LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Trattamento sanzionatorio: limiti ricorso Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro una condanna per tentato furto pluriaggravato. Il motivo, incentrato sulla presunta erronea applicazione dei criteri per la determinazione della pena (trattamento sanzionatorio), viene respinto. La Corte ribadisce che la quantificazione della pena è una scelta discrezionale del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se non in caso di arbitrarietà o palese assenza di motivazione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trattamento Sanzionatorio: Quando la Pena non si Discute in Cassazione

L’ordinanza in esame offre un chiarimento fondamentale sui limiti del ricorso per Cassazione in materia di trattamento sanzionatorio. La Suprema Corte ha ribadito un principio cardine del nostro sistema processuale: la determinazione della pena è una prerogativa quasi esclusiva del giudice di merito. Analizziamo come questa regola si sia applicata a un caso di tentato furto pluriaggravato, portando alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di tentato furto pluriaggravato, pronunciata in primo grado dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte di Appello di Torino. Ritenendo ingiusta la pena inflitta, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidando le sue speranze a un unico motivo di impugnazione.

Il Motivo del Ricorso: Critiche al Trattamento Sanzionatorio

L’unica doglianza sollevata dal ricorrente riguardava l’erronea applicazione dell’articolo 133 del Codice Penale. Questa norma elenca i criteri (gravità del reato, capacità a delinquere del colpevole, etc.) che il giudice deve considerare per commisurare la pena in modo equo e proporzionato. In sostanza, il ricorrente non contestava la sua colpevolezza, ma sosteneva che i giudici di merito avessero sbagliato nel quantificare la sanzione, applicando in modo scorretto il loro potere discrezionale.

Il Principio della Discrezionalità del Giudice

È importante sottolineare che la legge non prevede una pena fissa per ogni reato, ma un minimo e un massimo (la cosiddetta “cornice edittale”). All’interno di questo intervallo, il giudice ha il compito di individualizzare la pena, adattandola alle specificità del caso concreto. Questa attività costituisce il cuore del trattamento sanzionatorio ed è espressione di un potere ampiamente discrezionale.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione netta e perentoria. Gli Ermellini hanno ricordato che il sindacato della Corte in materia di trattamento sanzionatorio è estremamente limitato. La Cassazione non è un “terzo grado di merito” e non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici che hanno analizzato direttamente le prove e i fatti.

Il controllo di legittimità sulla determinazione della pena è consentito solo in due ipotesi:

1. Arbitrarietà: Quando la decisione del giudice appare come il frutto di un puro arbitrio, totalmente slegata dai criteri di legge.
2. Motivazione Manifestamente Illogica: Quando la giustificazione fornita a supporto della pena scelta è palesemente contraddittoria, carente o illogica.

Nel caso di specie, la Corte ha rilevato che la decisione della Corte d’Appello era assistita da una motivazione adeguata (come indicato a pagina 2 della sentenza d’appello) e non presentava alcun vizio di arbitrarietà. Di conseguenza, la critica del ricorrente si risolveva in una mera richiesta di rivalutazione del merito della decisione, attività preclusa in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questo ha comportato non solo la conferma definitiva della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. L’ordinanza rappresenta un importante monito: impugnare una sentenza in Cassazione contestando unicamente il trattamento sanzionatorio è una strategia processuale ad alto rischio di insuccesso. È necessario dimostrare un vizio palese e grave nella motivazione del giudice, non semplicemente un disaccordo sulla quantità di pena ritenuta più equa.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice?
No, non è possibile se la contestazione riguarda la mera scelta discrezionale del giudice. Il ricorso è ammesso solo se si dimostra che la decisione sulla pena è frutto di arbitrarietà o è supportata da una motivazione manifestamente illogica o assente.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta che la Corte di Cassazione non esamina il merito della questione. La sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

Qual è il ruolo dell’art. 133 del Codice Penale secondo questa ordinanza?
L’art. 133 del Codice Penale fornisce al giudice di merito i parametri per esercitare il suo potere discrezionale nella determinazione della pena. L’ordinanza chiarisce che il modo in cui il giudice applica questi criteri non è sindacabile in Cassazione, a meno che non si traduca in una decisione arbitraria o immotivata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati