Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29657 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29657 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 22/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI MILANO nel procedimento a carico di: NOME COGNOME nato a CARIATI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CIRO’ MARINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/10/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona Sostituto AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio;
lette le note conclusive a firma del difensore, AVV_NOTAIO, che ha insistito nella declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 20.01.2023, la Prima Sezione di questa questa Corte annullava la pronunzia della Corte di Appello di Milano del 30.11.2021,
limitatamente alle posizioni di COGNOME NOME, ritenuto colpevole del reato di estorsione in concorso aggravata anche dall’art. 416 bis 1 cod. pen., ai danni del RAGIONE_SOCIALE, in data antecedente e prossima al 26 maggio 2018, contestata al capo 8, e COGNOME NOME, ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 416 bis cod. pen., contestato al capo 1, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano per un nuovo giudizio. Il processo ha per oggetto una associazione a delinquere di stampo mafioso operante sul territorio di Milano e province limitrofe e costituita da numerose locali, di cui diciotto individuate, coordinate da un organo denominato “la Lombardia”; tale associazione è stata oggetto di sentenze irrevocabili. Nel presente processo l’epoca del delitto associativo è indicata dal 2015 al 2020.
L’imputazione di cui al capo 1 ha per oggetto la locale di Legnano/Lonate Pozzolo, alleata e collegata alla locale calabrese di NOME NOME, dominata dalla cosca RAGIONE_SOCIALE: l’esistenza di tale locale è stata attestata da altra sentenza del Tribunale di Busto Arsizio divenuta irrevocabile.
1.1. Per quanto concerne la posizione di NOME COGNOME, condannato per il reato di associazione per delinquere di cui all’art. 416 bis cod. pen., contestato al capo 1, la sentenza di annullamento di questa Corte rilevava che gli elementi a carico dell’imputato (la partecipazione ad un summit con NOME COGNOME il 21.10.2017 e la circostanza di avere usufruito, in qualità Ci responsabile della RAGIONE_SOCIALE, della imposizione della fornitura del caffè ai soggetti economici del settore grazie alla forza della intimidazione del gruppo criminale) vengono elencati e sommati nella sentenza, senza giungere a valutarne adeguatamente la consistenza e significatività in relazione alla contestazione; ha, quindi, ritenuto necessaria una nuova valutazione delle emergenze probatorie e una motivazione adeguata sulla sussistenza dei presupposti della partecipazione del ricorrente alla Locale.
In particolare, con riferimento al primo elemento, la sentenza di annullamento ha evidenziato che NOME non partecipava alla cena del 21.10.2021, cui aveva partecipato NOME COGNOME, non entrava all’interno del ristorante, rimanendo all’esterno solo sette minuti, per poi allontanarsi con il suocero (che vi aveva accompagnato COGNOME NOME, esponente del clan di NOME NOME); inoltre, la sua presenza poteva apparire al più come segno della conoscenza e frequentazione di COGNOME, che non significa partecipazione ad una cosca mafiosa.
Con riferimento al secondo elemento, la sentenza di questa Corte ha evidenziato che dalle pronunzie di merito, più che una imposizione dei prodotti della RAGIONE_SOCIALE agli operatori economici, emergeva una imposizione della cosca nei confronti di NOME e NOME ad acquistare merce e a rivenderla, sì da trasformare
la società nella “faccia pulita delle attività di commercio di zucchero e di caffè della cosca”; ciò si fondava su di una sola conversazione intercettata, né si comprendeva come tale attività fosse un contributo alle finalità della locale di Legnano Lonate/Pozzolo.
Ha rilevato, altresì, la sentenza di annullamento che la circostanza che la moglie di NOME COGNOME fosse stata assessore nella giunta di NOME COGNOME non sembrerebbe assumere un significato particolare, sia perché il marito non può ritenersi responsabile delle condotte della moglie, non coinvolta nel presente processo, sia perché dalla lettura del provvedimento non emerge alcun interessamento dell’imputato ai provvedimenti assunti dalla giunta. Ha rilevato ancora la pronunzia di questa Corte che la sentenza impugnata dava atto che NOME COGNOME era uomo di NOME COGNOME ma -come emerge dalla lettura della stessa sentenza impugnata – il collaboratore di giustizia non sembrava avere riferito alcunché sulla attività commerciale svolta da NOME e NOME, indicati come spacciatori di droga.
1.2. Riguardo alla posizione di NOME COGNOME, la sentenza di annullamento di questa Corte richiamava le considerazioni fatte con riferimento alla posizione di NOME COGNOME sulla reale posizione della RAGIONE_SOCIALE rispetto alla cosca di NOME e alla locale di Legnano/Lonate Pozzolo, ritenendo necessaria una nuova valutazione della vicenda da parte del giudice del rinvio al fine di giungere ad una decisione supportata da una mot vazione rigorosa e completa.
Si è, quindi, evidenziato che la condanna non poteva fonda -si sul contenuto di una sola conversazione progr. n. 8330 del 26.05.2018 e, addirittura, di una sola frase, intercorsa tra il presunto estorto ed un soggetto terzo, ritenendola insufficiente a fondare una pronuncia di condanna e che non era stata fatta alcuna valutazione delle dichiarazioni della persona offesa COGNOME e che, infine, la sentenza della Corte territoriale sembrava valutare contraddittoriamente l’aspetto “familiare” del contrasto tra NOME COGNOME e NOME COGNOME, da una parte menzionandolo (“siamo parenti!”), dall’altra svalutandolo, sostenendo che il rifiuto di COGNOME non significava voltare le spalle alla cosca ma al solo parente NOME, colpevole, a suo dire, di averlo truffato. Il rapporto familiare poteva incidere sulla portata effettivamente intimidatoria del riferimento a COGNOME fatto da NOME.
