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Truffa aggravata: fondi UE e controlli automatizzati

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26906/2025, ha confermato la condanna per truffa aggravata a carico di un soggetto che aveva ottenuto fondi agricoli europei tramite false autocertificazioni. I giudici hanno chiarito che, per configurare il reato, è sufficiente che l’ente erogatore sia indotto in errore da artifici e raggiri, anche se i controlli sono meramente automatizzati e informatici. La Corte ha distinto tale fattispecie dalla meno grave ipotesi di indebita percezione di erogazioni pubbliche. La sentenza è stata però annullata con rinvio su un punto procedurale: l’omessa pronuncia sulla richiesta di sospensione condizionale della pena.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa Aggravata e Fondi Pubblici: la Cassazione sul Valore dei Controlli Automatizzati

La recente sentenza n. 26906/2025 della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale per chiunque interagisca con la Pubblica Amministrazione per ottenere fondi e contributi: la differenza tra la truffa aggravata e la meno grave indebita percezione. Il caso riguarda l’ottenimento di fondi agricoli europei tramite false dichiarazioni, ma il principio stabilito ha una portata ben più ampia, specialmente nell’era della digitalizzazione e dei controlli automatizzati.

I Fatti di Causa

Un imprenditore agricolo veniva condannato per il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato (art. 640 bis c.p.) per aver trasmesso all’ente erogatore (Agea) delle autocertificazioni non veritiere al fine di ottenere contributi comunitari per l’agricoltura. La difesa dell’imputato sosteneva che i fatti dovessero essere riqualificati nel reato più lieve di indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316ter c.p.).

La tesi difensiva si basava su un punto specifico: l’ente erogatore non avrebbe svolto un reale e concreto controllo sulla veridicità dei dati forniti, ma si sarebbe limitato a inserirli in una procedura automatizzata. Secondo questa linea, mancherebbe l’elemento chiave della truffa: l’induzione in errore tramite “artifici e raggiri”.

La Questione Giuridica: Truffa Aggravata o Indebita Percezione?

La distinzione tra i due reati è sottile ma fondamentale. Si configura l’indebita percezione (art. 316ter c.p.) quando il privato si limita a presentare una dichiarazione falsa o a omettere informazioni dovute, e l’ente pubblico eroga il contributo sulla base di questa semplice attestazione, senza essere stato attivamente ingannato. Si parla invece di truffa aggravata (art. 640 bis c.p.) quando la falsa dichiarazione si inserisce in un contesto più complesso di “artifici e raggiri” idonei a indurre in errore l’ente, superando le sue difese e i suoi controlli.

Il dubbio nel caso di specie era: un controllo meramente informatizzato e automatizzato, che si limita a incrociare dati, può essere considerato un’attività di verifica sufficiente a far sì che l’ente venga “ingannato”? Oppure la sua natura automatica lo rende una mera presa d’atto, facendo ricadere la condotta nell’ipotesi meno grave?

Il Ruolo dei Controlli nella Truffa Aggravata

La Cassazione ha respinto la tesi difensiva, confermando l’impostazione dei giudici di merito. Secondo la Corte, l’iter procedimentale per l’accesso ai contributi agricoli, sebbene informatizzato, non costituisce una mera presa d’atto. Al contrario, prevede un’istruttoria, seppur automatizzata, che include il riscontro delle dichiarazioni con banche dati esterne. Questo sistema di controlli, anche se non prevede un intervento umano su ogni singola pratica, è predisposto proprio per verificare la sussistenza dei requisiti.

Di conseguenza, la presentazione di una falsa attestazione che supera questi controlli automatizzati non è una semplice dichiarazione mendace, ma una condotta decettiva (un “artificio”) che fuorvia la rappresentazione della realtà da parte dell’ente e lo induce a erogare fondi che non sarebbero dovuti.

Le Motivazioni della Corte

La Corte Suprema ha ribadito un principio consolidato: il discrimine tra le due fattispecie di reato risiede nell’assenza o presenza di controlli prodromici all’erogazione. Nel caso di specie, i regolamenti comunitari e le normative nazionali impongono un sistema di identificazione e registrazione che include verifiche incrociate. Questo dimostra la posizione “attiva” dell’ente, che non si limita a recepire passivamente le dichiarazioni ma le sottopone a una valutazione, seppur informatizzata.

Inoltre, i giudici hanno sottolineato che la responsabilità penale dell’agente non viene meno per il solo fatto che l’ente ingannato (il deceptus) avesse a disposizione strumenti di difesa che non ha utilizzato in modo completo. La fraudolenta induzione in errore sussiste a prescindere dalla negligenza della vittima.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un punto fermo: la presentazione di false autocertificazioni per ottenere fondi pubblici integra il più grave reato di truffa aggravata quando queste sono destinate a superare un sistema di controllo predisposto dall’ente, anche se tale sistema è completamente automatizzato. La natura informatica della procedura non sminuisce il ruolo attivo dell’amministrazione nel verificare i requisiti, rendendo la falsa dichiarazione un vero e proprio raggiro. La Corte ha però annullato con rinvio la sentenza per un vizio procedurale, in quanto la Corte d’Appello non si era pronunciata sulla richiesta di concessione della sospensione condizionale della pena, un aspetto che dovrà essere nuovamente valutato.

Quando la presentazione di una falsa autocertificazione per ottenere fondi pubblici integra il reato di truffa aggravata?
Integra il reato di truffa aggravata (art. 640 bis c.p.) quando la falsa dichiarazione è finalizzata a superare un sistema di controlli, anche se automatizzati, predisposto dall’ente erogatore. La condotta va oltre la semplice menzogna e diventa un artificio che induce in errore l’amministrazione.

Un controllo puramente automatizzato da parte della Pubblica Amministrazione è sufficiente a configurare un’induzione in errore?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, anche un sistema di controllo informatizzato che effettua verifiche e incroci di dati rappresenta una procedura di valutazione attiva. Superare tale sistema con dati falsi significa indurre in errore l’ente, integrando così gli elementi della truffa.

Cosa succede se un giudice d’appello omette di pronunciarsi su una richiesta di sospensione condizionale della pena?
L’omessa pronuncia su una richiesta di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena determina l’annullamento della sentenza con rinvio. La Corte di Cassazione, infatti, non può effettuare valutazioni di merito come quella sulla concessione del beneficio e deve quindi rimandare la decisione al giudice del grado precedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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