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Truffa aggravata contributi: Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione conferma la qualificazione di truffa aggravata contributi per una società che, attraverso un’elaborata manipolazione dei ruoli aziendali e un fittizio demansionamento dei lavoratori, aveva evaso i versamenti previdenziali. La sentenza distingue nettamente tale condotta dal meno grave reato di omessa denuncia, sottolineando come la presenza di un complesso “artificio” giustifichi l’accusa di frode e il conseguente sequestro preventivo dei beni.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa Aggravata Contributi: Quando l’Evasione Diventa Frode

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 13975 del 2024, offre un’analisi cruciale sulla linea di demarcazione tra l’evasione contributiva e la più grave fattispecie di truffa aggravata contributi ai danni dello Stato. Il caso esaminato chiarisce che non tutte le omissioni contributive sono uguali: quando l’evasione è supportata da un’architettura ingannevole e complessa, la qualificazione giuridica del fatto cambia radicalmente, con conseguenze ben più severe per gli autori.

I Fatti del Caso: un Fittizio Demansionamento per Evadere i Contributi

Al centro della vicenda vi è una società di costruzioni accusata di aver orchestrato un elaborato schema per ridurre il carico contributivo. L’azienda, attraverso il suo amministratore e altri dirigenti, avrebbe attuato una prolungata attività di fittizio demansionamento dei propri lavoratori. In pratica, pur mantenendo le loro reali mansioni, i dipendenti venivano formalmente inquadrati a un livello inferiore. Questa manovra, unita all’attribuzione di un’indennità di trasferta non dovuta, consentiva all’impresa di versare meno contributi previdenziali e assistenziali all’INPS.

Il Tribunale del Riesame aveva confermato un sequestro preventivo di oltre 137.000 euro, identificando in questa condotta gli estremi della truffa aggravata. Contro tale decisione, la società e i suoi rappresentanti hanno proposto ricorso in Cassazione.

La Difesa e i Motivi del Ricorso

I ricorrenti hanno basato la loro difesa su due argomentazioni principali:

1. Violazione del principio di specialità: Secondo la difesa, la condotta avrebbe dovuto essere inquadrata nel meno grave reato di omissione o falsità in denunce obbligatorie (previsto dall’art. 37 della L. 689/1981), e non in quello di truffa. Si sosteneva che la truffa ai danni dello Stato può concorrere con i reati tributari o previdenziali solo quando genera un profitto ulteriore e diverso dalla mera evasione, cosa che, a loro dire, non era avvenuta.
2. Carenza di motivazione sul periculum in mora: La difesa lamentava che il sequestro fosse stato giustificato solo con un generico riferimento alla “naturale volatilità del denaro”, senza una concreta dimostrazione del pericolo che i beni potessero essere dispersi prima della fine del processo.

Le Motivazioni della Corte sulla Truffa Aggravata Contributi

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, respingendo entrambe le tesi difensive e fornendo motivazioni dettagliate.

Sul primo punto, i giudici hanno stabilito che il comportamento della società andava ben oltre la semplice presentazione di denunce mendaci. L’elemento qualificante, che trasforma l’illecito previdenziale in truffa, è stato individuato in una “ulteriore attività di elaborata manipolazione dell’organigramma e del mansionario formali rispetto alle reali dinamiche aziendali”. Questa condotta è stata ritenuta “concretamente decettiva e inequivocabilmente riconducibile alla nozione di ‘artificio'” richiesta dall’art. 640 del codice penale.

La Corte ha ribadito la sua giurisprudenza secondo cui il reato meno grave di cui all’art. 37 si differenzia dalla truffa proprio per l’assenza di artifici e raggiri. In questo caso, la creazione di una realtà aziendale fittizia rappresentava quel quid pluris ingannevole che integra pienamente il delitto di truffa aggravata ai danni dello Stato.

Le Motivazioni sul Sequestro Preventivo e il Periculum in Mora

Anche il secondo motivo di ricorso è stato rigettato. La Cassazione ha ritenuto adeguata la motivazione del Tribunale del Riesame sul periculum in mora. La valutazione non si è limitata alla volatilità delle somme, ma ha tenuto conto di un quadro complessivo ben più allarmante:

* La lunga contestualizzazione della vicenda fraudolenta.
* L’illiquidità e lo stato di crisi del gruppo aziendale, che aumentavano il concreto pericolo di dispersione dei profitti illeciti.
* Il significativo importo dei profitti conseguiti.
* Le modalità elusive e predatorie con cui i reati sono stati commessi, costringendo i dipendenti ad accettare il demansionamento sotto la minaccia del licenziamento.

Questi elementi, sia oggettivi (la consistenza dei beni) che soggettivi (il comportamento degli indagati), hanno fondatamente fatto temere il compimento di atti volti a disperdere il patrimonio, giustificando pienamente la necessità e l’urgenza del sequestro preventivo.

Le Conclusioni della Corte di Cassazione

La sentenza n. 13975/2024 consolida un principio fondamentale: l’evasione contributiva cessa di essere un mero illecito amministrativo o un reato minore quando è il risultato di una messa in scena complessa, volta a ingannare l’ente previdenziale. La creazione di una realtà aziendale artefatta, come il fittizio demansionamento, costituisce un artificio che qualifica la condotta come truffa aggravata contributi. Questa decisione serve da monito per le imprese, chiarendo che gli schemi fraudolenti per ridurre i costi del lavoro non solo sono illegali, ma possono portare a conseguenze penali molto gravi, incluso il sequestro dei beni aziendali e personali.

Quando l’evasione dei contributi previdenziali diventa truffa aggravata ai danni dello Stato?
Quando, oltre alla semplice presentazione di denunce false, viene posta in essere un’attività complessa e ingannevole, come un’elaborata manipolazione dell’organigramma aziendale e dei mansionari formali, che costituisce un vero e proprio ‘artificio’ ai sensi del codice penale.

Perché il principio di specialità tra il reato di truffa e quello di omessa denuncia contributiva non è stato applicato?
Perché la condotta esaminata non si limitava a una mera omissione o falsità dichiarativa. L’attività di manipolazione dei ruoli aziendali è stata considerata un’azione fraudolenta ulteriore e distinta, che integra pienamente la fattispecie più grave di truffa, la quale richiede la presenza di ‘artifici o raggiri’ assenti nel reato meno grave.

Come si giustifica il sequestro preventivo basato sul ‘periculum in mora’ in casi di reati finanziari?
La giustificazione non si basa solo sulla generica volatilità del denaro, ma su un’analisi concreta di elementi specifici. Nel caso di specie, sono stati considerati la lunga durata dell’attività illecita, lo stato di crisi del gruppo aziendale (che aumenta il rischio di dispersione del patrimonio), l’ingente profitto e le modalità predatorie della condotta, elementi che insieme dimostrano un fondato timore di depauperamento del patrimonio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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