La sentenza di questa Corte, inoltre, ha ritenuto indispensabile chiarire la portata intimidatoria della prospettazione, se la reazione di rifiuto fosse stata rivolta alla cosca o al NOME in quanto parente ed ha altresì ritenuto indispensabile verificare se vi fosse prova dell’imposizione dei prodotti RAGIONE_SOCIALE ai commercianti della zona con la spendita del nome minaccioso della cosca.
1.3. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Milano, in sede di giudizio di rinvio, provvedendo sull’appello proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME, in riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Milano dell’8.09.2020, assolveva NOME COGNOME dal reato di estorsione in concorso aggravato dall’art. 416 bis 1 cod. pen., contestato al capo 8),, perché il fatto non sussiste e NOME COGNOME dal reato associativo per non avere commesso il fatto.
1.3.1. Con riferimento alla posizione di NOME COGNOME, la Corte territoriale ha rilevato che la prospettazione accusatoria si basa solo su una conversazione intercorsa tra la vittima, COGNOME, ed un terzo soggetto, dalla quale sembra emergere come NOME COGNOME (“NOME“) avrebbe minacciato lo stesso COGNOME di far intervenire il capo della organizzazione mafiosa, NOME COGNOME, se egli avesse smesso di acquistare il caffè della RAGIONE_SOCIALE; l’accusa non sarebbe supportata da ulteriori elementi di fatto e non può ritenersi provata al di là di ogni ragionevole dubbio, tenendo conto del fatto che COGNOME era soggetto non estraneo al contesto criminale della Locale di Lonate Pozzolo, per cui non potrebbe ritenersi che un mero riferimento all’ipotesi di intervento del comune “capo” (COGNOME) sia sufficiente ad integrare una minaccia di stampo estorsivo nonché anche a ritenere che la scelta del BOOBA Bar non sia stata totalmente libera e che il singolo elemento di prova a carico non sarebbe sufficiente ad integrare la fattispecie contestata. La Corte territoriale ha inoltre individuato un ostacolo giuridico alla configurazione del reato in quanto la decisione di interrompere la fornitura di caffè sarebbe imputabile alla moglie del COGNOME, quale titolare del bar, con conseguente inidoneità della minaccia a coartare la volontà del titolare del bar del potere di scelta e come tale non punibile ai sensi dell’art.56 cod. pen.
1.3.2. Con riferimento alla posizione di NOME COGNOME, la Corte territoriale, ha ritenuto non raggiunta la prova della partecipazione dell’imputato alla locale di Lonate Pozzolo in quanto gli elementi evidenziati dai giudici di primo e secondo grado idonei a far ritenere provata la appartenenza dell’imputato alla ‘ndragheta e che le pur pregevoli le argomentazioni della Procura AVV_NOTAIO, in sede di memoria scritta e di conclusioni, non sono in grado di apportare al quadro probatorio significativi elementi di novità, neanche in termini di differente valutazione degli elementi indiziari già presenti in atti in relazione ad entrambi i fattori sulla base dei quali è stata affermata la partecipazione dell’imputato all’associazione, ossia la partecipazione summit con COGNOME del 21.10.2017 e l’attività di smercio di caffè e zucchero tramite la società RAGIONE_SOCIALE, tramite cui avrebbe portato i commercianti della zona di Lonate Pozzolo a rivolgersi alla cosca per rifornirsi di tali materie, circostanze fattuali, ind viduate anche dalla
sentenza di Cassazione alle pag.42 e 43, che appaiono essere gli unici indizi di una effettiva appartenenza del COGNOME alla associazione mafiosa.
Avverso l’anzidetta sentenza propone ricorso il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO.
I primi tre motivi riguardano la posizione di NOME COGNOME, il quarto motivo la posizione di NOME COGNOME.
2.1. Il primo motivo di ricorso deduce nullità della sentenza ai sensi dell’art. 606 co. 1 lett. e) cod. proc. pen. per travisamento della prova e contraddittorietà della motivazione nella parte in cui la Corte di merito da un lato afferma che “non è implausibile che la scelta del Booba Bar di rifornirsi dalla RAGIONE_SOCIALE non sia stata totalmente libera, dall’altro “il singolo dialogo del COGNOME con un terzo soggetto, dal quale emerge che il COGNOME NOME (cd. zio NOME) avrebbe minacciato il nipote di far intervenire lo COGNOME se egli avesse smesso di acquistare il caffè dalla LE.MA ., non possa essere sufficiente a integrare la fattispecie contestata (pag. 13 della sentenza impugnata) nonché per violazione dei canoni di valutazione della prova ex art. 192 cod. proc. pen.
Lamenta il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ricorrente la omessa valutazione del complessivo compendio probatorio e segnatarnente della conversazione progr. 2947 del 22.07.2017, intercettata a bordo della autovettura di COGNOME NOME, in cui questi fa esplicito riferimento a COGNOME NOME, detto NOME, ed a suo figlio NOMENOME NOME precisamente riferisce a COGNOME NOME NOME l’idea di COGNOME NOME era di invitare i due NOME NOME presentarsi presso il ristorante La RAGIONE_SOCIALE per imporre ai proprietari l’acquisto del caffè “andate là, vai là e gli dici che, NOME, mi ha mandato per darvi il caffè! Questi devono aprire le porte e gli devono… si devono prendere il caffè”.
Si lamenta ancora l’omessa valutazione della intercettazione progr. 8830 intercorsa tra COGNOME NOME e COGNOME NOME, dalla quale emerge il rapporto commerciale fra COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE che ha ad oggetto le doglianze mosse dal gestore del bar con l’interlocutore circa l’eccessivo prezzo e la cattiva qualità del caffè fornitogli dalla società amministrata da COGNOME, l’affermazione che lo zio NOME (NOME) era venuto a minacciarlo per costringerlo ad acquistare il caffè commercializzato dal figlio, facendo leva sulla figura potente del Bandito, NOME COGNOME, cui avrebbe riferito tutto se si fosse sottratto a tale fornitura.
Lamenta, inoltre, il ricorrente che il contenuto delle intercettazioni richiamate è stato interamente confermato dalle dichiarazioni rese da COGNOME NOME nel verbale di sit del 12.07.2019. Questi ha dichiarato che NOME era stato il suo fornitore di caffè per circa un anno e mezzo dall’apertura del bar nell’ottobre 2017, spiegando le ragioni per cui aveva acconsentito all’acquisto
della fornitura di caffè dalla RAGIONE_SOCIALE; ha parlato dell’intervento dello zio NOME e delle ragioni per cui aveva deciso alla fine di interrompere tale rapporto. COGNOME ha confermato anche il riferimento alla minaccia ricevuta da NOME, precisando di sapere perfettamente chi era COGNOME NOME, detto il Bandito, e che per tale motivo aveva timore che COGNOME potesse intervenire sulla questione della fornitura del caffè.
Deduce il ricorrente che il Tribunale di Milano nella sentenza dell’8.09.2020 (pag.466 e ss. della sentenza n.34268/19 RGNR, n.1100/20 Reg. Sent.) ha invece dato rilevanza alla circostanza dove si afferma “venendo ad analizzare gli elementi emersi nel corso delle indagini con riferimento alla vicenda in esame, si deve subito osservare come tale episodio implichi una stretta relazione tra la locale di Lonate Pozzolo e la locale calabrese di NOME NOME. Invero, è palese l’interessamento di COGNOME NOME per l’attività commerciale avviata da NOME COGNOME nel settore del caffè; merce che l’esponente della locale cirotana voleva imporre anche agli esercenti che operano nel suo territorio. Si tratta di uno dei tipici interventi di mutuo soccorso tra le due realtà ‘ndranghetiste, volti a favorire soggetti comunque vicini al contesto criminale di riferimento”.
2.2 II secondo motivo deduce la nullità della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 606 co. 1 lett. e) cod. proc. pen., per travisamento e mancanza di motivazione in relazione ai profili rilevanti ai fini della decisione in quanto l Corte di merito avrebbe fondato la pronuncia assolutoria st.1 fatto che oltre alla frase pronunciata dal COGNOME non vi sarebbero ulteriori elementi di fatto a supporto per cui tale prospettazione non può ritenersi provata al di là di ogni ragionevole dubbio, omettendo di valutare e di pronunciarsi sulle ulteriori e fondamentali prove presenti in atti evidenziate dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO nella memoria depositata nel giudizio di rinvio e ribadite in sede di discussione.
In particolare, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO indica le intercettazioni telefoniche e ambientali, segnatamente progr. nn. 5023 e 5024 del 22.03.2018, riportate integralmente nel ricorso, intercorse tra l’imputato COGNOME NOME e COGNOME NOME (condannato in via definitiva per 416 bis cod.pen.) che chiariscono l’esistenza di un accordo per l’apertura a Lonate Pozzolo di un negozio di vendita di caffè, che attraverso un’impresa che emetteva regolare fattura, avrebbe destato minori sospetti rispetto all’apertura di un negozio analogo a NOME, e che NOME NOME aveva autorizzato, se non suggerito, l’avvio dell’attività commerciale poi intrapresa da NOME COGNOME nel settore della vendita del caffè (NOME in passato glielo ha detto a NOME: “NOME tu devi prendere”).
Inoltre, il ricorrente, riportando alle pag. 21-22, le dichiarazioni del collaborator COGNOME, deduce che la circostanza è stata trattata dal collaboratore di giustizia, e che, a pag. 465 della sentenza del GUP del Tribunale di Milano
dell’8.09.2020, si legge “con riferimento a tale vicenda, COGNOME NOME ha riferito di avere saputo sia da COGNOME NOME sia da NOME COGNOME che la RAGIONE_SOCIALE imponeva l’acquisto dei suoi prodotti agli esercizi commerciali. NOME gli aveva altresì confidato che di tale attività commerciale si stava interessando anche COGNOME NOME per fargli mettere il caffè presso alcuni paesani di giù che avevano dei locali nei paraggi. COGNOME aveva saputo che COGNOME e COGNOME si erano recati insieme al ristorante “RAGIONE_SOCIALE” a chiedere per il caffè”, e che sul punto la sentenza impugnata omette di motivare.
