Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22875 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22875 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/05/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il 18/05/2002
avverso la sentenza del 18/11/2024 della Corte d’appello di Messina
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che le censure di cui al primo motivo di ricorso, con il quale si contesta l’affermazione delle responsabilità, vengono intitolate al vizio del travisamento della prova, ma, in realtà, esse vanno piø correttamente collocate nella nozione di travisamento del fatto, in quanto la sentenza impugnata viene -in sostanza- censurata per non avere accolto la ricostruzione fattuale proposta dalla difesa, sulla base di una lettura delle emergenze istruttorie alternativa a quella ritenuta dalla corte di appello. Da ciò la sua inammissibilità, atteso che «in tema di ricorso per cassazione, non Ł possibile dedurre come motivo il “travisamento del fatto”, giacchØ Ł preclusa la possibilità per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito. Mentre Ł consentito, (art. 606 lett. e cod. proc. pen.), dedurre il “travisamento della prova”, che ricorre nei casi in cui si sostiene che il giudice di merito abbia fondato il suo convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale. In quest’ultimo caso, infatti, non si tratta di reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della deci-sione, ma di verificare se questi elementi esistano», (Sez. 4, n. 4675 del 17/05/2006, dep., COGNOME, Rv. 235656 – 01).
Considerato che si mostra parimenti inammissibile per manifesta infondatezza la deduzione secondo cui la corte di appello avrebbe omesso di motivare quanto alla qualificazione giuridica del fatto ai sensi dell’art. 378 cod. pen., ove si consideri che il correlato motivo risulta implicitamente disatteso -oltre che puntualmente motivato- dal riconoscimento della sussistenza degli elementi costitutivi della truffa. A tal proposito questa Corte ha già avuto modo di affermare che «non Ł censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente in relazione a una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando il suo rigetto risulti dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza», (Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. il 2023, COGNOME, Rv. 284096 – 01; Sez. 5, n. 6746 del 13/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275500 – 01).
che, invero, la mancanza di specificità dei motivi deve essere apprezzata non solo intrinsecamente, ovverosia per la genericità e indeterminatezza delle ragioni di fatto e diritto a sostegno della censura, ma anche estrinsecamente, per l’apparenza degli stessi allorquando, non
essendovi correlazione tra la complessità delle ragioni argomentate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione e/o risolvendosi nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, omettano di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
considerato che i motivi relativi alla riconoscibilità della causa di esclusione della punibilità ex art. 131 bis cod. pen., delle circostanze attenuanti generiche e della circostanza attenuante di cui all’art. 114 cod. pen. sono privi dei requisiti di specificità previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 581 cod. proc. pen. e non sono consentiti in questa sede;
che, inoltre, le doglianze difensive tendono a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato del presente giudizio ed avulse da pertinente individuazione di specifici e decisivi travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti;
che, in particolare, non sono consentite tutte le doglianze che censurano la persuasività, l’adeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento;
che, nella specie, i giudici del merito hanno ampiamente esplicitato, con argomentazioni esenti da criticità giustificative, le ragioni del loro convincimento circa l’esclusione della causa di punibilità (pag. 6), la riconoscibilità delle circostanze attenuanti generiche (pag. 6) e la riconoscibilità della circostanza attenuante di cui all’art. 114 cod. pen.) con motivazione compiuta, logica e non contraddittoria e, in quanto tale, non sindacabile in questa sede;
che, inoltre, le doglianze difensive tendono a prefigurare una rivalutazione delle fonti probatorie e/o un’alternativa ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice del merito, estranee al sindacato del presente giudizio ed avulse da pertinente individuazione di specifici e decisivi travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudicanti;
che, invero, in tema di ricorso per cassazione, ogni vaglio critico circa il giudizio di attendibilità della deposizione della persona offesa ovvero dei testimoni Ł precluso innanzi alla Suprema Corte in ossequio al principio incontroverso in giurisprudenza secondo il quale la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni (cfr. Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE, in motivazione; Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623 01);
rilevato , pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 06/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME