Trattamento Sanzionatorio: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 23307/2024, ha ribadito un principio cruciale in materia di trattamento sanzionatorio: un ricorso che si limita a lamentare l’eccessività della pena in modo generico è destinato all’inammissibilità. Questa decisione sottolinea l’importanza della specificità dei motivi di impugnazione, specialmente quando si contesta l’uso del potere discrezionale del giudice di merito. Analizziamo i dettagli del caso per comprendere appieno la portata di questo principio.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per la violazione dell’art. 4 della Legge n. 110 del 1975, una norma che disciplina il controllo delle armi. La sentenza di condanna emessa in primo grado era stata integralmente confermata dalla Corte d’Appello di Genova. Non soddisfatto della decisione, l’imputato, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per Cassazione, contestando un unico aspetto della sentenza di secondo grado.
Il Cuore del Ricorso: Critiche al Trattamento Sanzionatorio
L’unico motivo di ricorso presentato alla Suprema Corte riguardava l’eccessività del trattamento sanzionatorio. La difesa sosteneva che la pena inflitta fosse sproporzionata. In particolare, la critica si concentrava sul mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, un punto già sollevato e respinto dalla Corte d’Appello. Il ricorso, tuttavia, non andava oltre una generica lamentela, senza articolare specifiche censure contro la motivazione fornita dai giudici di secondo grado.
La Decisione della Corte: Inammissibilità per Genericità
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione principale risiede nella natura ‘generica e aspecifica’ del motivo presentato. Secondo i giudici, il ricorso non faceva altro che riproporre una doglianza già esaminata e motivatamente respinta dalla Corte territoriale, senza un reale confronto critico con le argomentazioni di quest’ultima.
Le Motivazioni
La Corte ha fondato la sua decisione su due pilastri argomentativi fondamentali. In primo luogo, ha evidenziato come la valutazione degli aspetti che rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, come la quantificazione della pena, non sia soggetta a un riesame in sede di legittimità. Se il giudice ha esercitato tale potere in modo congruo, logico e coerente, la sua decisione è insindacabile. La Cassazione non è un ‘terzo grado di giudizio’ dove si possono rivalutare elementi di fatto già considerati. In secondo luogo, la Corte ha ricordato un principio consolidato: l’obbligo di motivazione del giudice sulla pena non impone un’analisi dettagliata di ogni singolo parametro elencato nell’art. 133 del Codice Penale. È sufficiente una motivazione complessiva che dia conto in modo logico delle ragioni che hanno portato a determinare quella specifica sanzione.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per la pratica forense. Chi intende impugnare una sentenza per l’eccessività del trattamento sanzionatorio non può limitarsi a una mera affermazione di sproporzione. È necessario, invece, individuare e dimostrare specifici vizi logici o giuridici nel ragionamento del giudice che ha comminato la pena. In assenza di tali critiche puntuali, il ricorso rischia concretamente di essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una condanna al pagamento di tremila euro.
È possibile impugnare in Cassazione una sentenza solo perché si ritiene la pena troppo alta?
No. Secondo questa ordinanza, un ricorso basato unicamente sulla generica lamentela di un trattamento sanzionatorio eccessivo è inammissibile. È necessario indicare vizi logici o giuridici specifici nella motivazione del giudice che ha inflitto la pena.
Cosa significa che un ricorso è ‘generico e aspecifico’?
Significa che il ricorso non articola critiche precise e puntuali contro la decisione impugnata, ma si limita a riproporre le stesse lamentele già respinte nel grado precedente senza confrontarsi con la motivazione del giudice d’appello.
Il giudice deve giustificare la pena analizzando ogni singolo criterio dell’art. 133 del codice penale?
No. La Corte ha ribadito che l’onere motivazionale del giudice di merito non richiede l’esame analitico di tutti i parametri dell’art. 133 c.p. È sufficiente che la motivazione nel suo complesso sia logica, coerente e congrua per giustificare la quantificazione della pena.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23307 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23307 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GENOVA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/10/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritenuto che NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Genova, che ha confermato la pronuncia di primo grado con cui è stato condannato per il reato di cui all’art. 4 I. n. 110 del 1975;
considerato che il motivo unico di ricorso, con il quale si censura l’eccessività de trattamento sanzionatoti°, è inammissibile in quanto generico e aspecifico, atteso che, dalla incontestata sintesi dei motivi di gravame desumibile dall’impugnata sentenza, si evince che l’unico motivo attinente il trattamento sanzionatorio in esso dedotto fosse quello relativo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, sul quale la Corte distrettuale ha risposto con motivazione logica e immune da censure;
considerato peraltro che, in ogni caso, la valutazione attinente ad aspetti che rientrano nel potere discrezionale di quantificazione sanzionatoria riservato al giudice d merito, laddove, come nel caso di specie, esercitato congruamente, logicamente ed anche in coerenza con il principio di diritto secondo il quale l’onere motivazionale da soddisfare non richiede necessariamente l’esame di tutti i parametri fissati dall’art. 1 cod. pen., si sottrae alle censure che reclamino una rivalutazione in fatto di elementi gi oggetto di valutazione;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23/05/2024