Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 883 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 883 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/11/2023
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da
NOME COGNOME nato a Porto Tolle 111 settembre 1950 NOME COGNOME nata a Venezia il 28 Aprile 1955 avverso la sentenza resa il 15 dicembre 2022 dalla CORTE di APPELLO di Trieste visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata in accoglimento dei primi due motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Trieste ha confermato la sentenza resa dal Tribunale di Udine il 10 dicembre che ha affermato la responsabilità dei ricorrenti in ordine ai delitto di truffa aggravata e continuata in danno di NOME COGNOME Si contesta ai due imputati di avere mediante artifizi e raggiri indotto la persona offesa a sottoscrivere una polizza vita indicando come beneficiaria la COGNOME e ad emettere un assegno bancario dell’importo di 150.000 C sempre in favore della COGNOME, frutto del disinvestimento di alcuni titoli, sollecitato dai coniugi NOME COGNOME che asserivano che la somma sarebbe stata impiegata per acquistare un appartamento più
vicino alla loro residenza, dove l’anziana vedova avrebbe dovuto trasferirsi per essere da loro accudita più agevolmente.
2.Avverso detta sentenza ricorrono COGNOME e COGNOME con atto unico sottoscritto dal comune difensore di fiducia, deducendo:
2.1 violazione dell’art.195 cod. proc.pen. con riferimento alla testimonianza del m.NOME COGNOME ritenuta inutilizzabile, nonostante dette dichiarazioni siano state acquisite nel fascicolo del dibattimento su accordo delle parti all’udienza del 15 ottobre 2020.
La Corte erroneamente dichiarando inutilizzabile una prova che non lo è, ha omesso di valutarla.
Il ricorrente contesta la ritenuta inutilizzabilità della testimonianza in quant maresciallo COGNOME non aveva reso una testimonianza indiretta su quanto appreso dalla persona offesa ma si era limitato a riferire le ragioni per cui si era attivato e in qu condizioni di salute aveva trovato la persona offesa nei suoi due incontri; la Corte avrebbe dovuto ritenere tale testimonianza utilizzabile anche perché la stessa riportava il contenuto delle due annotazioni di P.G.. Dette dichiarazioni rivestono una fondamentale rilevanza poiché l’anziana aveva spiegato al teste le ragioni del proprio cambiamento di volontà.
2.2 Violazione dell’articolo 640 cod.pen. poiché nel caso specifico non ricorrono artifizi e raggiri in danno della persona offesa. La Corte ha affermato che il raggiro sarebbe consistito nell’offerta reale di assistenza senza una contropartita certa, in quanto l’impegno ad assisterla non era stato formalizzato e comunque era di valore inferiore rispetto al vantaggio derivante agli imputati. Tale motivazione è erronea in quanto il contratto di assistenza vitalizia è ammesso dal nostro ordinamento ed è un contratto aleatorio in cui il soggetto beneficiario dell’assistenza è consapevole che il patrimonio conferito come contropartita potrebbe risultare in futuro maggiore dell’assistenza ricevuta, mentre la Corte ha ritenuto la sproporzione come un elemento della illiceità della pattuizione.
2.3 Violazione dell’art. 195 cod.proc.pen. con riferimento alla testimonianza del luogotenente COGNOME che è stata ritenuta inutilizzabile dal Tribunale di Udine perché testimonianza indiretta resa da un verbalizzante. Tuttavia come rilevato nell’atto di appello il progetto di costituire un usufrutto a favore della signora COGNOME non è stato appreso de relato dal verbalizzante, ma tramite i successivi accertamenti sulle bozze degli atti notarili e la dichiarazione avrebbe dovuto essere comunque ritenuta utilizzabile nella parte favorevole agli imputati su una questione di fondamentale rilevanza, che mette in luce la loro volontà di prevedere una contropartita rispetto alle obbligazioni assunte dalla Lepore
2.4 Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’asserito conseguimento dell’ingiusto profitto poiché il reato di truffa si consuma nel momento in cui l’agente consegue il profitto della propria condotta fraudolenta, ma nel caso di specie non vi è stato alcun profitto perché l’operazione di acquisto dell’appartamento non si è mai
perfezionata e la signora COGNOME non ha tratto alcun beneficio economico dall’affare; né l’emissione dell’assegno di 150.000 C a favore della signora COGNOME ha comportato il conseguimento di un profitto, poiché la stessa, nel momento in cui si era impegnata ad acquistare l’appartamento al momento della stipula del preliminare, non aveva alcuna certezza di diventare proprietaria dell’immobile.
La Corte ha errato nel non considerare che gli imputati si fidavano della signora COGNOME al punto che, quando quest’ultima ha cambiato idea e ha deciso di non trasferirsi più presso di loro, hanno rischiato di perdere definitivamente la caparra, se la suddetta non avesse deciso di rimborsarla. In conclusione l’affare complessivo ha comportato una perdita per gli imputati e l’incasso dell’assegno di 150.000 C non ha costituito un reale vantaggio economico per la signora COGNOME in quanto il contratto definitivo di vendita non si è mai perfezionato e la somma è stata integralmente e spontaneamente restituita, né può dirsi che la restituzione agli imputati della caparra versata nella occasione del preliminare costituisca il profitto ingiusto, poiché la persona offesa si è determinata a rimborsarlo successivamente.
Anche in ordine alla polizza vita la Corte ha travisato quello che è il funzionamento della polizza, poiché fin quando il titolare è in vita, è l’unico a poter disporre del capit investito sìcchè anche in questa operazione non vi era alcuna certezza che la COGNOME potesse trarre profitto dalla polizza.
2.5 Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al presunto danno della persona offesa poiché, secondo la Corte, il danno sarebbe consistito nella perdita della caparra pari a circa 18.000 C, in quanto la persona offesa era stata indotta con l’inganno a concludere il contratto preliminare e, sfumata l’operazione, gli imputati hanno comunque indotto la persona offesa a rimborsare la caparra;i1 danno per la polizza vita consiste nell’avere vincolato i propri capitali a favore della COGNOME.
Osserva, di contro, il ricorrente che la caparra è stata spontaneamente versata dalla persona offesa, che volle provvedere a rimborsare i due imputati in ragione del suo cambiamento di volontà sull’acquisto dell’immobile; con riferimento alla sottoscrizione della polizza vita non è dato comprendere il danno, in quanto la persona offesa poteva disporre del capitale investito e con la sottoscrizione della polizza non ha subito alcuna perdita.
Ed infatti la persona offesa non ha voluto sporgere querela nei confronti dei due imputati proprio perché non ha subito alcun danno e si è limitata ad affermare di avere revocato l’incarico che aveva loro conferito.
2.6 Vizio di motivazione con riferimento all’insussistenza dell’aggravante prevista dall’art. 61 n.5 codice penale poiché la stessa è stata riconosciuta in assenza di qualsiasi deficienza psichica e fisica da parte della persona offesa non essendo sufficiente la circostanza astratta che la stessa avesse 85 anni e vivesse sola e isolata socialmente, poiché è necessario verificare se tali elementi abbiano ostacolato la difesa da parte della persona offesa. Al riguardo la ricorrente lamenta che la Corte ha disatteso la perizia e
la testimonianza del consulente tecnico del pubblico ministero, da cui emerge che la COGNOME all’epoca dei fatti e anche successivamente era perfettamente capace di intendere e volere non si trovava in alcuna condizione di debolezza fisica o psichica o di suggestionabilità tali da consentire agli imputati di profittare dell’anziana.
Osserva il ricorrente che anche la semplice età avanzata non realizza una presunzione assoluta di minorata difesa e la stessa non ha reso particolarmente vulnerabile la COGNOME che è sempre stata descritta come una signora autonoma e determinata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi non possono trovare accoglimento. La sentenza impugnata ha fatto buon governo dei principi enunciati in tema di truffa e dei criteri di valutazione della prova e ha reso esaustiva risposta a tutte le censure sollevate con il gravame, che i ricorrenti ripropongono in questa sede, invocando una diversa lettura del materiale probatorio che esula dal sindacato di legittimità. Giova, inoltre, ricordare che trattandosi di una doppia conforme affermazione di responsabilità le due sentenze di merito si integrano reciprocamente.
