Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34562 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34562 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/04/2025 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
f2f
Motivi della decisione
Con la sentenza di cui in epigrafe la Corte di Appello di Genova ha confermato la pronuncia del Tribunale locale del 12 ottobre 2023, con la quale NOME veniva condannato alla pena di mesi otto di reclusione ed euro 700 di multa in ordine ai reati di cui agli artt. 56, 624 e 625 n. 2, cod. pen.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, vizio di motivazione in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio.
Il motivo sopra richiamato è manifestamente infondato, in quanto assolutamente privo di specificità in tutte le sue articolazioni e del tutto assertivo. stesso, in particolare, lungi dal confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato, si limita a reiterare profili di censura già adeguatamente e correttamente vagliati e disattesi dal giudice di merito (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione), altresì censurando il trattamento sanzionatorio, benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione, nonché da un adeguato esame delle deduzioni difensive. Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
2.1. Il Collegio osserva, infatti, come la decisione impugnata risulti, in primo luogo, sorretta da conferente apparato argomentativo, di pieno rispetto della previsione normativa quanto all’effettuata determinazione del trattamento sanzionatorio.
La Corte territoriale ha evidenziato come la pena appaia particolarmente mite e addirittura erroneamente ridotta per eccesso. Ciò in quanto l’imputato è gravato da numerosissimi precedenti specifici; le condizioni di disagio sono asserite dal difensore e non dimostrate, con l’interessato che mai si è presentato per darne azione. Nell’immediatezza del fatto contestato al capo 1) dell’imputazione, l’imputato ha tenuto una condotta particolarmente aggressiva, costringendo gli operanti della Polizia di Stato di Rapallo a contenerlo con l’uso delle manette.
A fronte di ciò – si rileva ancora in sentenza- il giudice di primo grado ha preso le mosse da una pena detentiva di base che si discosta di un solo mese dal minimo edittale per il delitto di furto, aumentandola di un solo mese quale aumento praticato a titolo di continuazione.
Logico, appare, pertanto il rilievo che non sussistono le condizioni per una mitigazione di tale trattamento sanzionatorio: non vengono in considerazione tenuto conto anche della pessima condotta successiva al reato sopra descritto elementi di favore utili al riconoscimento delle attenuanti generiche; essendo stata contestata e riconosciuta la recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale, l’aumento praticato a titolo di continuazione è addirittura inferiore al limite minimo di un terzo della pena base che il giudice avrebbe dovuto rispettare ai sensi dell’art. 81 comma 40 cod. pen. e che non ha invece rispettato praticando un aumento inferiore, con errore che nei gradi successivi, in assenza di impugnazione della parte pubblica, non è possibile emendare per il divieto di reformatio in peius.
Va ricordato che una specifica e dettagliata motivazione in merito ai criteri seguiti dal giudice nella determinazione della pena si richiede, infatti, solo nel caso in cui la sanzione sia quantificata in misura prossima al massimo edittale o comunque superiore alla media, risultando insindacabile, in quanto riservata al giudice di merito, la scelta implicitamente basata sui criteri di cui all’art. 133 co pen. di irrogare – come disposto nel caso di specie -una pena in misura media O prossima al minimo edittale (così, tra le altre: Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243-01; Sez. 4, n. 27959 del 18/06/2013, COGNOME, Rv. 25835601; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256464-01; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197-01).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 07/10/2025
Il Co l tisigliere este ore