Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 1430 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 1430 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 05/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il 25/12/1971
avverso la sentenza del 19/04/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo
Il Proc. Gen. conclude per l’inannnnissibilita’ del ricorso.
udito il difensore
E presente l’avvocato COGNOMENOME COGNOME del foro di MILANO in difesa di COGNOME che chiede l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 3389 del 2023, la Corte d’appello di Milano, in parziale modifica della sentenza del Tribunale della stessa sede, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME in ordine al reato di furto aggravato che le era stato contestato, essendo estinto per prescrizione; è stata confermata la condanna dell’imputata al risarcimento del danno subito dalla parte civile, restando subordinata all’effettivo risarcimento, la sospensione della pena.
2. Il Tribunale aveva ritenuto prescritto il reato solo quanto al periodo antecedente primo ottobre 2014, liquidando il danno alla parte civile costituita nella misura di euro 20.750. In particolare, a NOME COGNOME, segretaria di uno studio legale, era stato contestato, per procurarsi un ingiusto profitto, di essersi appropriata indebitamente della somma di euro 102.800, prelevandola da gennaio 2012 a settembre 2015, in più operazioni, dal conto corrente dello studio acceso presso un istituto di credito.
3. Il Tribunale aveva ritenuto la penale responsabilità dell’imputata sulla base dei diversi elementi costituiti: dalla deposizione della psichiatra che l’aveva in cura, la quale con il conforto della documentazione sanitaria acquisita, aveva smentito che le irregolarità nella rendicontazione fosse da collegarsi alla depressione sofferta; dalla documentazione offerta dalla parte offesa, dalla quale era emerso che il peggioramento della situazione economica dello studio corrispondeva al periodo di omessa registrazione dei prelievi, così da apparire chiaro che il denaro non annotato nel registro di cassa non veniva poi destinato alle esigenze dello studio. Né tale conclusione era inficiata dalla considerazione che gli altri membri dello studio non avevano mai riscontrato l’assenza di liquidità di cassa per far fronte ai quotidiani adempimenti, atteso che – evidentemente- in parallelo ai prelievi non registrati l’imputata continuava certamente a prelevare e versare nella cassa quanto necessario al disbrigo delle pratiche.
4. La Corte d’appello, correggendo l’errore materiale in cui il primo giudice era incorso nel dispositivo della sentenza, là dove non era stato esplicitato che per i fatti precedenti all’ottobre 2014 era intervenuta la prescrizione, ha corroborato le motivazioni rese dal Tribunale, sottolineando l’assenza di elementi idonei ad inficiare la genuinità ed attendibilità del foglio Excel prodotto dalla parte offesa; peraltro, la stessa difesa aveva riconosciuto che da quel documento emergevano indubbiamente movimenti in uscita dal conto corrente dello studio legale che non avevano poi effettivamente trovato corrispondenza nel registro entrate di cassa dello studio. Inoltre, l’ipotesi alternativa prospettata, relativa alla possib responsabilità di altri membri dello studio per quegli ammanchi, si riduceva ad una mera speculazione astratta, in quanto l’imputata era l’unica addetta a quelle operazioni. Lo stesso certificato medico del 28 ottobre 2015 provava soltanto che,
da quel momento, successivo al licenziamento della segretaria, si era aggravata la depressione della stessa, mentre, per il periodo precedente, la deposizione della teste COGNOME e la documentazione medica acquisita, delineavano una situazione di non gravità delle condizioni psicofisiche della stessa. Quanto poi alla prescrizione del reato, la stessa non influiva sull’entità del danno cagionato alla vittima, ed in tal senso non appariva corretta la decisione del Tribunale di delimitare le statuizioni civili in funzione dell’ammontare dell’ammanco per il solo periodo non coperto da prescrizione.
Avverso tale sentenza, ricorre per cassazione NOME COGNOME ai soli effetti civili, sulla base di quattro motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (art. 173 disp. att. cod. proc. pen.).
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la illoc;licità della motivazione relativa alla conferma delle statuizioni civili riguardanti la restituzione ed il risarcimento del danno nonché le spese processuali, ex art. 574 cod. proc. peli., il travisamento degli atti processuali, la mancanza di prova del’azione furtiva e la considerazione di un mero elemento indiziante a rango di prova. In sostanza, ci si duole che la motivazione della sentenza d’appello, limitatasi a reiterare le motivazioni di quella di primo grado, sia solo apparente non avendo spiegato sulla base di quale percorso logico-probatorio la Corte d’appello abbia ritenuto la sottrazione da parte della ricorrente delle somme in contestazione e la causazione del danno alla parte civile. Infatti, si era fatta derivare la prova dell’azione furtiva dal mero mancato discarico sul foglio Excel delle somme prelevate. In realtà, al massimo ciò poteva considerarsi mero indizio, di per sé inidoneo a costituire prova della condotta come previsto dall’art. 192, comma 3, cod. proc. peri.
Con il secondo motivo, si denunciano analoghi vizi di illogicità della motivazione, questa volta rispetto alle prove a discarico. Ci si duole del fatto che la Corte d’appello abbia espunto dal proprio ragionamento tutti quegli elementi che provavano che la ricorrente non avrebbe potuto appropriarsi del denaro ed, in particolare, si evidenzia che la Corte territoriale non aveva considerato che sia la parte offesa che gli altri avvocati, che operavano nello studio, non si erano mai resi conto degli ammanchi nell’arco temporale di cinque anni; mentre, era emersa la disorganizzazione della COGNOME, che scaricava in ritardo i soldi prelevati dallo sportello bancario.
Con il terzo motivo, si denuncia sempre la illogicità della motivazione, nonché il travisamento degli atti processuali, ia mancanza di prova dell’azione furtiva ed il travisamento degli atti processuali circa la validità del file Excel da cu emergerebbe la prova dell’azione furtiva. Il motivo attacca la sentenza sotto il profilo della piena genuinità riconosciuta al foglio Excel e ciò sia per il profil formale, trascurando che si trattava di documento di parte, asseritamente stilato
dalla COGNOME e privo di certificazione probatoria acquisibile mediante perizia informatica, che sotto quello sostanziale, giacché tale documento non rappresenterebbe il fatto oggettivo dell’ammanco, bensì il mancato scarico del prelievo. Ciò comporterebbe il travisamento dell’atto processuale perché attribuirebbe al dato indiziante il valore di prova.
Con il quarto motivo, si denuncia la illogicità della motivazione in ragione del fatto che la ricorrente era l’unica addetta a quelle operazioni. Si rileva che il giudice aveva travisato gli atti processuali acquisiti come fonte di prova, dal momento che, se era vero che alle operazioni contabili di scarico era preposta la ricorrente, era altrettanto vero che vi erano due elementi condizionanti che non erano stati tenuti in conto, e cioè che le operazioni di prelievo allo sportello dell’istituto di credi non erano compiute dalla sola ricorrente, ma anche dalla stessa parte civile, che utilizzava quei soldi per le proprie spese personali; a tal fine, si riportano l dichiarazioni rese dalla parte civile e si segnala che la COGNOME effettuava anche pagamenti relativi alle necessità domestiche della parte civile.
La difesa della ricorrente, che ha chiesto la trattazione orale, ha concluso insistendo nell’accoglimento dei motivi.
Il P.G., che aveva rassegnato requisitoria scritta, in sede di discussione ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
COGNOME La parte civile, ritualmente citata, non è comparsa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi, strettamente connessi e quindi da trattare congiuntamente, sono inammissibili. Va rimarcato che la Corte territoriale, confermando il giudizio del Tribunale sulla effettiva responsabilità della ricorrente in ordine ai fatti contestat qualificati come furto aggravato dall’aver commesso il fatto con abuso di prestazione d’opera, ha dichiarato estinto per prescrizione il medesimo reato, residuando dunque soli gli effetti civili, con la determinazione del danno liquidata dal primo giudice, in carenza di impugnazione della parte civile.
Le critiche della ricorrente si appuntano esclusivamente sulla ricostruzione operata dalla sentenza impugnata, al fine di minarne lo sviluppo logico del ragionamento che la sorregge, in ragione di affermati, reiterati, travisamenti dei fatti e degli atti acquisiti al processo. Tale critica è però inidonea a scalfire decisione impugnata che ha, quanto al profilo della responsabilità, pienamente condiviso la sentenza di primo grado.
3.1. La consolidata giurisprudenza di legittimità, in tema di limiti della impugnazione per travisamento della prova (si veda da ultimo e tra !e altre Sez. 4, n. 30052 del 07/07/2022, dep. 29/07/2022, COGNOME non mass.), ha affermato il principio secondo il quale, in presenza di una c.d. “doppia conforme”, ovvero di una doppia pronuncia di eguale segno (nei caso di specie, riguardante
GLYPH
–
l’affermazione di responsabilità), ii vizio di travisamento della prova può essere rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (co specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado (cfr. Sez. 4, n. 19710/2009, Rv. 243636 secondo cui, sebbene in tema di giudizio di Cassazione, in forza della novella dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), introdotta dalla legge 20 Febbraio n. 46 del 2006, è ora sindacabile il vizio di travisamento della prova, che si ha quando nella motivazione si fa uso di un’informazione rilevante che non esiste nel processo, o quando si omette la valutazione di una prova decisiva, esso può essere fatto valere nell’ipotesi in cui l’impugnata decisione abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di c. d. doppia conforme, superarsi il limite del devolutum con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice; conf. Sez. 2, in. 47035 del 3/10/2013, Giugliano, Rv. 257499; Sez. 4, n. 5615 del 13/11/2013 cielo. 2014, COGNOME, Rv. 258432; Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013 dep. 2014, COGNOME ed altro, Rv. 258438; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016 dep. il 2017, COGNOME ed altro, Rv. 269217).
Il vizio di travisamento della prova, dunque, in caso di cd. doppia conforme, secondo l’insegnamento della Corte di legittimità, può essere dedotto con il ricorso per cassazione sia nell’ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (così, tra le altre anche Sez. 2, n. 32113 del 2/7/2021).
Si è pure affermato che i! travisamento della prova consiste cella palese e non controvertibile difformità tra il senso della dichiarazione e quello tratto dal giudice (così Sez. 4, n. 30277 del 22/10/2020).
4. Nel caso di specie, !a Corte d’appello ha hesaminato e valorizzato lo stesso compendio probatorio già sottoposto al vaglio del tribunale e, dopo avere preso atto delle censure degli appellanti, è giunta alla medesima conclusione in termini di sussistenza della responsabilità dell’imputata che, in concreto, si limita a reiterare !e doglianze già incensurabilmente disattese dalla Corte di appello e riproporre la propria diversa lettura delle risultanze probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, senza documentare, nei fatti e nei modi di rito, eventuali travisamenti degli elementi probatori valorizzati.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte cost. sent. n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2023.