Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 29348 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 29348 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 04/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOME, nato a Caserta il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Caserta il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nata a Casal di Principe il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a San Cipriano d’Aversa il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 24/01/2023 della Corte di appello di Firenze visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. n. 137 del 2020, che ha concluso chiedendo che i ricorsi siano dichiarati inammissibili.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 24 gennaio 2023, la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza del Gup del Tribunale di Lucca del 1 luglio 2019, con la quale gli imputati COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME erano
stati condannati, alla pena di un anno di reclusione, e l’imputato COGNOME NOME, alla pena di un anno e sei mesi di reclusione, tutti per il reato previsto dall’art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000, perché nella qualità di legali rappresentati della ditta “RAGIONE_SOCIALE” il COGNOME NOME, della ditta “RAGIONE_SOCIALE” il COGNOME NOME e la COGNOME NOME, della ditta “RAGIONE_SOCIALE” il COGNOME NOME – al fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, utilizzavano fatture per operazioni inesistenti emesse dalla “RAGIONE_SOCIALE” nelle dichiarazioni fiscali relative agli anni 2013, 2014 e 2015.
Avverso la sentenza gli imputati COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, tramite il difensore e con unico atto, hanno proposto ricorsi per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, si lamenta l’inosservanza dell’art. 23bis della legge n. 176 del 2020. La difesa afferma di avere trasmesso, a mezzo PEC in data 23/12/2022, la richiesta di trattazione orale dell’udienza di appello, fissata per il giorno 24/01/2023; richiesta che sarebbe stata completamente disattesa dalla Corte territoriale. Tale circostanza avrebbe precluso il compiuto esercizio delle prerogative difensive. I ricorrenti lamentano, altresì, la circostanza che l’avviso di udienza non riportasse tutti gli elementi normativi richiesti a pena di nullità dall’art. 23-bis, comma 2, della legge n. 176 del 2020,
2.2. In secondo luogo, si censurano i vizi della motivazione del provvedimento impugnato, il quale avrebbe erroneamente messo in relazione la condotta illecita tenuta da COGNOME NOME, amministratore della società RAGIONE_SOCIALE, con quella dei ricorrenti. Risulterebbe dimostrato che gli imputati svolgessero tutti attività imprenditoriale in maniera effettiva, acquistando il materiale edile per svolgere le proprie attività dalla RAGIONE_SOCIALE, non essencovi riscontri certi dai quali dedurre acquisti fittizi. Gli inquirenti non avrebbero adeguatamente effettuato tutte le indagini necessarie e non si potrebbe escludere una “attività in nero in capo alle ditte fornitrici”. Infine, a parere della difesa, la Corte di appello avrebbe dovuto dichiarare la prescrizione per il capo di imputazione contestato a COGNOME NOME.
Avverso la sentenza anche l’imputato COGNOME COGNOME, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, censurando, cor un unico motivo di ricorso, il vizio della motivazione del provvedimento impugnato in relazione alla dichiarazione di responsabilità dell’imputato. Si lamenta che la sentenza si basa sulle sole prove acquisite nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e ha così escluso la rilevanza di tutte le prove a favore. Nella motivazione resa dal collegio territoriale, non si ravviserebbe alcun elemento idoneo a sostenere la
consapevolezza del ricorrente circa l’inesistenza delle operazioni oggetto di fatturazione, laddove il materiale acquistato sarebbe comunque stato effettivamente utilizzato. La difesa asserisce, dunque, che i giudici di merito avrebbero operato un’imputazione oggettiva in relazione alle vicende che hanno coinvolto l’RAGIONE_SOCIALE, senza alcun vaglio sulla posizione del ricorrente. Anche l’esclusione della buona fede in capo all’imputato sarebbe del tutto immotivata, non essendovi alcun elemento idoneo a dimostrarne l’assenza.
La difesa degli imputati COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, ha depositato memoria con la quale insiste in quanto già dedotto.
Anche la difesa di COGNOME COGNOME, ha depositato memoria con la quale si insiste in quanto già dedotto e si prospetta l’intervenuta estinzione dei reati contestati all’imputato, per intervenuta prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il motivo di ricorso presentato dalla difesa degli imputati COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME – con il quale si lamenta l’inosservanza della legge processuale ed in particolare dell’art. 23-bis del d.l. n. 137 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 176 del 2020 GLYPH è fondato, con conseguente assorbimento degli altri, trattandosi di censura attinente a un profilo processuale preliminare.
Va premesso che, in base alla disciplina emergenziale Covid-19 già richiamata (art. 23-bis del d.l. n. 137 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 176 del 2020), poi prorogata dall’art. 94, comma 2, del d.lgs. n. 150 del 2022 e successive modificazioni, il giudizio di appello si svolge con trattazione scritta, a meno che una parte formuli, nei modi e nei termini previsti, richiesta di trattazione orale, implicante lo svolgimento di udienza nelle forme stabilite in relazione al rito applicabile.
