LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Trattamento sanzionatorio spaccio: i precedenti contano

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un giovane condannato per spaccio di lieve entità. La Corte ha confermato la correttezza del trattamento sanzionatorio superiore al minimo, giustificandolo con la presenza di tre precedenti specifici e la testimonianza dell’acquirente, elementi che escludono sia la particolare tenuità del fatto sia l’illogicità della pena inflitta.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trattamento sanzionatorio e spaccio: perché i precedenti penali aggravano la pena

Il trattamento sanzionatorio per i reati di spaccio di lieve entità è un tema delicato, che bilancia la necessità di punire una condotta illecita con il principio di proporzionalità della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come i precedenti penali specifici dell’imputato possano giustificare una pena superiore al minimo legale, anche a fronte di una quantità minima di sostanza stupefacente. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Un giovane veniva condannato in primo e secondo grado per spaccio di sostanze stupefacenti, un reato inquadrato nell’ipotesi di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90. La pena inflitta era di cinque mesi di reclusione e 800 euro di multa.
L’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, lamentando due vizi principali nella motivazione della sentenza d’appello:

1. Il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
2. L’eccessivo rigore della pena, ritenuta superiore al minimo edittale e sproporzionata rispetto alla modesta quantità di droga ceduta (un solo grammo) e alla condotta dell’imputato, descritto come un giovane lavoratore e rispettoso delle prescrizioni.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. Secondo i giudici, le censure mosse dall’imputato erano generiche e non tenevano conto delle precise motivazioni fornite dalla Corte d’Appello, confermando così la condanna e la pena inflitta.

Le Motivazioni: Analisi del Trattamento Sanzionatorio

La decisione della Corte si fonda su due pilastri argomentativi che meritano un’analisi approfondita, poiché toccano il cuore della discrezionalità del giudice nel definire il corretto trattamento sanzionatorio.

Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto

La Corte ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito di non applicare l’art. 131-bis c.p. La ragione è netta: l’imputato risultava gravato da ben tre precedenti penali specifici. Questa circostanza, secondo la Corte, delinea una vera e propria “serialità” nella condotta di spaccio, un elemento che per sua natura è ostativo al riconoscimento della particolare tenuità del fatto, la quale presuppone l’occasionalità e la non gravità del comportamento.

La Discrezionalità del Giudice nella Determinazione della Pena

Il punto centrale della pronuncia riguarda la congruità della pena. La difesa sosteneva che una pena superiore al minimo fosse illogica per un solo grammo di stupefacente. La Cassazione ha respinto questa visione, ribadendo un principio consolidato: la determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che deve esercitarlo seguendo i criteri degli articoli 132 e 133 del codice penale.

Nel caso specifico, la pena superiore al minimo era ampiamente giustificata non solo dai già citati precedenti penali, ma anche da un altro elemento emerso nel processo: l’acquirente, fermato dalle forze dell’ordine, aveva dichiarato di aver acquistato droga dallo stesso imputato anche in altre occasioni. Questi fattori, considerati nel loro insieme, hanno permesso al giudice di valutare la personalità dell’imputato e la gravità del reato in modo da escludere l’applicazione della pena minima, senza che tale scelta potesse essere definita arbitraria o illogica.

La Corte ha inoltre ricordato, citando una sentenza delle Sezioni Unite, che un obbligo di motivazione particolarmente dettagliata sulla quantità della pena sorge solo quando questa è di gran lunga superiore alla media edittale, cosa che non si verificava nel caso in esame.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre un’importante lezione: nel processo penale, il passato conta. La presenza di precedenti specifici ha un impatto determinante non solo sulla possibilità di accedere a benefici come la non punibilità per tenuità del fatto, ma anche sulla quantificazione della pena. La discrezionalità del giudice, sebbene ampia, deve essere esercitata entro i binari della logica e della legge. Un ricorso in Cassazione che si limiti a contestare l’entità della pena senza dimostrare una palese illogicità o arbitrarietà nella valutazione del giudice di merito è destinato, come in questo caso, all’inammissibilità.

Perché è stata esclusa l’applicazione della ‘particolare tenuità del fatto’?
La causa di non punibilità è stata esclusa perché l’imputato aveva tre precedenti penali specifici, un fattore che, secondo la Corte, indica una ‘serialità’ della condotta criminale incompatibile con il requisito dell’occasionalità richiesto dalla norma.

Come ha giustificato la Corte un trattamento sanzionatorio superiore al minimo per la vendita di una piccola quantità di droga?
La Corte ha ritenuto la pena adeguata sulla base di due elementi principali: i tre precedenti specifici dell’imputato e la dichiarazione dell’acquirente, il quale ha affermato di aver già comprato droga dalla stessa persona in altre occasioni. Questi fattori dimostrano una maggiore gravità della condotta e una personalità incline a delinquere.

Quando un giudice deve fornire una motivazione dettagliata sulla quantità della pena inflitta?
Secondo i principi richiamati dalla Cassazione, una motivazione specifica e dettagliata sulla quantificazione della pena è richiesta solo quando questa sia di gran lunga superiore alla misura media prevista per quel tipo di reato. In caso contrario, è sufficiente una motivazione che dimostri che la valutazione non è stata né arbitraria né illogica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati