Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14494 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14494 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Milano il 28/09/1973
avverso la sentenza del 30/04/2024 della Corte di appello di Trieste visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udito l’avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME per la costituita parte civile Comune di Gorizia e l’avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME per la costituita parte civile Comune di Trieste, che hanno concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 30/04/2024 la Corte di appello di Trieste confermava la sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Trieste il 21/06/2021, che all’esito del giudizio abbreviato aveva condannato NOME COGNOME per due episodi di truffa aggravata ai sensi dell’art. 640-bis cod. pen.
L’imputato, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione.
1 GLYPH
Th
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 640-bis cod. pen. Osserva che dalla stessa formulazione dei capi B) e C) dell’imputazione deve escludersi il concorso del ricorrente nelle due truffe aggravate per cui si procede, tenuto conto che i finanziamenti concessi dal Comune di Trieste e dal Comune di Gorizia sono stati erogati nel febbraio del 2016 (rispettivamente in data 29/02/2016 e 26/02/2016), vale a dire dieci mesi prima della costituzione della PM RAGIONE_SOCIALE, avvenuta nel dicembre 2016 e un anno e mezzo prima dei bonifici che vengono contestati al ricorrente; che detti finanziamenti sono stati accreditati sui conti correnti personali della coimputata NOME COGNOME per cui erano nella sua piena disponibilità già dal febbraio 2016; che, del resto, la RAGIONE_SOCIALE viene indicata nella contestazione del reato associativo di cui al capo A) come colei che di fatto gestiva tutte le società coinvolte nelle frodi ed i loro conti correnti, ivi compresa la COGNOME; che, dunque, entrambe le truffe sub B) e C) si sono consumate nel febbraio del 2016, per essersi realizzata in quel momento l’apprensione dell’ingiusto profitto, senza alcun coinvolgimento del COGNOME; che, in definitiva, le condotte ascritte all’odierno ricorrente, essendo successive al conseguimento del profitto, non possono assumere valore al fine di fondare il suo concorso nei reati contestati. Ritiene la difesa che la Corte territoriale erri laddove richiama la giurisprudenza in tema di truffa a consumazione prolungata, secondo cui il momento della consumazione del reato è quello in cui è stata posta in essere l’ultima azione utile finalizzata ad ottenere l’erogazione dell’ulteriore tranche di finanziamento, per cui nel caso di specie l’ottenimento dell’anticipo del contributo nei due bandi PISUS, risalenti al 2016, non coinciderebbe con l’acquisizione definitiva dell’ingiusto profitto, posto che questo si sarebbe consolidato solo dopo il pagamento delle false fatture alla Atisan e la loro produzione all’ente pubblico con il rendiconto; che, dunque, la condotta posta in essere dal COGNOME avrebbe consentito ai correi di rientrare in possesso del denaro fintamente utilizzato per il pagamento delle fatture all’Atisan per i lavori di ristrutturazione non eseguiti; che, invece, l’erogazione del contributo mediante accredito su conto corrente, senza alcun vincolo, ma nella libera disponibilità della Ussai, coincide con l’acquisizione dell’ingiusto profitto che la condotta successiva costituita dalla produzione della falsa documentazione relativa alle spese sostenute, posta in essere dopo l’erogazione dell’acconto del contributo, nulla ha a che vedere con la somma già percepita dalla Ussai a titolo di anticipo, essendo piuttosto funzionale a dimostrare l’effettuazione dei lavori e, quindi, ad ottenere l’erogazione di un’ulteriore somma di denaro costituente il saldo del contributo, mai erogata a seguito della procedura di revoca avviata da entrambi i Comuni; che la condotta tenuta dal ricorrente non è servita a far Corte di Cassazione – copia non ufficiale
rientrare i correi in possesso del denaro fittiziamente utilizzato per il pagamento delle fatture alla RAGIONE_SOCIALE, tenuto conto che detta società era gestita dalla stessa Ussai, unitamente all’altro coimputato, NOME COGNOME i quali non avrebbero avuto di conseguenza alcuna necessità di compiere ulteriori movimentazioni bancarie per ottenere la disponibilità completa e definitiva delle somme bonificate sui conti correnti di detta società. Osserva ancora la difesa, richiamando un arresto di legittimità, che, in ogni caso, per poter ritenere integrata una ipotesi di truffa a consumazione prolungata è necessario che tutte le erogazioni siano riconducibili all’originario ed unico comportamento fraudolento, mentre quando per il conseguimento delle erogazioni successive alla prima, è necessario il compimento di ulteriori attività fraudolente, devono ritenersi integrati altrettanti ed autonomi fatti di reato; che, nel caso di specie, a più la condotta del COGNOME al più sarebbe sussumibile nella fattispecie tentata della truffa finalizzata ad ottenere l’erogazione del saldo.
