Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 31405 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 31405 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a vicenza il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a Casablanca (Marocco) il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 12/07/2023 della Corte di Appello di Venezia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO COGNOME;
udite le conclusioni del AVV_NOTAIO per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore della parte civile NOME COGNOME, AVV_NOTAIO, che chiede il rige del ricorso e deposita conclusioni e nota spese;
udito il difensore dei ricorrenti, AVV_NOTAIO, che conclude riportandosi ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Venezia, con sentenza del 12/7/2023, ha confermato la sentenza di condanna pronunciata all’esito del giudizio abbreviato dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vicenza il 20/1/2022 nei confronti di COGNOME NOME, ad anni tre e mesi sei di reclusione, e di COGNOME NOME, ad anni tre e mesi quattro di reclusione, in relazione a cento ipotesi di reato di cui rispettivamente agli artt. 477 e 48
cod. pen., agli artt. 48 e 476 cod. pen., agli artt. 56, 48 e 476 cod. pen., all’art. 640 pen. e all’art. 5, comma 8 bis, D.Ivo 286 del 1998.
NOME COGNOME rappresentante legale della società RAGIONE_SOCIALE e NOME collaboratore e compagno della stessa, sono stati sottoposti a giudizio e condannati con doppia conforme perché, nel corso della loro attività, avrebbero formato e utilizzato atti e documentazione contraffatta in relazione a numerose pratiche per il rilascio di permessi di soggiorno o per il rinnovo di permessi di soggiorno di cittadini extracomunitari.
Per una delle pratiche, quella nella quale era richiedente il sig. NOME COGNOME, oggetto del capo 9, i due imputati sono stati processati e condannati anche in ordine al reato di truffa.
Avverso la sentenza di appello hanno proposto ricorso gli l’imputati che, a mezzo del comune difensore, in cinque complessivi motivi hanno dedotto il vizio di motivazione del provvedimento impugnato evidenziando che la Corte territoriale, anche xe travisando “il fatto” o “i dati del procedimento”, avrebbe fornito una risposta carente e illogica in ordine alle specifiche censure contenute nell’atto di appello circa l’affermazione di responsabilità di entrambi gli imputati e quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono complessivamente infondati.
Nei primi quattro motivi la difesa deduce il vizio di motivazione, aruche con riferimento al travisamento del “fatto”, quanto all’affermazione di responsabilità evidenziando che la risposta alle censure sollevate con l’atto di appello sarebbe carente e manifestamente illogica.
Le doglianze, formulate in termini generici, tese a sollecitare una diversa e alternativa lettura, sono comunque manifestamente infondate.
2.1. Il sindacato conducibile nel giudizio di legittimità non può investire l’intrinse attendibilità delle prove e il risultato della loro interpretazione, né riguardare il m dell’analisi ricostruttiva dei fatti, ma deve limitarsi ad accertare se gli elementi proba posti a base della decisione siano stati valutati secondo le regole della logica e del dirit e in base a uno sviluppo argomentativo congruo, che dia conto in termini di corretta consequenzialità delle conclusioni raggiunte, senza poter mai opporre una ricostruzione
dei fatti alternativa a quella prospettata dalle sentenze di merito, anche se altrettant logica e plausibile.
2.2. Nel caso di specie la Corte, la cui motivazione si salda ed integra con quella del giudice di primo grado, ha fornito congrua risposta alle già generiche critiche contenute nell’atto di appello e ha esposto gli argomenti per cui queste non erano in alcun modo coerenti con quanto emerso nel corso dell’istruttoria dibattimentale.
Alla Corte di cassazione, d’altro canto, è precluso, e quindi i motivi in tal sens formulati non sono consentiti, sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito.
Il controllo che la Corte è chiamata ad operare, e le parti a richiedere ai sensi dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., infatti, è esclusivamente quello di verificare e sta se i giudici di merito abbiano o meno esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (così Sez. un., n. 930 del 13/12/1995, Rv 203428 – 01; per una compiuta e completa enucleazione della deducibilità del vizio di motivazione, da ultimo Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, COGNOME, Rv. 284556 – 01; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv 280601 – 01; Sez. 2, n. 19411 del 12/03/2019, COGNOME, Rv. 276062 – 01: Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv 269217 01; Sez. 6, n. 47204, del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482 – 01)
Sotto tale aspetto, a fronte della motivazione logica e coerente, seppure sintetica, resa dalla Corte territoriale con riferimento agli elementi specifici emersi (la circostan che in taluni casi le pratiche erano state presentate direttamente dalla Azeta; le modalità di formazione dei bilancini e la frase dello COGNOME sul punto; il fatto che la person offesa del capo 9, 3oudali, si sia recata personalmente in prefettura; il contributo forni da COGNOME, per come emerso dalle attività svolte e dalle frasi intercettate dalle quali risulta anche la piena consapevolezza di come venivano gestite le pratiche), ogni ulteriore critica, Che trova peraltro fondamento in una diversa ed alternativa lettura dell’istruttor dibattimentale, risulta del tutto inconferente («esula dai poteri della Cassazione, nell’ambito del controllo della motivazione del provvedimento impugnato, la formulazione di una nuova e diversa valutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, giacché tale attività è riservata esclusivamente al giudice di merito, potendo riguardare il giudizio di legittimità solo la verifica dell'”iter” argonnentativo di tale g accertando se quest’ultimo abbia o meno dato conto adeguatamente delle ragioni che lo hanno condotto ad emettere la decisione», così Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, La Gumina, Rv 269217 – 01), ciò anche considerato che la sentenza di primo grado
fa analitico riferimento ai singoli episodi e l’atto di appello conteneva critiche di carat generale.
