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Trattamento sanzionatorio: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un individuo condannato per furto, confermando la valutazione sul trattamento sanzionatorio. La decisione si basa sui numerosi precedenti penali dell’imputato e sulle modalità del reato, ritenendo la pena inflitta congrua e correttamente motivata, nonostante la restituzione della merce.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trattamento Sanzionatorio e Precedenti Penali: La Decisione della Cassazione

La determinazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale. Un’adeguata valutazione del trattamento sanzionatorio deve bilanciare la gravità del fatto con la personalità dell’imputato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre uno spunto di riflessione su come questi elementi, in particolare i precedenti penali, influenzino la decisione del giudice e definiscano i limiti per un’eventuale impugnazione. Il caso riguarda un uomo condannato per il furto di un capo di abbigliamento, il quale ha contestato la congruità della pena inflittagli.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello di Bologna per il reato di furto, commesso all’interno di un esercizio commerciale. La pena stabilita era di otto mesi di reclusione e 300 euro di multa. Non ritenendo giusta la quantificazione della pena, l’imputato decideva di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando un vizio di motivazione proprio in relazione al trattamento sanzionatorio applicato dai giudici di merito.

Il Ricorso e il Trattamento Sanzionatorio Contestato

Il ricorrente ha incentrato la sua difesa su un unico punto: l’errata, a suo dire, valutazione da parte della Corte d’Appello degli elementi utili a determinare la pena. L’obiettivo era ottenere una sanzione meno afflittiva. La difesa ha sostenuto che i giudici non avessero adeguatamente giustificato la scelta di una pena posizionata su criteri ‘medio-minimi’ e non sul minimo assoluto previsto dalla legge, contestando così la logica alla base della commisurazione della pena.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato e con un palese carattere dilatorio. Le motivazioni della decisione sono chiare e si fondano su principi consolidati.

Innanzitutto, i giudici di legittimità hanno confermato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione adeguata e non illogica. La decisione sulla pena era stata presa tenendo conto dei parametri indicati dall’articolo 133 del codice penale, che includono la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole.

In secondo luogo, un elemento decisivo è stata la personalità dell’imputato, gravata da ben sei precedenti penali specifici per reati della stessa natura. Questo dato, secondo la Corte, escludeva in partenza la possibilità di applicare un trattamento sanzionatorio più mite. La presenza di una ‘carriera criminale’ specifica è un fattore che il giudice non può ignorare.

Inoltre, la Corte ha affrontato la questione della restituzione della merce rubata. Sebbene avvenuta, non è stata considerata un’attenuante, poiché è stata una conseguenza diretta della flagranza del reato (l’essere stato colto sul fatto) e non un gesto spontaneo di ravvedimento. Pertanto, non sussisteva alcun elemento ‘positivamente valutabile’ per la concessione delle attenuanti generiche.

Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la discrezionalità del giudice nella determinazione della pena è ampia, ma deve essere esercitata attraverso una motivazione logica e aderente ai criteri legali. Quando un imputato ha numerosi precedenti specifici, è legittimo che il giudice applichi una pena che si discosta dal minimo edittale. Un ricorso per Cassazione basato esclusivamente sulla richiesta di una pena più lieve, senza evidenziare vizi logici evidenti nella sentenza impugnata, ha scarse probabilità di successo e rischia di essere dichiarato inammissibile. La conseguenza, come in questo caso, non è solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una somma aggiuntiva alla Cassa delle ammende, rendendo il tentativo di impugnazione controproducente.

Perché il ricorso sul trattamento sanzionatorio è stato respinto?
Il ricorso è stato respinto perché la Corte ha ritenuto che la pena fosse stata decisa con una motivazione adeguata e non illogica, basandosi correttamente sui parametri di legge, in particolare sulle modalità del reato e sulla personalità del colpevole, che aveva già sei precedenti specifici.

La restituzione della merce rubata non è un’attenuante?
In questo caso no. La Corte ha specificato che la restituzione non poteva essere considerata un’attenuante perché non è stata un’azione volontaria, ma una conseguenza del fatto che l’imputato era stato colto in flagranza, ovvero sorpreso durante il furto.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questa circostanza, al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende (qui fissata in 3.000 euro), poiché l’impugnazione è stata giudicata avente un palese carattere dilatorio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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