Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 36282 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 36282 Anno 2025
Presidente: COGNOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a FOGGIA il DATA_NASCITA avverso l ‘ordinanza del 19/05/2025 del TRIBUNALE di SALERNO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; ricorso trattato in camera di consiglio senza la presenza delle parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli artt. 610, comma 5, e 611, comma 1 bis , e segg. cod. proc. pen..
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento, il Tribunale di Salerno, in accoglimento dell’appello cautelare formulato dal pubblico ministero contro l’ordinanza emessa l’8 aprile 2025 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale cittadino, ha applicato nei confronti di NOME COGNOME la misura interdittiva del divieto di esercitare temporaneamente l’attività professionale in relazione a contestazioni di truffe aggravate per l’erogazione di fondi pubblici .
Presentando ricorso per cassazione, la difesa dell’indagato formula i seguenti motivi.
2.1 Con il primo motivo si deduce la violazione di legge in relazione agli artt. 640 bis e 316 ter c.p. (art. 606 co. 1 lett. b, cod. proc. pen.) per l’e rronea qualificazione giuridica del fatto.
2.2 Con il secondo motivo si lamenta la violazione di legge in relazione agli artt. 274 lett. c, e 292, comma 2, lett. c, cod. proc. pen. nonché vizio di motivazione (art. 606 co. 1 lett. b ed e, cod. proc. pen.) per carenza di motivazione in ordine alla concretezza e attualità delle esigenze cautelari.
Il Sostituto Procuratore generale ha inviato memoria con cui ha contraddetto ogni specifico motivo di ricorso, chiedendone conseguentemente il rigetto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per plurime ragioni.
Il primo motivo è innanzitutto formulato in maniera generica, non avendo la difesa dell’imputato declinato specificamente l’interessa alla diversa qualificazione giuridica della fattispecie.
Costituisce infatti regola generale, che trova applicazione tanto nei confronti dell’imputato quanto della parte pubblica, quando impugnante, che non vi possa essere una astratta pretesa alla corretta applicazione della legge penale (Sez. 6, n. 46387 del 24/10/2023, COGNOME, Rv. 285481 -01; Sez. 1, n. 39215 del 03/07/2017, COGNOME, Rv. 270957 – 01), ma che la domanda di immutatio debba essere supportata da uno specifico interesse concreto che, secondo i principi consolidati, spetta alla parte specificamente evidenziare.
Nel caso concreto, la mancata specificazione dell’interesse significa che il motivo è generico e quindi, in parte qua , inammissibile.
A prescindere da tale rilievo preliminare, il motivo risulta infondato, alla luce della corretta qualificazione giuridica attribuita alla fattispecie dal Tribunale.
La tesi ‘riduzionistica’ mira alla sola evidenziazione dell’elemento finale della complessiva vicenda, enucleando ed isolando la percezione di un credito di imposta a seguito della presentazione di documentazione falsa e falsamente certificata come genuina, a costo di obliterare quanto avvenuto prima e dopo, cioè, da un lato la creazione di società e di operazioni contabili fittizie e, dall’altro, lo sconto del credito acquisito a operatori economici in buona fede al fine di materializzare il credito e di conseguire definitivamente il profitto del reato.
Il tribunale del riesame, conducendo una completa ed accurata analisi delle risultanze istruttorie e procedendo alla corretta ricostruzione degli istituti coinvolti, ha evidenziato la natura residuale del reato la cui applicazione viene oggi dalla difesa invocata (art. 316 ter cod. pen.) rispetto alla truffa per l ‘ erogazione di provvidenze pubbliche (art. 640 bis cod. pen.), ciò che predica e prescrive il ricorso a lla ipotesi minore solamente nell’ipotesi in cui la truffa debba essere esclusa.
A tale orientamento, d’altra parte, si conforma la giurisprudenza assolutamente prevalente di questa Sezione, che, senza accontentarsi del discrimine costituito dell’esistenza di un vaglio preliminare della documentazione prodotta, incentra la ricostruzione del reato ‘maggiore’ sull’entità e caratteristiche complessive dell’attività posta in essere per giungere alla spoliazione di risorse pubbliche attraverso l’inganno.
Evidenziando, in linea generale, che l’introduzione della fattispecie dell’art. 316 ter cod. pen., in adempimento di obblighi comunitari, aveva il mero fine di introdurre una norma ‘di chiusura’, per evitare che condotte predatorie del patrimonio pubblico potessero sfuggire alla repressione penale, se ne è concluso che l’interprete, per procedere alla esatta qualificazione giuridica dei fatti, deve, dapprima, escludere l’ipotesi della truffa e, solo dopo, eventualmente inquadrare la fattispecie concreta in altro e diverso reato; ove, quindi, sussistano sia gli artifici ed i raggiri che l’induzione in errore tramite inganno, non vi è dubbio che va applicata la fattispecie più grave di cui al citato art. 640 bis cod. pen.. In tal senso, si è affermato (in uno degli arresti citati dal provvedimento impugnato, la sentenza Sez. 2, n. 40015 del 23/10/2024, Errichiello, Rv. 287083 – 01) che nell’ipotesi di crediti fiscali da bonus ( bonus facciate o bonus 110%) la condotta illecita può essere integrata dalla predisposizione artificiosa a seguito della trasmissione della falsa documentazione di crediti fiscali nei confronti dell’amministrazione pubblica cui segue la cessione di tale posta attiva a terzi -come nel caso specifico; in tali casi, il soggetto passivo dell’induzione in errore è sempre la pubblica amministrazione, mentre, il danneggiato dal reato, può sia coincidere con la RAGIONE_SOCIALE delle Entrate e quindi con l’amministrazione finanziaria ove il credito sia stato posto in compensazione o comunque liquidato, ovvero, anche con il terzo cessionario del credito che lo abbia poi a sua volta inserito nel proprio cassetto fiscale.
Tale orientamento, del tutto uniforme in Sezione, ha trovato corretta applicazione da parte del Tribunale del riesame che ha descritto la complessità della condotta truffaldina, che non è consistita solamente nella allegazione di dichiarazioni indebite o omertose, quanto piuttosto nella predisposizione di una
sorta di ‘realtà parallela’ finalizzata esclusivamente alla realizzazione di documentazione integralmente fittizia, relativa ad operazioni inesistenti.
In altre parole, il paradigma dell’ipotesi truffaldina descritta nell’art. 640 bis cod. pen..
Per queste ragioni, il primo motivo è infondato e va rigettato.
Generico e manifestamente infondato è il secondo motivo di ricorso, che contesta concretezza ed attualità delle esigenze cautelari, lamentando a sua volta genericità delle considerazioni poste a base dell’ordinanza impugnata, a fronte di una motivazione che affronta con serietà ed approfondimento la situazione concreta, evidenziando la pluralità delle condotte decettive e la spregiudicatezza e pericolosità sociale fuori del comune di chi, incensurato fino ad età matura, ha oramai deciso, evidentemente, di recidere il patto di solidarietà e di strappare il tessuto di connessione sociale, per il proprio, sproporzionato tornaconto personale, quasi a delineare una scelta ‘senza ritorno’ o di chi non ha oram ai nulla da perdere e, quindi, non ha alcuna remora alla recidiva.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, a cura della Cancelleria, la trasmissione di copia del presente provvedimento per l’esecuzione ex art. 28 reg. esec. cod. proc. pen..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen..
Così deciso in Roma, 10 ottobre 2025 Il Consigliere relatore Il Presidente NOME COGNOME COGNOME