Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14373 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14373 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/02/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
MILANO NOME nato il 22/08/1947 a GIOIA DEL COLLE
avverso la Corte di appello in data 17/11/2023 della CORTE DI APPELLO DI
BARI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
lette le note fatte pervenire dall’Avvocato NOME COGNOME che (con la prima) ha concluso per l’accoglimento del ricorso e (con la seconda) ha replicato alla requisitoria del pubblico ministero;
letta la nota dell’Avvocato COGNOME che, nell’interesse della parte civile COGNOME ha concluso per l’inammissibilità o per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME COGNOME per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna la sentenza in data 17/11/2023 della Corte di appello di Bari, che ha confermato la sentenza in data 27/05/2022 del Tribunale di Bari, che lo aveva condannato per i reati di truffa e di appropriazione indebita.
Deduce:
1.1. Vizio di motivazione e travisamento di una prova decisiva, in riferimento alla testimonianza di COGNOME Sebastiano.
Il ricorrente premette che, secondo l’assunto accusatorio, Milano avrebbe noleggiato dalla società RAGIONE_SOCIALE il carrello elevatore oggetto di entrambi i reati e, quindi, non ne sarebbe proprietario.
Sostiene, dunque, che la prospettazione accusatoria non è stata provata e, anzi, è stata smentita dalla testimonianza resa da NOME COGNOME i cui contenuti sono stati travisati dalla corte di appello.
Aggiunge che la corte di appello ha fondato l’affermazione di responsabilità sulla testimonianza del luogotenente COGNOME COGNOME che, però, aveva appreso de relato (da COGNOME NOME) che Milano aveva noleggiato il carrello elevatore, non aveva effettuato alcun accertamento documentale in ordine alla titolarità dello stesso e aveva reso dichiarazioni contraddittorie.
A sostegno dell’assunto vengono compendiate e illustrate le testimonianze di COGNOME e COGNOME al fine di dimostrare il travisamento della prova e la contraddittorietà della motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1.1. Per come premesso dal ricorrente, secondo l’ipotesi accusatoria, Milano si sarebbe presentato a COGNOME NOME quale proprietario del carrello elevatore marca RAGIONE_SOCIALE modello CODICE_FISCALE matricola n. CODICE_FISCALE mentre in realtà di quel carrello non era proprietario, avendolo soltanto noleggiato dalla società RAGIONE_SOCIALE; avrebbe, quindi, indotto in errore COGNOME vendendogli un carrello che non era di sua proprietà e, al contempo, appropriandosene al fine di realizzare tale condotta truffaldina.
Il ricorrente evidenzia come sia la truffa, sia l’appropriazione indebita, così come contestate, suppongano che Milano non fosse proprietario del carrello elevatore sopra descritto.
Osserva, dunque, come tale presupposto di fatto manchi, perché dalle testimonianze di COGNOME Sebastiano (funzionario commerciale della società tedesca) emerge che il carrello elevatore in questione era stato in effetti acquistato da Milano, dopo averlo originariamente noleggiato.
ì
1.2. Sulla base di tale osservazione, il ricorrente denuncia il travisamento della prova e, comunque, la contraddittorietà della motivazione, in quanto la corte di appello ha ritenuto provata l’ipotesi accusatoria travisando i contenuti della testimonianza di NOME NOME, affermando che dalle sue dichiarazioni era emerso che Milano aveva noleggiato il carrello elevatore con matricola FN47942 oggetto materiale dei reati contestati, mentre aveva acquistato quello con la matricola FN47941, estraneo alla vicenda delittuosa.
Secondo il ricorrente, invece, COGNOME Sebastiano aveva dichiarato che proprio il carrello con matricola n. CODICE_FISCALE era stato prima noleggiato e poi acquistato da Milano che, pertanto, al momento del fatto ne era proprietario, con la conseguente insussistenza della truffa e dell’appropriazione indebita.
A sostegno di quanto dedotto vengono riportati nel ricorso alcuni stralci della deposizione testimoniale di COGNOME Sebastiano.
1.2.1. Va però precisato che tali censure, ancorchè intitolate al vizio di travisamento della prova, vanno più correttamente collocate nella nozione di travisamento del fatto, in quanto la sentenza impugnata viene -in sostanza- censurata per non avere accolto la ricostruzione fattuale proposta dalla difesa, sulla base di una lettura delle emergenze istruttorie alternativa a quella ritenuta dalla corte di appello.