1.1 La prima e la terza censura con cui si deducono la utilizzabilità delle testimonianze di due testi di P.G. sono generiche.
Nell’ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l’inutilizzabilità di un element a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento. (Sez. 2 Sentenza n. 7986 del 18/11/2016 Ud. (dep. 20/02/2017 ) Rv. 269218 – 01)
Da questo principio condiviso si desume a contrario che nell’ipotesi in cui si invochi l’utilizzabilità di una prova occorre esporre le refluenze che la stessa avrebbe sul giudizio di colpevolezza.
L’impugnazione invece non espone le ricadute che la eventuale ritenuta utilizzabilità delle dichiarazioni de relato dei testi avrebbe avuto sul giudizio di colpevolezza limitandosi ad affermarne la decisività.
Di contro la Corte, dopo avere riportato per esteso a pag. 6 della sentenza le dichiarazioni rese dalla persona offesa al maresciallo dei Carabinieri COGNOME ha osservato che le stesse non hanno carattere dirimente ai fini dell’esclusione della responsabilità penale degli imputati, poiché confermano l’esistenza di un rapporto di amicizia e di fiducia instaurato in pochi mesi tra gli imputati e la persona offesa, fiducia della quale gli imputati avevano approfittato.
La Corte a pagina 8 della sentenza impugnata ha riportato il contenuto delle dichiarazioni del teste COGNOME osservando che le stesse si riferiscono alla restituzione della caparra già versata dalla COGNOME nel contratto preliminare di compravendita e non appaiono idonee ad escludere il danno e l’ingiusto profitto della truffa oggetto di contestazione. In conclusione le censure di omessa valutazione delle dette dichiarazioni incorrono nel vizio di genericità poiché neppure si confrontano con la motivazione della sentenza impugnata che le ha ritenute inidonee ad inficiare il giudizio di colpevolezza.
1.2 La seconda censura, relativa all’insussistenza di artifizi e raggiri, è eccentrica rispetto alla motivazione della Corte d’appello, la quale a pagina 11 ha ribadito che l’artificio non è consistito nella falsa promessa di assistere l’anziana in futuro o nell sproporzione tra l’assistenza promessa e il valore della contropartita, l’importo della polizza vita – che non è mai stata formalizzata in un contratto a causa della fretta manifestata dai due imputati -.La frode, secondo i giudici di merito, è consistita nella presa in carico e nell’assistenza prodigata alla persona offesa che in un breve arco di tempo – solo un mese per la sottoscrizione della polizza – veniva indotta a fidarsi dei due nuovi amici, che si mostravano interessati a lei offrendole attenzioni e compagnia e garantendole supporto concreto e gratuito per il suo presente, inducendola a porre in essere ingiustificati atti di disposizione del suo patrimonio, tanto pregiudizievoli pe lei, quanto privi di apparente giustificazione.
Ed infatti come elemento sintomatico dell’intento fraudolento dei due imputati la corte ha sottolineato che dopo avere ricevuto l’intera somma per acquistare l’appartamento da destinare ad abitazione della persona offesa, la COGNOME sottoscriveva un preliminare di vendita a nome proprio.
Quanto alla polizza vita, il tribunale ha osservato che la persona offesa, ritenuta capace e attendibile, ha escluso di avere indicato la COGNOME quale unica beneficiaria della polizza in caso di morte e ha affermato di avere scoperto l’esistenza di tale clausola, che le era stata tenuta nascosta, del tutto casualmente.
Tale circostanza è sufficiente ad integrare l’artificio previsto dall’art. 640 cod.pen.
A conforto dell’atteggiamento fraudolento del COGNOME, è stato evidenziato che anche in relazione ad altra polizza vita sottoscritta da altra persona anziana, grazie alla sua intermediazione, la COGNOME era stata indicata come beneficiaria, così realizzando una condotta illegittima diretta ad aggirare un precipuo divieto per l’intermediario, che ha poi cagionato la radiazione dell’imputato dall’albo.