2.3. Né, d’altro canto, il giudice dell’impugnazione risulta essere incorso in alcun travisamento della prova, peraltro erroneamente dedotto nell’atto di ricorso con il generico riferimento a un ipotetico “travisamento del fatto”.
Sul punto appare opportuno ribadire che, come evidenziato da Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, 269785 – 01, il travisamento della prova sussiste solo quando emerge che la lettura di una specifica prova sia affetta da errore “revocatorio”, per omissione, invenzione o falsificazione, cioè quando la difformità cade sul significante (sul documento) e non sul significato (sul documentato).
Il travisamento della prova, quindi, è configurabile solo quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia e il relativo vizio ha natura decisi solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio (Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, COGNOME, Rv. 258774 – 01; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499 – 01; Sez. 2, n. 7380 del 11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716 – 01).
Il travisamento della prova, perciò, consiste in un errore percettivo (e non valutativo) della prova stessa tale da minare alle fondamenta il ragionamento del giudice e il sillogismo che a esso presiede. In particolare, consiste nell’affermare come esistenti fatti certamente non esistenti ovvero come inesistenti fatti certamente esistenti, in modo da rendere la motivazione insanabilmente contraddittoria con le premesse fattuali del ragionamento così come illustrate nel provvedimento impugnato, una diversità tale da non reggere all’urto del contro-giudizio logico sulla tenuta del sillogismo, quando cioè la frattura logica tra la premessa fattuale del ragionamento e la conclusione che ne viene tratta è irreparabile.
Sul punto, d’altro canto, si rendono necessarie le seguenti ulteriori precisazioni.
Il “travisamento del fatto” (e non della prova) era tradizionalmente inteso quale vizio logico che aveva a oggetto la ricostruzione dei fatti insanabilmente in contrasto con la realtà indiscussa o almeno manifesta nel processo (Sez. 2, n. 1195 del 01/07/1965, dep. 1967, Wobbe, 103172 – 01), quando cioè la pronuncia fosse emanata sul presupposto dell’esistenza o inesistenza di fatti, che invece dagli atti risultassero, di certo, inesiste esistenti, con esclusione del momento valutativo della prova (Sez. 1, n. 86 del 25/01/1966, INDIRIZZO, 101207 – 01).
Il nuovo codice di rito del 1998 ha voluto mantenere «il sindacato sul piano della legittimità, evitando gli eccessi (…) che hanno talvolta dato luogo a invasioni da parte de
giudice di legittimità dell’area di giudizio riservata al giudice di merito» (Relazione progetto del codice di procedura penale).
L’iniziale formulazione dell’art. 606, lett. e), era perciò chiaramente finalizzata evitare che il giudizio di legittimità si trasformasse, di fatto, in un ulteriore grado di giu di merito, vietando qualsiasi incursione nel materiale raccolto nelle precedenti fasi di merito e imponendo come oggetto di valutazione della logicità, congruità e coerenza della sentenza esclusivamente il testo della motivazione. Coerentemente, la giurisprudenza di legittimità aveva affermato il principio per il quale il travisamento del fatto intanto pot essere oggetto di valutazione e di sindacato in sede di legittimità, in quanto risultasse inquadrabile nelle ipotesi tassativamente previste dall’art. 606, lett. e), cod. proc. pe L’accertamento di esso richiedeva, pertanto, la dimostrazione, da parte del ricorrente, dell’avvenuta rappresentazione, al giudice della precedente fase di impugnazione, degli elementi dai quali quest’ultimo avrebbe dovuto rilevare il detto travisamento, sicché la Corte di cassazione potesse, a sua volta, desumere dal testo del provvedimento impugnato se e come quegli elementi fossero stati valutati (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessinnone, Rv. 207942 – 01; nello stesso senso, Sez. 4, n. 31064 del 02/07/2002, p.o., Rv. 222217 – 01).
L’art. 8, comma 1, legge n. 46 del 2006, ha esteso l’ambito della deducibilità del vizio di motivazione anche ad “altri atti del processo specificamente indicati nei motivi d gravame”.
