Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9001 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9001 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a CASTELLAMMARE DI STABIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a TORRE ANNUNZIATA il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 27/09/2023 del TRIBUNALE della LIBERTA’ di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità dei ricorsi.
udito il difensore AVV_NOTAIO che, in difesa di COGNOME NOME e di COGNOME NOME, si è riportato agli gli scritti difensivi chiedendo l’accoglimento dei motivi dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento il Tribunale del riesame di COGNOME, in accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero, ha applicato a NOME COGNOME ed a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia cautelare in carcere in relazione a tutti i reati loro provvisoriamente ascritti (omicidio, rapine -una solo tentata-, furto di vettura detenzione di arma, danneggiamento seguito da incendio ed esplosioni pericolose fattispecie tutte variamente aggravate, quanto meno dalla recidiva specifica, reiterata ed infraquinquennale dei due imputati).
Entrambi gli imputati hanno presentato ricorso per cassazione.
2.1 NOME COGNOME ha formulato i seguenti tre motivi:
UR
difetto di motivazione (art.606 lett.e c.p.p.) in relazione alla mancata valutazione di una memoria difensiva e relativo contenuto nonché contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, con travisamento del fatto;
violazione di legge (art.606 lett. b c.p.p.) in relazione agli artt. 378, 110 e 628 c.p.;
difetto di motivazione (art. 606 lett. e c.p.p.) in ordine all’art.274 c. contraddittorietà della motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari e della capacità di autocontrollo da parte dell’imputato.
2.2 NOME COGNOME ha presentato ricorso per cassazione fondato sui un solo motivo. lvi egli deduce vizio di motivazione ex art.606 lett. e) c.p.p. per travisamento della prova in relazione all’interpretazione del contenuto delle intercettazioni, con lettura manifestamente illogica e irragionevole delle stesse.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili in quanto fondati su argomenti manifestamente infondati.
Il primo motivo del ricorso NOME contesta la ricostruzione indiziaria che ha portato all’overtuming cautelare deducendo difetto di motivazione derivante, come si è già detto, dalla mancata valutazione di quanto la difesa, con memoria depositata in udienza, aveva evidenziato e conseguente travisamento del fatto.
Da parte della difesa dell’imputato si contesta innanzitutto l’ordinanza cautelare nella parte in cui ‘demolisce’ il punto centrale della ordinanza di rigetto del g.i.p. di To Annunziata, costituito dal rilievo dato alla mancata coincidenza tra la targa della vettura dell’COGNOME e quella ripresa dalle telecamere di sorveglianza mentre la sera del 23 dicembre 2021 transitava nei pressi di INDIRIZZO. Nella prospettiva difensiva, si evidenzia in particolare la mancata risposta ai rilievi difensivi contenuti nella memoria depositata in udienza (in particolare, sulla diversità dei numeri di targa) ed travisamento della prova (pg.7) insito nell’aver svalutato, fino a stravolgerne la portata il significato della valutazione condotta dal primo giudice sugli ingrandimenti delle ultime lettere della targa della vettura Renault Scenic ripresa nelle immagini delle telecamere.
La Corte ritiene che l’argomento difensivo non sia meritevole di accoglimento. In sostanza, esso persevera nell’errore commesso dal primo giudice, l’indebita parcellizzazione valutativa delle emergenze con l’enfatizzazione di un elemento (la predicata non coincidenza delle lettere della targa della vettura, in occasione di un solo passaggio della Renault, quello delle ore 16.49) a discapito del quadro complessivo.
Sul punto la Corte ritiene che non si riscontrino i due vizi concettuali che vengono lamentati. Il Tribunale non ha trascurato per incuriam il contenuto della memoria di parte né è incorso in un travisamento della prova. Al contrario, tra pg.10 e pg. 13 vi è la puntuale e congruente confutazione della insufficienza indiziaria e della tesi difensiva che alla ricostruzione del primo giudice si richiamava. Inoltre, il giudizio formulato i
relazione all’immagine delle ore 16.49.21 non costituisce affatto un travisamento delle risultanze probatorie ma una valutazione di merito sull’utilizzabilità di una fonte d prova, insindacabile in questa sede perché non manifestamente illogica.
