avrebbe reso l’indagato agli organi deputati alla erogazione di quelle.
L’automatica estensione della valenza decettiva dell’attestazione resa a “RAGIONE_SOCIALE“, invece, potrebbe ritenersi giustificata semmai si accertasse che tra le due procedure amministrative vi fosse un immediato collegamento di tipo funzionale e che, quindi, per esempio, la fase istruttoria delle relative domande fosse rimessa esclusivamente agli organi di tale società, senza necessità di un distinto, o comunque ulteriore, controllo da parte di “RAGIONE_SOCIALE“, oppure che, per altre specifiche ragioni, l’inganno perpetrato nell’una assicurasse, di fatto, il buon esito anche dell’altra. Ovviamente, poi, ed a maggior ragione, la falsa attestazione dell’interessato circa la regolarità della sua posizione fiscal rileverebbe qualora resa – anche – a corredo della domanda di erogazione dei contributi.
Sono queste, però, circostanze di fatto che, dal provvedimento impugnato, non emergono con la necessaria chiarezza, non comprendendosi, in particolare, se la falsa attestazione – come ivi si accenna solo incidentalmente a pag. 3 – sia stata commessa anche «successivamente in sede di DUP» (acronimo di “domanda unica di pagamento”, cioè – parrebbe di capire – la richiesta di contributo per gli anni 2020 e 2021 e che, come tale, sarebbe comunque relativa solo ad una parte dei finanziamenti ottenuti).
Sui profili indicati s’impone, dunque, un supplemento di motivazione da parte del giudice di merito, al quale dev’essere perciò rimesso il procedimento, previo annullamento del provvedimento impugnato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro, competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, c.p.p.. Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2024.