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Trattamento sanzionatorio: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8682/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una condanna per reati legati agli stupefacenti. Il ricorrente contestava unicamente il trattamento sanzionatorio, ritenendolo illogico. La Corte ha ribadito che la quantificazione della pena è una decisione discrezionale del giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità, a meno che non sia palesemente arbitraria o illogica, circostanza non verificatasi nel caso specifico. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto con condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trattamento sanzionatorio: quando è inammissibile il ricorso in Cassazione

L’applicazione della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice è chiamato a bilanciare la gravità del reato con la personalità dell’imputato. Ma cosa succede se si ritiene che la pena inflitta sia ingiusta o illogica? Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione chiarisce i limiti entro cui è possibile contestare il trattamento sanzionatorio in sede di legittimità, confermando un principio consolidato: non basta un semplice disaccordo con la decisione del giudice di merito.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal ricorso presentato da un individuo condannato sia in primo grado dal Tribunale sia in secondo grado dalla Corte di Appello di Torino per un reato previsto dalla legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990), relativo a fatti di lieve entità. L’imputato non contestava la sua colpevolezza, ma focalizzava il suo unico motivo di ricorso per Cassazione sulla presunta contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con cui i giudici avevano determinato la pena.

La Decisione della Corte e il Trattamento Sanzionatorio

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno sottolineato un punto fondamentale della procedura penale: la valutazione relativa alla quantificazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo significa che il giudice di primo e secondo grado ha un ampio margine di autonomia nel decidere l’entità della sanzione, purché la sua scelta sia adeguatamente motivata.

Il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. La Corte di legittimità non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma deve limitarsi a controllare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza non sia viziata da palesi errori logici o da arbitrio. Nel caso in esame, la Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse adeguata e non presentasse alcuna manifesta illogicità. L’onere motivazionale era stato, quindi, pienamente assolto.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda sulla natura stessa del giudizio di legittimità. Le censure relative al trattamento sanzionatorio sono ammissibili solo in casi eccezionali, ovvero quando la pena inflitta sia il risultato di una decisione arbitraria o supportata da una motivazione che si riveli palesemente illogica. Non è sufficiente, per il ricorrente, lamentare una presunta ‘ingiustizia’ della pena o proporre una diversa valutazione degli elementi considerati dal giudice. In assenza di tali vizi macroscopici, la discrezionalità del giudice di merito è insindacabile. La Corte ha stabilito che, nella fattispecie, non si ravvisava alcuna di queste anomalie, rendendo di fatto il ricorso privo di fondamento giuridico e, pertanto, inammissibile.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per chiunque intenda impugnare una sentenza di condanna in Cassazione. La contestazione del trattamento sanzionatorio è una via difficilmente percorribile e destinata al fallimento se non si è in grado di dimostrare un’irragionevolezza palese nel percorso logico seguito dal giudice. La decisione di ricorrere deve essere ponderata attentamente, poiché un ricorso dichiarato inammissibile comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con la condanna al pagamento di tremila euro.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa da un giudice?
No, di regola non è possibile. La determinazione del trattamento sanzionatorio è rimessa alla discrezionalità del giudice di merito. La Cassazione può intervenire solo se la decisione è frutto di arbitrio o basata su una motivazione manifestamente illogica, cosa che non è stata riscontrata nel caso di specie.

Cosa significa che un ricorso è ‘inammissibile’?
Significa che il ricorso non può essere esaminato nel merito dalla Corte perché non rispetta i requisiti previsti dalla legge. In questo caso, il motivo del ricorso non era tra quelli che la Cassazione è autorizzata a valutare.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La persona che ha presentato il ricorso (il ricorrente) viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso 3.000 euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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