D’altronde, le considerazioni contenute nell’ordinanza sull’immagine in contestazione (quella delle ore 16.49.21, l’unica analizzata dal primo giudice) sono solamente una tessera in un mosaico che offre ulteriori elementi. L’ordinanza impugnata, nelle pagine iniziali ricostruisce compiutamente la vicenda, con una precisa scansione temporale, collocando le vetture riprese nel frangente (tra le quali quella attribuita all’indagato) tal che la critica di omessa considerazione della memoria e di travisamento di uno specifico elemento circostanziale (l’immagine della targa della vettura Renault Scenic) non risulta essere una critica efficace della motivazione.
A prescindere dalla lettura della targa alle ore 16.49, ciò che consente di identificare la autovettura in quella dell’COGNOME sono i ripetuti passaggi della Renault Scenic in INDIRIZZO a Boscotrecase per giungere o per allontanarsi dalla stradella chiusa ove si trova l’abitazione di un altro soggetto coinvolto, NOME COGNOME. In alcuni di tali passagg (ad esempio alle 21.43.42) la targa della vettura viene compiutamente identificata (TARGA_VEICOLO, come quella collocata sulla vettura di NOME); nello stesso frangente viene rilevata la presenza di un foglio di carta bianca sul cruscotto della vettura, dettaglio che accomuna tutte le immagini della medesima vettura ripresa dalle telecamere nei giorni immediatamente anteriori ed in quelli successivi alla commissione delle rapine. Correttamente il Tribunale ha ritenuto che tali elementi fossero concordanti nell’indicare la presenza della vettura dell’indagato (e solo di questa) in prossimità della casa del COGNOME così come in altri punti del Napoletano rilevanti ai fini della ricostruzione dell vicenda (la stazione di servizio ove è stata riempita la tanica, dopo l’esecuzione delle rapine; il luogo in cui la vettura utilizzata per l’effettuazione delle rapine ven parcheggiata in attesa di entrare in azione). La particolarità del modello e del colore della vettura, la destinazione della vettura o la sua provenienza dalla abitazione del COGNOME, conoscente dell’COGNOME, in INDIRIZZO a Boscotrecase, la presenza costante del foglio sul cruscotto sono indizi che conducono al di sotto della soglia di rilevanza stocastica l’ipotesi alternativa della presenza sui luoghi di un’altra vettura con le stess caratteristiche. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ulteriori argomenti difensivi (la conservazione da parte dell’COGNOME della tanica sequestrata; la mancanza di riferimento all’COGNOME nelle varie intercettazioni telefoniche acquisite) non hanno incidenza sulla tenuta del percorso argomentativo poiché sono semplici ipotesi, non hanno un significato univoco né risolutivo e non sono pertanto idonee a rendere la motivazione dell’ordinanza né manifestamente illogica né contraddittoria. Soprattutto, la mancata risposta non vizia l’ordinanza: l’omessa valutazione di una memoria difensiva non determina alcuna nullità, ma può influire sulla congruità e sulla correttezza logico-giuridica della motivazione del provvedimento che
definisce la fase o il grado nel cui ambito sono state espresse le ragioni difensive (Sez. 5, n. 51117 del 21/09/2017, Rv. 271600; ed anche Sez. 5, n. 4031 del 23/11/2015, Rv. 267561). Deve pertanto essere escluso che il semplice deposito di una memoria difensiva nel corso del procedimento, il cui contenuto non sia oggetto di specifica confutazione da parte del giudice, determini una nullità stante che tale particolare sanzione, che, si ricorda, è sempre prevista a pena di tassatività, non è in alcun modo sancita dall’art. 121 cod. proc. pen. (che pure dà facoltà alle parti di depositare tali a nel corso del giudizio) né da altre disposizioni del codice di rito.