Il legislatore ha così introdotto il “travisamento della prova” (e non del fatto) qual ulteriore criterio di giudizio della contraddittorietà estrinseca della motivazione ma ciò non muta, alla luce delle considerazioni che precedono, la natura dell’indagine di legittimità i cui oggetto resta la motivazione del provvedimento impugnato, l’esame della cui illogicità non può mai trasmodare in un inammissibile e rinnovato esame dell’intero compendio probatorio già utilizzato dal giudice di merito per giungere alle sue conclusioni.
o Il travisamento, insomma, deve riguardate uno o più specifici atti del processo, non il fatto nella sua interezza.
Ne consegue che: a) il vizio di motivazione non può essere utilizzato per spingere l’indagine di legittimità oltre il testo del provvedimento impugnato, nemmeno quando ciò sia strumentale a una diversa ricomposizione del quadro probatorio che, secondo gli auspici del ricorrente, possa condurre il fatto fuori dalla fattispecie incriminatrice applica b) l’esame può avere a oggetto direttamente la prova solo quando se ne denunci il travisamento, purché l’atto processuale che la incorpora sia allegato al ricorso (o ne sia integralmente trascritto il contenuto) e possa scardinare la logica del provvedimento creando una insanabile frattura tra il giudizio e le sue basi fattuali; c) la natura manifes della illogicità della motivazione del provvedimento impugnato costituisce un limite al sindacato di legittimità che impedisce alla Corte di cassazione di sostituire la propria logica
a quella del giudice di merito e di avallare, dunque, ricostruzioni alternative del medesimo fatto, ancorché altrettanto ragionevoli.
2.4. Alla luce delle premesse indicate non è dunque consentito, in sede di legittimità, proporre un’interlocuzione diretta con la Suprema Corte in ordine al contenuto delle prove già ampiamente scrutinate in sede di merito, sollecitandone l’esame e proponendole quale criterio di valutazione dell’illogicità manifesta della motivazione, in quanto in questo modo si chiede alla Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione a quella dei giudici di merito laddove, come detto, ciò non è consentito, nemmeno quando venga eccepito il travisamento della prova. Ciò perché il travisamento non costituisce il mezzo per valutare nel merito la prova, bensì lo strumento – come detto – per saggiare la tenuta della motivazione alla luce della sua coerenza logica con i fatti sui quali si fonda il ragionamento.
Sotto tale profilo, pertanto, appare chiaro che la possibilità di deduzione del vizio di motivazione anche con il riferimento ad “atti processuali” non ha comunque mutato la natura del giudizio di Cassazione che, come detto, rimane pur sempre un giudizio di legittimità, sicché gli atti eventualmente indicati devono contenere elementi processualmente acquisiti, di natura certa e obiettivamente incontrovertibile, che possano essere considerati decisivi in rapporto esclusivo alla motivazione del provvedimento impugnato e nell’ambito di una valutazione unitaria, e devono essere tali da inficiare la struttura logica del provvedimento stesso (Sez. 1, n. 11264 del 02/03/2007, COGNOME, Rv. 236139 – 01Sez. 5, n. 8094 del 11/01/2007, COGNOME, Rv. 236540 – 01).
Nel quinto motivo la difesa deduce il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
La doglianza è infondata.
La sentenza impugnata, con riferimento alla misura della pena inflitta agli imputati, ha dato sufficiente conto delle ragioni che hanno guidato, nel rispetto del principio di proporzionalità, l’esercizio del potere discrezionale ex artt. 132 e 133 cod. pen. della Corte di merito, e ciò anche in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, tenuto conto, quanto a quest’ultimo aspetto, del numero di reati commessi, delle violazioni alla misura cautelare, dell’assenza di segni di resipiscenza e dei precedenti penali che gravano entrambi i ricorrenti, ciò anche considerando le condizioni di salute degli stessi
Il ragionamento così esposto, seppure in termini sintetici, risulta adeguato e lineare e, pertanto, non è sindacabile in questa sede (Sez. Un. n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266818 – 01).
La sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell’art. 62 bis cod. pen., d’altro canto, è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talché la
stessa motivazione, purché congrua e non contraddittoria, non può essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014 COGNOME, RV. 259899 – 01; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, COGNOME, RV. 248244 – 01; Sez. 6, n. 42688 del 24/09/ 2008, COGNOME, RV 242419 – 01).
Il giudice, neli’esercizio del suo potere discrezionale, deve quindi motivare nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo. Pertanto, il dinie delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente fondato anche sull’apprezzamento di un solo dato negativo, oggettivo o soggettivo, che sia ritenuto prevalente rispetto ad altri, disattesi o superati da tale valutazione.
Il rigetto dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente grado dalla parte civile costituita NOME COGNOME, ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella somma che verrà liquidata dalla Corte di appello di Venezia con separato decreto.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile NOME COGNOME ammessa al patrocinio a spese dello Sato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Venezia con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 D.P.R. 115 del 2002, disponendo il pagamento a favore dello stato.
Così deciso il 26/4/2024