1.3 Le censure formulate con il quarto motivo di ricorso risultano manifestamente infondate e inconducenti poiché la truffa si è perfezionata nel momento in cui la persona offesa è stata indotta a porre in essere i due atti di disposizione del proprio patrimonio a lei pregiudizievoli, tratta in inganno dalla condotta fraudolenta dei due imputati, e le condotte di segno contrario assunte successivamente dalla persona offesa sono intervenute quando i reati si erano già perfezionati e non incidono sul perfezionamento della truffa.
1.4 Anche la quinta censura è manifestamente infondata e reiterativa delle considerazioni già proposte con il gravame e non si confronta con le argomentazioni formulate al riguardo dalla Corte, la quale ha correttamente osservato che il danno evento della truffa consiste nella consegna agli imputati della somma di 150.000 C e nella sottoscrizione della polizza vita con cui veniva vincolata una parte rilevante dei propri capitali, indicando come beneficiaria la COGNOME, così manipolando la sua libertà di disporre delle sue risorse. E’ vero che la persona offesa avrebbe potuto revocare detta previsione, come poi ha fatto, ma avrebbe potuto anche non venirne mai a conoscenza.
1.5 Le doglianze in merito alla ritenuta aggravante non possono trovare accoglimento. E’ noto che ai fini della configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 5, cod. p l’età avanzata della persona offesa non realizza una presunzione assoluta di minorata difesa per la ridotta capacità di resistenza, dovendosi valutare, invece, la ricorrenza di situazioni che denotano la particolare vulnerabilità della vittima dalla quale l’agente trae consapevolmente vantaggio. ((Sez. 2 – , Sentenza n. 16017 del 14/03/2023 Ud. (dep. 14/04/2023) Rv. 284523 – 01), ma è stato anche precisato che la commissione del reato in danno di persona ottuagenaria è idonea ad integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo o di persona, la circostanz aggravante della minorata difesa, purché venga accertato che la pubblica o privata difesa siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano altre circostanze, di diversa natura, di segno contrario. (Sez. 5 – , Sentenza n. 4273 del 10/12/2021 Ud. (dep. 07/02/2022 ) Rv. 282741 – 01)
Sull’aggravante della minorata difesa si sono di recente pronunciate le Sezioni unite di questa Corte (n. 40275 del 15/07/2021, COGNOME, Rv. 282095) che, risolvendo il contrasto delineatosi, con diverse accentuazioni, nella giurisprudenza di legittimità, hanno non solo affermato come, ai fini dell’integrazione della circostanza aggravante prevista dall’art. 61, primo comma, n. 5, cod. pen., le circostanze di tempo, di luogo o di persona, di cui l’agente abbia profittato, debbano tradursi, in concreto, in una particolare situazione di vulnerabilità del soggetto passivo del reato, non essendo sufficiente l’idoneità astratta delle predette condizioni a favorire la commissione dello stesso; ma ne precisato declinato il metodo di accertamento, che si declina attraverso tre verifiche, riguardanti, nell’ordine: a) l’esistenza di una circostanza di tempo, di luog o di persona in astratto idonea ad ingenerare una situazione di “ostacolo alla pubblica o privata difesa”; b) la produzione in concreto dell’effetto di “ostacolo alla pubblica privata difesa” che ne sia effettivamente derivato; c) il fatto che l’agente ne abbia concretamente “profittato” (avendone, quindi, consapevolezza).
Tali elementi ricorrono congiuntamente nel caso in esame poiché la corte ha osservato che dal tenore delle testimonianze emerge l’età avanzata della persona offesa, la condizione di solitudine affettiva e materiale, la scarsa esperienza e le limitate competenz,e di cui i due imputati hanno consapevolmente approfittato.
2.In conclusione per le considerazioni che precedono si impone il rigetto dei ricorsi con le conseguenti statuizioni.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Roma 15 novembre 2023
il consigliere estensore
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a Borsellino
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