2.3 Il terzo motivo deduce nullità della sentenza ai sensi dell’art. 606 co. 1 lett. b) cod. proc. pen. per erronea applicazione della legge penale per violazione degli art.56-629 cod. pen., in quanto nell’affermare che “occorre tenere conto che lo stesso COGNOME era soggetto non estraneo al contesto criminale della Locale di Lonate Pozzolo non si può ritenere, dunque, che un mero riferimento all’ipotesi di un intervento del comune “capo” (ossia COGNOME) sia sufficiente ad integrare una minaccia di stampo estorsivo”, non avrebbe tenuto conto del contesto mafioso in cui si svolgono i fatti, del carattere velato, implicito della minacce che integrano la c.d. estorsione ambientale, della non incisività della circostanza asserita dalla Corte di rinvio che pare trascendere la struttura organizzativa formale ed articolata della Locale e in generale di queste fenomenologie criminali dall’impronta fortemente strutturata gerarchico verticistica.
Deduce il ricorrente che proprio la conoscenza da parte di COGNOME di COGNOME NOME, in quanto proprio zio, della consorteria in cui era inserito e di COGNOME, soggetto che aveva un ruolo para-verticistico nella locale fondamentale, nonché un ruolo di fiducia per il COGNOME, la evocazione del Bandito e della sua caratura criminale doveva ritenersi idonea a manifestare un’energica carica intimidatoria, come ammesso dal COGNOME in sede di sit, richiamando la conversazione intercorsa tra COGNOME e COGNOME (pv. 25 del ricorso).
Lamenta il ricorrente l’errore di diritto in cui sarebbe incorsa la Corte di appello nel ritenere che la decisione di interrompere la fornitura del caffè sarebbe riconducibile alla moglie del COGNOME, quale titolare del bar, e di conseguenza radicalmente inidonea la minaccia anche in base ad una valutazione ex ante, di coartare la volontà della persona titolare del potere di scelta, in quanto diretta contro un soggetto diverso e che si tratterebbe di un temativo inidoneo allo scopo, come tale non punibile ai sensi dell’art.56 c.p.
2.4 II quarto motivo, che riguarda la posizione di NOME COGNOME, deduce la nullità della sentenza ai sensi dell’art.606 co.1 lett. e) cod. proc. pen. per travisamento della prova e contraddittorietà della motivazione e per violazione dei canoni di valutazione della prova ex art.192 cod. proc. pen. in relazione a
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profili rilevanti ai fini della decisione per omesso confronto con le questioni contenute nella memoria del P.G. in relazione alla partecipazione di NOME alla associazione di stampo mafioso.
Deduce il ricorrente che la Corte di merito non avrebbe esaminato il complessivo compendio probatorio a carico dell’imputato e precisamente le intercettazioni relative alle intimidazioni ricevute da COGNOME da parte di COGNOME NOME, riscontrate dalle dichiarazioni della stessa vittima, COGNOME NOME, da cui si evincerebbe la finalità di garantire nel settore della vendita del caffè e prodotti affini il monopolio del COGNOME; quelle progr. 5023 e 5024 del 22.03.2018 da cui emerge l’interesse della locale verso la RAGIONE_SOCIALE, in quanto dal contenuto delle conversazioni si evincerebbe che gli interlocutori, C:COGNOME NOME e COGNOME NOME, condividano la bontà dell’idea di NOME COGNOME di costituire una ditta avente sede a Lonate Pozzolo attraverso cui imporre al maggior numero di esercenti possibili i prodotti della RAGIONE_SOCIALE . (“con lo zucchero sai quanti soldi facciamo… prendiamo tutti i bar lo zucchero è quanto l’oro è … che cazzo zucchero e caffè se li devono prendere”), senza dare rell’occhio, cosa che sarebbe altrimenti avvenuta se tale ditta fosse stata ubicata a NOME NOME (“se noi mettiamo NOME NOME è un casino”), fanno riferimento al benestare ricevuto da COGNOME NOME, che aveva anzi esortato NOME COGNOME a prendere in mano la gestione di tutto (“NOME in passato glielo ha detto a NOME: NOME tu devi prendere tutto”); quella progr. 2947 del 22.07.2017, intercettata a bordo della autovettura di COGNOME NOME, in cui questi fa esplicito riferimento a COGNOME NOME detto NOME NOME a suo figlio NOME (“Ti mando a parlare qualche giorno NOMENOME NOME figlio d NOME“), e precisamente riferisce a COGNOME NOME che l’idea di COGNOME NOME era di invitare i due NOME a presentarsi presso il ristorante La RAGIONE_SOCIALE per imporre ai proprietari l’acquisto del caffè: “andate là, vai là e gli dici che, NOME, mi ha mandato per darvi il caffè! Questi devono aprire le porte e gli devono.., si devono prendere il caffè”. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Deduce il ricorrente che dalle conversazioni intercettate emerge che l’interessamento di COGNOME, COGNOME e COGNOME rispetto alla commercializzazione del caffè RAGIONE_SOCIALE, tanto da indurli ad operare pressioni su ristoratori e baristi perché si rivolgano a quella società per l’acquisto del caffè, spiegherebbe nel fatto che la società fosse espressione degli interessi della cosca in generale e di COGNOME in particolare.
Lamenta il ricorrente che la Corte di rinvio non si sarebbe confrontata su gli elementi di prova relativi alla figura dell’ex sindaco di Lonate Pozzolo, COGNOME NOME, strettamente legato a diversi degli imputati anche per l’appoggio di influenti famiglie calabresi presenti sul territorio, indicando la presenza all’intern della Giunta elettorale di COGNOME NOME, nipote del defunto COGNOME
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NOME, assassinato il 27.02.2006, capo della Locale di Lonate Pozzolo, e coniugata con NOME COGNOME, che COGNOME NOME nel verbale di interrogatorio del 19.07.2017 definisce “luogotenente di COGNOME“
Il ricorrente deduce che lo stesso COGNOME ha anche precisato che la nomina come assessore della COGNOME costituiva oggetto di preciso accordo quale contropartita per il supporto in sede di campagna elettorale ricevuto dal sodalizio criminoso, e che per tale reato di scambio elettorale politico mafioso nei confronti del suocero dell’imputato, la moglie, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME pende procedimento penale.
