Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 16351 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 16351 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 21/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nata a Palermo il 16/06/1968, avverso l’ordinanza del 06/11/2024 del Tribunale di Palermo; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 6 novembre 2024, depositata il 22 novembre 2024, il Tribunale di Palermo ha respinto il riesame proposto dalla ricorrente avv l’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Palermo in data 14/10/2024, con la qu in esito all’udienza di convalida dell’arresto, è stata applicata, nei con NOME COGNOME, la misura dell’obbligo di dimora, con divieto notturno di us dall’abitazione, e dell’obbligo trisettimanale di presentazione alla giudiziaria con riferimento al delitto di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/1990, costei detenuto illegalmente a fini di spaccio grammi 19,76 circa di sost stupefacente del tipo cocaina, oltre a materiale utile al confezionamento, rinv nell’appartamento, del quale la ricorrente possedeva le chiavi, sito al piano dello stabile dove la ricorrente stessa abitava, dimorando in appartamento si secondo piano. In quest’ultimo appartamento erano state anche rinvenute somma di 18.565,00 euro in contanti (nell’armadio della camera da letto) e somma di 7.530,00 euro in contanti (all’interno della cassaforte a muro).
Avverso l’indicata ordinanza, NOME COGNOME a mezzo del difensore d fiducia, avvocato NOME COGNOME propone ricorso per cassazion lamentando violazione dell’art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in r all’art. 273 cod. proc. pen.
In sintesi, la difesa deduce travisamento della prova nella parte i l’ordinanza impugnata afferma che il foglio manoscritto rinvenuto all’interno d cassaforte unitamente alla somma in contanti di euro 7.530,00 conteness l’annotazione di dati e cifre. Lamenta la ricorrente che il foglio manoscrit risulta sequestrato, né depositato in atti, di guisa che non è comprensibile c Tribunale abbia potuto porre a fondamento della decisione un ipotetico contenu del foglio manoscritto che, in base al verbale di sequestro, riportava una ca sebbene in detto verbale non indicata.
Deduce, inoltre, la difesa un ulteriore travisamento della prova dell’ordin impugnata con riferimento all’affermazione, contenuta nell’ordinanza impugnata secondo cui, in occasione delle perquisizioni degli appartamenti dell’intero st di uso comune ai familiari della ricorrente, parimenti coeredi, non furono tr altre chiavi dell’appartamento. Lamenta, infatti, la ricorrente che non risul durante le perquisizioni degli altri immobili, sia stato chiesto ai familiari, durante le perquisizioni, se fossero in possesso delle chiavi dell’appartament piano terra, né risulta che siano state perquisite le abitazioni dei NOME COGNOME e NOME COGNOME il quale ultimo aveva abitato, sin pochi mesi prima della perquisizione, nell’appartamento del piano terra in cui stata rinvenuta la sostanza stupefacente.
Deduce, ancora, la difesa un ulteriore travisamento con riferimen all’affermazione, contenuta nell’ordinanza impugnata, secondo cui la madre del ricorrente, NOME COGNOME abitasse l’immobile dove era stata rinvenuta la sost stupefacente e che la ricorrente lo frequentasse per via della necess recuperare quanto necessario per accudire la madre e di prelevare, dopo la mor di costei, i documenti necessari alle pratiche di tumulazione e success Diversamente, la madre della ricorrente aveva sempre abitato nell’appartamen sito al secondo piano, dove era stato rinvenuto il denaro, non avendo mai abi al piano terra e non risultando, da nessun atto, che costei si fosse trasfer anni prima del decesso, dal piano terra al secondo piano.
Deduce, infine, la difesa carenza ed illogicità della motivazione nella par cui attribuisce alla ricorrente la detenzione a fini di spaccio della stupefacente, dal momento che la stessa ordinanza ammette che il fatto di re vada addebitato al nipote della ricorrente, NOME COGNOME in ragione del q erano state effettuate le perquisizioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
1. In via preliminare, quanto ai limiti del sindacato di legittimità, in misure cautelari personali, deve essere ricordato che alla Corte spetta s compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legit ai limiti che a esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguata conto delle ragioni e di controllare la congruenza della motivazione rispet canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828).
Il controllo di logicità deve rimanere quindi “all’interno” del provvedim impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazion degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fat delle vicende indagate; in altri termini, l’ordinamento non conferisce alla alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende in ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione caratteristiche soggettive dell’indagato, in ciò rientrando anche l’apprezza delle esigenze cautelari e delle misure adeguate, trattandosi di apprezzam rientranti nel compito esclusivo del giudice cui è stata chiesta l’applicazion misura, nonché al tribunale del riesame. Il controllo di legittimità è circoscritto al solo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro n ovvero: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo
determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, risultanti cioè prima facie dal testo dell’atto impugnato (sul punto, tra le tante, cfr. Sez. 4, n. 26992 del 29/ Rv. 255460; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01).
