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Truffa aggravata e negligenza banca: quando c’è reato

La Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di truffa aggravata ai danni di diversi istituti di credito. Un soggetto aveva ottenuto finanziamenti per oltre 1,5 milioni di euro presentando documentazione reddituale non veritiera e omettendo informazioni sul proprio stato debitorio. La Corte ha confermato che la potenziale negligenza della banca nel verificare i dati non esclude il reato, poiché l’effettivo conseguimento del profitto dimostra l’efficacia dell’inganno. La sentenza ha inoltre chiarito i criteri per determinare la consumazione del reato ai fini della prescrizione, annullando parzialmente la condanna per i reati già estinti.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa Aggravata ai Danni delle Banche: la Negligenza dell’Istituto non Salva dal Reato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2001 del 2024, ha affrontato un interessante caso di truffa aggravata, chiarendo un principio fondamentale: la negligenza o la scarsa diligenza di un istituto di credito nel verificare la documentazione fornita da un cliente non è sufficiente a escludere la responsabilità penale di quest’ultimo. Vediamo nel dettaglio i fatti e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti: Una Rete di Finanziamenti Basata sull’Inganno

Il caso riguarda un imprenditore che, nell’arco di pochi mesi durante l’estate del 2012, era riuscito a ottenere affidamenti e finanziamenti da diversi istituti bancari per un importo complessivo superiore a 1,5 milioni di euro. Per raggiungere il suo scopo, aveva presentato dichiarazioni dei redditi provvisorie con importi notevolmente superiori a quelli reali.

Inoltre, aveva agito in modo strategico, inoltrando le richieste a più banche contemporaneamente per nascondere la sua reale e crescente esposizione debitoria. La sua condotta truffaldina si basava non solo sulla falsità dei documenti, ma anche sull’omissione di informazioni cruciali riguardanti la sua situazione patrimoniale e familiare, come la presenza di vincoli su beni immobili offerti in garanzia.

Il Percorso Giudiziario e i Motivi del Ricorso

Condannato in primo grado e in appello per il reato di truffa aggravata, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione attraverso il suo difensore, sollevando diverse questioni. Tra le principali, la difesa sosteneva che le banche, in quanto operatori professionali qualificati, avrebbero dovuto accorgersi della non veridicità della documentazione e della situazione debitoria del richiedente. Secondo questa tesi, la loro negligenza avrebbe dovuto interrompere il nesso causale e far venir meno gli elementi costitutivi del reato. Inoltre, veniva contestato il momento consumativo dei reati ai fini del calcolo della prescrizione, sostenendo che questa fosse già maturata per tutte le imputazioni prima della sentenza d’appello.

Le Motivazioni della Cassazione sulla Truffa Aggravata

La Corte di Cassazione ha rigettato gran parte delle argomentazioni difensive. I giudici hanno ribadito un principio consolidato in materia di truffa aggravata: la valutazione sull’idoneità degli artifici e raggiri a ingannare la vittima è rilevante soprattutto nell’ipotesi di tentativo. Quando il reato, invece, è consumato – cioè quando l’agente ha ottenuto l’ingiusto profitto con altrui danno – l’effettivo raggiungimento del risultato dimostra di per sé l’efficacia della condotta ingannatoria.

In altre parole, il fatto che le banche siano state effettivamente tratte in inganno e abbiano concesso i finanziamenti prova che gli stratagemmi usati dall’imputato erano adeguati allo scopo. La professionalità e la diligenza esigibile dalla vittima non costituiscono, quindi, una scusante per l’autore del reato. La condotta dell’imputato, caratterizzata dalla presentazione di documenti falsi e dall’occultamento di informazioni decisive, è stata correttamente qualificata come una congerie di artifici e raggiri pienamente idonea a integrare il delitto di truffa.

Per quanto riguarda la prescrizione, la Corte ha accolto parzialmente il ricorso. Analizzando le date di delibera dei singoli affidamenti, ha accertato che per due capi di imputazione il termine massimo di prescrizione era effettivamente decorso prima della pronuncia d’appello, annullando la relativa condanna. Per gli altri episodi, invece, ha ritenuto che la prescrizione non fosse maturata, confermando la responsabilità dell’imputato.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La decisione della Cassazione conferma che nel reato di truffa aggravata, l’attenzione del giudice deve concentrarsi primariamente sulla condotta dell’agente. Se questa è oggettivamente ingannevole e causa l’induzione in errore della vittima e il conseguente profitto ingiusto, il reato sussiste. La possibile co-responsabilità colposa della persona offesa, come una banca che non effettua controlli sufficientemente approfonditi, non elide la rilevanza penale del comportamento del truffatore.

Questa sentenza serve da monito: la fiducia e le procedure, anche quelle di operatori professionali, possono essere aggirate. La responsabilità penale di chi agisce con artifici e raggiri rimane piena, e il successo dell’inganno ne è la prova più evidente.

La negligenza di una banca nel controllare la documentazione esclude il reato di truffa aggravata?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, in caso di reato consumato, la negligenza dei funzionari di banca non incide sulla configurabilità della truffa. L’effettivo ottenimento del profitto ingiusto dimostra implicitamente che la condotta ingannatoria era idonea a trarre in errore.

Quando si consuma il reato di truffa per ottenere un affidamento bancario?
Il reato si perfeziona nel momento in cui l’agente ottiene la piena disponibilità delle somme, realizzando così l’ingiusto profitto. Questo coincide generalmente con il momento dell’adozione della delibera di fido da parte dell’organo competente della banca o, al più tardi, con il versamento effettivo del denaro sul conto corrente del cliente.

Cosa deve dimostrare chi invoca la prescrizione in Cassazione sostenendo una diversa data di consumazione del reato?
Il ricorrente che afferma che la consumazione del reato è avvenuta in una data anteriore a quella contestata ha l’onere di fornire elementi di prova incontrovertibili. Tali elementi devono essere idonei, da soli, a confermare la sua affermazione e non devono essere smentiti da altre prove presenti nel processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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