Deduce il ricorrente che unitamente a tali elementi la Corte territoriale avrebbe dovuto valutare le dichiarazioni del collaboratore di giustizia COGNOME NOME, riportate a pagg.313 della sentenza del Tribunale di Milano dell’8.09.2020 che indica l’imputato come una delle persone di cui lo stesso si avvaleva per spacciare stupefacenti insieme a COGNOME NOME, che era a conoscenza del luogo in cui il collaboratore deteneva le armi, nonché le dichiarazioni del collaboratore COGNOME NOME, riportate a pag.319 della sentenza di primo grado, e trascritte a pag.30 del ricorso, che dichiara di conoscere l’imputato tramite la di lui fidanzata COGNOME NOME e con il quale insieme a COGNOME NOME ha svolto attività di spaccio, che ha riferito di essersi rivolto a COGNOME NOME e COGNOME NOME quando aveva bisogno di qualche favore e che quelli si rendevano disponibili, ad esempio, per fare ambasciate a COGNOME, su incarico di COGNOME NOME, che in cambio del favore li avrebbe difesi da chi avesse loro rotto le scatole per lo spaccio.
Lamenta ancora il ricorrente l’omesso esame della intercettazione progr.834 del 16.05.2017 quale riscontro alla chiamata in correità da parte di COGNOME in quanto nella conversazione COGNOME NOME indica quali uomini riconducibili a COGNOME NOME, il figlio di NOME, NOME.
Lamenta il ricorrente che la Corte di Appello non ha valorizzato il complessivo compendio probatorio in atti, parcellizzando le dichiarazioni del collaboratore COGNOME NOME, slegandole da quelle di COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Quale ulteriore elemento a carico dell’imputato si indica la partecipazione sia pure per un tempo brevissimo all’incontro con COGNOME NOME il 21.10.2017 al ristorante Beccofino, dove COGNOME veniva raggiunto da COGNOME NOME e dal figlio di questi, tenuto conto del fatto che in determinati contesti mafiosi quale quello che ci occupa, in cui si delineano obiettivi e linee guida della organizzazione mafiosa, non è ammessa, anche all’esterno del luogo di riunione, la presenza di soggetti che non siano intranei al sodalizio, elemento che, unitamente agli altri, la Corte di merito avrebbe dovuto valutare per ritenere la intraneità dell’imputato al sodalizio criminoso de quo, mentre si sarebbe dato
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eccessivo peso alla circostanza che il capo COGNOME non fosse stato accompagnato al summit dal COGNOME traendo la conclusione che non si potesse desumere alcun rapporto tra gli stessi, dimenticando che le risultanze processuali attestano la assidua frequentazione dell’imputato, indicato come COGNOME nelle conversazioni, con tutti gli altri coimputati del presente procedimento, già condannati in via definitiva, frequentazione che non sarebbe stata possibile se l’imputato non avesse parte del sodalizio criminoso de quo.
Si è proceduto a trattazione con rito scritto e le parti hanno concluso come riportato in epigrafe
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
I primi tre motivi di ricorso aZk sono versati in fatto, finalizzati a una rivalutazione della prova e non si confrontano specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata.
1.1. Va, innanzitutto, osservato che «eccede dai limiti di cognizione della Corte di Cassazione ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito, posto che il controllo sulla motivazione rimesso al giudice di legittimità è circoscritto, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., alla sola verifi dell’esposizione delle ragioni giuridicamente apprezzabili che l’hanno determinata, dell’assenza di manifesta illogicità dell’esposizione e, quindi, della coerenza delle argomentazioni rispetto al fine che ne ha giustificato l’utilizzo e della non emersione di alcuni dei predetti vizi dal testo impugnato o da altri atti del processo, ove specificamente indicati nei motivi di gravame, requisiti la cui sussistenza rende la decisione insindacabile (si veda, tra le più recenti, Sez. 3, Sentenza n. 17395 del 24/01/2023, Rv. 284556).
Sono, pertanto, inammissibili le deduzioni critiche che si pongono in diretto confronto con il materiale probatorio acquisito, sollecitandone un diverso apprezzamento da parte della Corte di Cassazione, secondo lo schema tipico di un gravame di merito, il quale esula, tuttavia, dallo scrutinio delle funzioni di legittimità (cfr. Sez. 6, n.13442 dell’8.03.2016, COGNOME; Sez. 6, n.43963 del 30.09.2013, COGNOME).
Il sindacato demandato alla Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza impugnata non può, infatti, concernere né la ricostruzione del fatto né il relativo
apprezzamento, ma deve limitarsi al riscontro di un logico apparato argomentativo, senza la possibilità di una diretta rivisitazione delle acquisizioni processuali.
Il controllo di legittimità non è, in altri termini, diretto a sindacare la intrin attendibilità dei risultati della interpretazione delle prove, né a ripercorrer l’analisi ricostruttiva della vicenda processuale operata nei gradi anteriori, ma soltanto a verificare che gli elementi posti a base della decisione siano stati valutati seguendo le regole della logica e secondo linee giustificative adeguate, che rendano persuasive, sul piano della conseguenzialità, le conclusioni tratte (S.U. n. 47289 del 24.09.2003, COGNOME).