È stato più volte rilevato che nel caso in cui erroneamente l’udienza si svolga con trattazione scritta nonostante la rituale richiesta di svolgimento dell’udienza con trattazione orale, è ravvisabile una nullità di carattere generale a regime intermedio (sul punto Sez. 5, n. 51191 del 20/10/2023, Rv. 285597; Sez. 5, n. 29846 del 29/04/2022, Rv. 283534; Sez. 6, n. 8588 del 12/01/2022, Rv. 283002; Sez. 5, n. 44646 del 14/10/2021, Rv. 282172); con la conseguenza che grava sulla parte interessata l’onere di eccepire la nullità ai sensi dell’art. 182,
comma 2, cod. proc. pen., essendo tardiva la deduzione del tema con il ricorso per cassazione (Sez. 5, n. 43782 del 17/10/2023, Rv. 285774).
In senso contrario alla soluzione interpretativa della nullità intermedia, può osservarsi che la richiesta di trattazione orale, comportando lo svolgimento dell’udienza nelle forme ordinarie, costituisce esercizio di un autonomo e insindacabile diritto potestativo di ciascuna parte processuale. Essa implica, perciò, il ripristino del modello procedimentale ordinario, con la presenza fisica delle parti e dei loro difensori, che eventualmente possono farsi sostituire o essere sostituiti ex lege. Ne consegue che, nel caso in cui non venga celebrata l’udienza ordinaria, si determina lo svolgimento di un’udienza camerale non partecipata del tutto difforme dal modello procedimentale previsto, nella quale si registra la patologica assenza del difensore, che ha diritto ad un’interlocuzione orale e diretta con il giudice.
Non viene, conseguentemente, in rilievo la sola violazione del contraddittorio, riguardante l’intervento, l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato agli effetti dell’art. 178, comma 1, lettera c), cod. proc. pen., ma, più radicalmente, l’assenza del difensore nei casi in cui ne è obbligatoria la presenza, agli effetti dell’art. 179 cod. proc. pen.: diversamente da quanto prospettabile con riguardo ad altre violazioni della disciplina emergenziale o della disciplina introdotta dal d.lgs. n. 150 del 2022 – nelle quali sono ravvisabili ipotesi di nullità a regime intermedio, inerenti al contraddittorio e soggette a sanatoria, ove non dedotte – la violazione inerente alla mancata celebrazione dell’udienza con trattazione orale determina una nullità assoluta ed insanabile (secondo i canoni valutativi espressi da Sez. U, n. 24630 del 26/03/2015, Rv. 263598).
Deve essere perciò condivisa e ribadita l’affermazione secondo cui, nel giudizio cartolare di appello celebrato nel vigore della disciplina emergenziale pandemica da Covid-19, ove il difensore dell’imputato abbia inoltrato rituale e tempestiva richiesta di trattazione orale, lo svolgimento del processo con rito camerale non partecipato ha luogo secondo un modello procedimentale del tutto difforme da quello prescelto, con l’assenza del difensore in un caso in cui ne è obbligatoria la presenza, co§ determinandosi una nullità assoluta e insanabile agli effetti dell’art. 179, comma 1, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 16080 del 20/03/2024, Rv. 286336).
Tali principi trovano applicazione nel caso di specie, in cui tra gli atti, allegati dagli stessi ricorrenti, vi è l’istanza di trattazione orale dell’udienza d appello del 24/01/2023 – di cui all’art. 23-bis, comma 4, del richiamato d.l. trasmessa tempestivamente a mezzo EMAIL, in data 23/12/2022. È, dunque,
direttamente smentita l’asserzione della sentenza impugnata (pag. 3) con cui si dà atto che “il processo è stato definito in Camera di Consiglio, senza la partecipazione del Pubblico Ministero e del difensore ai sensi dell’art. 23-bis della legge n. 176 del 2020, non essendo stata formulata da alcuna parte richiesta di discussione orale”.
Da quanto precede, consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Firenze, perché proceda al giudizio di appello, tenendo conto dell’istanza di trattazione orale già presentata.
Tale annullamento, pronunciato in accoglimento del primo motivo di impugnazione dei ricorrenti COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, coinvolge anche la posizione del ricorrente COGNOME, NOME quale ha subito un’analoga lesione, perché, in tema di giudizio di appello nei confronti di più imputati, nel vigore della disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, ove il difensore di uno solo di essi abbia avanzato rituale e tempestiva richiesta di trattazione orale, il processo deve essere trattato nella forma pubblica anche nei confronti degli altri (Sez. 3, n. 38164 del 15/06/2022, Rv. 283706). Quanto alla prescrizione del reato – eccepita da più ricorrenti – il cui rilievo potrebbe prevalere sulla riscontrata violazione processuale, deve osservarsi che la stessa non è decorsa, giacché il più risalente reato, ex art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000, è contestato come commesso il 10 settembre 2014; da tale data devono computarsi, quanto meno, complessivi dieci anni, ai sensi degli artt. 157, primo comma, 161, secondo comma, cod. pen. e 17, comma 1-bis, del d.lgs. n. 74 del 2000, che andranno a scadere il 10 settembre 2324.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Firenze per l’ulteriore corso.
Così deciso il 04/04/2024