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Trattamento sanzionatorio: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso presentato contro una sentenza della Corte d’Appello di Brescia. L’unico motivo del ricorso riguardava il trattamento sanzionatorio, ritenuto eccessivo. La Suprema Corte ha stabilito che l’appello era manifestamente infondato, poiché i giudici di merito avevano esercitato correttamente la loro discrezionalità, partendo dal minimo edittale e applicando le massime riduzioni per le attenuanti. La mancata concessione della sospensione condizionale della pena è stata giustificata dal fatto che la pena finale superava i limiti di legge per tale beneficio.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trattamento Sanzionatorio: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’ordinanza n. 9373/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti dell’impugnazione in materia di trattamento sanzionatorio. Quando la decisione del giudice di merito è logicamente motivata e rispetta i canoni di legge, le possibilità di ottenere una riforma della pena in sede di legittimità si riducono drasticamente. Analizziamo questa decisione per comprendere meglio i principi che governano la discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena.

I Fatti del Caso: La Contestazione sulla Misura della Pena

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Brescia. L’unica doglianza sollevata dalla difesa riguardava esclusivamente il trattamento sanzionatorio applicato, considerato eccessivamente severo. L’imputato, in sostanza, non contestava la sua colpevolezza, ma chiedeva una riduzione della pena inflitta dai giudici di secondo grado.

La Decisione della Corte: Inammissibilità e Condanna alle Spese

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Questa decisione non è entrata nel merito della quantificazione della pena, ma si è fermata a un giudizio preliminare sulla fondatezza stessa del motivo di ricorso. La Corte ha ritenuto l’impugnazione “manifestamente infondata e priva di concreto interesse”.

Il Corretto Esercizio del Potere Discrezionale

La Suprema Corte ha sottolineato come le lamentele della difesa fossero palesemente smentite dalla lettura del provvedimento impugnato. I giudici di merito, infatti, avevano esercitato in modo corretto la discrezionalità che la legge affida loro in materia di graduazione della pena.

Le Motivazioni: Un Trattamento Sanzionatorio Già Favorevole

Il cuore della motivazione risiede nella constatazione che la Corte territoriale aveva già adottato un approccio estremamente favorevole all’imputato. Il percorso logico seguito dai giudici d’appello è stato ritenuto ineccepibile:

1. Pena Base al Minimo: La pena di partenza è stata individuata in misura corrispondente al minimo edittale previsto dalla legge per il reato contestato.
2. Massima Riduzione per le Attenuanti: Le circostanze attenuanti riconosciute sono state applicate nella loro massima estensione, garantendo all’imputato il maggior beneficio possibile.
3. Considerazione del Danno di Speciale Tenuità: È stata altresì considerata la specifica attenuante del danno di particolare lievità.

Nonostante questo percorso, volto a mitigare la sanzione, la pena finale risultava superiore ai limiti stabiliti dall’articolo 163 del codice penale per la concessione della sospensione condizionale. Di conseguenza, la mancata concessione di tale beneficio non è stata un’ingiustizia, ma una diretta e inevitabile applicazione della legge.

Le Conclusioni: I Limiti del Sindacato di Legittimità

L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: la Corte di Cassazione non è un terzo grado di merito. Il suo compito non è quello di ricalcolare la pena per trovare una soluzione ritenuta “più giusta”, ma di verificare che il giudice di merito abbia applicato correttamente la legge e abbia fornito una motivazione logica e non contraddittoria. Se il trattamento sanzionatorio è il risultato di un ragionamento coerente e rispettoso dei paletti normativi, come nel caso di specie, il ricorso è destinato all’inammissibilità. La decisione serve da monito: un ricorso basato unicamente sulla percezione di un’eccessiva severità della pena, senza individuare vizi logici o giuridici nel ragionamento del giudice, si risolve non solo in un insuccesso, ma anche nella condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. La Corte di Cassazione ha verificato che i giudici di merito avevano correttamente esercitato la loro discrezionalità nel determinare la pena, motivando in modo logico le loro scelte.

All’imputato erano state concesse delle attenuanti?
Sì, la sentenza impugnata aveva non solo riconosciuto le circostanze attenuanti, ma aveva anche applicato le relative diminuzioni di pena nella massima estensione possibile, oltre a considerare l’attenuante del danno di speciale tenuità.

Per quale motivo non è stata concessa la sospensione condizionale della pena?
La sospensione condizionale non è stata concessa perché la pena finale, pur dopo l’applicazione di tutte le attenuanti nella misura più favorevole, superava i limiti massimi previsti dall’art. 163 del codice penale per poter beneficiare di tale istituto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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