La mancata rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali può essere dedotta quale motivo di ricorso qualora comporti il cosiddetto «travisamento della prova» (consistente nell’utilizzazione di un’informazione inesistente o nell’omissione della valutazione di una prova, accomunate dalla necessità che i( dato probatorio, travisato od omesso, abbia ie carattere della decisività nell’ambito dell’apparato motivazionale sottoposto a critica), purché siano indicate in maniera specifica ed inequivoca le prove che si pretende essere state travisate, nelle forme di volta in volta adeguate alla natura degli atti i considerazione, in modo da rendere possibile la loro lettura senza alcuna necessità di ricerca da parte della Corte, e non ne sia effettuata una monca individuazione od un esame parcellizzato, e senza che l’esame abbia ad oggetto, invece che uno o più specifici atti del giudizio, il fatto nella sua interezza (Sez. 3 n. 38431 del 31/01/2018, Ndoja, Rv. 273911).
Il vizio di “travisamento della prova” (o di contraddittorietà processuale, come lo qualifica la dottrina più attenta) chiama in causa, in linea generale, le ipotesi di infedeltà della motivazione rispetto al processo e, dunque, le distorsioni del patrimonio conoscitivo valorizzato dalla motivazione rispetto a quello effettivamente acquisito nel giudizio. Tre sono le figure di patologia della motivazione riconducibili al vizio in esame: la mancata valutazione di una prova decisiva (travisamento per omissione); l’utilizzazione di una prova sulla base di un’erronea ricostruzione del relativo “significante” (cd. travisamento delle risultanze probatorie); l’utilizzazione di una prova non acquisita al processo (cd. travisamento per invenzione). In questi casi non si tratta di reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano (cfr. tra le altre Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, Casavola, Rv. 238215).
Invero il vizio di “contraddittorietà processuale” vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell’esatta trasposizione nel ragionamento del giudice del dato probatorio nei termini di una “fotografia”, neutra e a-
valutativa, del “significante”, ma non del “significato”, atteso il persistent divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell’elemento di prova (Sez. 1, n. 25117 del 14/07/2006, COGNOME‘ Rv. 234167; Sez. 5, n. 36764 del 24/05/2006, COGNOME, Rv. 234605). L’elemento travisato deve assumere portata decisiva e grava sul ricorrente l’onere di inequivoca individuazione e di specifica rappresentazione degli atti processuali che intende far valere (Sez. 5 Sentenza n. 26455 del 09/06/2022).
Nel solco del richiamato indirizzo ermeneutico si innesta quello per il quale: «II vizio di travisamento della prova, desumibile dal teste del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati dal ricorrente, e, d’altro canto, ravvisabile ed efficace solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell’elemento frainteso o ignorato, fermi restando ii limite del “devolutum” in caso di cosiddetta “doppia conforme” e l’intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio» (Sez. 5, n 48050 del 02/07/2019, 5., Rv. 277758).
Permane, al contrario, la non deducibilità, nel giudizio di legittimità, del travisamento del fatto, «stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito» (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, COGNOME, Rv. 253099).
La mancanza, l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione, come vizi denunciabili in sede di legittimità, devono, peraltro, conseguire a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché il giudice di merito abbia spiegato le origini del maturato convincimento in modo logico ed adeguato e senza incorrere in vizi giuridici» (cfr. ex multis, Sez. 1, Sentenza n. 39846/2023).
1.2. Tanto premesso, Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ricorrente deduce il vizio del travisamento della prova e di contraddittorietà della motivazione per avere la Corte, in sede di rinvio, omesso di valutare delle risultanze probatorie, quali dichiarazioni testimoniali, diverse intercettazioni, dichiarazioni di collaboratori, elencate in dettaglio e riportate nel ricorso.
In effetti, il ricorrente chiede di ricostruire alternativamente il fatto oggetto de contestazione privilegiando la prospettiva proposta nel ricorso, rispetto a quanto ha fatto il giudice di rinvio (in conformità , peraltro, a quanto demandategli dalla pronuncia di annullamento), ignorando la preclusione in sede di legittimità di compiere la ricostruzione del fatto ed il relativo apprezzamento e, dunque, di
sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta in sede di merito, dovendo questa Corte limitarsi al riscontro di un logico apparato argomentativo, senza la possibilità di una diretta rivisitazione delle acquisizioni processuali.
Come si è detto, eccede dai limiti di cognizione della Corte di Cassazione ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito, posto che il controllo sulla motivazione rimesso al giudice di legittimità è circoscritto, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., alla sola verifica dell’esposizione delle ragio giuridicamente apprezzabili che l’hanno determinata, dell’assenza di manifesta illogicità dell’esposizione e, quindi, della coerenza delle argomentazioni rispetto al fine che ne ha giustificato l’utilizzo e della non emersione di alcuni dei predetti vizi dal testo impugnato o da altri atti del processo, ove specificamente indicati nei motivi di gravame, requisiti la cui sussistenza rende la decisione insindacabile.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ricorrente articola deduzioni critiche che si pongono in diretto confronto con il materiale probatorio acquisito, sollecitandone un diverso apprezzamento, senza denunziare manifeste illogicità o incongruenze della motivazione.
