Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 27428 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 27428 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOMECOGNOME nato a Mazara del Vallo il 26/08/1955
avverso la sentenza del 14/11/2024 della Corte appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni del difensore, Avvocato NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Palermo, in riforma della sentenza di assoluzione nei confronti dell’imputato emessa dal Tribunale di Marsala il 6 marzo 2023, su appello del Procuratore generale, ha dichiarato NOME COGNOME responsabile dei delitti di cui agli artt. 424 e 367 cod. pen. e, avvinti gli stessi per la continuazione sotto i più grave reato di cui all’art. 367 cod. pen. e ritenuta la recidiva contestata, lo ha condannato alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione.
A NOME COGNOME viene contestato il delitto di cui all’art. 424 cod. pen. per aver danneggiato, appiccandovi il fuoco, una “piattaforma aerea elevabile” di proprietà di COGNOME NOME, fatto commesso il 7 agosto 2017, cui seguiva il rischio di incendio attesa la propagazione delle fiamme che interessavano anche l’autore del reato che riportava delle ustioni a parti del corpo (capo A).
Viene anche contestato a COGNOME il delitto di simulazione di reato ex art. 367 cod. pen. per aver falsamente denunciato il 14 settembre 2017 al Commissariato di Mazara del Vallo di essere stato investito il 7 agosto 2017 da una FIAT Panda che non si era fermata nonostante le lesioni riportate, condotta finalizzata a deviare le indagini in ordine ai fatti di danneggiamento sopra evidenziati, svoltisi a poca distanza dal presunto incidente (capo B).
Il Tribunale aveva ritenuto non sussistente la certezza del coinvolgimento del COGNOME nell’incendio, circostanza che incideva sulla dimostrazione del delitto di simulazione di cui al capo B), funzionale a deviare da sé stesso i sospetti per il danneggiamento di cui al capo A), in quanto, sulla base degli esiti della perizia disposta era stato escluso che il ricorrente, alla luce della consistenza e natura delle lesioni riportate nell’occorso ed a causa dell’età, sarebbe stato impossibilitato a percorrere, in appena due minuti, 130 metri intercorrenti tra il luogo del danneggiamento e quello in cui veniva notato in terra dai militari intervenuti.
La Corte di appello, condividendo le ragioni del Procuratore generale, è pervenuta ad una riforma della sentenza di assoluzione assegnando rilevanza, da un canto, al fatto che l’esito della perizia con cui era stata esclusa la percorrenza da parte dell’imputato di 130 metri in appena due minuti, non fosse determinante, essendo il tempo da prendere in esame quello di venti minuti, dall’altro, alle altre testimonianze e risultanze tecniche che davano contezza del forte odore di benzina che COGNOME, che presentava delle bruciature agli arti inferiori, emanava al momento del rintraccio.
NOME COGNOME per il tramite del difensore, ricorre avverso la citata sentenza, deducendo due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo chiede l’annullamento della sentenza per violazione del diritto di difesa.
La difesa premette di aver richiesto il 27 febbraio 2025 alla Cancelleria della Corte di appello il rilascio di copia del DVD allegato al fascicolo e trasmesso dalla Procura generale in occasione dell’appello, ricevendo la comunicazione in data 7 marzo 2025 che lo informava del danneggiamento di detto supporto; a mezzo PEC veniva formulata richiesta di attestazione dell’impossibilità di duplicazione da parte della Cancelleria e seguiva – assume la difesa – la comunicazione di avere
formulato richiesta all’Ufficio di primo grado ed al Pubblico Ministero per ricevere copia della documentazione contenuta nel DVD.
Poiché si presume che il DVD contenesse le immagini che ritraevano l’imputato, la difesa rileva come sia ignota la modalità attraverso cui la Corte di appello ha potuto rilevare orari e movimenti del ricorrente in ordine alla vicenda che lo ha visto coinvolto, al contempo deducendo come tale circostanza impedisca un’adeguata difesa nella presente fase di legittimità.
2.2. Con il secondo motivo si deducono vizi di motivazione e travisamento delle “prove e fonti di prova”.
La difesa rileva come ci sia stato un travisamento delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME che affermava di essere stato avvisato da un cliente alle ore 4.30 dell’incendio, a fronte di dichiarazione di altro teste (COGNOME) e dei militari che hanno invece riferito che l’incendio fosse scoppiato alle ore 4.40, salvo poi, su sollecitazione del Pubblico Ministero, modificare l’orario dell’incendio individuato alle ore 4.30.
Altro travisamento – si assume – si è realizzato allorché viene indicato erroneamente l’orario in cui NOME COGNOME sarebbe stato visto sotto casa di Misuraca (secondo la sentenza alle ore 4,51, nell’informativa alle ore 4.45). Nonostante il lieve sfasamento degli orari, gli stessi sono risultati determinanti ai fini della riforma della sentenza di assoluzione di primo grado.