In particolare, il vizio di travisamento della prova, che si ha quando motivazione si fa uso di un’informazione rilevante che non esiste nel process quando si omette la valutazione di una prova decisiva, in virtù della previsio cui all’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., può essere sottop controllo del giudice di legittimità che, tuttavia, non ha sindacato sul signif un indizio o di una prova valutati nel contesto in cui sono inseriti. Ne der gli aspetti del giudizio che consistono nella valutazione e nell’apprezzament significato degli elementi acquisiti attengono interamente al merito e non rilevanti nel giudizio di legittimità se non quando risulti viziato il giustificativo sulla loro capacità dimostrativa e che, pertanto, r inammissibili, in sede di legittimità, le censure che siano nella sostanza r sollecitare soltanto una rivalutazione del risultato probatorio (Sez. 5, n. 8 11/01/2007, COGNOME, Rv. 236540 – 01; Sez. 6, n. 752 del 18/12/2006, dep. 200 COGNOME, Rv. 235733 – 01)
Alla luce di tali condivise premesse ermeneutiche sul sindacato consent in tema di motivazione del merito cautelare, deve rilevarsi che il giudizio gravità indiziaria formulato dal Tribunale del riesame, rispetto alla fatt oggetto di imputazione provvisoria elevata nei confronti della ricorrente, presta ‘il fianco a censure di irragionevolezza e di omessa motivazione travisamento.
2.1 Quanto alla valorizzazione, da parte del Tribunale cautelare, rinvenimento, all’interno della cassaforte, della somma di euro 7.530,00 in contanti, anche di piccolo taglio, corredata di un appunto manoscritto con annotate date e cifre, senza alcuna causale, la doglianza circa la mancanza in atti appunto è inammissibile per genericità e difetto di autosufficienza, dal mome che lo stesso ricorso, nell’affermare che il verbale di sequestro dà a rinvenimento di un foglio manoscritto ed anche della presenza su di esso di causale, non allega, tuttavia, il verbale di sequestro.
2.2. Il travisamento dedotto in relazione all’affermazione, conte nell’ordinanza impugnata, secondo cui, in occasione delle perquisizioni de appartamenti dell’intero stabile di uso comune ai familiari della ricor parimenti coeredi, non furono trovate altre chiavi dell’appartamento si tradu realtà in una diversa lettura del compendio indiziario, non consentita in q sede, avendo il Tribunale riportato una circostanza oggettiva, ovverosia il pos delle chiavi dell’appartamento in cui è stata rinvenuta la sostanza stupeface capo alla ricorrente, circostanza logicamente collegata a due ulteriori obi
circostanze che immediatamente seguono, vale a dire che altri esemplari delle chiavi non erano state rinvenute nelle perquisizioni degli altri appartamenti dello stabile e che la ricorrente non prospettò, nella immediatezza, agli operanti di p.g., il compossesso della casa materna con altri familiari.
2.3 Il travisamento dedotto relativamente alla errata individuazione dell’immobile abitato dalla madre defunta della ricorrente è smentito da quest’ultima nelle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio di garanzia, riportate alla pagina 3 dell’ordinanza impugnata: la madre, che abitava l’immobile del piano terra dello stabile dove è stata rinvenuta la sostanza stupefacente, si era poi trasferita, all’aggravarsi delle sue condizioni di salute, circa due anni prima del decesso, nell’appartamento della figlia, al secondo piano dello stabile.
2.4 Il rilievo, infine, con cui si rimarca che il fatto di reato debba esser attribuito esclusivamente al nipote della ricorrente, NOME COGNOME nei cui confronti erano state eseguite le perquisizioni è del tutto generico, avendo il Tribunale cautelare, e ancor prima il G.I.P., seppur dando atto che le perquisizioni originavano dalla esecuzione di ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del predetto NOME COGNOME, adeguatamente illustrato il compendio indiziario, definito in termini di gravità, esistente nei confronti della ricorrente.
La ricostruzione dei giudici della cautela è, dunque, il frutto di una esauriente e razionale rassegna degli elementi investigativi acquisiti, dei quali la difesa propone sostanzialmente una diversa lettura, che non può trovare ingresso in questa sede, senza neanche confrontarsi integralmente con le argomentazioni contenute nell’ordinanza impugnata.
In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, esercitando la facoltà introdotta dall’art. 1, comma 64, I. n. 103 del 2017, di aumentare oltre il massimo la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni dell’inammissibilità stessa come sopra indicate.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 21 febbraio 2025.