In sostanza, con le censure proposte, a dispetto di quanto dichiarato nella rubrica del primo motivo di ricorso, non si lamenta una motivazione manifestamente illogica, carente o contraddittoria, ma una decisione errata, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata. Tuttavia, così facendo la difesa si pone inammissibilmente in confronto diretto con il materiale probatorio e scorda che, secondo il diritto vivente, è preclusa alla Corte di cassazione «la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova» (così, ex pluris Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217 e; in senso conforme, Sez. 5, n. 8188 del 4/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272406; Sez. 4, n. 1219 del 14/09/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271702; Sez. 6, n. 27784 del 05/04/2017, COGNOME, Rv. 270398, in motivazione; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482). Per tali ragioni il primo motivo è manifestamente infondato e non è consentito.
L’ultima parte del primo motivo (ove si tratta dell’elemento soggettivo) ed il secondo motivo (sulla qualificazione giuridica del contributo fornito dall’COGNOME) possono essere trattati unitariamente per convenienza espositiva.
Il tema che unisce i due capitoli, nella prospettazione difensiva, è quello della insussistenza di elementi circostanziali da cui desumere la consapevolezza da parte dell’NOME delle intenzioni criminali di coloro che hanno ideato e realizzato la rapina, in particolare con riferimento all’omicidio del commerciante ed all’uso dell’arma.
La prospettazione difensiva non ha pregio poiché, anche in questo caso, la valutazione delle circostanze concrete non può che essere demandata al prudente apprezzamento del giudice di merito, espresso nella motivazione, la quale può essere in questa sede censurata solo in presenza di un vizio rientrante nella triade dell’art.606 lett.e) c.p.p..
Nel caso concreto, il Tribunale di COGNOME è immune dalle critiche motivazionali indicate, in particolar modo dalla manifesta illogicità poiché, evidenziando i tempi serrati di realizzazione delle condotte criminali, il contributo fornito da NOME tanto prima che dopo la realizzazione delle rapine e dell’omicidio, ne ha tratto la congrua valutazione di
partecipazione effettiva, sotto ogni profilo, agli aspetti programmatori della azione delittuosa, così da assumersi la responsabilità anche dello sviluppo imprevisto ma non imprevedibile, costituito dall’omicidio dello sventurato commerciante.
Infine, sempre in relazione ad NOME, anche l’ultimo motivo afferente al vizio motivazionale per la mancata considerazione di misure alternative alla custodia cautelare in carcere, si risolve in una generica doglianza astratta. Il Tribunale, infatti aveva elencato i precedenti dell’COGNOME (condannato per violazione della legge sulle armi e stupefacenti, minaccia, lesioni, furto), liquidati nel ricorso come ‘asintomatici nonostante la gravità e l’evidente coefficiente di violenza e ribellismo da essi espresso.
La partecipazione di NOME COGNOME alla serie di rapine (degenerate in omicidio) è ricavata dall’interpretazione del contenuto di intercettazioni telefoniche intervenute tra appartenenti al nucleo familiare ed amicale dell’indagato a distanza di qualche mese dai fatti.
Con il ricorso si denuncia il travisamento del fatto per una serie di letture illogiche non corrispondenti al significato genuino delle conversazioni.