Si deduce che le lesioni riportate dal ricorrente risultano incompatibili con le conseguenze dell’incendio e che il cappellino trovato sul luogo dell’incendio, conservato per otto mesi nello stesso plico insieme alle scarpe indossate da NOMECOGNOME secondo quanto evidenziato dai RIS , potrebbe aver subito una contaminazione con la benzina che impregnavano altri reperti, evenienza, quest’ultima, apoditticamente smentita dalla Corte di appello.
Poiché nessun riferimento al fatto che NOME emanasse odore di benzina è stato effettuato nella relazione redatta all’atto dell’intervento da parte dei verbalizzanti, non è condivisibile assegnare rilevanza alle testimonianze di diverso tenore rese da costoro nel corso del processo.
Nonostante COGNOME non avesse mai negato di essere stato in prossimità dei luoghi in cui si erano verificati i fatti (come confermato dalle immagini del sistema di video sorveglianza), il perito nominato dal Tribunale aveva escluso che il ricorrente potesse aver percorso la distanza di circa 130 metri in appena due minuti, circostanza che rende compatibile il contenuto della denuncia presentata in ordine all’investimento patito ad opera di un pirata della strada nelle vicinanze dell’incendio.
La Corte di appello, onde poter ritenere compatibile l’accusa e smentire la versione del ricorrente, è stata costretta a dilatare i tempi di percorrenza del
tragitto, ritenendo, sulla base di dati errati, che COGNOME avesse a disposizione venti minuti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, in quanto manifestamente infondato, generico e declinato in fatto, deve essere dichiarato inammissibile.
Il primo motivo /con cui si deduce la violazione del diritto di difesa in ragione del non rilasciato supporto digitale su cui erano state riversate le immagini che ritraevano il ricorrente 1 è manifestamente infondato.
Deve al riguardo osservarsi, in disparte l’assenza di allegazioni che supportino quanto affermato, che si evince dal tenore della sentenza che i supporti fossero nel giudizio di appello a disposizione delle parti che hanno potuto interloquire, tanto che la decisione impugnata fa a tale supporto digitale spesso riferimento, evocando sia i file che gli orari in cui veniva ripreso il ricorrente trascinarsi in terra per raggiungere il luogo, ove si fermava alle ore 4,51, venendo poi trovato ferito e riverso in terra dai militari intervenuti.
Essenzialmente generico risulta il secondo motivo attraverso cui il ricorrente deduce il travisamento delle prove da parte della Corte di appello, senza però prendere minimamente in esame i plurimi elementi che, all’esito della rinnovazione Avo istruttoria disposta in appello, aveva reso possibile la ricostruzione della vicenda e fatto emergere come fosse determinante il dato che aveva visto il ricorrente, che emanava forte odore di benzina, riverso in terra ad una distanza di circa 130 metri dall’incendio, con gli arti inferiori che rivelavano, come da certificazione medica, ustioni perfettamente compatibili con i fatti contestati e riconnpresi nel capo A) dell’accusa.
A fronte, pertanto, di una composita valorizzazione di elementi che deponevano per l’individuazione del ricorrente quale autore del gesto incendiario della “piattaforma aerea elevabile”, la Corte di appello ha negato la decisività dell’esito della perizia che aveva escluso che NOME COGNOME non avrebbe potuto percorrere la distanza di 130 metri in due minuti, rilevando, piuttosto, come fuorviante fosse stato il quesito posto al perito e che nessun elemento probatorio portava a ritenere che tale limitato ambito cronologico corrispondesse alle risultanze probatorie. Le stesse, invero, consentivano di ricostruire, attraverso l’esame dei dati tecnici e delle testimonianze, gli eventi in modo tale da rendere compatibile l’esistenza di un maggior tempo di percorrenza del tratto di strada che
collegava il luogo del danneggiamento a quello in cui il ricorrente veniva trovato riverso in terra.
4. La confutazione della valenza decisiva assegnata alle conclusioni contenute nella perizia medico legale, preclude ogni tentativo di sottoporre singoli ed
incompleti frammenti probatori al diretto vaglio di questa Corte, a cui si chiede una non consentita rivalutazione degli stessi. La Corte di appello ha, invece,
logicamente e con completezza ricostruito gli eventi successivi all’attentato incendiario della “piattaforma aerea elevabile” e rilevato che il rintraccio del
ricorrente a breve distanza dai fatti, con la presenza stioni sugli arti inferiori ed emanante un forte odore di benzina, costituissero eventi perfettamente in linea
con la ritenuta responsabilità in ordine ai
I
fatti contestati e facessero ritenere, pertanto, inverosimile e falsa la denuncia di un precedente investimento ad opera
di un’autovettura, fatto apprezzato come funzionale ad allontanare dal Giacalone i sospetti per quanto occorso nella notte del 7 agosto del 2017.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma che pare equo determinare in euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26/06/2025.