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Truffa aggravata assegno: quando è reato penale

La Corte di Cassazione conferma la condanna per truffa aggravata a carico di due persone per l’acquisto di un orologio con assegni scoperti. La sentenza chiarisce che, sebbene un assegno a vuoto non sia di per sé reato, lo diventa quando è accompagnato da ulteriori raggiri volti a carpire la fiducia della vittima, come in questo caso, dove era stato effettuato un precedente acquisto andato a buon fine per creare un falso senso di affidabilità. La Corte ha inoltre stabilito che un precedente provvedimento di archiviazione non impedisce un nuovo processo per lo stesso fatto, non applicandosi il principio del ‘ne bis in idem’.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa Aggravata con Assegno: La Sottile Linea tra Reato e Inadempimento Civile

L’emissione di un assegno scoperto è sempre reato? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15723/2025, torna su un tema delicato, tracciando una linea di demarcazione netta tra un mero inadempimento civilistico e una vera e propria truffa aggravata con assegno. Questa decisione offre spunti fondamentali per comprendere quando il comportamento dell’acquirente supera la soglia della liceità penale.

I Fatti del Caso: L’Acquisto di un Orologio Finito Male

Il caso esaminato riguarda la condanna di due persone per truffa aggravata ai danni di un venditore. Le imputate avevano acquistato un orologio di valore, pagando con assegni che, al momento dell’incasso, si sono rivelati privi di copertura finanziaria.

Ciò che ha reso la situazione penalmente rilevante non è stata la semplice emissione dei titoli a vuoto, ma l’intera strategia posta in essere per ingannare la vittima. La difesa sosteneva che si trattasse di un semplice inadempimento contrattuale, ma sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno ritenuto che vi fossero elementi sufficienti per configurare il reato di truffa.

Il Ricorso in Cassazione e le Tesi della Difesa

La difesa delle imputate ha basato il proprio ricorso in Cassazione su due motivi principali:

1. Violazione di legge: Si sosteneva che non fossero stati adeguatamente specificati i ‘raggiri’ caratterizzanti la truffa, poiché il pagamento con assegni scoperti costituirebbe un semplice inadempimento di natura civilistica, privo di rilevanza penale.
2. Violazione del ‘ne bis in idem’: Veniva eccepito che una precedente richiesta di archiviazione, originata dalla stessa denuncia, avrebbe dovuto precludere l’avvio di un nuovo procedimento penale per lo stesso fatto, in base al principio che vieta di essere processati due volte per la medesima accusa.

Le Motivazioni della Cassazione: La Disciplina della Truffa Aggravata con Assegno

La Suprema Corte ha rigettato entrambi i motivi, confermando la condanna. Le motivazioni della decisione sono cruciali per capire la logica giuridica applicata.

Il punto centrale della sentenza risiede nella distinzione tra un assegno scoperto (di per sé non sufficiente a integrare la truffa) e una condotta fraudolenta complessiva. La Corte ha evidenziato che il reato si configura quando l’emissione dell’assegno è inserita in un contesto di azioni ingannevoli, un ‘di più’ finalizzato a carpire la fiducia della vittima. Nel caso specifico, questo ‘di più’ è stato ravvisato in due elementi chiave:

– La cosiddetta ‘captatio fiduciae’: le imputate avevano precedentemente concluso un acquisto analogo andato a buon fine. Questo comportamento era stato studiato per accreditarsi come acquirenti affidabili e indurre la persona offesa ad abbassare le proprie difese.
Le rassicurazioni sulla solvibilità: anche dopo la consegna degli assegni, erano state fornite continue rassicurazioni sulla loro copertura e sulla successiva solvibilità, componendo un quadro complessivo di una condotta ab origine diretta a commettere la truffa.

La Corte ha inoltre chiarito che il principio del ‘ne bis in idem’ (art. 649 c.p.p.) non si applica ai provvedimenti di archiviazione. Tale principio, che impedisce un secondo processo per lo stesso fatto, opera solo in presenza di sentenze o decreti penali divenuti irrevocabili (condanna o assoluzione). Un’archiviazione non ha carattere di decisività e non preclude l’esercizio dell’azione penale in un procedimento distinto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza ribadisce un principio consolidato: per aversi truffa, non basta un inadempimento, ma occorre una macchinazione ingannevole che induca la vittima in errore. Il messaggio è chiaro: la rilevanza penale di una transazione commerciale andata male dipende dal contesto e dalle azioni che accompagnano l’inadempimento. Chi vende deve prestare attenzione non solo al titolo di pagamento, ma anche a comportamenti volti a creare un’apparenza di affidabilità che potrebbe celare un intento fraudolento. Allo stesso tempo, chi emette un assegno deve essere consapevole che fornire false rassicurazioni e costruire una finta credibilità può trasformare un debito civile in una condanna penale.

La semplice emissione di un assegno scoperto è sufficiente per configurare il reato di truffa?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il pagamento con un assegno che risulta privo di copertura non è di per sé un fattore indicativo di truffa né costituisce, da solo, un raggiro penalmente rilevante. È necessario un ‘quid pluris’.

Cosa trasforma un inadempimento contrattuale in una truffa aggravata in un caso come questo?
Lo trasformano le attività ulteriori dirette a carpire la fiducia della vittima (la cosiddetta ‘captatio fiduciae’). Nel caso di specie, queste attività includevano la stipulazione di un precedente acquisto andato a buon fine per accreditarsi come clienti affidabili e le continue rassicurazioni sulla solvibilità degli assegni.

Un’archiviazione per la stessa notizia di reato impedisce un nuovo processo per lo stesso fatto?
No. La Corte ha stabilito che un provvedimento di archiviazione non è una decisione sull’azione penale con carattere di definitività. Pertanto, non ha l’effetto preclusivo tipico delle sentenze e dei decreti penali irrevocabili e non impedisce l’avvio di un altro processo, non applicandosi il principio del ‘ne bis in idem’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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