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Truffa a consumazione prolungata: quando si consuma?

La Corte di Cassazione annulla una condanna per frode, chiarendo che non si può essere complici in una truffa a consumazione prolungata se si interviene dopo che il profitto iniziale è già stato ottenuto. La sentenza distingue tra un unico reato a rate e reati autonomi successivi.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Truffa a consumazione prolungata: quando un contributo è penalmente rilevante?

La truffa a consumazione prolungata è una figura giuridica complessa, specialmente quando si tratta di stabilire il momento esatto in cui il reato si perfeziona e, di conseguenza, chi possa esserne considerato responsabile. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su questo tema, annullando una condanna e sottolineando che non si può essere complici di una truffa se il proprio intervento avviene dopo che i principali autori hanno già incassato l’ingiusto profitto. Analizziamo insieme questo interessante caso.

I fatti del caso

La vicenda riguarda un imprenditore condannato in primo e secondo grado per concorso in truffa aggravata ai danni di due enti pubblici locali. I suoi coimputati avevano ottenuto, nel febbraio 2016, cospicui finanziamenti pubblici a titolo di anticipo, accreditati sui loro conti personali, per dei lavori di ristrutturazione mai eseguiti. Per giustificare le spese e ottenere il saldo finale, avevano utilizzato fatture false emesse da una società a loro riconducibile.

L’imprenditore ricorrente entra in scena molto più tardi. La sua società viene costituita quasi un anno dopo l’erogazione degli anticipi e le operazioni a lui contestate (due bonifici) avvengono addirittura un anno e mezzo dopo, nel maggio 2017. La sua difesa ha sempre sostenuto una tesi chiara: il reato di truffa si era già consumato nel febbraio 2016, nel momento in cui i coimputati avevano ottenuto la piena disponibilità delle somme. Pertanto, il suo successivo intervento non poteva configurare un concorso nel reato già perfezionato.

La distinzione tra truffa a consumazione prolungata e reati autonomi

Il cuore della questione giuridica ruotava attorno alla corretta interpretazione della truffa a consumazione prolungata. Secondo i giudici di merito, il reato non si era esaurito con l’incasso del primo anticipo, ma si sarebbe consolidato solo con la presentazione della rendicontazione finale, attività a cui l’imprenditore avrebbe contribuito.

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha ribaltato questa visione. I giudici supremi hanno chiarito un principio fondamentale: si ha truffa a consumazione prolungata solo quando tutte le erogazioni sono riconducibili a un unico e originario comportamento fraudolento. Se, invece, per ottenere le rate successive alla prima sono necessarie ulteriori e distinte attività fraudolente (come la presentazione di fatture false), queste integrano fatti di reato autonomi.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha osservato che le sentenze di merito non avevano chiarito quale fosse stato il ruolo concreto dell’imprenditore nella frode iniziale. L’ingiusto profitto, costituito dagli anticipi, era stato conseguito dai coimputati nel febbraio 2016, ben prima che l’imprenditore entrasse in contatto con loro.

Il suo coinvolgimento, avvenuto nel 2017, era finalizzato a simulare le spese per ottenere il saldo del contributo, saldo che peraltro non è mai stato erogato. Di conseguenza, le sue azioni non potevano essere considerate come una partecipazione alla truffa originaria, già consumata. Al massimo, la sua condotta avrebbe potuto integrare un tentativo di truffa per il conseguimento del saldo, un reato diverso e autonomo.

Inoltre, la Corte ha sottolineato come la corretta individuazione del momento consumativo del reato (il cosiddetto dies a quo) fosse fondamentale anche ai fini della prescrizione. Se il reato si fosse considerato consumato nel 2016, come sostenuto dalla difesa, sarebbe verosimilmente già caduto in prescrizione, tenendo conto della normativa all’epoca vigente.

Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio di diritto di notevole importanza pratica: per essere considerati concorrenti nel reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, è necessario che il proprio contributo sia causalmente legato all’induzione in errore dell’ente pubblico e al conseguimento del profitto. Un intervento successivo, mirato a consolidare il profitto già ottenuto da altri o a conseguire ulteriori rate tramite nuovi artifici, non può essere ricondotto alla truffa originaria. Questa decisione rafforza le garanzie individuali, assicurando che la responsabilità penale sia strettamente legata al contributo effettivo dato alla realizzazione del fatto illecito.

Quando si considera consumato il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche se il pagamento è rateizzato?
Secondo la sentenza, il reato si consuma al momento della percezione della prima rata del finanziamento, se le erogazioni successive non richiedono ulteriori attività fraudolente. Se per ottenere le rate successive sono necessari nuovi artifici (es. fatture false), questi integrano reati autonomi e distinti.

È possibile essere considerati complici di una truffa se il proprio contributo avviene dopo che i truffatori hanno già ottenuto il profitto iniziale?
No. La Corte chiarisce che un intervento successivo al conseguimento dell’ingiusto profitto da parte degli autori principali non costituisce concorso nel reato già consumato. La condotta successiva potrebbe, al più, configurare un reato diverso e autonomo, come il tentativo di truffa per ottenere le rate successive.

Perché la corretta individuazione del momento consumativo del reato è fondamentale?
È fondamentale per due motivi principali: primo, per stabilire chi possa essere ritenuto responsabile a titolo di concorso nel reato; secondo, per determinare il dies a quo, ovvero il giorno da cui inizia a decorrere il termine di prescrizione del reato stesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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