Peraltro, a fronte di una precisa valutazione del compendio probatorio compiuto dalla Corte di merito in sede di rinvio, nel rispetto delle indicazioni fatte dal sentenza di annullamento, il ricorrente deduce una non corretta valutazione della prova lamentando la omessa valutazione delle complessive dichiarazioni della persona offesa, COGNOME, e di ulteriori intercettazioni, riportate nel ricorso, di la Corte non avrebbe tenuto conto nell’escludere, nello stralcio della intercettazione esaminata, la valenza intimidatoria delle espressioni profferite dall’imputato (“NOME“) quale minaccia di far intervenire il capo della organizzazione mafiosa, NOME COGNOME, nei confronti della persona offesa, se avesse smesso di acquistare il caffè della RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorrente, però, non spiega né precisa se e in che termini la valutazione effettuata dalla Corte sia affetta da vizio di travisamento della prova o sia manifestamente illogica in relazione alla diversa valutazione delle prove ritenute decisive dai giudici di merito.
La Corte territoriale, conformandosi a quanto richiesto in sede rescindente, spiega la ragione per cui l’accusa non sarebbe supportata da ulteriori elementi di fatto e non può ritenersi provata la responsabilità penale, al di là di ogni ragionevole dubbio, attesa la non estraneità del COGNOME al contesto criminale della Locale di Lonate Pozzolo, e la conseguente possibilità che un mero riferimento all’ipotesi di intervento del comune “capo” (COGNOME) non fosse
sufficiente ad integrare una minaccia di stampo estorsivo, nonché anche a ritenere che la scelta del BOOBA Bar non sia stata totalmente libera.
Con riferimento alla valenza del rapporto familiare sulla portata effettivamente intimidatoria del riferimento a COGNOME fatto da NOME e della reazione di rifiuto della vittima, il ricorrente non si confronta e non richiama la motivazione compiuta dal Tribunale degli elementi di prova per supportare la capacità intimidatoria attribuita alla prospettazione dell’intervento dissuasivo del capo della associazione mafiosa, NOME COGNOME.
A fronte di precise valutazioni compiute dalla Corte territoriale, che ha valutato come non sufficienti gli elementi di prova richiamati dall’ac:cusa ad integrare la fattispecie contestata, ritenendo indispensabile verificare se vi fosse prova dell’imposizione dei prodotti RAGIONE_SOCIALE ai commercianti della zona con la spendita del nome minaccioso della cosca, il richiamo contenuto nel ricorso ad una elencazione di tutti gli elementi del compendio probatorio di cui sarebbe stata omessa la valutazione, senza confrontarsi con la sentenza di primo grado e ripercorrere la diversa valutazione compiuta dal Tribunale sulla decisività e rilevanza degli elementi su cui si è fondata la pronuncia di condanna, non può ritenersi sufficiente ad integrare il vizio di travisamento della prova ai sensi dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen.
Né è sufficiente il richiamo alle pagg. 466 e ss. della sentenza di primo grado e al generico riferimento alla rilevanza attribuita dal Tribunale alla circostanza che “gli elementi emersi nel corso delle indagini con riferimento alla vicenda in esame implicano stretta relazione tra la locale di Lonate Pozzolo e la locale calabrese di NOME NOME” da cui dovrebbe desumersi ” l’interessamento di COGNOME NOME per l’attività commerciale avviata da NOME COGNOME nel settore del caffè”.
1.3. Analoghe considerazioni si impongono in punto di ritenuta inidoneità della minaccia ad integrare gli estremi del tentativo punibile ai sensi dell’art. 56 cod. pen., in quanto nel ricorso si chiede di sovrapporre una diversa valutazione delle circostanze di fatto, preclusa in sede di legittimità -conne sopra precisatosenza indicare il percorso logico-giuridico seguito dal Tribunale e gli elementi di prova ritenuti decisivi e rilevanti nella valutazione di idoneità del tentativ punibile, non potendo all’uopo ritenersi sufficiente l’elencazione delle circostanze ritenute decisive e di cui la Corte territoriale avrebbe omesso la valutazione ed il richiamo ai principi elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte in tema di estorsione c.d. ambientale.
Non consentite sono pure le deduzioni in ordine all’omessa valutazione delle dichiarazioni rese dal collaboratore COGNOME, in quanto il ricorrente si limita ad un generico riferimento alla pag. 465 della sentenza del GUP del
Tribunale di Milano dell’8.09.2020, che ne riporta la trascrizione integrale, ed al ricorso del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO che le richiamava, senza confrontarsi con la sentenza del Tribunale in punto di ritenuti riscontri oggettivi esterni e d decisività della prova.
1.4. Il quarto motivo, proposto in ordine alla posizione di NOME COGNOME, è finalizzato alla rivalutazione di prove, che il deducente afferma siano state travisate per omessa considerazione da parte della Corte territoriale.
Si richiamano tutte le considerazioni formulate per la posizione di NOME COGNOME.
Invero, a fronte di una precisa valutazione del compendio probatorio compiuto dalla Corte di merito in sede di rinvio, in ottemperanza a quanto disposto da questa Corte in sede rescindente in relazione alle due circostanze su cui era stata affermata dal giudice di primo grado la penale responsabilità dell’imputato per il reato di cui al capo 1, il ricorrente deduce una non corretta valutazione dei medesimi elementi di prova richiamati in relazione alla posizione del coimputato NOME COGNOME.