2.2. Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione all’art. 640-bis cod. pen., nonché illogicità della motivazione, anche sub specie di travisamento probatorio. Rileva che non vi sono elementi in atti che lascino ipotizzare la sussistenza del dolo delle truffe contestate in capo all’odierno ricorrente; che la Corte territoriale incorsa in un travisamento del dato probatorio laddove ha affermato che la RAGIONE_SOCIALE ha emesso fatture in favore della PM Value; che, invero, nessun bonifico è dato rinvenire dalla PM RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, tenuto conto che i rapporti commerciali sono intercorsi tra la PM Value e la società RAGIONE_SOCIALE; che, comunque, i trasferimenti di denaro dalla RAGIONE_SOCIALE verso la Ussai non possono essere in nessun modo ascritti al Mardegan, non vendo questi alcun ruolo all’interno di tale società, né vi è prova in atti che il ricorrente fosse conoscenza del meccanismo truffaldino imbastito dalla Ussai; che tra la PM Value e la Irhytmia esistevano rapporti commerciali reali e non fittizi; che i bonifici effettuati in favore di quest’ultima trovano spiegazione nell’acquisto di un progetto scientifico creato dalla Ussai, mentre quelli effettuati dalla Atisan verso la PM Value si giustificano in ragione dell’acquisto di altro progetto scientifico ideato dal Mardegan; che tale scambio di progetti è avvenuto in entrambi i casi allo stesso prezzo; che, contrariamente a quanto sostenuto dai giudici di appello, in sede di perquisizione domiciliare effettuata nei confronti del ricorrente veniva rinvenuta copiosa documentazione relativa ad entrambi i contratti (quello di acquisto dalla RAGIONE_SOCIALE e quello di vendita in favore della RAGIONE_SOCIALE), che veniva riversata su ben due chiavette USB; che in ogni caso il percorso logico argomentativo seguito dalla Corte di merito comporta un’inversione dell’onere della prova, atteso che il COGNOME è stato ritenuto responsabile per aver fornito
una versione dei fatti giudicata non credibile e priva di riscontri, piuttosto che in forza di prove positive della sua responsabilità; che il significato dei messaggi Whatsapp rinvenuti all’interno del PC della Ussai, rimossi e recuperati dalla polizia giudiziaria, è stato palesemente travisato, atteso che la sentenza di secondo grado non tiene conto di uno screenshot da cui risulta che la Ussai allegava un documento di word nominato Atisan Pm Value.docx a riprova che lo scambio di messaggi aveva ad oggetto niente altro che la vendita incrociata dei progetti scientifici di cui si è detto, che giustifica l’incasso delle somme dalla Atisan ed il pagamento in favore della Irhytmia; che, dunque, è illogica l’affermazione secondo la quale il COGNOME partecipava alla predisposizione della documentazione per la partecipazione ai bandi pubblici; che, infine, quanto alla affermazione secondo la quale la PM Value sarebbe stata creata per la realizzazione delle truffe per cui si procede, rileva il difensore che tale assunto non tiene conto delle dichiarazioni del ricorrente, che ha precisato di aver fondato la società in discorso per partecipare con la RAGIONE_SOCIALE ad un altro e diverso bando, di cui ha fornito la prova in sede di perquisizione e sequestro, che tuttavia non veniva assegnato alla società.
2.3. Con il terzo motivo lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., con riferimento all’entità della provvisionale, evidenziando che, qualora l’imputato dovesse esser ritenuto responsabile del tentativo di truffa commesso nel 2017, alcun danno avrebbe arrecato alle amministrazioni comunali costituitesi parti civili; che, comunque, qualora invece la sentenza impugnata dovesse essere confermata, la questione relativa alla responsabilità solidale è stata rimessa alle Sezioni Unite di questa Corte, per cui il COGNOME dovrebbe rispondere solo in relazione alle somme di denaro ricevute dalla Atisan e poi bonificate alla Irhytmia, pari a settantadue mila euro e non a centosessanta mila euro.
