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Trattamento sanzionatorio: limiti del ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una condanna per furti multipli. L’ordinanza chiarisce che la valutazione del trattamento sanzionatorio, se motivata in modo logico e adeguato dal giudice di merito, non può essere riesaminata in sede di legittimità. La Corte ha confermato la decisione di non concedere le attenuanti generiche data la gravità e la scaltrezza dimostrata nei reati.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Trattamento sanzionatorio e ricorso in Cassazione: quando la decisione del giudice è definitiva

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti del giudizio di legittimità, in particolare quando l’oggetto della contestazione è il trattamento sanzionatorio stabilito dal giudice di merito. Con una decisione netta, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, condannato per una serie di furti, ribadendo un principio cardine del nostro sistema processuale: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti o la congruità della pena, se non in casi di manifesta illogicità.

I fatti del caso

I fatti alla base della vicenda giudiziaria riguardano una serie di furti commessi nella stessa giornata ai danni di diverse persone all’interno di una grande stazione ferroviaria. L’imputato, a seguito della condanna in Corte d’Appello, ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando principalmente aspetti legati alla valutazione della sua pena, ovvero il trattamento sanzionatorio applicatogli.

Il ricorso e le censure mosse alla sentenza

Il ricorrente ha incentrato le sue doglianze sulla valutazione compiuta dai giudici di merito riguardo alla sanzione, ritenendola eccessivamente aspra. In particolare, ha contestato la mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62-bis del codice penale (le cosiddette attenuanti generiche), un punto cruciale che avrebbe potuto portare a una riduzione della pena inflitta.

Le motivazioni sulla valutazione del trattamento sanzionatorio

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente le argomentazioni del ricorrente, qualificando il ricorso come inammissibile. La motivazione di tale decisione si fonda su una distinzione fondamentale tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità. I giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) hanno il compito di ricostruire i fatti e di valutare tutti gli elementi per determinare la colpevolezza e la giusta pena. La Corte di Cassazione, invece, interviene solo per controllare la corretta applicazione delle norme di legge e la logicità della motivazione.

Nel caso specifico, la Suprema Corte ha osservato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione ‘congrua e adeguata’, e priva di ‘manifesta illogicità’. I giudici romani avevano infatti giustificato la negazione delle attenuanti generiche basandosi su elementi concreti:

* La gravità dei reati: non si trattava di un episodio isolato, ma di furti seriali commessi nello stesso giorno.
* La rilevante offensività: le azioni hanno leso il patrimonio di più persone in un luogo pubblico molto frequentato.
* La scaltrezza dimostrata: le modalità di esecuzione dei furti erano sintomatiche di una ‘collaudata esperienza’ criminale, un elemento che gioca a sfavore nella valutazione della personalità dell’imputato.

Di fronte a una motivazione così strutturata, la Cassazione ha concluso che le censure del ricorrente non miravano a evidenziare un vizio di legge, ma a sollecitare una nuova e diversa valutazione del merito, operazione preclusa in sede di legittimità.

Le conclusioni: inammissibilità e conseguenze economiche

L’epilogo del giudizio è stato, quindi, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Come conseguenza diretta, ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, la Corte ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000,00 euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria è prevista per i casi in cui il ricorso viene rigettato per motivi che denotano una colpa del ricorrente nel promuovere un’impugnazione priva di fondamento. L’ordinanza, pertanto, riafferma con forza il principio che la valutazione del trattamento sanzionatorio è di competenza esclusiva del giudice di merito, il cui operato è incensurabile in Cassazione se supportato da una motivazione logica e coerente.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sollevate riguardavano la valutazione del trattamento sanzionatorio, un aspetto che rientra nella competenza esclusiva del giudice di merito e non può essere riesaminato in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia manifestamente illogica, cosa che in questo caso non è stata riscontrata.

Quali elementi hanno portato i giudici a negare le attenuanti generiche?
I giudici di merito hanno negato le attenuanti generiche sulla base della gravità dei reati, consistenti in furti multipli commessi nello stesso giorno, della loro rilevante offensività e della scaltrezza dimostrata dall’imputato, considerata sintomo di una consolidata esperienza criminale.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente dopo la decisione della Cassazione?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende, come sanzione pecuniaria prevista dall’art. 616 c.p.p.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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