La Corte osserva che anche la difesa di COGNOME deduce, in definitiva, una questione di interpretazione di circostanze di fatto, sottratte in principio alla cognizione del giudi di legittimità. Come correttamente evidenziato nello stesso ricorso del COGNOME (pagine finali) l’ambito del vaglio permesso alla Corte è circoscritto a specifiche, ben definite, ipotesi. Innanzi tutto, al travisamento del fatto da parte del giudice (Sez. 3, Sentenza n. 6722 del 21/11/2017 Di Maro Rv. 272558 -01). Il vizio di ‘contraddittorietà processuale’ vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell’esa trasposizione nel ragionamento del giudice del dato probatorio nei termini di una ‘fotografia’, neutra e a-valutativa, del ‘significante’, ma non del ‘significato’, atte persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell’elemento di prova (Sez. 1, n. 25117 del 14/07/2006, COGNOME, Rv. 234167; Sez. 5, n. 36764 del 24/05/2006, COGNOME, Rv. 234605). In sostanza, il giudice deve aver compreso e trasposto nella motivazione de albo nigrum, per usare estensivamente l’antico brocardo. Circostanza che in nessun caso può dirsi verificatasi in questo caso, posto che sotto ogni aspetto (anche in relazione all’identità di uno degli interlocutori) si questione dell’interpretazione delle parole usate ma non della loro sussistenza o meno.
L’interpretazione del materiale intercettivo può essere altresì oggetto di critica per manifesta illogicità o irragionevolezza da parte del giudice la cui motivazione per contro si sottrae al giudizio di legittimità, se la valutazione risulta logica in rapporto massime di esperienza utilizzate (da ultimo, ex pluris, Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021 Gregoli Rv. 282337- 01).
Nel caso concreto, tuttavia, in relazione alla prima telefonata ci si limita a fornire una lettura alternativa senza indicare le ragioni di manifesta illogicità che renderebbero soccombente quella propugnata dal tribunale. In merito alla seconda telefonata (tra
l’indagato ed il fratello NOME, interpretata in tesi difensiva come dimostrativa dell estraneità alle rapine ed all’omicidio dell’imputato) l’interpretazione fornita dal tribunal viene criticata come illogica poiché diretta a dimostrare il contrario di quanto vi si legge letteralmente (cioè che COGNOME NOME sostenesse di non aver nulla a che fare con l’omicidio). La Corte osserva, tuttavia, che la conversazione attesta quanto meno del perdurante timore dell’indagato di essere sospettato delle rapine e dell’omicidio e che la frase controversa Mon siamo noi… cosa c’entriamo’) ben possa essere intesa, come sostiene il Tribunale, come una manifestazione dell’intenzione di negare il proprio coinvolgimento, cioè una frase pronunciata artatamente nella consapevolezza di essere intercettato -circostanza di cui l’imputato aveva già dato dimostrazione di essere a conoscenza. In tali termini, la spiegazione del colloquio fornita dal Tribunale rientra nei parametri della logica comune in quanto ricognitiva di una condotta ricorrente allorché si è consapevoli (o si ha anche solo il sospetto) di essere potenzialmente soggetti ad intercettazione.
Immune da critiche di illogicità pare anche l’interpretazione del significato della terza telefonata elencata nella misura, intercorsa tra la madre e la moglie di NOME COGNOME (NOME COGNOME e NOME, rispettivamente) il 29 aprile 2022, giorno della notifica all’imputato -già arrestato per un altro tentato omicidio- dell’invi all’interrogatorio nell’ambito del presente procedimento. In particolare, non ha alcun fondamento logico sostenere, come si legge nel motivo di ricorso, che il Tribunale avrebbe errato nell’individuare nel padre dell’imputato (COGNOME NOME) l’interlocutore del colloquio riferito dalla COGNOME nel corso della telefonata alla nuora. Il colloquio avvenuto un mese prima dell’arresto dell’omonimo (COGNOME NOME) per un altro episodio (nel quale era già arrestato il figlio della COGNOME) aveva avuto ad oggetto proprio il diverso trattamento ricevuto in relazione al presente procedimento tra il figlio della donna, NOME COGNOME ed il figlio dell’interlocutore, che non può quindi essere confuso con il destinatario del provvedimento restrittivo datato 25 maggio 2022.
Da quanto precede deriva l’inammissibilità dei ricorsi con conseguente condanna dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
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Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.28, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso in Roma, 23 gennaio 2024
Il Consigliere relatore
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