2.4. Con il quarto motivo si duole della violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., con riferimento al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 114 cod. pen., denunciando l’omessa motivazione sul punto, benché la questione fosse stata oggetto di uno specifico motivo di appello.
2.5. In data 28/02/2025 è pervenuta articolata memoria con conclusioni scritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni che seguono.
1.1. Coglie, invero, nel segno il primo motivo, relativo all’elemento oggettivo
dei reati contestati. In proposito, osserva il Collegio che le sentenze di merito non chiariscono quale sia stato il ruolo ricoperto dall’odierno ricorrente nelle truffe aggravate per cui si procede, tenuto conto i) che in entrambi i casi gli anticipi erogati dagli enti pubblici sono stati accreditati nel febbraio del 2016 sui conti correnti della coimputata NOME COGNOME e poi bonificati alla RAGIONE_SOCIALE, con il conseguente rilascio da parte di quest’ultima delle false fatture relative ai lavori che avrebbero dovuto essere effettuati, il) che, secondo la stessa impostazione accusatoria, detta società era di fatto gestita dalla Ussai e dal coimputato NOME COGNOME, iii) che, dunque, l’ingiusto profitto era stato già conseguito quando sono intervenuti i due bonifici effettuati dalla RAGIONE_SOCIALE, la società gestita di fatto dal Mardegan, in favore della RAGIONE_SOCIALE, che sono del maggio del 2017, iiii) che, con riferimento all’attività posta in essere per l’ottenimento del saldo, alcunché viene ascritto all’odierno ricorrente in entrambi i capi di imputazione.
Quanto alla truffa a consumazione prolungata – che si configura quando la frode è strumentale al conseguimento di erogazioni pubbliche il cui versamento viene rateizzato e si consuma al momento della percezione dell’ultima rata di finanziamento – deve evidenziarsi che è necessario che tutte le erogazioni siano riconducibili all’originario ed unico comportamento fraudolento, mentre quando per il conseguimento delle erogazioni successive alla prima è necessario il compimento di ulteriori attività fraudolente, come ad esempio la presentazione di fatture false, devono ritenersi integrati altrettanti ed autonomi fatti di reato (Sez. 2, n. 2576 del 17/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282436 – 01; Sez. 2, n. 53667 del 2/12/2016, COGNOME, Rv. 269381 – 01; Sez. 5, n. 32050 del 11/6/2014, Corba, Rv. 260496 – 01).
Peraltro, l’esatta individuazione del contributo concorsuale apportato alla realizzazione dei reati dall’odierno ricorrente è fondamentale anche per determinare il dies a quo della prescrizione.
Ed invero, se la prescrizione dovesse decorrere dalle date indicate nei capi di imputazione sub B) e C) vale a dire dal 29/02/2016 per la truffa ai danni del Comune di Trieste e dal 26/02/2016 per quella ai danni del Comune di Gorizia – i reati sarebbero prescritti, considerati anche i periodi di sospensione pari a complessivi 174 giorni, atteso che nel 2016 il reato di cui all’art. 640-bis cod. pen. era punito ancora con la pena della reclusione da uno a sei anni (l’aumento del massimo edittale a sette anni di reclusione è stato previsto dalla legge 17 ottobre 2017, n. 161) e l’interruzione della prescrizione poteva comportare un aumento non superiore ad un quarto del tempo necessario a prescrivere (l’aumento non superiore alla metà è stato previsto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103).
Diversamente, la scheda della prescrizione redatta dalla Corte territoriale,
proprio valorizzando le indicazioni offerte dalla sentenza impugnata a pag. 22, fissa la decorrenza del termine di prescrizione per entrambi i reati nel
09/05/2017.
Si impone, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Trieste, affinché individui il contributo
causale fornito dal COGNOME per la realizzazione del truffe per cui si procede e conseguentemente verifichi se il relativo termine di prescrizione sia decorso.
1.2. La decisività del primo motivo rende assorbiti i restanti.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Trieste
Così deciso in Roma, il giorno 14 marzo 2025.