Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 17646 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 17646 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
hanno fatto con riguardo a quanto il COGNOME aveva riferito avere appreso dal collega COGNOME ed alle dichiarazioni di quest’ultimo (cfr., pag. 4 della sentenza impugnata).
A fronte di questa puntuale ricostruzione, perciò, la difesa, con il primo motivo del ricorso, deduce il ‘travisamento’ della prova di cui, peraltro, segnala la ‘errata lettura’ (cfr., pag. 3 del ricorso) finendo, in realtà, per contestare le risultanze processuali e nell’insistere sulla versione dei fatti proposta con l’atto di gravame.
Vero che tra i vizi riconducibili al novero di quelli denunziabili ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen. vi Ł quello del ‘travisamento’ che, come si Ł detto, Ł ravvisabile nel caso di contraddittorietà della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato, ovvero da altri atti del processo indicati nei motivi di gravame, ovvero dall’errore cosiddetto revocatorio, che cadendo sul significante e non sul significato della prova, si traduce nell’utilizzo di una prova inesistente per effetto di una errata percezione di quanto riportato dall’atto istruttorio ovvero nella omessa valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia (cfr., Sez. 5, Sentenza n.18542del21/01/2011, COGNOME, Rv. 250168; Sez. 2, Sentenza n.47035del03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499; Sez. 5, Sentenza n.8188del04/12/2017, COGNOME, Rv. 272406; Sez. 2, Sentenza n.27929del12/06/2019, PG c/COGNOME, Rv. 276567); il ‘travisamento’, insomma, deve riguardare una prova che non sia stata affatto valutata ovvero che sia stata considerata dal giudice di merito in termini incontrovertibilmente difformi (non già dal suo ‘significato’ ma) dal suo ‘significante’ e che venga individuata specificamente e ‘puntualmente’ oltre che idonea a disarticolare il ragionamento su cui si fonda la decisione impugnata.
¨ necessario, dunque, che la relativa deduzione abbia un oggetto definito e inopinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco della dichiarazione (o di altro elemento di prova) e quello tratto dal giudice, con conseguente esclusione della rilevanza di presunti errori commessi nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima (cfr., Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017, COGNOME; Sez. 2, n. 27929 del 12/06/2019, COGNOME; Sez. 5, n.48050del02/07/2019, S., Rv. 277758).
Si Ł inoltre sottolineato che Ł deducibile in sede di legittimità e rientra, pertanto, in detto controllo soltanto l’errore per l’appunto ‘revocatorio’, in quanto il rapporto di contraddizione esterno al testo della sentenza impugnata, introdotto con la suddetta novella, non può che essere inteso in senso stretto, quale rapporto di negazione sulle premesse, mentre ad esso Ł estraneo ogni discorso confutativo sul significato della prova, ovvero di mera contrapposizione dimostrativa, considerato che nessun elemento di prova, per quanto significativo, può essere interpretato per “brani” nØ fuori dal contesto in cui Ł inserito; ne deriva che gli aspetti del giudizio che consistono nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi acquisiti attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimità se non quando risulti viziato il discorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa e che, pertanto, restano inammissibili, in sede di legittimità, le censure che
siano nella sostanza rivolte a sollecitare soltanto una rivalutazione del risultato probatorio (cfr., tra le t a n t e , Sez. 6, Sentenza n.9923del05/12/2011, S., Rv. 252349; Sez. 5, Sentenza n.8094del11/01/2007, COGNOME, Rv. 236540 in cui la Corte,; in tal senso, anche Sez. 2, Sentenza n.7380del11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716).
Fatta questa premessa, Ł allora agevole rendersi conto del fatto che i denunziati ‘travisamenti’ si risolvono, in realtà, nella contestazione dell’esito della lettura che delle prove – indiscutibilmente valutate dai giudici di merito – Ł stata operata ed Ł stata rappresentata nelle sentenze di primo e di secondo grado e sorretta da una motivazione che non presenta profili di criticità tali da renderla censurabile in questa sede.
Sotto altro profilo, e con particolare riferimento al caso che ci occupa, va anche rilevata l’aspecificità ed il difetto di autosufficienza del motivo che, nel denunziare il travisamento di una prova dichiarativa puntualmente e specificamente richiamata dai giudici di merito, la difesa non si Ł peritata di riprodurne il contenuto ovvero di allegare i relativi verbali, consentendo così alla Corte di effettuare una verifica in termini meramente ‘constatativi’ della difformità tra il testo valorizzato dai giudici di merito e quello invece risultante dal tenore della trascrizione, senza procedere ad un diretto accesso alla prova ed alla sua (ri)valutazione.
3.2 I giudici di merito, dunque, hanno concordemente concluso nel senso che l’imputato, avendo a disposizione la vettura al cui interno erano stati accuratamente occultati, era in possesso dei capi di abbigliamento ‘di certo di provenienza delittuosa in ragione della tipologia e del numero dei capi di vestiario (…) e dell’orologio da uomo con impressa la marca SKYLINE’ di cui ‘… per pacifica giurisprudenza non v’Ł chiaramente necessità di accertare giudizialmente il delitto presupposto’ (cfr., pag. 4 della sentenza in verifica).
Per altro verso, la consapevolezza della provenienza delittuosa della merce, Ł stata desunta, con argomentazione immune da profili di manifesta illogicità e, invece, in termini del tutto lineari, dalla stessa condotta del Sergio nel tentare di sottrarsi al controllo dei militari anche a costo di mettere a repentaglio la propria e l’altrui incolumità.
¨ pacifico, invero, che la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dall’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta da parte del soggetto agente con la precisazione per cui ciò non costituisce una deroga ai principi in tema di onere della prova, e nemmeno un “vulnus” alle guarentigie difensive, in quanto Ł la stessa struttura della fattispecie incriminatrice che richiede, ai fini dell’indagine sulla consapevolezza circa la provenienza illecita della “res”, il necessario accertamento sulle modalità acquisitive della stessa (cfr., così, Cass. Pen., 2, 22.11.2016 n. 53.017, COGNOME; Cass. Pen., 2, 27.10.2010 n. 41.423, COGNOME; Cass. Pen., 2, 19.4.2017 n. 20.193, P.G. in proc. COGNOME; Cass. Pen., 2, 22.11.2016 n. 53.017, COGNOME; Cass. Pen., 2, 10.11.2016 n. 52.271, COGNOME; Cass. Pen., 2, 26.11.2013 n. 50.952, COGNOME; Cass. Pen., 1, 13.3.2012 n. 13.599, COGNOME).
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma – che si stima equa – di euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende ravvisandosi profili di colpa nell’attivare il rimedio impugnatorio in termini e per ragioni non consentite.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 08/04/2025.