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Truffa aggravata bonus fiscali: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36282/2025, ha rigettato il ricorso di un professionista destinatario di una misura interdittiva per truffa aggravata bonus fiscali. La Corte ha stabilito che la creazione di un complesso apparato fraudolento, con società fittizie e documentazione falsa per ottenere crediti d’imposta, integra il reato di truffa aggravata (art. 640 bis c.p.) e non la meno grave fattispecie di indebita percezione di fondi pubblici (art. 316 ter c.p.), che ha natura residuale e si applica solo in assenza di un’effettiva induzione in errore della pubblica amministrazione.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa aggravata bonus fiscali: quando scatta il reato più grave?

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 36282 del 2025, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande attualità: la truffa aggravata bonus fiscali. La pronuncia offre un chiarimento fondamentale sulla linea di demarcazione tra il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 bis c.p.) e la meno grave fattispecie di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316 ter c.p.). La decisione sottolinea come la creazione di un complesso apparato fraudolento, finalizzato a indurre in errore la pubblica amministrazione, qualifichi la condotta come truffa, con conseguenze ben più severe per l’autore del reato.

I fatti di causa

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Salerno che, in accoglimento di un appello del pubblico ministero, applicava una misura interdittiva nei confronti di un professionista. L’accusa era di aver orchestrato una serie di truffe aggravate per l’erogazione di fondi pubblici, nello specifico crediti d’imposta legati a bonus edilizi. L’indagato, attraverso la creazione di società e operazioni contabili fittizie, avrebbe generato documentazione falsa per ottenere crediti fiscali inesistenti, per poi cederli a operatori economici in buona fede, monetizzando così il profitto illecito. La difesa dell’indagato ha presentato ricorso per cassazione, contestando sia la qualificazione giuridica del fatto sia la sussistenza delle esigenze cautelari.

L’importanza della qualificazione giuridica nella truffa aggravata bonus fiscali

Il primo motivo di ricorso si concentrava sulla presunta erronea qualificazione giuridica. La difesa sosteneva che i fatti dovessero essere inquadrati nel reato di cui all’art. 316 ter c.p. (indebita percezione) anziché in quello, più grave, di truffa aggravata ai sensi dell’art. 640 bis c.p. Questo punto è cruciale: mentre l’indebita percezione si configura con la semplice presentazione di dichiarazioni non veritiere, la truffa aggravata richiede qualcosa di più, ovvero la presenza di ‘artifici e raggiri’ idonei a indurre in errore la Pubblica Amministrazione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo infondato su tutta la linea. Sul primo punto, i giudici hanno ribadito il principio consolidato secondo cui l’art. 316 ter c.p. ha una natura puramente residuale. Esso si applica solo quando la condotta illecita non integra gli elementi costitutivi della truffa. Nel caso di specie, l’indagato non si era limitato a presentare dichiarazioni false, ma aveva costruito una vera e propria ‘realtà parallela’ con documentazione integralmente fittizia e operazioni inesistenti. Questa complessa macchinazione, volta a ingannare l’amministrazione finanziaria sulla reale esistenza del diritto al credito, rappresenta in pieno gli ‘artifici e raggiri’ richiesti dall’art. 640 bis c.p. La Corte ha chiarito che quando sussiste un’induzione in errore attiva, frutto di un’elaborata messa in scena, si deve applicare la fattispecie più grave della truffa.

Per quanto riguarda il secondo motivo, relativo alla mancanza di concretezza e attualità delle esigenze cautelari, la Corte lo ha giudicato manifestamente infondato. La motivazione del Tribunale è stata ritenuta approfondita e puntuale, evidenziando la pluralità delle condotte, la spregiudicatezza e la pericolosità sociale dell’indagato. Secondo i giudici, la scelta di delinquere in età matura, dopo una vita senza precedenti penali, dimostrava una decisione ‘senza ritorno’ e un’assenza di remore, elementi che giustificavano ampiamente il mantenimento della misura interdittiva per prevenire il rischio di recidiva.

Le conclusioni

La sentenza in esame consolida un importante principio giuridico in materia di truffa aggravata bonus fiscali. La distinzione tra il reato di cui all’art. 640 bis c.p. e quello previsto dall’art. 316 ter c.p. non risiede nella natura del beneficio ottenuto, ma nelle modalità della condotta. Laddove l’agente non si limiti a una mera dichiarazione mendace, ma predisponga un articolato schema fraudolento per ingannare l’ente erogatore, la condotta rientrerà sempre nella più grave ipotesi di truffa aggravata. Questa interpretazione rigorosa funge da monito, confermando la ferma volontà dell’ordinamento di reprimere con severità le frodi complesse che minano le risorse pubbliche.

Quando una frode sui bonus edilizi è considerata truffa aggravata (art. 640 bis c.p.) e non indebita percezione (art. 316 ter c.p.)?
Secondo la sentenza, si configura la truffa aggravata quando la condotta non si limita alla presentazione di dichiarazioni false, ma implica la creazione di un complesso apparato fraudolento (artifici e raggiri), come società fittizie e documentazione falsa, volto a indurre attivamente in errore la pubblica amministrazione sulla sussistenza del diritto al beneficio. L’indebita percezione è invece un reato residuale, applicabile solo in assenza di tale induzione in errore.

Perché il motivo di ricorso sulla qualificazione giuridica è stato ritenuto infondato?
È stato ritenuto infondato perché la condotta dell’indagato andava ben oltre la semplice dichiarazione non veritiera. La creazione di una ‘realtà parallela’ con documentazione e operazioni contabili fittizie integra pienamente gli ‘artifici e raggiri’ tipici del reato di truffa, rendendo inapplicabile la fattispecie meno grave e di natura residuale dell’indebita percezione.

Quali elementi ha considerato il Tribunale per giustificare la misura interdittiva?
Il Tribunale ha giustificato la misura cautelare sulla base della pluralità delle condotte illecite, della spregiudicatezza e della notevole pericolosità sociale dell’indagato. È stato evidenziato che la scelta di delinquere in età matura, per un tornaconto personale sproporzionato, rivelava un’alta probabilità di recidiva e una totale assenza di remore, rendendo necessaria la misura per prevenire ulteriori reati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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