Il travisamento della prova, invero, «ricorre nei casi in cui si sostiene che il giudice di merito abbia fondato il suo convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale. In quest’ultimo caso, infatti, non si tratta di reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, ma di verificare se questi elementi esistano», (in tal senso, cfr. Sez. 4, n. 4675 del 17/05/2006, dep., COGNOME, Rv. 235656 – 01).
1.2.1. Tale struttura critica non si rinviene nel caso in esame, dove con l’impugnazione si offre una rivisitazione del quadro probatorio, con la valorizzazione di alcuni elementi (la testimonianza di COGNOME Sebastiano) correlata alla svalutazione di altri elementi di segno contrario (la testimonianza del luogotenente COGNOME).
Con l’impugnazione, invero, si sostiene che i giudici dell’appello avrebbero travisato il contenuto della testimonianza di NOME NOMECOGNOME perché questi nel corso del suo esame avrebbe dichiarato che proprio il carrello che si sostiene oggetto materiale del reato era stato acquistato da Milano. Tale deduzione viene accompagnate da argomentazioni intese a svilire la valenza probatoria della testimonianza resa dal luogotenente COGNOME COGNOME perché quegli: avrebbe appreso solo de relato dalla società concessionaria che il mezzo era stato dato a noleggio, non aveva acquisito il alcun contratto di noleggio e aveva riferito di avere acquisito l’informazione da NOMECOGNOME
GLYPH
.)k ,,
Aggiunge che la dichiarazione testimoniale del luogotenente COGNOME erano contraddittorie.
Dalla lettura complessiva del motivo di ricorso, quindi, emerge come con l’impugnazione si solleciti alla corte di cassazione una rilettura delle dichiarazioni testimoniali raccolte in dibattimento, nel senso di attribuire un prevalente significato probatorio alla testimonianza dell’una rispetto all’altra, sulla base -peraltrodi stralci estrapolati dall’esame di COGNOME e con la sintesi delle dichiarazioni di COGNOME, che il ricorso pone a confronto sulla base -peraltro- di una riproduzione parziale e incompleta della testimonianza che si assume travisata.
Proprio la necessità di confrontare e di rivalutare il risultato probatorio porta la censura al di fuori del paradigma del vizio di travisamento della prova, che si configura nella utilizzazione di una prova inesistente ovvero nella mancata utilizzazione di una prova esistente connotate della incontrovertibile decisività, in quanto la loro inclusione o esclusione dal compendio probatorio avrebbe oggettivamente condotto a una decisione opposta da quella raggiunta dal giudice.
E’ stato incisivamente spiegato, invero, che «in tema di motivi di ricorso per cassazione, il vizio di “contraddittorietà processuale” (o “travisamento della prova”) vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell’esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l’eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di “fotografia”, neutra e a-valutativa, del “significante”, ma non del “significato”, atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell’elemento di prova» (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370 – 01).
Tali connotati di oggettività non si rinvengono nel ricorso in esame, dove lo stesso ricorrente evidenzia come vi siano elementi a carico dell’imputato (la testimonianza di COGNOME), i medesimi valorizzati dal giudice di primo grado, che la corte di appello non ha ritenuto superati dalla testimonianza di COGNOME COGNOME i cui contenuti -peraltro- vengono riletti nel ricorso sulla base di stralci del verbale che le ha raccolte e che, in ragione della loro parziarietà, si prestano a letture alternative, così che la loro valenza dimostrativa discende dalla valutazione datane dall’interprete e non dalla loro intrinseca e a-valutativa forza dimostrativa.
Da ciò discende l’infondatezza del ricorso e la condanna del ricorrente alle spese del giudizio.
Nonostante la valida instaurazione del rapporto processuale, il reato non si è prescritto, atteso che, in applicazione degli artt. 157 e 160 cod. pen., avendo riguardo alla data di commissione del reato, agli atti interruttivi e a 447 giorni di sospensione (per istanze di rinvio e per la sospensione COVID-19), la fattispecie estintiva maturerebbe il 29/07/2025.
GLYPH
3. L’esito del giudizio comporta la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile nel presente
grado di giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proces- suali. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e
difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME Michele che liquida in complessivi euro 2.600,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 05/02/2025