Con riferimento al primo profilo, ovvero la valorizzazione della partecipazione dell’imputato al summit con COGNOME del 21.10.2017, la Corte territoriale, tenendo conto di quanto affermato dalla sentenza di annullamento sulla presenza dell’imputato solo per pochi minuti, ha ritenuto che la circostanza, in un paese di piccole dimensioni, abitualmente frequentato da soggetti con cui l’imputato aveva regolarmente rapporti, si presta ad una pluralità di letture e appare troppo debole per far desumere che egli si trovasse lì in ragione del summit che si sarebbe a breve svolto.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ricorrente non spiega né precisa se e in che termini la valutazione effettuata dalla Corte territoriale sia affetta da vizio di travisamento della prova o sia manifestamente illogica in relazione alla diversa valutazione delle prove ritenute decisive dal Tribunale, né si confronta cpri la valutazione del compendio probatorio compiuta dal giudice di primo grado su cui si è basata la pronuncia di condanna dell’imputato per il reato contestato al capo 1.
Con riferimento al secondo profilo, ossia la gestione della società RAGIONE_SOCIALE attraverso cui l’associazione si sarebbe arricchita tramite il commercio di caffè e zucchero, il ricorrente lamenta l’omessa valutazione di diverse intercettazioni, il cui contenuto è trascritto nel ricorso, di dichiarazioni di collaboratori di giustizi delle dichiarazioni di COGNOME, chiedendo una rivalutazione dell’intero compendio probatorio non consentito in questa sede.
Anche per tale profilo, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ricorrente non precisa se e in che termini la valutazione effettuata dalla Corte territoriale sia affetta da vizio travisamento della prova o sia manifestamente illogica in relazione alla diversa
valutazione delle risultanze ritenute decisive dal Tribunale, né si confronta con la valutazione del compendio probatorio compiuta dal Tribunale su cui si è basata la pronuncia di condanna dell’imputato per il reato contestato al capo 1).
La Corte territoriale ha ritenuto che se alcuni degli elementi evidenziati trovano riscontro nel compendio probatorio, altri sono stati smentiti dalle pronunce in atti e altri sono di segno opposto, citando a titolo esemplificativo i condizionamenti che COGNOME e COGNOME avrebbero esercitato sul ristorante La RAGIONE_SOCIALE di Fagnano Olona, che sono stati smentiti dal Tribunale che ha assolto i due imputati per tale contestazione; peraltro, la tesi accusatoria risulta smentita dalle dichiarazioni di COGNOME NOME che, nell’indicare NOME come suo uomo di fiducia, non fa riferimento all’attività della RAGIONE_SOCIALE .
In particolare, la Corte territoriale, in sede di rinvio, ha ritenuto non raggiunta la prova della partecipazione dell’imputato alla Locale di Lonate Pozzolo in quanto gli elementi evidenziati dai giudici di primo e secondo grado non sono idonei a fondare la prova della appartenenza dell’imputato alla ‘ndragheta e, pur ritenendo pregevoli le argomentazioni della Procura AVV_NOTAIO, formulate in sede di memoria scritta e di conclusioni, ha affermato che le stesse non sono in grado di apportare al quadro probatorio significativi elementi di novità, neanche in termini di differente valutazione degli elementi indiziari già presenti in atti.
A fronte di una valutazione puntuale e precisa, sorretta da motivazione priva di vizi logico-giuridici, il richiamo da parte del AVV_NOTAIO ricorrente a una mera elencazione di tutti gli elementi del compendic probatorio di cui sarebbe stata omessa la valutazione, senza confrontarsi con la sentenza di primo grado e ripercorrere la diversa analisi compiuta dal Tribunale sulla decisività e rilevanza degli stessi elementi su cui si è fondata la pronuncia di condanna (elementi che la Corte in sede di rinvio ha comunque ritenuto non idonei a provare la partecipazione dell’imputato al sodalizio di stampo mafioso) non può ritenersi sufficiente ad integrare il denunziato vizio di travisamento della prova ai sensi dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen.
Analoghe considerazioni si impongono in punto di dedotta omessa valutazione delle dichiarazioni rese dai collaboratori COGNOME NOME, riportate alla pag. 32 del ricorso, e COGNOME NOME, in quanto il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ricorrente si limita ad un generico riferimento alla pag. 465 della sentenza del GUP del Tribunale di Milano dell’8.09.2020, che ne riporta la trascrizione integrale, senza confrontarsi con la sentenza del Tribunale in punto di ritenuti riscontri oggettivi esterni e di decisività della prova.
Non consentite in sede di legittimità sono pure le doglianze relative alla dedotta omessa valutazione di ulteriori elementi di prova della partecipazione dell’imputato al reato associativo desumibili dai rapporti con l’ex sindaco di
Lonate Pozzolo, COGNOME NOME, che sarebbe stato strettamente legato a diversi degli imputati anche per l’appoggio ottenuto in sede di campagna elettorale da influenti famiglie calabresi presenti sul territorio, alla presenza all’interno della Giunta elettorale di COGNOME NOME‘ nipote del defunto COGNOME NOME, assassinato il 27.02.2006, capo della Locale di Lonate Pozzolo, e coniugata con l’imputato, alle dichiarazioni rese COGNOME NOME nel verbale di interrogatorio del 19.07.2017 ed alla circostanza che pende il procedimento per il reato di scambio elettorale politico mafioso nei confronti del suocero dell’imputato, la moglie, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Le deduzioni del ricorrente ancora una volta non si confrontano con la valutazione effettuata dal Tribunale del compendio probatorio in punto di ritenuti riscontri e di decisività della prova nonché del giudicato assolutorio formatosi nel 2022 in relazione al reato di scambio elettorale politico mafioso.
In ragione di tutte le suesposte argomentazioni il ricorso va dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO. Così deciso in Roma il 22/05/2024.