Trattamento Sanzionatorio: la Cassazione Fissa i Paletti per l’Impugnazione
Quando si parla di giustizia penale, uno degli aspetti più delicati è la determinazione della pena. Ma fino a che punto questa decisione può essere contestata in ultimo grado di giudizio? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 333/2024) offre un chiarimento fondamentale sui limiti dell’impugnazione del trattamento sanzionatorio, stabilendo quando il potere del giudice di merito diventa insindacabile.
I Fatti del Processo
Il caso nasce dal ricorso di un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Roma. Il ricorrente lamentava vizi di violazione di legge e di motivazione specificamente riguardo alla quantificazione della pena, ritenendola eccessiva o comunque non congrua. L’oggetto della contestazione era, quindi, il trattamento sanzionatorio applicato dai giudici di secondo grado.
La Decisione della Corte di Cassazione: il Ricorso è Inammissibile
La Settima Sezione Penale della Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato nel nostro ordinamento processuale: il giudizio di legittimità, proprio della Cassazione, non è una terza istanza di merito. Ciò significa che la Corte non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato i fatti, ma deve limitarsi a verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e completa.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte ha spiegato che il ricorso era stato proposto per motivi non consentiti in sede di legittimità. I giudici hanno osservato che il trattamento sanzionatorio contestato era, in realtà, corretto in diritto e supportato da una motivazione non solo sufficiente, ma anche priva di illogicità. Inoltre, la Corte d’Appello aveva adeguatamente considerato le argomentazioni difensive.
Un punto cruciale evidenziato nell’ordinanza è che la pena inflitta era al di sotto della “media edittale”, ovvero il valore intermedio tra il minimo e il massimo previsti dalla legge per quel reato. La decisione era stata ancorata ai criteri stabiliti dall’articolo 133 del codice penale, che guida il giudice nella commisurazione della pena (gravità del danno, intensità del dolo, capacità a delinquere, etc.).
In queste circostanze, ha affermato la Corte, l’esercizio del potere discrezionale del giudice di merito è insindacabile. Qualsiasi ricorso che tenti di provocare una nuova valutazione sulla congruità della pena, invitando la Cassazione a un’analisi di merito che non le compete, è destinato a essere dichiarato inammissibile.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la valutazione sulla misura della pena è di competenza esclusiva del giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la pena è palesemente illegale o se la motivazione è manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente. Se, come nel caso di specie, il giudice applica una pena contenuta, la giustifica adeguatamente facendo riferimento ai criteri di legge e risponde alle obiezioni della difesa, la sua decisione è definitiva. La conseguenza pratica per il ricorrente è stata non solo la conferma della condanna, ma anche l’aggiunta del pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, a testimonianza della pretestuosità del ricorso.
È possibile impugnare in Cassazione la misura della pena decisa dal giudice?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova valutazione sulla congruità della pena. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non riesaminare il merito della decisione.
Quando la valutazione del giudice sul trattamento sanzionatorio diventa insindacabile?
La valutazione diventa insindacabile quando la pena inflitta è al di sotto della media edittale, è ancorata agli elementi dell’art. 133 del codice penale e la motivazione è sufficiente, coerente e non illogica.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel provvedimento che dichiara l’inammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 333 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 333 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il 27/05/1962
avverso la sentenza del 29/05/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Il primo motivo del ricorso di COGNOME NOMECOGNOME con cui si deducono i di violazione di legge e della motivazione sul trattamento sanzionatori inammissibile perché è stato proposto per motivi non consentiti in sede legittimità. I motivi sono stati dedotti avverso il trattamento sanzionatori però, è corretto in diritto, è sorretto da sufficiente e non illogic:a motivazio adeguato esame delle deduzioni difensive.
La pena inflitta è al di sotto della media edittale ed è stata ancorat elementi di cui all’art. 133 cod. pen. In tal caso, l’uso del potere discrezio giudice è insindacabile ed è inammissibile il ricorso che tenda ad una nu valutazione della congruità della pena.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, c:on la condanna ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ikmmende.
Così deciso il 1 dicembre 2023.