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Trattamento sanzionatorio: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello. Il caso riguarda il trattamento sanzionatorio e il diniego delle attenuanti generiche. La Suprema Corte ribadisce che la determinazione della pena è un potere discrezionale del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se non per manifesta illogicità, assente nel caso di specie. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trattamento sanzionatorio: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

La determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, affidato alla valutazione del giudice. Ma quali sono i limiti per contestare questa decisione in Cassazione? Un’ordinanza recente della Suprema Corte chiarisce i confini della discrezionalità del giudice e le condizioni di ammissibilità del ricorso, focalizzandosi sul corretto trattamento sanzionatorio.

I Fatti del Caso

Un imputato, a seguito di una condanna da parte della Corte d’Appello di Brescia, decideva di presentare ricorso per Cassazione. Le sue doglianze si concentravano su due aspetti principali: il mancato riconoscimento della prevalenza delle attenuanti generiche e, più in generale, il trattamento sanzionatorio ritenuto eccessivamente severo. L’obiettivo del ricorrente era ottenere una revisione della pena applicata nei gradi di merito, sostenendo implicitamente che i giudici precedenti non avessero valutato correttamente tutti gli elementi a suo favore.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con ordinanza del 8 gennaio 2025, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito delle richieste del ricorrente, ma le blocca a monte, ritenendole non proponibili in quella sede. Di conseguenza, la Corte ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione tipica per i ricorsi giudicati inammissibili.

Le Motivazioni della Corte sul Trattamento sanzionatorio

Il fulcro della decisione risiede in un principio cardine del nostro ordinamento processuale. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti o la congruità della pena. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.

La Corte ha ribadito che la determinazione del trattamento sanzionatorio è una prerogativa rimessa alla discrezionalità del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Questa valutazione è considerata insindacabile in sede di legittimità, a meno che non si verifichino due condizioni eccezionali:

1. Arbitrio: la decisione sulla pena è frutto di un capriccio o di una scelta palesemente irragionevole.
2. Motivazione manifestamente illogica: le ragioni addotte dal giudice a sostegno della sua decisione sono contraddittorie, palesemente errate o inesistenti.

Nel caso specifico, i giudici supremi hanno ritenuto che la decisione della Corte d’Appello non presentasse nessuno di questi vizi. La motivazione della sentenza impugnata era logica e coerente, e la scelta sulla pena rientrava pienamente nei poteri discrezionali che la legge attribuisce al giudice. Pertanto, non vi era alcuno spazio per un intervento della Cassazione.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma un orientamento consolidato: non ci si può rivolgere alla Corte di Cassazione sperando in un semplice ‘sconto di pena’. Il ricorso deve essere fondato su vizi giuridici specifici, come un’errata interpretazione di una norma o un’illogicità palese nella motivazione della sentenza. Criticare genericamente la severità della pena, senza individuare un difetto procedurale o logico, porta quasi inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Per gli avvocati e gli imputati, ciò significa che l’appello per un trattamento sanzionatorio più mite deve essere supportato da argomentazioni giuridiche solide e non da mere valutazioni di opportunità, le quali trovano il loro spazio naturale nei primi due gradi di giudizio.

È possibile contestare in Cassazione la severità di una pena decisa da un giudice?
No, non è possibile contestare la severità della pena in sé. La determinazione della sanzione rientra nella discrezionalità del giudice di merito. Si può contestare in Cassazione solo se la decisione del giudice è frutto di arbitrio o se la motivazione è manifestamente illogica.

Cosa significa che un ricorso è dichiarato ‘inammissibile’?
Significa che la Corte di Cassazione respinge il ricorso senza esaminarne il contenuto, perché non rispetta i requisiti previsti dalla legge. L’inammissibilità impedisce una nuova valutazione del caso e rende definitiva la sentenza impugnata.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un’impugnazione infondata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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