Trattamento Sanzionatorio: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
La determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice esercita una significativa discrezionalità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti entro cui è possibile contestare il trattamento sanzionatorio in sede di legittimità. L’analisi di questo provvedimento offre spunti cruciali per comprendere quando un ricorso su questo punto rischia di essere dichiarato inammissibile.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato dalla Corte d’Appello per numerosi episodi di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti, nello specifico cocaina. L’imputato, tramite il suo difensore, ha deciso di adire la Suprema Corte, non per contestare la sua colpevolezza, ma per lamentare una presunta violazione di legge relativa esclusivamente alla quantificazione della pena inflittagli.
Il Ricorso Basato sul Trattamento Sanzionatorio
L’unico motivo di ricorso si concentrava sulla critica al trattamento sanzionatorio applicato dai giudici di merito. L’appellante riteneva che la pena fosse eccessiva o comunque non correttamente determinata secondo i principi di legge. Questo tipo di doglianza è frequente, ma si scontra con i rigidi paletti che delimitano il giudizio della Corte di Cassazione, la quale non è un terzo grado di merito, ma un giudice di legittimità.
La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile per manifesta infondatezza. Secondo gli Ermellini, le decisioni del giudice di merito relative al trattamento sanzionatorio sono insindacabili in sede di legittimità, a condizione che siano supportate da una motivazione esente da vizi logico-giuridici. Questo principio costituisce un pilastro fondamentale nel rapporto tra i diversi gradi di giudizio.
Le Motivazioni
La Corte ha spiegato che, nel caso specifico, la motivazione della Corte d’Appello era non solo presente, ma anche del tutto corretta e priva di vizi. I giudici di secondo grado avevano infatti agito con equilibrio, seguendo un percorso logico ineccepibile:
1. Pena Base: È stata assunta come base la pena minima prevista dalla legge per la fattispecie più grave contestata, fissata in sei anni di reclusione.
2. Aumento per la Continuazione: Per gli altri reati contestati, legati dal vincolo della continuazione, è stato applicato un aumento minimo, dimostrando una valutazione ponderata.
3. Concessione delle Attenuanti Generiche: Nonostante la gravità dei fatti, la Corte territoriale aveva persino concesso le circostanze attenuanti generiche, tenendo conto della parziale rinuncia ai motivi di appello da parte dell’imputato.
Di fronte a una motivazione così strutturata e coerente, la Cassazione non ha potuto fare altro che constatare l’assenza di qualsiasi errore logico o giuridico da censurare. Il ricorso, pertanto, si risolveva in un tentativo non consentito di ottenere una nuova e diversa valutazione del merito della vicenda.
Le Conclusioni
La decisione in commento ribadisce un principio consolidato: non è sufficiente lamentare l’entità della pena per ottenere una riforma in Cassazione. È necessario dimostrare che il giudice di merito abbia commesso un errore palese nel suo ragionamento, ad esempio applicando una pena illegale o fornendo una motivazione contraddittoria, illogica o meramente apparente. In assenza di tali vizi, la discrezionalità del giudice nella commisurazione del trattamento sanzionatorio rimane insindacabile. La conseguenza dell’inammissibilità, come previsto dall’art. 616 c.p.p., è stata la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche a versare una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende.
È possibile contestare in Cassazione la misura della pena decisa da un giudice?
Sì, ma solo se la motivazione della sentenza presenta vizi logici o giuridici evidenti. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito sulla congruità della pena se la motivazione è corretta.
Cosa significa che un ricorso è ‘manifestamente infondato’?
Significa che le ragioni dell’appello sono così deboli e prive di fondamento legale da essere considerate palesemente non accoglibili, portando alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso senza un’analisi approfondita del merito.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Come stabilito nel provvedimento, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende, a meno che non si dimostri un’assenza di colpa nel proporre il ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5925 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5925 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a SAN GIOVANNI COGNOME il 03/05/1987
avverso la sentenza del 08/03/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
COGNOME NOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, di condanna in relazione a numerosi episodi di detenzione e cessione di sostanza stupefacente del tipo cocaina, lamentando, con unico motivo di ricorso, violazione di legge in ordine al trattamen sanzionatorio.
La prima censura è manifestamente infondata. Le determinazioni del giudice di merito in ordine al trattamento sanzionatorio sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazion esente da vizi logico-giuridici. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha peraltro assunt pena base il minimo edittale previsto per la fattispecie più grave, pari a sei anni, ed applica aumento minimo per la continuazione con le altre fattispecie contestate, concedendo anche le circostanze attenuanti generiche in ragione della parziale rinuncia ai motivi di appello.
A norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nell determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. Sent. n. 186 del 13/06/2000), al condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore dell Cassa delle ammende
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 20/12/2024
I consigliere estensore
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Il Presidente